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Autore: TaliaAckerman    28/10/2013    7 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Jel spalancò i cassetti in legno della piccola cassettiera, tirando fuori tutto ciò che sarebbe potuto tornargli utile. Un mantello di scorta, stivali in pelle di drago, una sacca di stoffa poco pregiata, ricambi di vestiti e per ultimo, un piccolo pugnale che per anni era rimasto sigillato, nascosto sotto il ripiano di uno di quei cassetti…
Ponderò un istante fissando la sottile lama argentea. Non l'aveva mai usata. In effetti, non aveva mai combattuto nemmeno con la Magia. Fino ad allora aveva solo e sempre usato la magia come strumento, e sicuramente non con lo scopo di uccidere o per sfuggire da un nemico. I suoi servigi per la patria si limitavano a relazioni dietro la scrivania e congressi in altre nazioni...
Un nuovo brivido più insistente si fece strada giù per la schiena del giovane. Adesso basta! si ammonì piccato. Finiscila, ce la puoi fare. Vedrai, andrà bene.
Se non si fosse alzato adesso probabilmente non sarebbe mai partito. Balzò giù dal letto e raccolse da terra la sacca stracolma, si assicurò il pugnale alla cintura di cuoio e si diresse nella sala da pranzo, che fungeva anche come cucina. Le pareti di pietra facevano un effetto poco gradevole, nonostante Lys avesse tentato di ingentilirle appendendo variopinti arazzi familiari. L’ampia stanza aveva mantenuto l’ambiente freddo che la caratterizzava, in tutti quegli anni. Il pavimento era costituito da levigate assi di legno, e almeno su quello né Jel né sua madre avevano avuto nulla da ridire. In tutta la casa, conferivano un tocco nobile.
– Lys…- era da quando suo padre era morto che Jel non pronunciava più la parola “madre”. – Io… dovrei prendere qualcosa da mangiare… qualche provvista…
- Ma certo – la donna si sforzò di sorridere. Un sorriso, nonostante non fosse più così giovane, molto grazioso. Spalancò la porta della piccola e fresca dispensa, e mentre Jel tirava fuori da un baule un’altra saccoccia più robusta della prima, gli consegnò qualche grossa micca di pane integrale, alcuni barattolini di marmellata di mirtilli gialli e olive Yokai sott’olio. – Per l’acqua dovrai accontentarti dei ruscelli che troverai sulla strada. – disse mestamente, quasi scusandosi. Jel, suo malgrado, rise. – Stai tranquilla, è solo una precauzione. Molto probabilmente avrò la possibilità di fermarmi in qualche locanda durante il viaggio.
Anche Lys ridacchiò, impacciata. – Beh.. immagino che tu ora debba andare…
- Sì…- Jel rimase un attimo fermo, poi si chinò su quella figuretta smilza e la abbracciò. – Fai attenzione, Jel. Ti prego… - lo scongiurò la madre, senza trattenere un piccolo singhiozzo.
– Tranquilla, ce la farò. Sono in gamba, lo sai - rispose lui con un sorriso.
– Sì Jel. Ma… ho paura per te. Ho già perso tuo padre, non potrei mai sopportare di non rivederti tornare a casa…
- Va tutto bene – il giovane le diede un affettuoso buffetto sulla guancia. – E’ una missione come le altre. Tornerò presto, te lo prometto.
Pregò di poter mantenere fede a quelle parole. Non essere sciocco! si disse poi irritato, separandosi dalla madre. – Ho preparato Ehme – annunciò lei.
Ehme era la bellissima puledra argentata che il padre di Jel aveva comprato durante uno dei suoi viaggi nelle Terre del Nord. Leggera e veloce come uno spiffero di vento, pareva ancora giovane nonostante avesse più di ventiquattro anni. Apparteneva alla magnifica razza degli Stalloni Nordici, la più aggraziata e resistente dell’intero continente.
Il giovane diede un’ultima occhiata in giro per salutare la propria casa e si caricò sulle spalle le provviste, poi scoccò un ironico bacio per rassicurare Lys e si avviò fuori. La rimessa per i cavalli distava pochi passi dal retro della graziosa abitazione, la terra battuta che costituiva i “pavimento” era perennemente ricoperta di paglia. In passato un giovincello dai modi rozzi ma simpatici si era occupato della pulizia della piccola stalla, ma con gli anni Jel aveva trovato gusto nel prendersi cura dei cavalli. Specialmente di Ehme, naturalmente. E nonostante, tra una seduta del Consiglio e l’altra, non avesse propriamente molto tempo per ripulire la zona dagli escrementi degli animali, un po’ di magia aveva sempre sistemato tutto.
Jel si accinse a montare in sella ad Ehme, dopo aver assicurato le bisacce alla cavalcatura, quando qualcosa lo bloccò. Una figuretta immobile, ferma appena a qualche metro di distanza da lui. Per un attimo un vago terrore si impadronì di lui, ma si riprese in fretta nel constatare che la ragazza non era altri che Gala Sterman.
- Che ci fai qui, Gal? – chiese stancamente il giovane mago, anche se il suo cuore già aveva intuito la risposta. E infatti, la ragazza rise:- Credevi davvero che ti avrei lasciato partire da solo?
- Tu sei troppo giovane – ribatté lui senza girarci intorno. – E hai sentito il maestro Camosh. Se gli disubbidissi potresti venire espulsa dal Gran Consiglio.
– Sai che paura! – Gala era sempre stata maledettamente sfrontata. Ridacchiò poi, più seria, aggiunse:- Hai bisogno di me. Non puoi sfuggire a tutti i ribelli del Nord… da solo.
Jel rifletté; che Gala fosse una sorta di bambina prodigio più coraggiosa che riflessiva non era un segreto; lei e Jel si conoscevano praticamente da sempre, e nonostante il giovane fosse diligente, serio e determinato, Gala aveva sempre posseduto un talento naturale maggiore. Jel aveva dovuto studiare anni per imparare incantesimi che all’amica letteralmente… scorrevano nel sangue. Certo, la ragazzina era impulsiva, incosciente e anche piuttosto arrogante, ma sarebbe stato utile averla con sé durante un viaggio del genere. Jel aveva maggiore padronanza di sé, e in fin dei conti riusciva a padroneggiare molti più incanti di lei – merito di merito di interminabili fatiche che Gala non aveva mai desiderato sopportare – ma era proprio per questo che l’un l’altra si completavano. Uniti avrebbero potuto cavarsela egregiamente.
– Lo… lo sai quanto è importante per me. È da tutta la vita che aspetto questa occasione. – insisté la ragazza con occhi scintillanti. Ma Jel non voleva cedere. – Se ti capitasse qualcosa non me lo perdonerei mai. E poi… chi lo spiegherebbe ai tuoi genitori?
- Come se a loro importasse ancora di me. Sono tornati nel Bianco Reame da più di quattro anni, non ti ricordi? Da quando ho iniziato il mio apprendistato.
Il mago sbuffò, ma poi non riuscì a trattenere un sorriso. Era proprio quello il segno indelebile del carattere di Gala; era quella maledetta testardaggine a rendergliela così simpatica. Il maestro Camosh si fida di te. Non dovresti deluderlo.
Devo fare ciò che ritengo giusto…
- Non mi importa se non mi permetterai di venire con te. Ti seguirò comunque, fin nel punto più a Nord del pianeta, se necessario. – Gala interruppe bruscamente i suoi pensieri. - Ne ho abbastanza di fare perennemente la figura della bambina piccola. Io ho quindici anni ormai.
- Ed è proprio questo che mi preoccupa. – disse Jel esasperato. – Senti Gal, mi dispiace. Non puoi venire con me. Resta qui a Grimal. Vuoi renderti utile? Aiuta Camosh a cercare gli antichi scritti sulle Pietre. Io tornerò il prima possibile, sul serio…
- No! – lei pestò un piede a terra, incrociando le braccia. Ora sembrava ancora più giovane, una streghetta infantile impuntata a raggiungere i propri scopi. – Posso esserti utile, lo vuoi capire?
Anche Jel alzò la voce:- Ti ho detto di no! So badare a me stesso, seguendomi finiresti col farti ammazzare!
Forse Gala tentò di trovare una qualche risposta pungente, ma non gliene venne in mente alcuna. Rimase in silenzio, continuando a fissare l’amico. Teneva ancora le braccia incrociate, i pugnetti pallidi serrati. Se dalle sue narici dilatate dall'irritazione fosse scaturita una nuvoletta di fumo draghesco Jel non ne sarebbe stato sorpreso. E i suoi occhi erano così furenti, decisi e tosti, che il giovane non poté che cedere:- E va bene. Prendi Yin e andiamo.
Hai appena commesso un errore, Jel. E lo sai.
Lo sguardo castano di Gala si illuminò all’istante, cambiando completamente l’espressione della ragazza. – Dici sul serio? – chiese incredula. L’altro annuì, mandando al diavolo ogni indecisione.
– Certo. Ma adesso sbrigati.
La strega sembrò trattenersi dallo scoppiare a ridere entusiasticamente, e si avvicinò all’altro puledro presente nella rimessa. Yin era decisamente meno aggraziato di Ehme, e di certo non era un purosangue, ma era comunque ancora forte e in ottima salute. Il manto castano era ispido e pulito, e la criniera scura pareva brillare alla luce della luna. Gala vi montò in sella con disinvoltura, e Jel la imitò. – Da dove credi che dovremmo partire?- chiese la ragazzina, con lo stesso tono eccitato di sta per partire per una vacanza intorno al mondo. Jel non se ne curò, anzi ridacchiò e rispose:- Dalla capitale più vicina. Andremo a Jekse.
Nell’Haryar. Jel aveva sempre desiderato visitare in grande Deserto Rosso. Con un po’ di fortuna e il tempo a loro favore, sarebbero riuscivi a superare i monti a sud di Grimal in poco più di quattro giorni. Da lì, l’attraversare le pianure aride del nord dell’Haryar non sarebbe stato particolarmente complicato. Sempre che non avessero incontrato qualche emissario di Theor…
Il giovane si convinse a scacciare ogni dubbio; colpì le staffe di Ehme con i talloni e, seguito da Gala, partì. Prima che essa scomparisse dietro di loro, si voltò un’ultima volta verso casa sua: gli sarebbe mancata. – Prenditi cura di te, mamma – sussurrò. – Io tornerò presto.




Note: ed eccomi qui naturalmente in ritardo, con il secondo capitolo ^-^ Un grazie come sempre a tutti i lettori e ai recensori, siete sempre graditi ovviamente ;) Aggiornerò appena avrò tempo... ora, please, un "in bocca al lupo per la partita di pallavolo che sto per giocare... xD Thank you.
Talia :D
  
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