Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: kia84    15/04/2008    2 recensioni
Eleonor apri gli occhi! Di colpo mi svegliai frastornata, il cuore batteva a mille come se fosse impazzito e il mio respiro ansante non riusciva a placarsi. Stavo sudando freddo e la testa non smetteva di girarmi come in un vortice senza uscita. Cosa mi stava succedendo? Di chi era quella voce?
Genere: Romantico, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eleonor apri gli occhi!

Di colpo mi svegliai frastornata, il cuore batteva a mille come se fosse impazzito e il mio respiro ansante non riusciva a placarsi. Stavo sudando freddo e la testa non smetteva di girarmi come in un vortice senza uscita. Mi scostai le coperte con impazienza e scesi dal letto barcollando appena vidi tutto nero e le gambe iniziarono a cedermi, istintivamente mi aggrappai alle tende pesanti della portafinestra. La presa fu così forte da trascinarmi dietro anche quel tessuto verde mentre sbattevo il sedere per terra, il dolore improvviso mi fece tornare cosciente. Chiusi gli occhi cercando di regolarizzare il respiro e mi concentrai su quella voce profonda che invadeva i miei pensieri. Ormai era un mese che continuavo a sentirla e non capivo da dove venisse, forse era la mia coscienza che mi metteva in guardia? No, impossibile. La voce arrivava inaspettata come un lampo lasciandomi disorientata e in ansia. Sentivo qualcosa di familiare ogni volta che compariva nella mia testa come per attirare la mia attenzione su qualcosa che ancora non riuscivo a raggiungere, non riuscivo a capire il senso dei miei incubi funesti e di quegli strani avvertimenti che continuavano a mettermi sul chi vive. Turbata, tornai col pensiero a tutti quei corpi senza vita annegati in pozze del loro stesso sangue mentre gli occhi vitrei e aperti riflettevano la mia immagine. Avevo uno sguardo di puro odio, lo sentivo, e la cosa mi orripilava in modo tale da farmi male. Come potevo reagire così di fronte a tutti quei cadaveri? Come riuscivo a rimanere quasi indifferente a ciò che avevo davanti? Poi quella voce mi aveva riportato alla realtà come se volesse sarlvarmi. Cosa mi stava succedendo?

Il bussare alla porta mi riportò al presente e istintivamente mi rimisi in piedi con una rapidità quasi disumana rimanendo in guardia per ascoltare i rumori provenienti fuori dalla porta. Il fastidioso cicaleccio mi fece abbassare la guardia con un sospiro di sollievo, a quanto pare erano venute le cameriere della famiglia Gray a prepararmi. Sbuffai contrariata a ciò che mi avrebbero riservato appena varcata quella porta e, quando lo fecero, la smorfia contrita si trasformò in un timido saluto di benvenuto che rivolsi loro. Avevo appena calato la mia maschera.

"Lady Eleonor, ben svegliata. Dobbiamo prepararla per il ricevimento di questa sera. Sarà un evento meraviglioso. Sybil, Eva! Iniziate a vestiire lady Eleonor" disse imperiosa la signora Scott battendo le mani verso le due cameriere in questione che scattarono al suo ordine.

Vidi le due ragazze in soggezzione di fronte all'anziana governante e, con gesti nervosi, iniziarono a svestirmi pregando in cuor loro, e lo notai dalle occhiate ansiose che si lanciavano, di non commettere errori e subire le filippiche di quella matrona severa che stava tirando quelle pesanti tende verdi. Con mia sorpresa, notai che fuori il buio era illuminato dalle luci dei lampioni che costeggiavano tutto il sentiero del possedimento dei Gray e mi chiesi quante ore era durato quell'incubo ancora così vivido nella mia testa. Mi riscossi dai miei pensieri appena vidi la signora Scott avvicinarsi a noi con aria soddisfatta mentre portava tra le braccia un'abito di pizzo verde antico, confezionato dai migliori sarti di Parigi, che avrei dovuto indossare questa sera al ricevimento. Feci un sorriso gentile, congratulandomi mentalemente della mia magistrale interpretazione della donnina perfetta sotto gli occhi di possibili spie fastidiose. Non mi sentivo per nulla in colpa di imbrogliarle in quel modo. Non erano i miei fratelli e nemmeno i miei amici, con loro era tutta un'altra faccenda. Era tutto più difficile, ma giorno dopo giorno mi sentivo più forte e celare il mio segreto era diventata ormai una questione di sopravvivenza. Non dovevo avere nè ripensamenti nè turbamenti se volevo procedere con il piano. Le due ragazze mi fecero voltare verso la parete dove era attaccato un grosso specchio a figura intera incorniciato da antiche rifiniture d'oro. Mi ci specchiai incrociando i miei occhi, due pozze ambrate e iperscrutabili che stordivano chiunque le guardasse attirato da quello strano colore che sembrava miele. Lunghi boccoli d'oro incorniciavano il mio volto ovale, ora leggermente cereo, e alcune punte toccavano la mia bocca che di carnoso non aveva niente. Il mio corpo era fasciato in quel bellissimo abito di pizzo verde che metteva in risalto le mie forme e il seno abbastanza generoso che si notava da quella scollatura. Sicuramente chi aveva creato quell'abito non voleva dare nessuno spazio all'immaginazione, già mi rappresentavo mentalmente quei visi allupati dell'alta società che odiavo con tutta me stessa. Non capivo cosa ci trovassero in me, dopotutto non ero la classica bellezza mozzafiato e mi ritenevo piuttosto anonima in confronto ad altre ragazze come per esempio Sybil che, pur essedendo una domestica, attirava sguardi lascivi anche a un metro di distanza. Mi sentivo fortunata da quel punto di vista, odiavo essere al centro dell'attenzione ma a quanto pare la posizione sociale di mio padre risultava molto allettante ad occhi estranei che avrebbero fatto di tutto per entrare in una delle più antiche e potenti famiglie della storia nonostante io fossi soltanto la terzogenita.A quel pensiero abbassai lo sguardo finché i miei occhi non videro l'anello di fidanzamento che attirava a se le luci del lampadario e dava un effetto luccicante nello specchio. Fissai quella pietra un pò grossa per i miei gusti e mi tornò in mente il preciso momento in cui me la infilò al dito. "Sposami" aveva detto. Solo una parola che non chiedeva nessuna risposta, nessun consenso da parte mia. Un'imposizione che mi aveva resa felice ma che, allo stesso tempo, mi chiudeva in una gabbia dorata senza alcuna via di scampo. Adesso sono a un giorno dal matrimonio e so che non avrò molto tempo per attuare il piano prima che le guardie si accorgano delle mie intenzioni.

"Lady Eleonor dobbiamo truccarla adesso." Mormorò Sybil con un sorriso imbarazzato.

"Non preoccuparti Sybil, per il trucco ci penso io. Potete andare." Risposi io prendendo la palla al balzo.

"Ma lady Eleonor..."

"Signora Scott mi sentirei a disagio, ho pensato sempre io alla mia persona e ho accettato di stare alle regole di questa casa ma vorrei un pò di privacy adesso, prima di scendere al ricevimento. Per favore." Le supplicai quasi facendo trapelare quel finto nervosismo sfregandomi le mani.Le tre donne mi guardarono comprensive e molto toccate dal mio comportamento timido, dovetti trattenere a stento la smorfia disgustata che avrei voluto riservare loro.

"Come desidera, lady Eleonor. Le ricordo di non far attendere oltre i vostri ospiti, attendono tutti di poter ammirare la prossima duchessa del casato dei Gray. Con permesso." Con un inchino al quanto rispettoso, la signora Scott seguì le due cameriere e prima di chiudersi la porta alle spalle mi lanciò un'occhiata d'avvertimento.

Appena se ne fu andata, feci un sbuffo spazientito e mi tolsi in fretta e furia l'abito gettandolo senza troppa attenzione sul letto e presi da sotto il cuscino dei vestiti maschili che indossai con rapidità. Fissai allo specchio la mia figura con soddisfazione, finalmente mi sentivo libera e comoda. Chi aveva detto che una donna se voleva essere bella doveva soffrire era completamente pazzo e se era lo stesso che dettava la moda delle scarpe col tacco doveva essere ricoverato in fretta al più vicino manicomio in eterno. Presi un elastico e mi legai i lunghi capelli biondi fino a farli quasi appiattire per poi nasconderli sotto un vecchio cappello scuro che, grazie alla visiera, mi nascondeva gran parte del volto. Così avrebbero avuto un pò di difficoltà a riconoscermi. Scostai leggermente il collo della camicia aperta e osservai attentamente la cicatrice a mezzaluna che si affacciava implacabile sulla spalla sinistra vicino al petto, era fredda e bianca ormai da anni. Non ricordavo nemmeno come me l'ero fatta, sapevo solo di avercela sempre avuto da quando avevo memoria. La toccai e rabbrividii quando sentii un ringhio animalesco nella mia testa, sapevo che era quella voce e la cosa mi lasciava sempre sconcertata. L'orologio a pendolo del corridoio iniziò a rintoccare le 9, da li a poco sarebbero entrate le guardie se non l'avessero vista scendere le scale. In fretta, aprii la portafinestra affacciandomi un momento per calcolare la distanza che c'era per arrivare all'albero più vicino. Sarebbe stata una bella impresa fuggire da un albero all'altro per non farmi scoprire e poi uscire come niente fosse dal cancello principale. Sorrisi al pensiero di quello che avrebbe detto il mio maestro a quel piano folle, fortunatamente essere la terzogenita aveva dato i suoi frutti positivi. Non essendo del tutto sotto lo sguardo di tutti avevo avuto il tempo di allenarmi, anno dopo anno, ad esercitare tutti e cinque i sensi. Il maestro mi chiamava sempre scheggia, grazie alla mia velocità e agilità nei movimenti. Speravo che con questa fuga rocambolesca sarebbe rimasto soddisfatto dei miei progressi. Presi un respiro e, salendo sulla ringhiera del piccolo balcone, spiccai un salto nel vuoto cercando di calibrare bene il mio peso e dirigerlo al mio obbiettivo. Per pura fortuna ce la feci e mi acquattai come meglio potevo al ramo dell'albero restando ferma immobile ad osservare da lontano la mia camera da letto invasa da estranei.

"Chiamate le guardie! Dovete trovarla assolutamente!" Sbraitò un uomo sulla quarantina rosso in viso dalla furia.

"Capo è saltata giù dal balcone del terzo piano non credo che..." Si fece coraggio un ragazzo la vicino sobbalzando all'occhiataccia che ricevette in risposta.

"Quella donna ha sette vite come i gatti ed è agile quanto loro. Non è vero tentente Peterson?" Più che una domanda sembrava un'accusa rivolta direttamente al giovane uomo in tenuta ufficiale che guardava un punto qualsiasi della stanza senza nemmeno vederlo con sguardo indecifrabile. Cosa che dette ancor più sui nervi al capitano.

"Si capitano." Rispose a voce alta il tenente Peterson senza nemmeno guardarlo in volto. Non avrebbe mai ceduto, io lo sapevo bene e lo ammiravo per questo nonostante a volte lo trovassi stupido il suo modo di fare.

"Capitano cosa sta succedendo qui? Avete movimentato tutto il palazzo!" Gemetti e feci una smorfia amara appena varcò la soglia della mia stanza. Sapevo che si sarebbe precipitato al minimo dubbio. Avevo fatto un errore di valutazione perchè pensavo che ci avrebbe messo più tempo a comparire, mi sarei aspettata un'altra persona al suo posto.

"Duca Lancaster, mi perdoni ma abbiamo avuto dei problemi all'ultimo minuto. Si tratta di lady Austin." Bingo! Adesso sarebbe stato il momento giusto per scappare, ma qualcosa mi tratteneva ancora in quell'albero. Senso di colpa? No, scossi la testa per rimanere lucida.

"Eleonor? Cos'è successo?" Il duca sbiancò all'improvviso dalla preoccupazione e una morsa mi chiuse lo stomaco. Non dovevo farmi prendere dalle emozioni in quel momento, ne valeva del mio piano. Dovevo ricordare le parole del maestro: restare freddi e razionali nei momenti di pericolo. E questo era uno di quei momenti.

"La sua fidanzata è scappata! Ha lasciato soltanto il vestito del ricevimento sul letto..." Che arguzia!

Mi rimisi in guardia appena vidi William Lancaster fissare ansioso la finestra aperta per poi girare lo sguardo verso il tenente Nathan Peterson, il mio miglior amico, che fissava iperscrutabile l'abito verde che aveva preso tra le mani come se fosse qualcosa di prezioso. In un attimo di nervosismo, Nat strinse un pò la presa su quel pizzo ma sentendosi osservato rilassò la mano e ammorbidì la presa incrociando lo sguardo attento del duca. Non doveva farsi prendere dalle emozioni proprio in quel momento così delicato e soprattutto di fronte a William. Cavoli Nathan non fare stupidaggini! Ricorda le parole del maestro! Lanciando un'occhiata al mio fidanzato noto che soltanto lui si è accorto di quel gesto impulsivo e pregai di non aver messo in difficoltà il mio miglior amico più del dovuto. Sapevo che non sarebbe stato contento per niente se avesse saputo cos'avevo in mente come sapevo che mi avrebbe seguita in capo al mondo per non farmi commettere cavolate, proprio per questo avevo evitato di renderlo partecipe del mio piano. Non volevo rischiare di perdere anche lui. Questa è una storia che riguarda solo me.

Eleonor corri!

Di nuovo quella voce! Spazientita, seguii il consiglio e iniziai a saltare da un albero all'altro per poi scendere a terra e correre a più non posso come una scheggia con il vento che mi feriva il volto come se fosse una frusta. E io sorrisi felice. Finalmente ero libera.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: kia84