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Autore: Blues Girls    28/10/2013    39 recensioni
«Non.. trovo.. la.. mia.. forbice.» scandii ciascuna parola con asprezza, mettendo in chiaro lo scenario che si doveva presentare.
«Ti chiedo di leggere solo questo, solo questo Eeva; l'ho trovato nel quotidiano di ieri.»
Le strappai di mano il pezzo di giornale che mi porse, digrignando i denti.
'Harry Styles, finora l'ultimo membro selezionato per far parte delle Scelte, la scorsa notte è riuscito a scappare dalla sede ufficiale del concilio, a Stoccolma, capitale della Svezia: da giorni, decine di guardie, hanno tenuto sott'occhio il giovane ragazzo, ma questo non sembra averlo intimorito. Sconosciuto ancora il motivo concreto della sua fuga, ed anche la sua direzione. Maggiori informazioni alla pagina sedici.'
«E comunque no, non ho visto nessuna forbice nello studio.»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Seventh.
The next day, you're so cold.

Camminavo da quelle che parevano ore ormai, verso una meta indefinita che nella mia fervida immaginazione era pronta ad attendermi, ad aspettare me; ma, quant'era vero che Vorjos rappresentava tutto ciò che di più pessimistico e reale potesse esistere, la mia mente non smetteva di ruotare sui soliti insopportabili pensieri, con il risultato di mettermi alla dura prova dinanzi ad un'ansia mai conosciuta prima d'allora.
Odiavo ammetterlo, ma faceva male, molto male.
E se quella maledetta destinazione avesse cominciato a essermi ostile, in quale altro posto sarei potuta scappare? Io non ero come Mariska, non sarei mai stata in grado di abbandonarmi al Grigio, al nuovo più assoluto, non in quel momento di totale depressione e smarrimento. Justin era tutto per me, tutto ciò che riguardava la mia più totale monotonia da ben quattro anni, senza la quale non sarei riuscita mai più a controllarmi. La ripetitività, l'uniformità in una vita di una creatura di Vorjos delineava il miglior modo per innalzare intorno a se stessi un fortificato controllo di sé, che a sua volta, garantiva maggiori probabilità di sopravvivenza; e Justin era riuscito a distruggere quella specie di barriera in soli pochi secondi.
Un tremole soffio di vento era stato in grado di radere al suolo ciò che simboleggiava per me, il muro più duro e resistente che fosse mai stato eretto nella storia di Vorjos; mi sopravvalutavo fin troppo, era l'unica spiegazione. Se pensavo che il peggio non fosse ancora arrivato, mi sbagliavo di grosso: quell'esile folata di vento, col passare dei minuti e la consapevolezza di essere stata veramente buttata fuori di casa da lui, aveva dato origine ad un impetuoso uragano in piena tempesta, un putiferio all'interno della mia testa.
E le ripercussioni che quel tifone ebbero su di me, si fecero sentire fin da subito, come a non voler attendere un istante di più.

I miei piedi seguivano un illusorio sentiero ciottoloso, illuminato solamente dalla fievole luce di una piccola torcia che tenevo saldamente nella mia mano destra, tenuta così stretta per la paura di perdere l'unica cosa di cui ero certa in quel momento. Mi strinsi maggiormente nella mia felpa, sfregando l'unica mano libera contro la mia spalla destra, cercando di riscaldarmi appena in un tentativo palesemente vano, scoraggiata più di quanto non fossi già dalle temperature notturne sotto zero di quella stupida città.
Chi mi costringeva a rimanere ad Helsinki, d'altronde? Non mi sarei fatta alcun problema a passare illegalmente il confine della Finlandia, avrei sotterrato qualsiasi plausibile traccia che potesse avere la mia orma sopra. Scossi la testa, interrompendo immediatamente i miei pensieri sulla fuga: ero fin troppo stanca e depressa anche per poter fare una cosa come pensare.
In perfetta sincronia con ogni mio passo, sentivo un microscopico pezzo di me sbriciolarsi, sgretolarsi, fino a diventare una dannosa polvere sottile dispersa nell'aria satura; da un momento all'altro anche le mie gambe avrebbero ceduto per il troppo peso che si portavano addosso. Non curante della superficie ruvida del terreno umido, mi lasciai cadere rovinosamente all'indietro, ed attutii la caduta con le braccia completamente rilassate, impedendo così gravi danni alla mia colonna vertebrale e scatola cranica; ristabilito un minimo d'equilibrio, mi posizionai a gambe incrociate, e le braccia conserte. Recuperai la torcia poco distante dalla mia postazione, e la puntai davanti a me; tre volte controllai che le mie braccia non si fossero letteralmente staccate, tre volte mossi le gambe per accertarmi che non avessero definitivamente perso la loro sensibilità. Più volte tastai con le dita ogni singola parte del mio corpo, socchiudendo flemmaticamente gli occhi, vinta da un'estenuante sensazione colma di disorientamento.

«Eeva Duecentoventidue, l'unica ed inimitabile.»
Un insolito odore attraversò impercettibilmente le mie narici, associandolo in pochi secondi al dominio di una sola persona. Tirai un duraturo sospiro per poter avere la certezza che quella non fosse solo un allucinazione dovuta ad un esaurimento nervoso; ma quella persisteva nell'aria, l'essenza di Louis Tomlinson non si decideva ad andarsene, lontano dalla mia bolla.
«Louis.»
Esalai quel nome in un debole sussurro, quasi sicura che non avesse sentito un solo suono provenire dalla mia bocca, nemmeno un sospiro. Non mi voltai, non mi mossi di un solo millimetro dal posto in cui ormai avevo messo le radici, come tutti gli alberi che mi circondavano.
«Opzione numero uno: stai cercando il modo e la location migliore per ingoiare qualche grammo di Nihilo disciolto nell'acqua piovana della pioggia che presto cadrà. Non metterei la mano nella morsa di un orso* per questa possibilità però, non fai parte della categoria delle persone più sofisticate e pazienti che io conosca, niente affatto.»
L'assurdo silenzio che caratterizzava quella radura mi permetteva di percepire ogni singolo passo compiuto da Louis, soprattutto perchè questi continuava ad avvicinarsi a me. Il suo profumo aleggiava più intenso nell'aria, mescolandosi quasi completamente con essa; perché Louis sapeva di foschia d'inverno, d'acqua di un torrente ghiacciato, di legna bagnata dalla neve sciolta, miscelati tutti in un unico elemento che portava da sempre il suo nome.
«In alternativa a questa, abbiamo l'opzione numero due: stai aspettando che qualcuno lo faccia al tuo posto, e hai voluto avvantaggiarti sulla scelta del posto. In questo caso, sappi che io sono alquanto disponibile, dove e quando vuoi; inoltre, se quest'offerta non ti dovesse bastare, sappi che ho un'invidiabile esperienza.»
La sua voce divenne più bassa, forse per la vicinanza che in qualche istante aveva acquistato con estrema facilità, forse per un suo abituale modo di fare.
Si abbassò alla mia altezza, seduto sulle ginocchia, incastrò la testa nell'incavo del mio collo, reggendosi precariamente con le mani appoggiate su entrambe le mie cosce rilassate.
«Opzione numero tre, ed ultima: il 'nuovo' Bieber ti ha tolto un tetto sotto cui vivere, ed ora non sai dove andare. Non è forse questo il motivo per il quale ti trovi sperduta in una foresta, alle due di notte? Non è forse questo che ti deprime, Eeva?»
Il 'nuovo' Bieber. Le voci giravano più velocemente di quanto in realtà credessi.
Voltai fulminea lo sguardo verso di lui, che di conseguenza alzò il suo, permettendomi d'incontrare un paio d'iridi dal chiaro colore indistinguibile al buio, troppo diversi da quelli di Justin
«Tu, come fai a saperlo?»
«Per la cronaca, sono un postino, è mio dovere ficcanasare negli affari degli altri; per di più, la colpa non è mia se quel cretino di un Justin ha una grafia così grande: non ho impedito di farlo sapere anche alla maggior parte del
popolo di Helsinki, sai, non mi è sembrato giusto.»
«Louis, non, non respiro!»
La sua presenza stava cominciando a diventare quasi opprimente, un vero danno al mio apparato respiratorio; tossii convulsamente quando lui tentò di cercar maggior contatto, circondandomi completamente con il suo corpo, e dunque, il suo maledetto profumo. Battei con forza le mani al petto, ricercando disperatamente dell'aria pura da inalare, e mettere fine alla tortura.
«Lo so Eeva, lo so.»
Non ero nelle condizioni migliori per allontanarlo, e neppure per fermare la sua mano mentre si addentrava sotto la felpa, l'unico indumento che in quel momento mi teneva caldo a stento; con le dita fredde, delineò ogni singolo taglio presente sul ventre, pressando spesso più del dovuto in alcuni punti come dal voler sentirne la profondità. Permisi alla mia maschera impassibile di cadere, lasciando spazio a diverse smorfie di dolore provocate dal suo tocco dalla scarsa raffinatezza. Pregai silenziosamente che non avessero ricominciato a sanguinare, che quel dilaniante dolore non avesse intenzione di aggiungersi a tutto ciò che già stavo provando. 
«Qualunque cosa tu abbia fatto, non pensavo ti abbassassi a questo livello.»
«Cosa non si fa più per un paio d'ore, Tomly?» chiesi retoricamente, mentendo freddamente sulla verità dei fatti. Nessuno a parte me e lui doveva venire a conoscenza di quell'inutile mezzo comunicante, in disuso dall'anno in cui se ne andò.
«Non mi riferivo a quelli squarci di terza categoria. È ben risaputo che i tagli non fanno parte del menu a base di sopravvivenza: in poche parole, ne ricavi solo un accidente. Nonostante questo, il tuo Mark Vivit segna dodici giorni in più!» esclamò con voce acuta, gesticolando in maniera agitata le braccia all'aria. Balzai velocemente in piedi, posizionandomi a quasi mezzo di distanza, di fronte a lui.
«Che cosa stai dicendo Louis?»
«Se non mi credi, controlla.»
Smossi i capelli a lato, e trascinai dal collo il Mark Vivit, collocandolo in una parte del corpo che mi consentisse di poter realmente negare le parole del ragazzo. Il display luminescente indicava quarantuno giorni, ed un aggiornamento dell'avvisaglia risalente a qualche ora prima; sbattei le palpebre una decina di volte, incredula.
«Le voci che girano su di te allora sono vere? Ottimo candidato per un'ottima OmniaE.»
Sebbene fosse una fatto di cui ero già a conoscenza, le parole pronunciate da Louis avevano un aspro aroma. La mia esportazione in Giudizio, dopo la fine dei giorni, sarebbe valsa più di qualsiasi altro aspirante, molto più di Harry e i componenti delle Scelte messi insieme.
«A volte è meglio non dar conto alle storie che girano, spesso sono messe in circola da persone annoiate persino dalla loro presenza. Dubito che tu possa capire, è duro ricevere una simile verità sbattuta in faccia.»
Louis Tomlinson girò i tacchi frettolosamente, il suo olezzo invernale a colmare ancora l'atmosfera.

***
 
Non avevo la benché minima intenzione di oltrepassare la porta di legno della classe di Storia, pertanto decisi istantaneamente di rifugiarmi per qualche ora nell'ufficio di Viktoria, disponibile per la sua assenza. Le mie gambe indolenzite si muovevano, pesanti, con evidente difficoltà: erano trascorse tre notti dall'argomento 'Justin', erano trascorse tre notti nelle quali avevo dormito su un'apparente roccia comoda. Superai l'ingresso della presidenza a passi lenti, notando in primo piano la figura minuta di Viktoria intenta a leggere un quotidiano in estrema tranquillità. In un primo momento, pensai bene di svignarmela ed evitare inconvenevoli, ma prima che potessi pensare ad un piano di fuga improvvisato, il suo sguardo si rivolse nella mia direzione.
«Viki, pensavo fossi... Hai visto la mia forbice? Sono certa di averla dimenticata da queste parti.»
«Stavo proprio per venire a cercarti, Eeva.» enunciò seria, alzando vertiginosamente un sopracciglio. Non seppi spiegarmi il perché, ma la sua espressione presagiva solo cattive notizie, ed avrei fatto qualsiasi cosa per evitar simili situazioni. Iniziai ad esplorare nervosamente con lo sguardo la stanza, fingendo una frenetica ricerca.
«Sei sicura di non averla vista da nessuna parte? È rossa, e porta l'iniziale 'E' scritta in oro, difficile da non notare.»
«Ho or ora letto proprio ora un articolo che potrebbe interessarti particolarmente.»
Mi avviai verso la sua scrivania, spostando bruscamente, e volutamente, gli oggetti di sua appartenenza.
«Non.. trovo.. la.. mia.. forbice.» scandii ciascuna parola con asprezza, mettendo in chiaro lo scenario che si doveva presentare.
«Ti chiedo di leggere solo questo, solo questo Eeva; l'ho trovato nel quotidiano di ieri.»
Le strappai di mano il pezzo di giornale che mi porse, digrignando i denti.

'Harry Styles, finora l'ultimo membro selezionato per far parte delle Scelte, la scorsa notte è riuscito a scappare dalla sede ufficiale del concilio, a Stoccolma, capitale della Svezia: da giorni, decine di guardie, hanno tenuto sott'occhio il giovane ragazzo, ma questo non sembra averlo intimorito. Sconosciuto ancora il motivo concreto della sua fuga, ed anche la sua direzione. Maggiori informazioni alla pagina sedici.'

«E comunque no, non ho visto nessuna forbice nello studio.»

*Gli orsi, su Vorjos, sono creature un po' speciali, in grado di 'assorbire' i giorni di una persona.


MEGA CRIBIO.
Mi sto pentendo di aver dato questo nome al mio saluto, ahah. Comunque, perdonatemi per il mio ritardo.
Ho aggiornato oggi perché questa settimana sono sommersa dagli impegni, ed in teoria, anche oggi.
Spiego un po' di cose: il capitolo non è proprio così scoppiettante come avevo previsto in precedenza, ma non è da buttar via, ecco.
Ho presentato, anche se solo superficialmente, la figura di Louis. E niente incontro con Harry, ahah.
Quella della sua fuga era solo una voce, diventata in questo capitolo realtà.
Vi ringrazio per le recensioni, e tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Spero che questo capitolo non deluda le vostre aspettative, ed anzi, vi invogli maggiormente a leggere la storia.
Ultima cosa: sto amando follemente una storia, e vorrei che anche voi la leggeste. (:

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