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Autore: Micky96    29/10/2013    2 recensioni
I draghi hanno sentimenti?
I draghi possono amare?
Due vecchi compagni si riincontrano nella gelida Norvegia, riscoprendo sentimenti sopiti.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charlie Weasley, Rubeus Hagrid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CAN I LOVE A MONSTER?

 

 

20 Gennaio 2013, Norvegia. Fiordi a nord-ovest di Vadsø.

 

Era una giornata gelida e ventosa, di quelle che sono piuttosto comuni se vivi in Norvegia.

Il freddo non le aveva mai dato fastidio, fino ad allora.

Eppure, adesso era diverso. Aveva bisogno di tutto il calore possibile per farcela. Tradotto: aveva bisogno di nutrirsi più del solito.

Sorvolò la lunga distesa d’acqua incassata nell’entroterra, silenziosa come il più furtivo dei falchi.

Attorno a lei svolazzarono alcuni uccelli, ma le bastò uno sbuffo di fuoco per scacciarli in massa.

Erano decisamente troppo piccoli per costituire un pasto decente, constatò, ma l’idea della loro carne tenera tra le sue mascelle le fece comunque venire l’acquolina in bocca. Solo quel briciolo di dignità tipica dei draghi le impedì di sbavare.

Finalmente, si allontanò dall’inutile ammasso di acqua salata ed avanzò trascinata da una lieve corrente ascensionale: sulla terraferma c’era decisamente più cibo.

Individuò alcuni lemming con la sua vista acutissima, ma ancora non erano ciò che cercava: insomma, lei era un drago! Dei minuscoli topi non potevano farle nemmeno da aperi-cena.

Ma qualcosa di infinitamente più interessante attirò la sua attenzione: un branco di renne al pascolo, che brucavano quel poco che c’era di commestibile della tundra.

Gli animali si guardavano attorno, vigili anche durante il pasto: i loro occhi saettavano a destra e a sinistra in ogni istante.

Purtroppo per loro, non si aspettavano di veder calare la morte dall’alto dei cieli.

Nascosta dalla loro ignoranza, la draghessa gioì, e piombò in una picchiata perfettamente calcolata. Negli ultimi metri, quando le renne la videro e capirono, si scatenò il panico, ma per una di loro fu troppo tardi.

Prima che avesse il tempo di muovere un muscolo, gli artigli affilati come rasoi del drago stroncarono rapidamente la sua esistenza. L’ultimo suono che udì fu un ruggito terrificante, più simile al rombo di un tuono che al verso di un predatore.

La bestia ringhiò soddisfatta, divorando i resti della sua preda.

Il calore all’interno del suo ventre le fece capire che andava tutto bene, e non solo per lei.

 

17 Marzo 2013, Norvegia. Territori nell’entroterra di Tromsø.

L’aria era il suo elemento.

Mentre volava, si sentiva leggera e veloce, letale più di quanto non potesse essere a terra.

Sul terreno, lei non era altro che un lucertolone zannuto e sputafuoco; quando spiegava le enormi ali spinate al vento, diventava la regina dei predatori, il terrore di ogni creatura presente al mondo.

Beh… Questa affermazione non era proprio veritiera.

Già, perché qualcuno al mondo che non la temeva c’era… Quel fastidioso umano dalla pelliccia rossa, che se fosse stata capace di un linguaggio coerente avrebbe definito stalker.

Ormai non la infastidiva più, era abituata a vederselo comparire ad una rispettosa distanza una volta ogni tanto. Non si avvicinava mai, ma la osservava. Prendeva nota. Poteva sentirsi il suo sguardo addosso.

Sin da quando era piccola, quell’umano era stato una costante della sua vita.

C’era stato un altro umano, una volta.

I suoi ricordi di quest’ultimo erano confusi: ricordava solo la sua folta pelliccia nera ed una voce profonda ed affettuosa, la voce che aveva accompagnato la sua infanzia per un certo periodo.

Poteva ancora ricordarlo, perché era il primo volto che aveva scorto quando aveva fatto a pezzi il suo uovo.

L’umano l’aveva allevata: e per lei era una cosa normale, perché non era stata consapevole della sua natura fino all’età mediana tra quella di cucciolo e quella di adulta.

I suoi ricordi sbiaditi erano tinti di una dolcezza che ora non conosceva più: in un certo senso le sarebbe piaciuto risentire la sua voce mormorarle incomprensibili suoni gentili, che avevano avuto il potere di tranquillizzarla quando era accecata dalla furia o di rassicurarla quando provava paura.

Ma ora nella sua vita non vi era più spazio per quelle smancerie da cuccioli: era una regina dei cieli, dannazione!

E l’umano l’aveva abbandonata alla fine, sparendo per sempre. Non era degno della sua considerazione.

E lei aveva cose molto più importanti su cui concentrarsi.

Eppure, una strana sensazione parve appesantirla durante il volo.                   

 

Il Rosso era tornato a trovarla. Intravide la sua pelliccia di fuoco anche dall’alto. Uscì da uno sbuffo di nuvola e lasciò che lui la vedesse. Ruggì al cielo, e lui mostrò i denti. A quanto pareva, gli umani lo facevano quando apprezzavano qualcosa. Che strane creature!

Nonostante sapesse che lui non le avrebbe mai fatto un torto, si affrettò a scendere di quota e ad atterrare: il suo istinto era più forte della razionalità, e l’istinto le diceva di proteggere il suo tesoro.

Quando si fu accovacciata, osservò il Rosso.

E si accorse che non era solo.

Con un sibilo minaccioso, la draghessa si raccolse su sé stessa, i muscoli tesi sotto le squame. I due umani però rimasero eretti sulle zampe posteriori, immobili.

Stava per scatenare un inferno di fuoco contro di loro, ma dalle sue fauci uscì solo una voluta di fumo.

L’altro umano… Perché lo conosceva? Era di dimensioni maggiori rispetto al Rosso, aveva la pelliccia più scura, cespugliosa e disordinata.

Lui fece un passo avanti, incurante dei suoi segnali. Aveva notato che lei non lo aveva ucciso. Se l’avesse voluto, sarebbe già morto.

-Nor… Norberta…-. Il verso per lei non poteva avere alcun senso, ma le suonò familiare all’orecchio. Lo aveva già sentito, e le trasmise una bizzarra sensazione di calore alle membra.

Lo stesso calore che associava al pensiero o alla vista del suo tesoro, la sua prole in arrivo che ora proteggeva.

Cos’era quella sensazione? La analizzò, decisa a comprendere. Era senz’altro positiva, le piaceva il calore. Il calore era fuoco, ed il fuoco rappresentava la sua forza.

Nel linguaggio dei draghi non esisteva la parola amore.

Se fosse stata umana, si sarebbe chiesta se era in grado di amare quel mostro a due zampe che ora la guardava con gli occhi lucenti di lacrime, le labbra aperte ma mute.

Ma si trattava senz’altro di amore: nient’altro le avrebbe impedito di ucciderlo, mentre si avvicinava fino a superare ampiamente la distanza X entro la quale non si infuriava.

Men che mai mentre uno scricchiolio sonoro attirava la sua attenzione: i suoi piccoli, i suoi cuccioli stavano venendo al mondo!

No, lei non lo uccise. Solo l’amore senza nome per colui che l’aveva cresciuta le permise di tollerare che lui si avvicinasse ai suoi figli appena nati, che li guardasse, che guardasse lei. Di nuovo, lui emise dei suoni.

Norberta non capì, ma Hagrid le aveva appena detto che sarebbe stata una mamma di gran lunga migliore di quanto lo era stato lui.

 

 

 

 

 

Salve a tutti!!!
Grazie mille se avete letto questa One-Shot. Insomma, non so da dove mi sia venuta fuori… Sarà che ho sempre amato i draghi, e mi andava di mostrarne i sentimenti, in un modo originale ma non troppo smielato… Insomma, sempre draghi sono xD

E poi, mi piace l’idea che anche un drago pensi. In modo tutto suo, diverso dal nostro, ma che comunque pensi, ami ed odi :3

Beh… Ditemi che ne pensate, se vi va!!

Grazie mille, di nuovo =D

Micol

  
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