Quella
mattina Sophie si svegliò di soprassalto. Afferrò
svelta la sveglia e notò con
dispiacere di essersi svegliata con trenta minuti di anticipo.
Sospirò e
appoggiò di nuovo la testa sul cuscino, provando a dormire
ancora qualche
minuto, ma rinunciò all'impresa quando aprì
automaticamente gli occhi dopo
averli chiusi. Ormai era sveglia. Si alzò dal morbido letto
e si diresse
all'armadio, con passo strascicato. Aprì lentamente le due
ante e cominciò a
fissare i suoi vestiti, cercando qualcosa di largo, comodo e fresco.
I
suoi vestiti non le piacevano affatto. Le coprivano il corpo, certo, ma
erano
ugualmente... brutti.
Sospirò
affranta e afferrò le prime cose che le capitarono fra le
mani. Indossò
l'enorme maglietta grigia e i pantaloni blu, prima di legarsi i capelli
castani
e indossare gli occhiali rotti.
Sfiorando
le asticelle nere dei suoi occhiali da vista, Sophie non
poté fare a meno di
ricordare quell'orribile momento in cui Anne li aveva calpestati con la
suola
della sua scarpa, producendo un suono insopportabile. Ma Sophie, in
quell'istante, aveva solo pensato a come fosse difficile la sua vita,
senza
dare troppa importanza a quel rumore. Aveva pensato a quei pomeriggi
passati ad
attorcigliare il nastro adesivo sui suoi occhiali, sperando che
qualcuno
potesse usare lo stesso identico amore per aggiustare il suo cuore
ormai
infranto. Probabilmente, però, lei avrebbe continuato a
soffrire.
Sussultò
a quel pensiero e prese un respiro profondo per calmarsi.
-No-
sussurrò, afferrando l'orlo della maglietta e tirandolo
più in basso possibile.
-Le cose cambieranno- continuò, chiudendo gli occhi per
cercare di pensare a
qualcosa di positivo, mentre una lacrima solitaria rigava il suo viso.
Solo
in quel momento, si ricordò che quello sarebbe stato il suo
ultimo giorno di scuola.
Spalancò gli occhi e si guardò freneticamente
intorno, alla ricerca della sua
cartella. Una
volta trovata, si affrettò ad aprirla e a tirarne fuori il
suo diario
scolastico. Sfogliò le pagine fino ad arrivare alla pagina
di quel giorno, la
pagina bianca di un venerdì, attraversata da due parole
scritte a caratteri
cubitali.
-Ultimo
giorno- mormorò, lasciando che un lieve sorriso si facesse
spazio sul suo viso.
Quel
giorno avrebbe visto per l'ultima volta tutte le persone di quella
scuola che
le avevano reso la vita un inferno. Avrebbe avuto tre mesi di vacanza
per
lasciare che tutti i lividi violacei sulla sua pelle bianca
diventassero solo
un brutto ricordo.
Ma
quei giorni le avrebbero veramente riportato la
tranquillità? Sarebbe bastato
questo per fare in modo che i vari pezzi del suo cuore si
ricongiungessero da
soli?
Pattie
apri il frigorifero e afferrò il succo d'arancia che i suoi
figli bevevano ogni
mattina.
Quella
notte non aveva chiuso occhio al pensiero di ciò che sarebbe
successo.
Come
avrebbe reagito Sophie? Non riusciva nemmeno a pensarlo. Di sicuro le
si
sarebbe spezzato il cuore vedendo le sue lacrime.
E
Justin? La donna si morse il labbro inferiore cercando di capire come
si
sarebbe comportato suo figlio.
Afferrò
due bicchieri di vetro, li riempì con il succo e
cercò di sorridere, sentendo
dei passi avvicinarsi alla cucina.
-Ciao
mamma- salutò Justin, con la sua solita aria annoiata.
Pattie
aggrottò la fronte -Dovresti essere felice oggi:
è l'ultimo giorno di scuola-
commentò, prima di porgere il bicchiere e una mela al
ragazzo.
-Non
lo sarò fino al suono dell'ultima campanella-
replicò, sorseggiando il succo
aspro.
La
donna alzò scherzosamente gli occhi al cielo, mentre in quel
momento Sophie
entrò nella stanza.
-Buongiorno-
sussurrò con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
Pattie
deglutì.
Ogni
mattina Sophie si svegliava triste e sconfortata al pensiero di
ciò che avrebbe
dovuto passare durante la giornata, ma quel giorno no. Sorrideva. E
questo fece
sentire ancora più in colpa la madre.
-Ciao
tesoro- balbettò, ricevendo un'occhiata incuriosita da parte
dei figli.
Lei,
però, uscì velocemente dalla cucina, per
dirigersi nella sua stanza da letto.
Sophie
alzò entrambe le sopracciglia, per poi sedersi di fronte al
fratello.
-Ehi,
palla di grasso!- esclamò lui con un ghigno.
La
ragazza osservò attentamente gli occhi di Justin, senza
battere ciglio.
Perché
si divertiva così tanto ad offenderla?
Sophie
assunse involontariamente un'espressione di disgusto nei confronti di
suo
fratello. Si alzò dalla sedia e afferrò la sua
cartella.
Justin
scoppiò a ridere -Così non c'è
divertimento!- commentò ironico -Come mai non mi
ricordi il tuo odio nei miei confronti?- domandò con le
lacrime agli occhi per
le risate.
-Spero
tu possa soffrire per la mia mancanza, un giorno- mormorò
lei.
Il
ragazzo, sentendo quelle parole, interruppe bruscamente la sua risata,
ma
Sophie era già uscita da quella casa. Perse lo sguardo
nel vuoto, mentre
l'eco di quelle parole rimbombava nella sua mente. Scosse velocemente
la testa
e morse la sua mela.
Justin
chiuse il suo armadietto, svegliando Chris dal suo sonnellino
improvvisato in
mezzo al corridoio.
-Sono
sveglio!- esclamò automaticamente, prima di sbadigliare.
Ryan
inarcò un sopracciglio, mentre Chaz roteò gli
occhi.
-In
realtà non mi interessa più di tanto se continui
a dormire o meno- il solito
commento acido di Justin non tardò ad arrivare, seguito da
un suo ghigno.
-Ragazzi,
sto cercando di organizzare il programma di questo pomeriggio, ma voi
non mi
state ascoltando- disse Ryan scocciato.
Chris
si strofinò le mani sugli occhi, cercando di svegliarsi
completamente, e
rivolse la sua attenzione all'amico.
-Ryan,
abbiamo il pomeriggio libero, possiamo fare quello che ci pare-
concluse
Justin, allontanandosi dal gruppetto.
Chaz
lo osservò fino a quando entrò in una classe con
la sua tipica aria arrogante.
-È
capace di spegnere l'entusiasmo a chiunque- commentò Ryan,
sconfortato.
-Già-
concordò Chaz, afferrando un libro dal suo armadietto
-Povera Sophie- continuò
poi, guadagnandosi un'occhiata indecifrabile da parte di Chris.
Il
ragazzo aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma in quel
preciso istante suonò
la campanella, seguita da lamenti di disapprovazione degli alunni.
-Allora,
ragazzi, che programmi avete per quest'estate?- domandò la
professoressa
Stewart, osservando la sua classe.
Tra
gli alunni si sparse un fastidioso brusio, mentre Sophie guardava un
punto
imprecisato della stanza. Alcune risposte arrivarono ovattate alle
orecchie
della ragazza: c'era chi desiderava passare tutta l'estate sulla
spiaggia e chi
sperava di innamorarsi in quei tre mesi, per poi dimenticarsi tutto a
Settembre.
La
professoressa risse di gusto, probabilmente ripensando a quanto i sogni
di quei
ragazzi fossero simili a quelli che lei stessa aveva avuto alla loro
età.
-E
tu, Sophie?- chiese poi, provocando un assordante silenzio.
La
ragazza si riscosse finalmente dai suoi pensieri e guardò
confusa la donna
-Cosa?- fu la risposta che provocò molte risate.
La
Stewart sorrise -Cosa vorresti fare quest'estate?- riformulò
meglio la domanda.
Le
labbra di Sophie si incurvarono lievemente. Era contenta di poter
rispondere a
quella domanda -Be', mi piacerebbe guadagnare un po' di soldi in questi
tre
mesi, così tra qualche anno potrei trasferirmi in Europa per
gli studi. Pensavo
di trovare lavoro in un bar o...- tentò di spiegare i suoi
piani, ma tutti i suoi
compagni iniziarono a ridere rumorosamente.
-Secondo
me con quei soldi si comprerà un nuovo paio di occhiali,
visto che sua madre
non può permetterseli- disse David con cattiveria.
Sophie
sussultò sentendo quelle parole e appoggiò le
braccia e la testa sul banco,
cercando di non piangere davanti a tutti.
Era
così tanto importante che sua madre non avesse abbastanza
soldi per comprarle
un nuovo paio di occhiali? Davvero la simpatia di una persona dipendeva
dalla
quantità di soldi nel portafoglio?
Il
dolce suono dell'ultima campanella arrivò con un minuto di
ritardo, scatenando
le urla di gioia di tutti gli studenti del Canada.
Probabilmente,
Sophie era la ragazza più felice del mondo, in quel momento.
Afferrò la sua
cartella e con una corsa uscì dell'edificio, felice di non
doverci più entrare
da quel momento in poi. Si sentì finalmente libera e, con un
gesto veloce,
prese tutte le cartacce dalla sua cartella e le lanciò per
aria, lasciando che
il debole vento le facesse svolazzare nel cielo. Corse verso casa fino
a
sentirsi mancare il fiato e, a un paio di isolati di distanza dalla
destinazione, si fermò per poi piegarsi sulle ginocchia e
riposarsi qualche
secondo. Poi si guardò velocemente intorno e... rise. Rise
per la prima volta
dopo troppo tempo e, sentendo lo sconosciuto suono della sua risata,
rise con
ancora più gusto. Ricominciò a correre verso casa
e nel giro di pochi minuti si
ritrovò di fronte al portone. Prese le chiavi e lo
aprì.
-Sono
a casa!- urlò allegra.
Attese
qualche istante, senza ricevere risposta. Corrugò la fronte
e andò in cucina
per cercare sua madre, ma non la trovò.
-Mamma?-
la chiamò, avviandosi verso la sua camera.
-Mamma?-
ripeté, aprendo la porta.
Sussultò
vedendola davanti al suo armadio con una valigia rossa accanto e dei
vestiti
sparsi per la stanza.
-Che
stai facendo?- chiese, preoccupata.
Pattie
distolse lo sguardo dai vestiti e lo rivolse alla figlia, mostrandole i
segni
del suo pianto.
-Non
lo vedi?- domandò retorica -Ti preparo la valigia, Sophie-
disse poi con un'espressione
indecifrabile.
Sophie,
in quel momento, sentì un vuoto nel petto, all'altezza del
cuore.
Come
mai sua madre stava infilando tutti i suoi vestiti in quell'enorme
valigia?
Alcune lacrime iniziarono a rigare il suo viso, mentre la sua
precedente
spensieratezza sparì completamente, senza lasciare alcuna
traccia.
-Perché
lo stai facendo? Non mi vuoi più?- chiese disperata, ma sua
madre cercò di non
guardare le sue lacrime e di non sentire tutto il dolore nella sua voce
flebile.
Pattie
le rivolse un'occhiata vuota, come se preparare quella valigia le
avesse
prosciugato ogni sentimento.
Quella
freddezza fece rabbrividire la ragazza.
Sua
madre la odiava? Non le voleva più bene, proprio come
Justin? Perché
tutti, prima o poi, finivano per odiarla?
A
quei pensieri, Sophie sentì la rabbia invaderle le vene e si
asciugò
bruscamente le lacrime.
-Per
quanto tempo?- chiese freddamente, senza bisogno di chiedere altre
spiegazioni:
ormai aveva capito.
-Fino
a Settembre- rispose Pattie, infilando una maglietta verde nella
valigia.
Sophie
annuì -Bene- concluse, uscendo dalla stanza.
Justin
rise, dando una pacca sulla spalla al suo amico Chris.
-Ci
vediamo domani, ragazzi- salutò il suo gruppo di amici ed
entrò nella sua casa.
-Ciao-
salutò, senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
Appoggiò la cartella per
terra e si guardò intorno. -Ehi cicciona, dove sei?-
domandò con un ghigno,
senza ricevere risposta come ogni volta. A preoccuparlo,
però, fu la mancanza
di un rimprovero da parte della madre.
Corrugò
la fronte e si diresse in cucina, aspettandosi di trovare Sophie
intenta a
mangiare qualcosa e sua madre di fronte ai fornelli. Ma non fu
così. Sua madre
era seduta davanti al tavolo, con la testa fra le mani e le lacrime
agli occhi.
Nessuna traccia di Sophie.
-Mamma,
che succede? Dov'è Sophie?- chiese agitato, vedendola in
quello stato.
Pattie
alzò il viso e guardò il figlio negli occhi -Sul
primo aereo per Londra, e io
non ho fatto nulla per impedirlo- rispose singhiozzando.
ODDIO,
SONO PASSATI DUE MESI O_o
Sono
una vera stronza e vi chiedo scusa, ma la scuola non
mi lascia un minuto libero ed è fin troppo strano che io sia
riuscita a finire
il capitolo che sto scrivendo da Settembre. Infatti vi chiedo scusa se
alcuni
punti sono scritti con una stile diverso dall’altro, ma ho
scritto alcune parti
del capitolo a fine Agosto, altre a Settembre e altre ieri. Vi chiedo
scusa
anche per dei possibili errori, ma per scrivere uso il tablet e
c’è il t9…
Avete
tutta la mia comprensione se non volete più leggere
la mia storia, davvero, e ringrazio tutte le ragazze che mi hanno
inviato dei
messaggi per chiedermi che fine avessi fatto hahaha :’)
Passando
al capitolo, finalmente Sophie non dovrà più
avere a che fare con quegli stronzi, maaa… i problemi non
sono ancora finiti e
viene spedita a Londra dal padre (per chi non l’avesse
capito).
Vi
ringrazio tutte come sempre, grazie per la pazienza e
per tutto il resto, grazie.
Un
abbraccio coccoloso,
Morena