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Autore: Clockwise    28/10/2013    1 recensioni
Teneva gli occhi chiusi quando cantava, ma se li avesse aperti, se avesse potuto vedere quel momento, allora l’avrebbe vista con i suoi occhi, oltre a sentirla, l’alchimia che li legava. Era proprio lì, in loro, nei piedi che battevano lo stesso tempo, nelle vibrazioni sugli strumenti, nel riverbero che echeggiava dentro ciascuno di loro alla stessa frequenza, nelle note che ciascuno di loro creava e che si intrecciavano in armonie meravigliose e così, insieme, solo insieme, erano qualcosa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cast No Shadow
 
Mise giù il ricevitore e si passò una mano sugli occhi. Non ci voleva, non ci voleva…
Si voltò e uscì dalla cabina telefonica, poi si diresse verso la metropolitana.
Aveva appena parlato con Chris, dopo due giorni che non si faceva vedere al college. All’inizio aveva pensato che si fosse ammalato, anche se ciò non spiegava perché Will e Jonny la evitassero. Poi aveva parlato con Tim che le aveva raccontato del litigio.
Mai, in tante conversazioni che aveva avuto con Chris, aveva sentito la sua voce così stanca, scoraggiata, spenta. Lui, con quella voce calda e soave, vivace alle volte, o tremendamente malinconica, che sapeva giocare con il suo cuore come nient’altro… Si riscosse bruscamente dalle sue fantasie quando un treno le sfrecciò davanti, alzandole i capelli. Entrò appena in tempo, un istante prima che le porte si chiudessero.
Ancora non capiva bene che cosa stesse succedendo fra lei e il ragazzo, né tantomeno dentro di sé; ogni tanto si scopriva a guardargli intensamente gli occhi, o le mani, diverse volte l’aveva sognato.
Il treno partì bruscamente e la ragazza si aggrappò ad un sostegno per non cadere.
Ma perché, allora, la sua confessione a Capodanno l’aveva spiazzata tanto? Si era sentita imbarazzata, in colpa, a disagio per la prima volta da quando l’aveva conosciuto. Però, stargli lontano si era rivelato così difficile, la perseguitava nei suoi sogni sempre più spesso…
Il treno fermò a Camden Town e la ragazza scese, dirigendosi svelta in strada.
Le cose sembravano tornate come prima, dopotutto, ma c’era qualcosa negli occhi del ragazzo che le ricordava costantemente quella sera e non riusciva più a sciogliersi completamente. Era semplicemente confusa, forse. Aveva bisogno di tornare indietro, a quando potevano parlare senza freni, senza paure, quando poteva guardarlo negli occhi senza sentirsi un verme.
Sospirò, spingendo la porta del negozio. Decisa, si diresse subito verso lo scaffale dei classici: aveva perso la sua copia del Ritratto di Dorian Gray, ma aveva voglia di rileggerlo. Si fermò all’improvviso. Era Jonny quel ragazzo laggiù, con una copia di 1984 in mano? Delilah piegò la testa di lato, strizzando gli occhi. Sì, era proprio lui. Sorrise, incamminandosi nella sua direzione. Il ragazzo poteva aiutarla a mettere in atto un’idea bislacca su cui meditava da un po’. Per dirla come sua nonna, capitava proprio a fagiuolo.
 
♪♬
 
Quando uscì dalla sua camera andò quasi a sbattere contro Jonny, che usciva dal bagno. I due mormorarono scuse impacciate, senza guardarsi negli occhi, poi Chris si diresse in cucina e Jonny in camera sua. Il ragazzo strinse la mascella, prendendo una tazza e riempendola di latte. Era una situazione assurda, davvero assurda. Valutò se farsi un uovo strapazzato – non pensò nemmeno di farlo anche per l’altro –, ma si accorse di non avere nemmeno fame. Trangugiò il suo latte senza nemmeno sedersi, poi diede un’occhiata all’orologio. Diamine, rischiava di fare tardi se non si dava una mossa. Si passò una mano sulle guance; avrebbe dovuto radersi, detestava quella barbetta ispida, ma non c’era più tempo. Solo un paio di giorni a casa ed aveva completamente perso il ritmo della sua routine. Avrebbe anche potuto risparmiarseli quei tediosi giorni a casa, ma non si sentiva in vena di andare a scuola, affrontare domande, silenzi, il mondo esterno. Si diresse in bagno a lavarsi i denti. Sentiva distintamente lo scroscio dell’acqua e i rumori sommessi che venivano dalla camera di Jonny. Quel silenzio era innaturale a casa loro, pesante. Si sciacquò la bocca e tornò nell’ingresso. Jonny era ancora in camera sua. Strano, di solito non era così lento. Prese giacca e borsa ed uscì, lanciando un veloce “Io vado, a dopo”. Chiuse la porta prima di poter sentire la risposta del ragazzo e corse veloce giù per le scale, i passi pesanti. Si sentiva tutto pesante, oppresso, lento. Chissà che merda doveva sembrare da fuori, pensò: pallido, il viso tirato e la barba sfatta. Un mostro. Eppure sarebbe uscito con Lila nel pomeriggio. Il solo pensiero gli distese il viso. Decisamente una bella prospettiva, loro due soli, senza nemmeno qualche compito in mezzo. Sì, be’, forse non così bella, considerato lo strano rapporto che avevano negli ultimi tempi. Ecco, un’altra dimostrazione di che idiota colossale fosse. Quella serata... Scosse la testa per non pensarci, aprendo il portone del palazzo. Non fu investito dalla solita folata di vento gelido; al contrario, l’aria era insolitamente fresca, quasi piacevole. Alzò la testa. C’era addirittura un pallido sole e nemmeno una nuvola. Sì, tutto sommato forse sarebbe potuta essere una bella giornata.
 
♪♬
 
«Dove andiamo?» domandò, allacciata la cintura. Delilah sorrise con fare misterioso, mettendo in moto.
«Non te lo dico. Lo vedrai.»
Chris sbuffò divertito, roteando gli occhi.
«Ma devo sapere dove stiamo andando! Metti che succede qualcosa e ci separiamo e io non so dove sono?»
La ragazza gli rivolse un’occhiata divertita e non rispose. Chris sbuffò e si sistemò meglio sul sedile, tentando senza successo di distendere le gambe.
«A chi hai rubato la macchina?»
«Alla mia compagna di stanza. In realtà non è nemmeno sua, è del suo ragazzo, ma comunque. Non sono riuscita a trovare una carrozza migliore, perdonami.»
«Puzza anche un po’ di fumo…» scherzò il ragazzo.
«Pretenzioso.»
Il silenzio iniziò a dilatarsi scomodo. Chris sentiva una forte pressione opprimerli, tutte le cose non dette, i pensieri zittiti. Delilah si affrettò ad alleggerire l’atmosfera.
«C’è una cassetta, nella mia borsa, vuoi prenderla? Sta dietro» disse, inserendo la marcia. Chris si voltò verso il sedile posteriore, allungando il braccio finché non afferrò la borsa di tela di Delilah. Lo sguardo gli cadde sulla custodia di una chitarra posata tranquillamente sul sedile. Si voltò verso Delilah.
«Dove hai trovato una chitarra?»
«È la tua.»
«La mia?»
La ragazza annuì tranquilla, fermandosi al semaforo. Gli sorrise.
«Me l’ha portata Jonny stamattina.»
Chris spalancò gli occhi.
«Ecco perché era così lento stamattina ed è uscito per ultimo! Era tutto un piano per rapirmi, una congiura!» Guardò meravigliato la ragazza ridente, poi incrociò le braccia con aria infastidita. «Cos’è, una trovata per farci fare pace? Ci rinchiuderai tutti in una stanza e aspetterai che ci sbraneremo?»
Lei gli rivolse un’occhiata penetrante.
«Chris…»
«Be’, è inutile, stavolta non ho fatto proprio niente, e almeno Jonny poteva restarmi vicino, invece di voltarmi le spalle, l’amico…»
«Chris…»
«Ma non ho nessuna intenzione di discuterne, non ho voglia di un’altra lavata di capo, ci hanno già pensato Phil e Tim, grazie tante…»
«Chris!»
Il ragazzo ammutolì e si voltò a guardarla.
«Non ho alcuna intenzione di discutere della band, se non vuoi. E non è una congiura, ho solo pensato che, ecco, avessi bisogno di un po’ di tempo per svagare, stare tranquillo, lontano dal mondo per un po’…» mormorò la ragazza. Tentò una fugace occhiata di lato. Non aveva mai visto uno sguardo più pieno di gratitudine e affetto in vita sua.
«Se hai anche del cioccolato, ti sposo.»
Lei arrossì.
«Scemo…» mormorò. Chris, gli occhi brillanti, frugò nella borsa traendone poi una barretta di cioccolato, trionfante.
«Sììì! Cioccolato!» esclamò il ragazzo, al pari di un bambino, per poi sporgersi dal sedile e abbracciarla con foga. La ragazza strabuzzò gli occhi e lo scostò in fretta con il gomito.
«Sto guidando, idiota!» lo rimproverò, ridendo. Chris rise con lei e fece per scartare la barretta, poi si fermò.
«Posso?»
Lei fece una smorfia.
«L’avrei tenuta per dopo… Guarda che il pomeriggio è lungo.»
«Ti preeego!» implorò lui, spalancando gli occhi.
«Che bambino… Va bene, ma solo un quadrato» rispose, fingendosi esasperata. Ma non poté fare a meno di ridere alle sue esclamazioni di gioia e al suo viso contento mentre mangiava. In fondo, non faceva altro che nascondere la sua frustrazione, la sua rabbia e tristezza dietro gli occhi innocenti e giocosi di un bambino. Il piccolo Chris…
Il ragazzo sospirò soddisfatto, quando anche l’ultima scia di cioccolato svanì dalla sua bocca. Niente lo rimetteva più di buon umore del cioccolato. Ripose il restante della tavoletta nella borsa e frugò all’interno fino a tirarne fuori una cassetta.
«English Stars» lesse, dando un’occhiata ai titoli delle canzoni che Delilah aveva diligentemente scritto sulla custodia. «Wow. Cos’è questo titolo patriottico, ragazza scozzese?» scherzò, inserendola nel lettore. Delilah si strinse nelle spalle.
«Buona musica tutta inglese. Avete fatto qualcosa di buono.»
La tenue melodia di Yesterday riempì il vuoto. Il senso di quelle parole colpì Chris violentemente. Chiuse gli occhi, lasciando cadere il capo sul poggiatesta. Delilah gli lanciò un’occhiata fugace.
«Ha ragione, eh? Yesterday, all my troubles seemed so far away. Come cambia tutto in un attimo» mormorò, concentrata sulla strada. Chris aprì gli occhi.
«Lila…  Ho pensato molto a quello che ci siamo detti l’altra volta. Io… Non voglio che tu ti senta in colpa, né niente. Voglio che le cose siano normali, che vada tutto come prima, senza pressioni, ti prego. Io… Voglio soltanto rimanere tuo amico, Lila, e sono disposto a tutto, anche a smettere di scrivere canzoni sdolcinate. Che ti ricordo, comunque, fanno la mia fortuna: all’ultimo concerto, sabato, gli applausi per Shiver non finivano più.»
Non la guardò negli occhi, perché sapeva che non avrebbe retto il suo sguardo. E forse non voleva nemmeno sapere che cosa ci avrebbe letto.
«Però, davvero, basta con tutte queste storie: rimaniamo due amici che si godono il pomeriggio, eh?» disse timidamente, azzardando un’occhiata. Colse un fugace movimento della mano della ragazza che scendeva dal viso e tornava a posizionarsi sul volante. La vide annuire mordendosi il labbro, lo sguardo fisso davanti a sé. Ma quando finalmente lo guardò, sorrideva. Anche Chris sorrise, sentendosi più leggero, mentre una brillante canzone degli Oasis gli riempiva le orecchie.
 
♪♬
 
«Manca ancora molto? Diamine, ma Hyde Park non andava bene? Per forza questo parco sperduto nel nulla?» sbuffò il ragazzo, arrancando fra gli alberi, la chitarra in spalla. Delilah, qualche metro avanti a lui, sorrise giocosa.
«Manca poco, pigrone, siamo quasi arrivati. E ad Hyde Park non avresti mai avuto un posto così» disse, oltrepassando la fine del boschetto e procedendo attraverso una spianata erbosa. Chris le trotterellò dietro, borbottando.
Camminarono ancora per qualche minuto, finché Chris non vide la testa rossa di Delilah scomparire. Si affrettò in avanti. Delilah era appena scesa giù per il fianco di quella che sembrava una collinetta, ed ora lo aspettava qualche metro più in basso, sorridente. Chris si affrettò a scendere, senza badare troppo a dove metteva i piedi, troppo affascinato dallo spettacolo che aveva davanti. Uno piccolo specchio d’acqua scintillava al bianco sole di quel giorno, incastonato lì in mezzo al nulla; la riva era sabbiosa, lunga una trentina di metri, inframmezzata di arbusti, un piccolo molo di legno si protendeva sull’acqua. Quella era praticamente l’unica sponda dove ci fosse un po’ di spiaggia: per quel che poteva vedere Chris, il resto del lago era circondato da rocce e bosco, lo stesso, probabilmente, da cui lui e Delilah erano appena usciti. Non c’era un suono. Chris sorrise.
«Allora? Che ne dici?»
«Avevi ragione. È un gran bel posto» ammise il ragazzo, posando la chitarra a terra, rivolgendo finalmente gli occhi alla ragazza sorridente.
«Ora qual è il piano? Facciamo un tuffo?»
«Ah, veramente preferirei non ammalarmi, sai com’è, fa un po’ freddino… Ma tu fai pure» scherzò la ragazza, posando la borsa e un plaid arrotolato a terra. Chris si strinse nelle spalle.
«Come vuoi.»
Delilah lo osservò basita chinarsi e togliersi scarpe e calzini.
«No, aspetta, vuoi entrare davvero?»
Chris rivolse un’occhiata calcolatrice all’acqua, prima di tornare a guardare la ragazza.
«Mh, forse fa un po’ freddo, non dovrei bagnarmi la testa.»
Delilah lo fissò esterrefatta, gli occhi spalancati.
«Non vorrai veramente… è il venti di Gennaio!»
Chris contrasse il viso tentando di rimanere serio, ma scoppiò a ridere.
«Andiamo, pensi davvero che sia così stupido? No, che non mi tuffo» sorrise. «Però una passeggiata la farei. Vieni?»
Delilah tirò un sospiro di sollievo e annuì, poi passò a togliersi scarpe e calze a sua volta, arrotolando poi il bordo dei jeans. Chris intanto era già entrato con i piedi in acqua, le dava le spalle. Lei lo raggiunse lieve, insieme si incamminarono lungo il perimetro del lago, parlando piano. L'acqua era piacevolmente tiepida.
«Pensavo di trasferirmi, prima dell’estate. Ho trovato un buon appartamento lì a Camden, qualcosa come tre strade dopo casa vostra, altrimenti a Maple Street, un bell’appartamento… Devo trovare solo una coinquilina, non posso pagare l’affitto da sola.»
Chris annuì, tentando di localizzare Maple Street, senza successo.
«E devo trovare un lavoro» sospirò la ragazza, affondando le mani nelle tasche della giacca.
«Hai pensato a cosa vuoi fare dopo? Dopo gli esami?» domandò il ragazzo, guardando l’acqua. Lei si strinse nelle spalle.
«Mia mamma vorrebbe che tornassi a Glasgow, dice che le manco» sorrise, nostalgica. «Ma io non lo so, non ho molta voglia di tornare, non saprei cosa fare. E poi, Londra mi piace, ha così tante possibilità…»
«E quindi?» incalzò il ragazzo, guardandola. «Qual è il tuo sogno?»
Lei spostò lo sguardo dal suo viso all’acqua, poi di nuovo al suo viso, riflettendo.
«Ho scelto lettere classiche perché mi piace la letteratura, ma non voglio passare la vita a tradurre versi o fare l’insegnante. Mi piacerebbe scrivere, sai. Non so cosa, ma in fondo è l’unica cosa che so fare veramente» disse, allargando le braccia e guardandolo. Lui sorrise teneramente.
«Qualunque cosa farai, la farai bene, ne sono certo» disse, fermandosi. Lei gli sorrise riconoscente.
«Ah, e comunque, hai presente quella libreria vicino alla metropolitana? Proprio vicino alla fermata di Camden Town?»
Lei annuì. Conosceva benissimo quella libreria.
«Cercano un assistente. Ho visto l’annuncio stamattina.»
La ragazza spalancò gli occhi.
«Perfetto! Ci andrò subito domani. Grazie, Chris.»
«Figurati» sorrise lui, riprendendo a camminare. La ragazza pensò di domandargli che cosa pensava di fare lui, finito il college, ma la risposta le giunse da sola quando vide la custodia della chitarra sulla spiaggia. Inoltre, era una questione leggermente spinosa quella della band, al momento, meglio non infierire.
«Da quanto tempo conosci questo posto?» le chiese intanto il ragazzo, scrutando il fondale ai suoi piedi. Lei arrossì.
«C-ci sono venuta un paio di volte. Tempo fa» spiegò in fretta. Non gli sembrava il caso di dirgli che ci era venuta con un ragazzo, al primo anno.
Chris annuì distrattamente, poi si chinò e raccolse un sasso piatto e liscio.
«Sta’ a vedere» disse spavaldo, per poi chinarsi e lanciare il sasso.
«… Tre, quattro, cinque signore e signori!» esultò, alzando i pugni al cielo. Delilah lo guardò con aria di sfida, per poi chinarsi a prendere un sasso a sua volta.
«Quello era un bel lancio? Sta’ a vedere, pivello.»
Il sorriso di Chris si afflosciò poco a poco, mentre contava ben sei rimbalzi.
«Come diavolo hai fatto? Hai imbrogliato, non è possibile!» protestò, mentre la ragazza rideva.
«Anni di pratica. C’est la vie, che vuoi farci, io son brava e tu no» disse con aria di sufficienza, per prenderlo in giro. Scoppiò a ridere nel vedere l’aria pateticamente scoraggiata del ragazzo, si sporse verso di lui e gli diede un bacio veloce su una guancia, con l’aria adorabile e impertinente di chi ha appena fatto una marachella ma sa che verrà perdonato.
«No, no, niente compassione, voglio soltanto cioccolato adesso» protestò il ragazzo, fingendosi offeso e marciando verso la spiaggia, dove avevano lasciato i loro averi. In realtà voleva solo nascondere la forte emozione che si era impadronita di lui al tocco delle sue labbra. Sentiva la guancia bruciare, le mani formicolanti.
Ridendo, la ragazza lo seguì, ignorando la strana sensazione allo stomaco. Distesero il plaid a terra, ci si sedettero sopra e si divisero la barretta di cioccolata.
«Ora devo rifarmi con qualcosa che io so fare e tu no» annunciò Chris, una volta divorata la sua cioccolata, alzandosi in piedi con un balzo. Aprì la custodia e ne trasse fuori la sua chitarra, si risedette al fianco della ragazza a gambe incrociate e si posò la chitarra in grembo.
«Allora, ma’am… Richieste particolari? Suono qualunque cosa, tranne country e Spice Girls» annunciò, accordando lo strumento. Lei sorrise, portandosi la ginocchia al petto e incrociandovi le braccia.
«Puoi suonare quelle canzoni che non hai voluto far sentire agli altri» suggerì tranquilla, come se avesse fatto il nome di una canzone qualunque. Chris smise di accordare e la guardò. Delilah vedeva un leggero rimprovero nei suoi occhi, ma si sforzò di sostenerli.
«Voglio solo sentire. Io non sono la tua band, non devo giudicare nulla» si difese.
Chris non staccò gli occhi dai suoi, cercando di capire che cosa voleva veramente, poi, senza dire altro, li abbassò e attaccò a suonare. Erano giusto pochi accordi, strimpellati delicatamente sul momento, ma potevano essere una buona base. Il problema erano le parole. Aveva una sorta di confusa nube di parole che gli fluttuava in testa da giorni, ma non riusciva a vederle bene o riordinarle. Si interruppe presto e alzò lo sguardo su di lei, con aria polemica.
«Ecco tutto ciò che sono riuscito a fare in più di un mese, spero ti piaccia.»
Lei alzò la testa dalle braccia dove l’aveva appoggiata, accigliata.
«Guarda che non era male. Poteva diventare qualcosa di buono. Con le giuste parole…»
«È proprio questo il punto! Non riesco a trovare le parole! E quei… grandi amici mi hanno subito dato addosso, non hanno nemmeno provato ad aiutarmi, quei…»
«Chris.»
Il ragazzo chiuse gli occhi, mordendosi il labbro. Incredibile come bastasse solo il suo nome, pronunciato da quella voce, a trasmettergli tante cose. Calmato, riaprì gli occhi.
«Vieni, camminiamo» suggerì la ragazza, già in piedi, tendendogli una mano. Lui l’afferrò e posò la chitarra, alzandosi. Scalzi com’erano, si incamminarono lungo il limitare dell’acqua. Chris sentiva la rabbia e la frustrazione che aveva represso per tanti giorni riaffiorare ad ogni passo, colmandolo. Finché non straripò all’improvviso.
«Davvero non capisco dove ho sbagliato! Ok, avrei dovuto fargliele sentire, ma non ero sicuro, non piacevano nemmeno a me! Ho soltanto chiesto aiuto, nient’altro. E Will non fa che darmi addosso, ce l’ha con me perché io canto, ci scommetto… E Jonny! Io mi fidavo di Jonny, porca miseria, è il mio migliore amico! E invece sono quattro giorni che non mi parla, da domenica! Io ci ho provato, ti giuro, ho provato a scusarmi, ma niente, sta zitto e mi ignora, o sparisce. Di solito lo vedo la mattina e la sera. Will mi evita nei corridoi, Guy non so più che fine abbia fatto, Phil mi odia perché ho distrutto la band… Non so più dove andare a sbattere la testa, davvero.»
Delilah rimase in silenzio, fissando la sabbia che i loro piedi andavano a calpestare. Arrivarono al molo e vi salirono. Non si tenevano più per mano.
«Capisco cosa ti frustra, ma anche loro hanno ragione. Avresti dovuto fidarti e fargliele ascoltare, Chris, così ti avrebbero aiutato. Non possono certo leggerti nella mente e capire quando hai bisogno di loro se tu stai in silenzio.»
Lui la guardò. Aveva ragione, aveva maledettamente ragione. Lasciò cadere la testa.
«Sono stato un idiota.»
«No, Chris» sospirò lei, sorridendogli, anche se lui non poteva vederla. Delicatamente, sfiorò la sua grande mano e la strinse, intrecciando le sue dita con le proprie. Una piacevole sensazione si impadronì di entrambi.
«Sei solo difficile da accontentare.»
Lui si fermò improvvisamente, girandosi a fronteggiarla.
«No» sussurrò, accigliato. «No, io non sono difficile da accontentare. Davvero, io non ho queste grandi ambizioni. Insomma, voglio che le cose siano fatte per bene, ma non mi sembra di chiedere troppo. E in fondo, in generale, nella vita, so che sarei felice con poco, mi basterebbe poter dividere la vita con la persona giusta, vivere tutte quelle piccole cose che ti rendono vero e vivo, e basta. Non mi interessa la fama, i soldi, niente, nemmeno la laurea, veramente. Vorrei solo…» si bloccò, gli occhi persi in quelli della ragazza. Eppure non la guardava veramente, piuttosto vedeva nei suoi occhi il riflesso dei suoi desideri.
Lei gli si avvicinò, tesa, cercando di capire cosa veramente volesse dire.
Erano fermi sul limitare del molo. Le ombre si perdevano nell’acqua. Fronteggiavano il sole.
«Quelle piccole cose che ti rendono vivo…» ripeté lei, la voce spezzata.
«Sì, quelle cose della vita di tutti i giorni, perché in loro c’è tutto. Dare un bacio, cantare una canzone, sorridere, guardare il sole, io…» disse il ragazzo, alzando gli occhi da quelli della ragazza.
«Sei semplice da accontentare, allora.»
Lui annuì, perso. Easy to please.
Annuì con sempre più foga, un sorriso che iniziava a dispiegarsi sul suo volto.
«Easy to please» mormorò, per poi voltarsi e correre verso la spiaggia, senza lasciare la mano della ragazza, che lo seguì stupita. Arrivato al plaid, si mise a tracolla la chitarra, le mani tremanti di eccitazione. Chiuse gli occhi e deglutì. Poi aprì le labbra e cantò, la voce vibrante.
«Love… I hope we get old.
I hope we can find a way… a way of living… no, seeing it all, .
Love… I hope we can… be.
I hope you can… I hope I can find a way… of making… letting you see
La voce era incerta, ogni tanto ripeteva qualche parola, cercando quella giusta. Arrivato alla fine della strofa, strizzò gli occhi, teso, concentrato, le sopracciglia corrugate, si alzò in punta di piedi.
«That I’m… so… Easy to please.
So… Easy.»
La sua voce si tendeva al massimo, toccava note altissime, cercando di esprimere, forse, quanto il suo animo credesse in quelle parole.
Accarezzò ancora un altro paio di accordi, per chiudere il giro, poi smise, lasciando che l’ultimo suono vibrasse nell’aria. Deglutì e riaprì gli occhi, timoroso, il respiro corto.
Delilah, in piedi davanti a lui, aveva la testa bassa. Quando alzò gli occhi, scintillavano di lacrime. Chris incontrò quegli occhi e capì che lei aveva capito. Aveva capito che si sarebbe accontentato di poco, anche solo di un bacio, ma che sarebbe dovuto essere il bacio più puro e vero del mondo, niente mezzi termini, niente compromessi. Vivere la pienezza nelle piccole cose. Ed era esattamente ciò che anche lei voleva, nel profondo del suo cuore, per un attimo la sua voce gliel’aveva fatto capire chiaramente. Ma ora, che il silenzio aveva di nuovo preso il sopravvento, sentiva solo una grande confusione.
«Io… Non so che dire, è…» delicata, sensibile, toccante, meravigliosa, stupenda. «Chris, è bellissima.»
Il ragazzo sorrise e un’ondata di sollievo sommerse tutti e due.
«Grazie» mormorò. Poi si sedette, la chitarra in grembo. «Carta e penna, per favore.»
 
♪♬
 
La risata riecheggiò ancora un po’ nell’aria. Delilah si asciugò gli occhi, portandosi contemporaneamente una mano alla pancia dolorante. Gesù, erano secoli che non rideva così, non sapeva nemmeno bene per cosa. Eppure era così naturale e giusto, starsene semplicemente così, sdraiati a pancia in su su quel plaid, le teste vicine, a parlare di tutto e niente. Si portò una mano agli occhi per schermarli dai raggi obliqui del sole.
«Si sta facendo tardi, forse è meglio andare. Fra meno di un’ora fa buio» mormorò.
«No, non ne ho voglia» protestò il ragazzo. Non aveva alcuna voglia di tornare nel mondo caotico e trafficato, era mille volte meglio starsene lì, solo con la sua Lila. Non ricordava di aver mai passato un pomeriggio così.
«Ah-ah, allora ho fatto bene a portarti fin qui, ammettilo!» disse la ragazza, trionfante, voltando la testa verso di lui. Lo vide sorridere, senza staccare gli occhi dal cielo sopra di loro.
«Intendi dopo un’ora e passa di viaggio in quel catorcio, con un solo quadrato di cioccolata come sostentamento? Sì, hai fatto bene» scherzò, poi volse la testa verso di lei.
«Grazie, Lila.»
Il suo sorriso si allargò, mentre, incatenata a quegli occhi, si sentiva pervadere tutta da un mare di sensazioni nuove per lei ma antiche come il mondo, che la scombussolarono e le fecero perdere il senso dell’orientamento, ma la riempirono di un calore e un benessere indescrivibili.
«Non c’è di che.»





***
'Sera a tutti! Sì, sono già qui con un altro capitolo appena una decina di giorni dopo quello prima, non è da me, ma m'era presa una frenesia di scrivere mai vista, giustificatemela con delle recensioni, su =) E' stato difficile, comunque, scrivere su Chris, non riuscivo ad entrare bene nella sua testa e non penso di esserci riuscita per bene, alla fine. Comunque, la canzone è la meravigliosa Cast No Shadow degli Oasis: consiglio di ascoltarla, è favolosa. Il brano che Chris compone è Easy To Please (ma va?), che vuol dire, appunto "facile da accontentare". Ok, basta, tolgo le tende. Alla prossima gentaglia! (che potrebbe arrivare molto presto come molto molto tardi. Più probabile la seconda, forse.)
E.  
  
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