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Autore: _Misery    27/10/2013    0 recensioni
"Per qualche secondo entrambi guardarono la bella che dormiva oltre il vetro, nella melodia leggera dei suoi cicli cardiaci - da lontano sembrava stesse solo respirando molto profondamente, immersa in sogni oscuri e caldi. Nessuno avrebbe mai osato confessarlo, ma la vista della piccola vita custodita in quella cameretta - e le lunghe trecce da contadinella russa sparse sul cuscino, e le guance di cristallo sotto la luce - li tranquillizzava più di qualsiasi sepolcro, più delle preghiere che a volte si udiva sussurrare nella cappella spoglia al piano di sotto. Tutto, persino loro che si erano sentiti bruciare fino a non molto tempo prima, aveva preso il ritmo della sua mente annebbiata e delle favole che si raccontavano al suo capezzale."
[Tre ragazzi, una morte scampata che unisce le loro esistenze solitarie in modo del tutto inaspettato e una piccola raccolta di storielle.]
Genere: Generale, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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 Biancaneve

- prologo -






No kiss, no gentle word could wake me from this slumber. ~



« Ecco cosa ci ha lasciato il grande Stalin ».
Jonas si stiracchiò ed emise qualcosa di molto simile ad un grugnito. Attorno a loro, nel fremito degli ultimi tuoni, era calato di colpo il buio; c'era voluto un po' perché le luci d'emergenza dell'ospedale si accendessero, ronzando. In quella penombra verdastra Daiva sembrava aver perso ogni contorno, e adesso somigliava a uno spirito dai piccoli occhi di volpe.
« Si sono mosse le sedie, diamine » mormorò lei, sbattendo velocemente le palpebre. Le sue mani invisibili stringevano i braccioli di metallo come se questo avesse potuto placare il temporale. « Ma almeno i macchinari funzionano ancora ».
Per qualche secondo entrambi guardarono la bella che dormiva oltre il vetro, nella melodia leggera dei suoi cicli cardiaci - da lontano sembrava stesse solo respirando molto profondamente, immersa in sogni oscuri e caldi. Nessuno avrebbe mai osato confessarlo, ma la vista della piccola vita custodita in quella cameretta - e le lunghe trecce da contadinella russa sparse sul cuscino, e le guance di cristallo sotto la luce - li tranquillizzava più di qualsiasi sepolcro, più delle preghiere che a volte si udiva sussurrare nella cappella spoglia al piano di sotto. Tutto, persino loro che si erano sentiti bruciare fino a non molto tempo prima, aveva preso il ritmo della sua mente annebbiata e delle favole che si raccontavano al suo capezzale.
Il suo nome era Regina, ed era quasi morta sotto le acque ghiacciate del fiume dopo un concerto di Natale - poco da stupirsi, lei e Jonas avevano bevuto come spugne. Daiva abbassò lo sguardo al suo polso fasciato e serrò le labbra: il ricordo di quella notte riecheggiava ancora dei loro canti rauchi e dei passi folli sul parapetto di un parco. Non riusciva ad andare oltre gli occhi limpidi di Jonas né desiderava davvero farlo, ma da allora non avevano mai lasciato Regina da sola. La gioventù è un legame più stretto e cocente di quanto non si creda.
« Panele* Taira verrà stasera, secondo te? » fu lui, come sempre, a rompere il silenzio. « Mi annoio ad aspettare ».
« Sei un bambino o cosa? » La voce di Daiva risuonò bassa e vagamente acida, ma era per nascondere il suo stesso cuore sciocco e il brivido improvviso delle vertebre sullo schienale. « Come posso saperlo? Sarà impegnata, no? »
Jonas parve considerare l'ipotesi con un ghigno che la fece arrossire fin alla punta dei capelli.
« Bah, è probabile. Vuol dire che anche oggi c'inventeremo qualcosa senza di lei ».
Alzò la cornetta del telefono che li collegava alla stanza al di là, si schiarì la gola e cominciò.

















(*signorina in lituano; non chiedetemi perché abbia voluto ambientare il tutto in Lituania, non lo so nemmeno io.)

~ Buh! Note veloci perché non sono al mio pc e qui ci vuole un attimo per cancellare tutto, argh. Dunque, non pubblicavo cose che non fossero poesie da un po', ma evidentemente non siete salvi XD in realtà non ho mai smesso di scrivere, ma da qualche mese la mia vita si è un po' incasinata (magari non sono cose tanto eclatanti da dire "sono stata risucchiata dalla RL" ma capitemi, sono un vecchio Toro abitudinario) e sono diventata più lenta e pigra che mai. Questo prologo è nato come una storia a se stante, ma stava diventando troppo lunga e logorante e a metà scrittura ho lasciato; perciò ho scelto di condensarlo in una flashfic, come mio solito, e descrivere più che altro quella insolita atmosfera di pace - misto di rassegnazione e tentativi vari di farsi forza - che si crea al capezzale di un malato o dopo un funerale. Il resto dei capitoli, forse si sarà intuito, sarà composto da storielle (sempre in forma di flash, probably, e slegate l'una dall'altra così che nessuno debba ammorbarsi a leggerle tutte) raccontate dai protagonisti per passare il tempo, una sorta di Decameron senza troppe pretese. Ok, credo di aver dimenticato un sacco di particolari importanti ma perdonatemi, sto fusa, spero almeno che non ci siano troppi errori (in caso, segnalatemeli) >.<"

Post scriptum giganteeesco: devo recensire un sacco di cose, perdonatemi anche per questo, cerco di fare tutto nel weekend e prima o poi ci riuscirò!
 
   
 
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