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Autore: radioactive    29/10/2013    6 recensioni
CAP. 6 Il cigolio del legno si mischiava al battito del cuore del ragazzo tanto da confondergli le idee, non capiva più se il suo cuore era malandato come quelle travi o se l’Arena era viva quanto il suo cuore, aveva il terrore che ciò che lo teneva sospeso in aria crollasse sotto i suoi piedi.
Ma Ariel si bloccò di colpo, Lyosha avrebbe voluto chiederle che diamine stesse facendo, che erano inseguiti!. Ma lei non si muoveva, immobile, fissava ciò che solo in un secondo istante il fratello identificò come Sean, quello che li aveva derubati.
«Ciao, otto»
[...] Stavano per morire, stavano per morire!
CAP. 10 Caesar Flickerman trattava tutti i tributi come validi concorrenti, Lyosha invece, agli occhi del presentatore, era già morto.
| 72esimi Hunger Games ● Lyosha e Ariel Isaacs ● DISTRETTO 8 |
EDIT - testo in via di revisione e betaggio (01 capitoli su 14) + cambio grafica [in data 11/11/2013]
→ I capitoli 15, 16 e 17 sono degli SPINOFF di Die on the front page, just like the stars.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 13

                 muori in prima pagina, proprio come le stelle.

 

 

 

Lexi correva tra gli alberi, facendo a pezzi qualsiasi cosa si trovasse davanti – fortunatamente si trattavano solo di liane e rami.

Ormai era notte fonda, ma a Lexi non importava minimamente, qualcosa nella sua testa le gridava di continuare ad andare avanti, a correre fino a quando le sue gambe non si sarebbero staccate dal corpo per l’usura.

Tra gli alberi, notò un piccolo fuocherello sul punto di spegnersi. Sorrise rigirandosi la spada tra le dita, mentre la pioggia iniziò a cadere prepotente su di lei, bagnandole il viso e i capelli, attaccandoli ai suoi fini lineamenti che, in qualche modo, ora erano bloccati in un ghigno prepotente.

Si avvicinò a quello che era un focolare, scoprendo il tributo nascosto dietro ad un albero, attaccato al tronco nella speranza di bagnarsi meno grazie al letto di foglie sopra il suo capo. Teneva il viso nascosto tra le ginocchia e aveva la gamba ferita – il taglio sembrava aver fatto infezione.

Quando il ragazzo del sette alzò gli occhi, avvertendo una presenza, la spada di Lexi rifletté la luce della luna e poi si scagliò contro l’altro, la lama incontrò la tempia, frantumandogliela – il tributo cadde di lato senza vita, mentre il sangue bagnava le foglie e gli scarponi della ragazza.

Lexi si allontanò correndo, mentre gli uccelli si alzavano in volo dove lei aveva appena ucciso l’altro concorrente. Inciampò su una radice seminascosta dal fango e dalle foglie, cadendo con la faccia sul terreno, si girò di lato ridendo e, mentre la pioggia le colpiva il corpo come migliaia di spilli, si ritrovò a cadere in un sonno a cui non seppe sfuggire.

 

Ariel si era addormentata controvoglia sul corpo del fratello – Lyosha era morto, si ripeteva, alla fine era successo davvero. Si sentiva dannatamente stupida per la scenata che stava facendo, che si aspettava? Nel migliore dei casi uno dei due sarebbe uscito da lì mentre l’altro avrebbe continuato a vivere solamente nella memoria del fratello, e poi Lyosha gliel’aveva detto: ti farò tornare a casa.

Ed era stato bravo, a tenerla stretta a sé per tutto quel tempo, sebbene fosse passato poco meno di una settimana.  Ma non importava più nulla, era morto, Thahn era morto, lasciandola sola in quel bagno di sangue, tra i canti di morte.

Qualcosa si mosse vicino alle sue gambe, ma Ariel non fece una piega, rimanendo con il viso accasciato sul corpo del fratello mentre ricordava le notti in cui si abbracciavano per scaldarsi, o quando lui andava a chiedere rifugio sul letto di lei perché pioveva, e il tetto lasciava passare le gocce d’acqua che gli cadevano in faccia, mentre dormiva.

Ancora, i suoi pantaloni furono catturati da qualcosa che tirò insistentemente, ma comunque con debolezza. La piccola si girò a guardare quello che credeva fosse un insetto… e invece era una mano.

Lunghe dita violacee stringevano il tessuto dei suoi calzoni, percorse con gli occhi le falangi che la portarono ad un braccio scarno, ricoperto di graffi – questo spariva sotto le ginocchia della bionda per poi ricomparire e attaccarsi alla spalla di Lyosha, il quale la fissava con gli occhi socchiusi, il respiro affaticato e le labbra schiuse, morse fino a farle sanguinare.

«Sei vivo!» esultò, saltandogli al collo, quasi stendendosi sul corpo supino dell’altro, che le appoggiò la mano mutilata sulla schiena in segno di conforto, evitando di guardarla per non vomitare.

La ragazzina lo aiutò a mettersi seduto, facendogli respirare a pieni polmoni l’aria umida del primo mattino. Poi, con calma, si fece raccontare attraverso il labiale – Lyosha non voleva assolutamente mostrarle la mano mutilata, le aveva detto – che dopo l’operazione era semplicemente svenuto, era stato svegliato da un colpo di cannone (il secondo, suppose lei), cercò di attirare la sua attenzione ma piangeva troppo forte per accorgersi dei leggeri strattoni che le riusciva a dare, inoltre aveva la gola secca per fischiare e gli veniva difficile in quella posizione.

«Quindi non eri morto tu, quando è suonato il cannone…» constatò, facendo delle carezze alla schiena dell’altro, sapendo quanto quel gesto gli provocava conforto, lo vide nascondere la mano senza dita sotto la coscia e passarsi la destra tra i capelli sporchi, gli occhi blu erano stanchi e spenti.

«Allora…» continuò, abbassando il viso come se stesse pensando, «siamo rimasti in cinque?»

Per tutta risposta, Lyosha annuì – poi la caverna iniziò a tremare e piccole pietrine cadere sopra le loro teste. In fretta, Lyosha raccolse la lama che Capitol City gli aveva offerto e poi uscirono di fretta dalla rientranza, mentre il tetto crollava laddove una volta c’erano loro.

Uccelli dalle considerevoli dimensioni, il becco grosso e alto – sembravano delle gobbette – e il piumaggio colorato e acceso aprirono le ali con aria di sfida, come per dire che non potevano proseguire da quella parte. Alcuni di questi si alzarono in volo verso di loro, facendoli scappare nella foresta. A quanto pareva, gli Strateghi volevano mandarli da qualche parte.

 

Fraser si buttò a terra, rotolando un paio di volte su questa prima di andare a schiantarsi contro il tronco di un albero tagliato. Gli uccelli volarono sopra di lui per poi sparire all’orizzonte.

«Dannazione» borbottò lui, alzandosi i piedi e battendo le mani sulla giacca per cercare di togliere l’erba su cui era caduto per evitare quei dannati volatili. Si guardò attorno: era in un angolo di foresta disboscata, qui e la disseminati alberi tagliati via esattamente come quello in cui si era scontrato.

Perlustrando il territorio con la vista, notò la figura familiare della ragazza del Due, Liv, che lo guardava a pochi metri di distanza, in mano aveva già preparato arco e freccia.

Non siamo più alleati, ormai, si disse, prima di prendere la spada con due mani dalla cintura e correre verso di lei – cercò di colpirla con un fendente ma la giovane si scostò di lato, inginocchiandosi e  scoccando una freccia che Fraser evitò brillantemente, questa volò tra gli alberi e un grido si levò non molto lontano da loro, seguito poi da una risata, proveniente dalla stessa persona che prima aveva urlato.

I due si guardarono confusi, poi la figura di Lexi arrivò correndo, cogliendo Fraser di sorpresa e spingendolo in avanti, facendolo cadere su Liv che rotolò di fianco per non essere schiacciata dal peso del tributo.

La ragazza dell’uno partì l’attacco, brandendo la spada in una mano e tenendo la freccia spezzata nell’altra (si poteva notare, nel braccio, la punta del dardo conficcata nella carne) e cercando di colpire più volte Liv, la quale si spostava ora a destra ora a sinistra, facendo ogni volta un passo indietro, sperando di non incontrare qualche radice o qualche rimasuglio di albero dietro di lei.

Quando finalmente Liv riuscì a cogliere il momento propizio, scattò in avanti di lato per evitare il colpo e poi in avanti, sperando che Lexi non fosse abbastanza agile nello spostare il braccio per colpirla perché poteva benissimo farlo. Ma nel girarsi, la Principessa inciampò sui suoi stessi piedi, come ubriaca, e cadde sulle ginocchia a terra, piagnucolando come una bambina.

E’ impazzita si disse Liv, ansimando appena mentre guardava quasi impietosita la figura di Lexi che si rialzava lentamente da terra, appoggiandosi sulla spada. Ma non poteva permettersi questo genere di riposo, non erano solamente loro due che combattevano, ma Fraser era lì, da qualche parte pronto ad attaccare e a uccidere esattamente come le altre due.

Lo vide correre in curva, probabilmente cercando di avvicinarsi alle spalle delle due, estrasse una freccia dalla faretra e la scagliò contro il ragazzo, colpendolo alla coscia – questo cadde di lato e si tenne la gamba ferita senza però urlare di dolore – era stato addestrato anche al dolore, come Roel.

Ma prima che riuscisse a concludere il pensiero, le risate di una Lexi definitivamente impazzita le giunsero alle orecchie e la sua coda dell’occhio vide la lama dell’arma avvicinarsi alla sua testa. Afferrò l’arco con entrambe le mani e lo usò per parare il colpo, piantando i talloni a terra per non arretrare o cadere.

Resisti, dannazione – disse più a sé che all’arco, quando la resistenza dell’altra cessò, Liv si abbassò a raccogliere lo stiletto che teneva nello scarpone, tentando con un affondo di colpire l’avversaria, che continuava ad evitare i suoi colpi con piroette e movenze simili a quelle di un balletto.

Liv provò e riprovò, riuscendo talvolta a ferirle il braccio o il fianco con qualche taglio che non sembrò fare nulla all’altra, anche se Lexi inciampava, riusciva a rialzarsi subito e a balzare indietro come un coniglio.

Si fermò un attimo, un secondo solo, recuperando quel che bastava per l’ennesimo affondo.

Poi qualcosa la colpi alle spalle, un dolore acuto le attraverso la schiena, i polmoni, passandole vicino al cuore e comparendo appena sotto i seni come la punta di una lama sporca di sangue. Smise di respirare per un momento, cercando di riprendere a farlo – inutilmente, non riusciva più a respirare, il suo cuore si stava fermando.

Posò una mano sulla lama, questa fece un mezzo giro all’interno del corpo di lei, incrementando il dolore che stavolta la fece urlare, le gambe sembravano cedere sotto il suo peso da un momento all’altro, il braccio di Fraser la strinse contro il proprio petto, la spada ancora nel corpo di Liv che ormai iniziava ad impallidire, la nebbia invadeva i suoi occhi, il silenzio le orecchie – riusciva a sentire tra i capelli l’aria fresca di montagna del Distretto Due, sulle labbra il respiro caldo di Roel.

«Saluterò il tuo fidanzato per te» le sussurrò suadente Fraser, prima di estrarre la spada e abbandonare il corpo di Liv per terra, mentre un colpo di cannone riecheggiava nel cielo e gli uccelli si alzavano in volo, oscurando il sole.

 

Lyosha aveva guardato tutto nascosto dietro un albero, aveva imposto ad Ariel di non fiatare. La cosa migliore sarebbe stata quella di sperare che i Favoriti si uccidessero a vicenda, di aspettare notte e poi ammazzarsi. Tutto sembrava così vicino dall’essere avverato.

Il corpo della ragazza del due cadde a terra, Ariel impallidì e si mise entrambe le mani sulle labbra per non urlare.

Fraser si era girato verso Lexi che aveva guardato tutta la scena senza dire una parola – poi i due erano passati a combattersi l’un l’altro. Sembravano perfettamente alla pari, nonostante fossero entrambi feriti, ormai tutta Capitol City credeva che o l’uno o l’altro sarebbe ritornato Vincitore, che uno dei due avrebbe ucciso l’altro e poi sarebbero andati alla ricerca dei fratelli dell’otto, sopravvissuti così tanto.

Sovrappensiero, il ragazzo non si accorse che Lexi era scivolata dietro le gambe di Fraser e gli aveva tagliato entrambi i tendini d’Achille, ferendolo poi con vari tagli alla schiena e alle braccia – completando l’opera con un affondo che fece sgorgare lentamente il sangue dal fianco. Fraser sarebbe morto dissanguato ore dopo, probabilmente, il suo corpo cadde in avanti, e con un piede Lezi lo spostò in posizione supina e d’un tratto si bloccò, come un animale che aveva appena fiutato qualcosa. Fissava nella loro direzione, Lyosha si girò verso Ariel che singhiozzava dal pianto che si ostinava a trattenere – ecco.

Il più grande si spaventò al punto di sbiancare, in fretta girò su se stesso appoggiandosi contro il grosso tronco da cui si era limitato a spiare, tirando Ariel per la giacca e stringendosela contro, lasciando poi che strisciasse per terra, nascondendosi sotto l’arbusto che affiancava l’albero.

Non poteva averli trovati, non era vero. Probabilmente aveva visto solo un uccello e Ariel non aveva fatto rumore come Lyosha pensava di aver visto.

Vide la sorella rannicchiarsi appoggiando la fronte sulle ginocchia e circondandosi il viso con le braccia, come se non volesse far uscire il respiro da quello spazio ristretto e annullare il rumore delle sue narici che si dilatavano come in preda all’ansia.

Rimase a guardarla per interminabili secondi, poi una mano si allungò oltre le foglie, afferrando per i capelli Ariel e la trascinandola nella pianura disboscata. Senza pensarci, Lyosha si alzò, cercando con lo sguardo la sorella in mezzo a quei rimasugli di tronchi e trovandola tra le braccia di Lexi, il tributo dell’uno piangeva, con le guance rigate di lacrime che evidentemente non controllava e le mani, così come il collo e il viso, piene di chiazze violacee che prima non aveva il ragazzo non aveva notato.

«Non hai mai parlato, Lyosha» constatò la ragazza dell’uno, facendo volteggiare la spada nella destra mentre con la mancina teneva bloccata Ariel contro di sé, afferrandola per le spalle, «mi danno fastidio, le persone che non parlano». La più piccola mugolò di dolore e Lexi strinse ancora il braccio attorno a lei, strattonandola e strappandole un verso di dolore.

L’Isaacs perse quel minimo di colore che aveva recuperato: Lexi ricordava il suo nome ma, cosa più importante, sentiva nella sua testa uno strano avviso di imminente pericolo.

«Le vuoi bene, Lyosha?» gli domandò, dondolando da un piede all’altro come se fosse impaziente di fare qualcosa, Ariel si morsicava le labbra per non urlare dal dolore, con le mani stringeva il braccio di Lexi cercando di abbassarlo dal collo per non soffocarlo, allungando quest’ultimo per ottenere una parvenza di libertò.

Si che le voglio bene.

Lyosha ricordava il sole di mezzogiorno che picchiava sulle teste dei bambini e dei ragazzi del Distretto otto, racimolati per la Mietitura dei settantaduesimi Hunger Games. Sul palco, i tre Vincitori sedevano nella stessa posizione: gambe accavallate e braccia incrociate.

Ricordava l’Accompagnatrice del loro distretto presentarsi davanti al microfono con la sua strana acconciatura che Lyosha aveva ignorato, ricordava sua sorella con le guance paonazze e gli occhi impauriti puntati sulla Capitolina che, dopo il solito discorso d’apertura, andò ad infilare la mano nella cupola dove erano posti i biglietti delle femmine dell’otto.

Ora, davanti ad una pazza omicida che teneva in ostaggio sua sorella, fissava Ariel con la stessa insistenza del giorno della Mietitura, come se potesse farla sparire da quel mondo con la forza del pensiero. Come se il suo amore potesse salvarla dalle braccia di Lexi, come invece non aveva fatto davanti al sonoro «Ariel Isaacs!».

«Lyosha, non mi hai risposto» cantilenò Lexi, strappando il ragazzo da quelle reminiscenze. Schiuse le labbra per rispondere alla ragazza, notando per l’ennesima volta, a malincuore, di non poter dire nulla. No.

Strinse nella mano la lama che aveva gelosamente custodito, poteva colpirla – poteva provarci... no, non ci sarebbe riuscito. Sapeva come funzionavano questo genere di cose, Ariel sarebbe morta se lui avesse fatto solo un passo.

«Rispondimi!» urlò d’un tratto Lexi, facendo gemere Ariel e raddrizzare le spalle a Lyosha, scuotendolo dai suoi pensieri e invitandolo ad agire d’istinto.

Risponderti… come faccio a risponderti!

C’era confusione nella sua testa – avrebbe voluto morire in quel preciso istante, dimenticare di tutto e di tutti. Non essere mai esistito.

Lyosha fece cadere dalla mano l’arma, muovendo le dita per urlare le voglio bene, le voglio bene! Come se si fosse improvvisamente reso contro della situazione, dimenticandosi della fame, del dolore, delle dita che gli mancavano, delle lacrime che avevano iniziato ad offuscargli la vista.

«Lo ha detto, lo ha detto!» gridò Ariel, mentre nuove cadevano come gocce di pioggia sulle sue guance.

Lexi rimase un attimo in silenzio, apatica in volto – «ma io non ho sentito nulla», fece scorrere la lama fredda sulla gola di Ariel e una linea scarlatta si fece spazio sulla pelle candida, gli occhi della sorella si ribaltarono all’indietro e la morsa del braccio di Lexi scomparse.

Ariel cadde a terra come un burattino e il cannone urlò – facendo quello che Lyosha non poteva.

 

Lyosha non ci vedeva più, davanti a lui il corpo di Lexi era crollato a terra assieme a quello di Ariel, catturato da spasmi mentre la follia la consumava, facendola ridere, la Favorita inarcò la schiena e rimase in quella scomoda posizione per qualche secondo, poi si afflosciò a terra e ancora un altro colpo di cannone annunciò la penultima morte di quei giochi.

Ma che senso aveva vincere, ormai? Ariel era morta davanti ai suoi occhi, morta perché lui non poteva parlare. E la colpa era sua, lo sarebbe stata comunque – se solo fosse riuscito a temporeggiare, Lexi sarebbe morta soffocata dalla sua stessa pazzia e non avrebbe fatto in tempo ad uccidere sua sorella.

Ariel era morta.

Desiderava che finisse tutto – voleva uscire da quel posto e abbandonarsi al niente. Raccolse da terra il pugnale che aveva lasciato e se lo rigirò tra le mani, indeciso se tagliarsi la gola, le altre dita oppure infilarselo nel cuore.

Perché non la fai finita, Ly? si chiese, rendendosi improvvisamente conto che non aveva né la forza né il coraggio di farlo. Senza Ariel, non poteva fare nessun gesto eroico, niente di niente. Senza Ariel, sarebbe morto il primo giorno degli Hunger Games, esattamente come la maggior parte dei tributi del suo distretto. Era una nullità, lo era sempre stato.

Sospirò, l’aria gli usciva tremolante dalle labbra – e di fianco a lui, non molto distante, Fraser cercava di afferrare la spada che gli era sfuggita di mano, riuscendo a malapena a muoversi, soffocando grugniti di dolore dato dai vari tagli che sfregavano fastidiosamente contro il tessuto e l’erba, il sangue sgorgava e s’incrostava sulla sua pelle diffondendo un cattivo odore metallico ovunque.

Ariel. Si avvicinò a Fraser, abbassandogli le spalle con un piede, sedendosi sui suoi reni strappandogli un gemito di dolore e bloccandogli le mani con la pressione delle piante – il ragazzo dell’uno si lamentò ancora. I punti che si era cucito sul mignolo si erano strappati e la ferita aveva ripreso a sanguinare.

Ariel. Fraser appoggiò la tempia imperlata di sudore mentre chiudeva gli occhi. Stanco, stanco come gli altri tributi, stanco come lui.

Ariel. Una goccia trasparente seguì la curva del viso del tributo sotto di lui. Forse piangeva? E’ solo sudore, si convinse Lyosha, non ha motivo per piangere.

Ariel. Il ragazzo dell’otto si chinò su Fraser che sembrava quasi addormentato, con entrambe le mani lo colpì alla schiena, laddove doveva esserci il cuore – sfilò il pugnale e diede un altro affondo vicino al precedente – gli occhi del ragazzo dell’Uno si erano sgranati per un istante e la vita gli scivolò via dalle palpebre. Un colpo di cannone, l’ultimo.

Lyosha si alzò in piedi, abbandonando la lama sul corpo dell’altro – la stanchezza lo inondò come un mare in tempesta e il suo equilibrio venne veno, facendolo cadere seduto per terra, sopra di lui l’hovercraft sembrò materializzarsi dal niente e la voce di Claudius Templesmith annunciava il vincitore dei settantaduesimi Hunger Games.

Lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






«Vai molto lontano di casa e perderai le tue tradizioni. Uccidi molte persone e dimenticherai te stesso.

Se morirai in battaglia la tua vita affonderà nel suolo come la pioggia e sparirà senza lasciare traccia.»

[WENTAI; tratto da “Hua Mulan”]

 

 

 

 

 

 

 

Note d’Autrice ◊ «viviamo e respiriamo parole»

 

….. *sospiro* ebbene.

Siamo praticamente arrivati alla conclusione di tutto questo – insomma, come molti si aspettavano, ha vinto Lyosha. Eh. Davvero, non so che dire; penso che sia il momento di fare un discorso su quanto sia stato faticoso mandare avanti questa fan fiction e tutto il resto, ma non ci sarà nulla di tutto questo perché vi aspetta ancora un epilogo. E, oltre a quello, tre contenuti extra accuratamente(?) scelti – ma anche no – qui proposti di seguito.

  PAGINE RUBATE Ø1 – intervista alla madre citata nel capitolo 11.

  PAGINE RUBATE Ø2 – intervista a Lyosha al suo rientro dall’Arena, quella da Vincitore.

  PAGINE RUBATE Ø3 – Lyosha durante i 73esimi Hunger Games [scritti da yingsu] come Mentore.

Inoltre partirà la revisione completa di grafica e testo + betaggio sempre da parte di yingsu dal primo capitolo, ma la trama rimarrà invariata e si tratta di una rivisitazione puramente letteraria del tutto, sì.

Inciduncitrinci… mi scuso per il capitolo leggermente più lungo – e forse macchinoso – del solito, e spero vivamente di non avervi deluso (perché io sono un po’ delusa, sì) o annoiato, ovviamente desiderando di non essere stata troppo banale o qualcos’altro. E, giusto perché me lo sono ricordata ora la morte di Ariel non è stata scritta in modo che voi piangeste (se l’avete fatto tanto meglio lol), ma è stato steso in modo che vi desse un senso di “vuoto”, esattamente quello che prova Lyosha. Ma non sono brava in queste cose e quindi scusate(…).

Ultima cosa! Penso di aver dimenticato da qualche parte un accento su una o, l’ho visto oggi a scuola ma adesso, a casa, non lo trovo più ._. la mia beta è all’Università e quindi non può ricontrollarlo D: sorry! Rimedierò appena possibile.

Ultima cosa!2 yingsu è stata così gentile da scrivere la morte di Liv dal punto di vista di Roel, la trovate spammata qui di seguito e vi pregherei di darci un’occhiata, è veramente bella! c:

E giusto per mettere i puntini sulle i: adoro la citazione e adoro il film che non c’è in italiano c: ma lo trovate in sub eng, guardatelo!(?).

 

Ci sentiamo, yes.

radioactive,

 

 

 

a n g o l o s p a m

            When it’s time to live and let die { Hunger Games – ONESHOT – Roel/Liv • yingsu }

         I’m frozen to the bones { Hunger Games – LONG – 73esima EdizioneRoel (D2) • yingsu }

         Blur { Hunger Games – LONG – Klaus & London (D6) • ivola }

   
 
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