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Autore: Vahonica    27/10/2013    4 recensioni
Law è un cuore spezzato e un'anima sfigurata, qualcosa di difettoso, estremamente debole anche se non lo dà a vedere, bisognoso d'affetto sebbene lo neghi perfino a se stesso.
Si chiede spesso chi mai vorrebbe uno come lui, quando ci sono altre mille anime perfettamente intatte e altri mille cuori che battono ad un ritmo costante, facile da riconoscere e da capire. Si chiede chi mai sarebbe così stupido da cercare anche solo di avvicinarlo, di renderlo qualcosa di più che un semplice sconosciuto, quando c'è la possibilità lampante di trovare qualcuno migliore di lui in tutto e per tutto, qualcuno di funzionante.
Se lo è sempre chiesto, sin da quando ne ha memoria, e la risposta gli è parsa sempre ovvia e costante: nessuno.
Per questo, non si scorderà mai il giorno in cui incontrò Rufy, colui che gli diede il colpo di grazia, e Kidd, colui che provò a rimettere insieme i cocci con discreto successo.
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: Incest
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NdA: So, here we are.
Ciao a tutti! (?) ^^ *si sente il frinire delle cicale*
Ok, allora questa è la mia primissima ff sul fandom di One Piece, quindi non linciatemi, vi prego.
Allora... vorrei dire un paio di cosette - speriamo che questo angolo autrice non diventi più lungo dell'OS, sarebbe imbarazzante ç_ç
Questa che state per leggere è un AU, dove Law è un dottore, gli altri (Zoro, Sanji, Rufy, Ace e Kidd) sono persone normalissime e nel complesso sono tutti dei comuni mortali, ahimé.
Questa storiella, poi, parte come Law/Rufy (con microscopici accenni ZoSan) che vede Law innamorato perso di Cappello di Paglia. Dopo di che, si trasforma in una Rufy/Ace e finisce come una Law/Kidd appena sbocciata.
Sì, insomma, un po' affollata, già.
In più, gli avvenimenti accadono in modo piuttosto veloce e credo che ci sia anche qualche ripetizione qua e là.
Ah, e Kidd è leggermente - no, ok, parecchio OOC. Forse mi sa che sono tutti un po' OOC, perdonatemi.
Lasciatemi qualche commento, por favor, siate clementi con me ç^ç *occhi da cucciolo*
Detto ciò *apre la finestra* buona lettura! :3 *fugge, uscendo dalla finestra*
Very

P.s. mi scuso in anticipo, in caso faccia schifo.








Law è un cuore spezzato e un'anima sfigurata, qualcosa di difettoso, estremamente debole anche se non lo dà a vedere, bisognoso d'affetto sebbene lo neghi perfino a se stesso.
Si chiede spesso chi mai vorrebbe uno come lui, quando ci sono altre mille anime perfettamente intatte e altri mille cuori che battono ad un ritmo costante, facile da riconoscere e da capire. Si chiede chi mai sarebbe così stupido da cercare anche solo di avvicinarlo, di renderlo qualcosa di più che un semplice sconosciuto, quando c'è la possibilità lampante di trovare qualcuno migliore di lui in tutto e per tutto, qualcuno di funzionante.
Se lo è sempre chiesto, sin da quando ne ha memoria, e la risposta gli è parsa sempre ovvia e costante: nessuno.
Per questo, non si scorderà mai il giorno in cui incontrò Rufy, colui che gli diede il colpo di grazia, e Kidd, colui che provò a rimettere insieme i cocci con discreto successo.

**

Law scivola silenzioso fra i corridoi dell'ospedale dove lavora.
Sono quasi le due e mezza di notte e la calma più assoluta regna nel suo reparto.
Sta passando a controllare, stanza per stanza, ogni singolo paziente. Alcuni di essi, la maggior parte, dormono tranquilli, mentre altri sono svegli e vigili, fissano il soffitto o gemono per il dolore costante che provano. Law, a queste lamentele, risponde somministrando una dose di antidolorifici, aspetta che facciano effetto, sentendo il cuore un po' più leggero quando vede le membra di quella povera gente rilassarsi e li sente riprendere lentamente il controllo di sé.
Sospira piano, quasi come se avesse paura di svegliare qualcuno facendo troppo rumore, quando arriva all'ultima stanza.
Dopo, si ripete, potrà riposarsi un po', prendersi un caffé e sedersi prima di ricominciare daccapo il giro.
Abbassa la maniglia ed entra.
Dentro ci sono tre pazienti, sono ragazzi giovani, sui trent'anni circa, come lui.
Sanji è quello biondo, steso sul letto subito a sinistra della porta, quello col braccio sfregiato a causa delle ustioni riportate.
Zoro è quello con i capelli corti corti verdi, che in questo momento è seduto accanto al biondo e gli stringe una mano fra le sue. Lui ha perso un occhio e ha il volto sfigurato, Law ha letto la sua cartella clinica, è rimasto vittima di un incendio nel posto dove lavora.
Law non si sorprende di trovarli così vicini, comunque, ha sospettato fin da subito che fra quei due dovesse esservi qualcosa.
Controlla lo stato di Sanji, sorride appena, a labbra serrate, quando i suoi occhi incontrano quelli stanchi di Zoro e gli suggerisce in un mormorio pacato di riposarsi un po'. Dall'occhiata che gli dedica questo, capisce che no, neanche a parlarne, veglierà sul suo biondo.
Law sospira in silenzio e, finalmente, il suo sguardo scivola sulla figura di Rufy, appollaiato sulla poltrona appostata sotto la finestra, le ginocchia strette al petto e lo sguardo perso per le strade, oltre il vetro freddo.
Lo fissa per un po', quasi senza accorgersene, poi si avvicina. Gli si accovaccia di fianco, rimanendo in silenzio, e aspetta che Rufy si volti verso di lui, che i loro occhi s'incrocino, prima di chiedergli come sta in poco più che un sussurro.
Rufy si limita a fissarlo, con quei suoi grandi occhi grigi, poi scrolla le spalle e accenna a un sorriso, prima di tornare a fissare fuori dalla finestra. Il cuore di Law perde un battito, ma fa finta di niente.
E poi restano così, tutti fermi immobili, in quel silenzio denso e morbido dove i sogni galleggiano, al buio, a contemplare qualcosa di troppo lontano e al contempo terribilmente vicino, i pensieri che li tengono svegli, finché non è il momento, per Law, di ricominciare il giro.

**

Rufy. E' un pensiero costante.
E' da una settimana che è chiuso lì dentro, non si è rimesso ancora del tutto.
E' stato Law stesso a salvarlo dalle fiamme che altrimenti l'avrebbero divorato vivo e non ha mai smesso di pensarci, nemmeno per un attimo. Ha i suoi occhi grigi incastrati dentro, il suo sorriso cucito dietro le palpebre.
Non sa esattamente com'è cominciato, forse quando ha stretto il suo corpo fra le braccia mentre chiamava un'ambulanza, o forse quando ha aperto gli occhi e l'ha travolto con la forza del suo sguardo o, forse ancora, quando l'ha visto per la prima volta accovacciato su quella poltrona, a fissare sempre lo stesso punto, con un'espressione malinconica e vagamente sofferente dipinta in viso. No, non sa di preciso quando è cominciato, sa solo che ci è caduto e non sa cosa o come fare. Fatto sta che si è invaghito, se non addirittura innamorato, di quel pensiero costante, di un sorriso brillante e occhi in tempesta, di un suo simile, si può dire, un ragazzo in procinto di spezzarsi - perché lui lo sa, quando qualcuno sta per spezzarsi, esattamente com'è successo a lui -, di Rufy.
E' caduto e non sa come e nemmeno se vuole rialzarsi. Intanto si prende cura di Rufy, cerca di stabilire un qualche tipo di contatto con lui e sembra anche che ci stia riuscendo con discreto successo, i sorrisi si fanno più ampi, gli occhi un po' più brillanti e il suo volto si svuota un po' della malinconia.
E' così bello.

**

Law sente per la prima volta la voce di Rufy, il giorno in cui questo viene dimesso.
Ed è strano, davvero, perché se la immaginava del tutto diversa, più morbida e dolce, quando invece è alta e acuta e un po' fastidiosa. Alle orecchie di Law, suona comunque bellissima.
E' strano anche perché non si aspettava che gli avrebbe mai rivolto la parola. Ormai aveva perso le speranze.
La sensazione che prova Law quando Rufy apre bocca, non l'ha mai provata prima d'ora e anche quella è strana.
E tutto quello che gli dice è: "non so dove andare". Poi fra loro cala il silenzio.
Law lo guarda, cercando di mettere in moto il cervello dopo lo stupore iniziale e lo stormo di farfalle che gli si è scatenato nello stomaco, poi vaglia per un momento le possibilità e soppesa bene la sua decisione. Alla fine parla, un po' incerto: "posso ospitarti a casa mia" propone e non sa se sta facendo la cosa giusta.
Rufy sgrana gli occhi e subito dopo il sorriso gli si dipinge sul volto, mentre annuisce una, due, tre volte e, sorpresa-sorpresa, avvolge le braccia attorno al busto di Law, stringendosi a lui.
Forse Law sta per avere un collasso, il suo cuore batte troppo veloce, ma non gl'importa, si sente come in paradiso in questo preciso istante.

**

Vivere con Rufy non è granché difficile.
Mangia per cinque, parla un sacco - al contrario delle aspettative di Law - e dorme come un sasso. Già, a parte il fatto che deve fare la spesa ogni due giorni, vivere con Rufy è piuttosto semplice.
E' molto sbadato e goffo, tenero e impacciato, incredibilmente cocciuto e - altra grande sorpresa - tanto coccolone. Law si innamora di lui ogni giorno un po' di più.
Adora quando gli si addormenta addosso mentre guardano un film sul divano, quando Law è a casa, ovviamente; o quando brucia i pop corn perché ci prova, ma non li sa fare; oppure quando si sbrodola tutto, mangiando; o, ancora, quando l'unico modo per zittirlo è dargli da mangiare. O baciarlo.
Law ama soprattutto questo della sua convivenza con Rufy: i baci.
Si baciano sempre, sempre, sempre.
La prima volta è successo proprio davanti alla tv. Avevano appena finito di mangiare, Rufy era mezzo addormentato fra le sue braccia, quando si era girato e: "grazie" aveva sussurrato "di tutto" e aveva posato le proprie labbra sulle sue, in un bacio casto e dolcissimo, che - Law ancora si chiede come - è diventato un intreccio di lingue lento e intenso.

**

I giorni passano e diventano settimane, Law ancora non si è stancato di Rufy e non crede che si stancherà mai, ma c'è qualcosa che non va.
Rufy non è felice, non del tutto, e non riesce proprio a nasconderlo perché, oltretutto, è un pessimo attore.
Ancora adesso, si apposta davanti alla finestra, ad orari improponibili della notte, quando non riesce a dormire, e sembra che aspetti, mentre assume quella sua tipica espressione malinconica e sofferente.
Law rimane fermo sulla soglia del salotto con una domanda sospesa sulle labbra, lo guarda per minuti che sembrano piccole eternità, e alla fine non trova mai il coraggio di parlargli, quindi se ne torna a letto e aspetta sveglio il momento in cui Rufy si acciambellerà fra le sue braccia, facendolo sentire finalmente completo.

**

Law scopre cosa turba Rufy esattamente due mesi e mezzo più tardi.
Rufy si è appena addormentato, come da copione, fra le sue braccia, al caldo, avvolto come un salame fra le lenzuola e il piumone. Law, al contrario, è sveglio, non riesce a dormire. Ha questa domanda ancora in testa, questo perché lui non è felice? che ronza fra i suoi pensieri e al quale, davvero, non sa dare una risposta, ma la cerca e ci pensa, così intensamente da farsi venire pure un'emicrania.
Si sta scervellando ormai da una buona manciata di minuti, quando Rufy mormora qualcosa nel sonno e Law, improvvisamente, si fa più attento, per registrare qualsiasi cosa stia uscendo da quelle labbra che tanto ama.
Alla fine scopre che tutto quello che sta borbottando il suo piccolo raggio di sole non è altro che un nome, ripetuto ancora e ancora e ancora. Un nome solo, tre lettere, e - Dio, Law non è mai nemmeno stato un tipo geloso, ma... c'è sempre una prima volta. E adesso è più geloso che mai, perché: chi diavolo è questo Ace?

**

Alla fine, Law si decide a parlarne. Sono passati un paio di giorni, durante i quali non ha fatto altro che procurarsi un mal di testa dopo l'altro a furia di pensare e ripensare, creare ipotesi e stupidi ragionamenti su chi potesse essere questo Ace, senza mai giungere ad una risposta soddisfacente o, per meglio dire, senza giungere ad una risposta, punto.
Quindi, dopo essersi fuso il cervello, Law parla. Si avvicina al suo piccolo raggio di sole, che è seduto a gambe incrociate al centro del letto, e gli avvolge le spalle con un braccio, portandoselo contro.
"Ehi" gli sussurra stupidamente, con le labbra fra i suoi capelli corvini, perché ugh, non sa come, né da dove iniziare.
Rufy ridacchia, si rigira nell'abbraccio fino a ritrovarsi faccia a faccia con un Law leggermente imbarazzato, e gli stampa un bacio sulle labbra chiuse.
"Dimmi" mormora, perforandolo con la forza dei suoi stupefacenti occhi grigi.
Law distoglie lo sguardo e si inumidisce le labbra, iniziando a sentirsi a disagio.
Ma, mentre si chiede come abbia fatto Rufy a comprendere che ha qualcosa da dirgli sin da subito, apre bocca quasi senza accorgersene e fa la sua domanda.
"Parli nel sonno, lo sai?" dice e Rufy, istantaneamente, si radrizza senza però allontanarsi dal corpo dell'altro, e piega la testa da un lato. Un paio di ciocche nere gli finiscono davanti agli occhi e Law non riesce a resistere alla tentazione di scostargliele, portandole dietro l'orecchio con dolcezza infinita.
"Già" - riprende - "continui... ripeti spesso il nome di un certo Ace?" conclude, dal suo tono la frase somiglia più ad una domanda che ad un'affermazione.
Rufy aggrotta le sopracciglia, ma non è confuso, no, perché la luce della consapevolezza è ferma e brillante nei suoi occhi.
Si allontana appena, stringendo le spalle di Law fra le mani. Il labbro inferiore prende a tremargli, gli occhi gli si riempiono di lacrime e Law si pente all'istante di aver tirato in ballo l'argomento.
"E'... è mio fratello. Non so che fine abbia fatto. E' dalla notte dell'incendio che..." un singulto lo interrompe e nasconde la testa nell'incavo del collo di Law quando inizia a piangere piano.
Law lo stringe forte, tutte le parole che era pronto a dire sono sparite in un battito di ciglia, lasciandolo con la bocca asciutta, la gola secca e una litania di "quanto sei stupido e insensibile e inutile, Trafalgar Law" che gli ronza in testa.
Rufy si è spezzato.

**

Adesso, tutte le sere che Law si dirige in salotto sapendo di trovare Rufy accoccolato sulla poltrona, ci va con un peso sul cuore che non sa più come togliersi.
Perché, davvero, quelle due scie di lacrime salate che brillano argentee alla luce della luna sulle guance di Rufy non dovrebbero esserci.
Una persona così bella non merita tanto dolore, pensa Law ogni volta che lo guarda, ogni volta che riesce ad incontrare il suo sguardo sebbene i suoi occhi si siano fatti più schivi.
Sa di avere commesso un madornale errore e non se lo perdonerà mai, ma stavolta ha le idee chiare. Per una volta, sa perfettamente cosa deve fare.
Sa come riparare il cuore infranto di Rufy.

**

Le ricerche di Law non durano molto: giusto un paio di settimane.
Riesce a rintracciare Ace, il fratello di Rufy, scoprendo durante il suo cammino che sono stati adottati, quindi non sono fratelli di sangue, ma ha importanza?
Per Law sì. Perché ha letto negli occhi di Rufy qualcosa che lo spaventa a morte, un sentimento fin troppo forte per essere solo semplice affetto fraterno, ma non per questo si tira indietro.
Gira fra i corridoi dell'ospedale come se vi fosse nato, tanti sono gli anni che ha passato lì dentro. Ormai conosce quella struttura come il suo stesso corpo.
Stanza 223, reparto ustioni.
Non deve neanche andare tanto lontano. E' il suo reparto, hanno trasferito Ace il giorno prima, ora che è fuori pericolo.
I passi di Law vacillano mentre si avvicina sempre più alla 223.
Si ferma davanti a quella porta bianca e anonima, sente i muscoli delle spalle contratti quasi fino allo spasmo e di conseguenza cerca di rilassarsi un po', prima di entrare.
Peccato che fallisca miseramente, però prende comunque un gran bel respiro per infondersi coraggio, afferra la maniglia ed entra.
Ace, al momento, è solo nella stanza.
E' solo ed è sveglio.
E quando il suo sguardo incontra quello di Law, quest'ultimo non sa bene cosa sta provando, un misto di rabbia e confusione e felicità e debolezza. Vorrebbe girare i tacchi e andarsene, ma ops, è troppo tardi.
"Dottore" lo saluta educatamente Ace, ignaro del tumulto interiore di Law.
Per un attimo, Law lo invidia, ma poi se ne pente subito e sente i morsi del senso di colpa farsi strada dentro di lui. Li ricaccia indietro con uno sforzo immane, si costringe a sorridere in direzione di Ace e prende posto sulla sedia abbandonata di fianco al letto.
Non ha la forza di parlare, eppure lo fa perché deve, perché ne va della felicità del suo piccolo raggio di sole, sebbene sappia che - quando tutto questo sarà finito, quando Rufy tornerà da Ace, dove è giusto che sia - così facendo lo perderà e non sarà più il suo piccolo raggio di sole.
E lui rimarrà nuovamente solo, al buio dov'è sempre stato, a leccarsi ferite che lo marchieranno per sempre e non smetteranno mai di pulsare e sanguinare.
Ma è pronto a tutto questo, è pronto al dolore.
Per il suo piccolo raggio di sole.

**

Quando finisce di parlare, Law può descrivere con precisione quasi dolorosa ogni singola espressione che è passata sul viso di Ace, da quando ha aperto bocca fino ad ora.
Confusione, stupore, gioia, amore.
A Law è salita la nausea.
Serra le labbra e abbassa lo sguardo, non riesce più nemmeno a guardare quell'uomo negli occhi, l'uomo che gli porterà via la felicità.
Ma Law non riesce ad essere egoista e sa che la cosa giusta da fare è lasciare andare Rufy.
Sospira e si alza, pronto ad andarsene, quando Ace lo ferma.
"Quando potrò rivederlo?" domanda con una nota impaziente nella voce.
Law tace per qualche minuto, alla fine scrolla le spalle e: "quando vuoi. Anche adesso" risponde atono.
Un'altra pausa, il silenzio cala sulla stanza e per un attimo Law crede di sentire il suo dolore amplificato, come uno stridio anomalo ad alta frequenza.
"No, adesso non è il momento, è troppo presto. Quando mi avranno dimesso" dice infine Ace, spezzando quel silenzio che stava iniziando a farsi pesante.
"Bene. Verrai dimesso fra quattro giorni, lo sai questo, vero?" chiede retoricamente e, senza aspettare risposta, esce dalla stanza e non saluta nemmeno.

**

Torna a casa con un groppo in gola e la voglia di piangere, ma sembra quasi che il vento gelido di dicembre gli abbia congelato le lacrime agli angoli degli occhi.
Rufy, quando sente la porta aprirsi e chiudersi all'entrata del dottore, scatta in piedi e si fionda fra le sue braccia, sorridendo e reprimendo un brivido quando la sua pelle viene a contatto con il cappotto di Law, umido di neve.
Law non riesce proprio a ricambiare quell'abbraccio, ma si lascia scaldare dalla semplice vicinanza di Rufy, per poi prenderlo per le braccia e allontanarlo gentilmente, rivolgendogli un sorriso.
"Com'è andata al lavoro?" domanda Rufy, girandogli attorno come un cagnolino iperattivo.
Le labbra di Law si stirano in un sorriso dolce-amaro - più amaro che dolce - mentre si leva il cappotto e lo appende all'attaccapanni vicino alla porta.
Si toglie anche le scarpe e si dirige in cucina, dove si prepara una tazza di caffé caldo, bollente, mentre Rufy gli gira ancora attorno, in attesa di una risposta.
"Tutto bene" sospira senza guardarlo negli occhi. Non gli sta propriamente dicendo una bugia, è andato davvero tutto bene. Sta omettendo la verità, però, e cioè non gli sta dicendo che ha trovato Ace e gli ha parlato.
Omettere la verità non è come mentire, ok? Law ne è sempre stato fermamente convinto, anche se adesso sta già iniziando a sentire i sensi di colpa e le mille domande che gli si formano in testa.
E' meglio dirlo o non dirlo a Rufy? Aspettare, così farà più male, o farlo subito, via il cerotto e BOOM, tutto finito?
Law non lo sa e non ci vuole pensare, al momento.
Vuole solo farsi una doccia calda, mangiare qualcosa e andare a dormire. E' decisamente di malumore.
"Sei stanco, Law?" chiede Rufy con la voce piccola, quando Law è girato di spalle. Avvolge le sue esili braccia attorno alla vita di Law e nasconde il viso sulla sua schiena, stringendolo forte da dietro.
Law sospira di nuovo e cerca di rilassarsi un po', ma non ci riesce.
Forza un sorriso e si rigira nell'abbraccio di Rufy, per stampargli un bacio sulla fronte.
"Vado a fare una doccia. Tu ordina qualcosa da mangiare, cinese, thailandese, italiano, quello che vuoi" mormora dolcemente, per poi andare a rintanarsi in bagno.

**

I quattro giorni passano veloci, troppo veloci, e Law non ha ancora detto una parola a Rufy.
Però quest'ultimo, siccome non è affatto scemo, si è accorto che sta succedendo qualcosa, Law si comporta in modo diverso, è sempre teso e nervoso, sembra preoccupato e infinitamente triste. Ma Rufy, davvero, non riesce a capire cos'abbia e sta iniziando a preoccuparsi anche lui.

**

La mattina del quarto giorno, Law si sveglia di buon'ora. Non ha dormito per niente bene, si è svegliato regolarmente ad intervalli di un'ora e alle sei ha deciso che era il momento di alzarsi e prepararsi per andare a lavorare, sebbene il suo turno, il martedì, inizi alle sette e mezza e l'ospedale non sia poi così lontano da casa sua.
Alle sette decide di svegliare anche Rufy, deve portarlo con sé. E' il momento, il grande giorno.
Law è stanco, gli viene da vomitare e ha mal di testa. Probabilmente gli sta venendo l'influenza, o è solo tensione.
"Ehi, raggio di sole?" lo chiama a bassa voce, sussurrandogli all'orecchio e scuotendolo piano per una spalla.
Rufy apre immediatamente gli occhi e se li strofina con il dorso delle mani, sbadigliando apertamente.
"Ciao" - mugugna, girandosi su un fianco per guardare Law negli occhi - "che ore sono?" domanda subito dopo.
Law, suo malgrado, sorride.
"Sono le sette. Oggi vieni con me al lavoro, mmh? Ho una sorpresa per te" mormora accarezzandogli la testa. Rufy sembra fare le fusa sotto il suo tocco e chiude per un momento gli occhi, andandogli incontro. Poi si alza, pungolandosi su un gomito, e si sporge per baciare Law a labbra chiuse.
"Che genere di sorpresa? Una visita medica gratis?" chiede e ride, percorrendo con un dito la linea della mascella di Law, scendendo poi lungo il suo collo.
Si guardano negli occhi per quella che a Law sembra un'eternità, il grigio di Rufy nell'azzurro di Law, l'azzurro del mare nel grigio del cielo piovoso, e poi si baciano piano, senza nessuna fretta.
"No. E' qualcosa di molto, molto meglio" sussurra Law sulle sue labbra. Dopo di che si alza e va in cucina a preparare la colazione.

**

Rufy e Law fanno il loro ingresso in ospedale mano nella mano.
Salutando a destra e a manca, Law guida Rufy fino alla stanza 223 del reparto ustioni. Si ferma davanti alla porta e lascia andare la sua mano, voltandosi a guardarlo.
"Ok. Ci siamo" annuncia, fissandolo.
Rufy è spaesato e confuso, continua a guardarsi attorno.
"Perché siamo qua?" domanda, riportando lo sguardo su Law.
"Mmh. C'è qualcuno che... c'è una persona che aspetta solo te." dice a fatica, con la paura che la voce possa spezzarglisi da un momento all'altro. Espira lentamente e fa un passo avanti, stringendo forte Rufy fra le braccia.
"Grazie" - gli sussurra sulle labbra - "di tutto" aggiunge, prima di baciarlo come aveva fatto Rufy stesso, quella loro prima volta sul divano.
Rufy ricambia il bacio, ancora confuso.
Law, nel frattempo, apre la porta e fa un passo indietro, spingendo invece Rufy in avanti. Questo, col caos che ha in testa al momento, ci mette qualche secondo in più a mettere a fuoco la situazione e quando riconosce suo fratello Ace, in piedi di fianco al letto sfatto, scoppia a piangere dalla felicità che lo pervade e si getta fra le sue braccia, con un urletto eccitato.
Law li guarda, fermo immobile sulla soglia, e si sente abbastanza fiero di se stesso. Ha donato la felicità a ben due persone, privandosi della propria, e pensa che sia un gesto piuttosto bello, anche se al momento la cosa non riesce a consolarlo nemmeno un po'.
Intercetta lo sguardo di Ace e legge sulle sue labbra un "grazie" sincero, ma neanche questo lo rincuora.
Annuisce, in segno che ha capito ciò che gli ha detto, e se ne va a testa china, chiudendosi la porta alle spalle silenziosamente.
Rufy non ha avuto tempo di ringraziarlo come si deve, ma va bene così, alla fine.

**

Cinque mesi dopo

Kidd sta camminando a passo sostenuto fra i corridoi dell'ospedale, in cerca dell'uscita, quando si scontra con Law.
"Scusa" riesce appena ad articolare, guardandolo senza realmente vederlo, e riprende la sua corsa.
"Aspetta!" gli urla dietro il medico e decide di seguirlo. Quel tipo non sta bene, si dice Law, proprio no e non può permettergli di andarsene in giro in quelle condizioni, potrebbe farsi male.
"Ehi" esclama col fiato corto, posandogli una mano sulla spalla quando riesce finalmente a raggiungerlo.
L'uomo - non è molto più vecchio di Law, sembra - è fermo, posato ad un albero del parchetto sul retro dell'ospedale e le sue spalle sono scosse dai singhiozzi.
Quando Law riesce a respirare abbastanza normalmente da riuscire a parlare, non lo fa. Tace, invece, e fa un piccolo passo indietro, osservando colui che gli è venuto addosso come un tornado.
"Ehi" ripete, più piano, più gentilmente. Non sa cosa fare, se toccarlo per dargli conforto o parlargli o andarsene.
L'uomo alza lo sguardo su di lui e non sta piangendo come credeva Law. Si è sbagliato.
"Mi... mi dispiace" dice, riferendosi all' "incidente" di poco prima.
Law scrolla le spalle.
"Non sono qui per questo. Volevo... sembra sconvolto. Non posso permetterle di andare a zonzo in questo stato. Deve calmarsi un po'" consiglia, sentendosi un perfetto idiota.
Ha seguito uno sconosciuto per dirgli di calmarsi. Quello non è il suo compito. Il suo compito è quello di seguire i suoi pazienti, punto.
L'uomo scuote la testa, sconsolato.
"Mi hanno appena comunicato che dovranno amputarmi un braccio e che questa... " - si indica il viso con un dito e Law nota solo in quel momento la lunga cicatrice che percorre tutta la parte sinistra del suo volto e sembra terminare da qualche parte sulla spalla, sotto la maglietta - "... questa resterà per sempre, non se ne andrà. Sono segnato a vita" conclude, ma non sembra così arrabbiato, solo... amareggiato.
Law espira piano e si morde il labbro inferiore, indeciso su cosa fare. Restano in silenzio per un po', poi "non so a quanto possa servire..." - esordisce il dottore, alzando gli occhi da terra per guardare dritto in quelli dell'uomo, e si stupisce del colore insolito di quelle iridi, un marrone rossiccio decisamente affascinante - "... e non so nemmeno se lei vuole starmi a sentire... comunque. Ci sono delle ottime protesi, al giorno d'oggi, e non noterà neanche la differenza... e- e per quella..." - fa un cenno verso la cicatrice - "... c'è sempre la chirurgia plastica." finisce di parlare sentendosi ancora più scemo di prima e l'unica cosa che vorrebbe è sparire all'istante. Ha appena fatto una grandissima figuraccia, se lo sente nelle ossa.
L'uomo lo guarda a lungo, serio, poi stranamente scoppia a ridere.
Law è spiazzato e anche un po' preoccupato, a dir la verità.
"Sei... sei forte, dottore" balbetta, con le lacrime agli occhi per le troppe risate. Law comincia a sospettare che stia avendo una crisi isterica - "E... e smettila di darmi del lei, mi fai sentire vecchio. Avremmo praticamente la stessa età, se tutto va bene!" esclama poi, battendogli una mano sulla spalla.
Law grugnisce e sobbalza, colto alla sprovvista.
"Io... oh. Ok" farfuglia confuso, fissando il tizio mentre si ricompone e si schiarisce la gola, sorridendogli appena.
"Sono Eustass Kidd, comunque, ma Kidd può andare più che bene" si presenta, strizzandogli la spalla e facendogli l'occhiolino.
Law sospira.
"Sicuro di sentirti bene... Kidd?" domanda un po' insicuro.
Kidd scuote la testa.
"No. Non sto bene, mi sembra ovvio. Entro la settimana prossima sarò sfregiato e senza un braccio, dottore, ti pare che io possa stare bene?" chiede retorico. Schiocca la lingua contro i denti e sbuffa.
Law annuisce dandogli ragione e arrossendo violentemente.
Si sente sempre più stupido, ogni minuto che passa, e la mano di Kidd posata sulla sua spalla sembra pesare tonnellate, ma è solo una sua impressione.
Due figuracce nel giro di dieci minuti. Complimenti, dottore, un nuovo record.
"Sì. Già. Mi dispiace. C'è qualcosa che posso fare?" si offre, cercando di rimediare un po' alla sua stupidità. Gli sembra il minimo.
Kidd finge di pensarci e a poco a poco un ghigno che a Law non piace per niente gli si dipinge in viso.
"Certo che c'è qualcosa che puoi fare, dottore. Due cose, per la precisione" - porta lo sguardo su di lui e lo fissa così intensamente che a Law gira la testa ma non riesce a guardare altrove - "La prima: vorrei sapere il tuo nome, se non ti dispiace" aggiunge, facendo anche un passo avanti.
Law si sente come se avesse un vuoto di memoria improvviso e non si ricordasse nemmeno il proprio nome.
Fortunatamente, una parte di lui è ancora abbastanza sveglia da fargli dire: "Trafalgar Law. E'- è il mio nome. Puoi chiamarmi Law, ad ogni modo" con una vocetta così confusa che non riconosce neanche come propria.
Kidd ridacchia bonario, poi la sua risatina si trasorma in un sorriso abbastanza genuino, mentre: "bene, Law. La seconda cosa che puoi fare per me, è uscire a cena. Con me." annuncia.
Law non può - e si accorge che nemmeno vuole - rifiutare, perciò annuisce, inumidendosi appena le labbra con la punta della lingua.
"Perfetto. Chiamami quando finisce il tuo turno, o mandami un messaggio con il tuo indirizzo. Ci vediamo stasera!" esclama, tirando fuori dal nulla una penna e un foglietto dove ci scribacchia sopra il proprio numero di cellulare e in seguito lo ficca in mano ad un Law troppo scioccato per reagire come si deve.
Dopo di che lo saluta, gli fa l'occhiolino e si allontana.
Law lo segue con gli occhi, a bocca aperta, finché non svolta l'angolo e sparisce.
E' rosso come un peperone e sente il suo cuore battere troppo forte per essere una cosa normale.
Che stia avendo un attacco cardiaco? No. Semplicemente: quell'Eustass Kidd.
L'ha sconvolto.
Colpito e affondato, dottore.
   
 
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