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Autore: nobodyishopeless    29/10/2013    0 recensioni
Arianne ha diciasette anni e paura del cancro. Arianne ha una cotta per Mattia che inizialmente ignora, ma quando lo verrà a sapere se ne approfitterà. Andrea è amico di Carlo, il fratello di Arianne, Andrea ha ventisette anni e ha perso la testa per Arianne che non sembra accorgersene.
-Dal primo capitolo-
Era l’Italia corrotta, era l’Italia dell’insoddisfazione e della rivolta, era l’Italia dell’afa estiva che appiccica i vestiti ai corpi, era l’Italia del futuro invisibile, era l’ Italia della tecnologia, era l’Italia della crisi, era l’Italia delle canzoni dei Modà ad ogni Sanremo, era l’ Italia degli amori sbagliati, era l’Italia dei giudizi continui. Era l’Italia in cui vivevo i miei diciassette anni.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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"Uomini futuri!
Chi siete?
Eccomi qua,
tutto
dolori e lividi.
A voi io lascio in testamento il frutteto
della mia anima."
-Majakovskij-
 
Capitolo I
 
 
Arianne.
Era l’Italia corrotta, era l’Italia dell’insoddisfazione e della rivolta, era l’Italia dell’afa estiva che appiccica i vestiti ai corpi, era l’Italia del futuro invisibile, era l’ Italia della tecnologia, era l’Italia della crisi,  era l’Italia delle canzoni dei Modà ad ogni Sanremo, era l’ Italia degli amori sbagliati, era l’Italia dei giudizi continui. Era l’Italia in cui vivevo i miei diciassette anni.
Noi giovani non sentiamo lo scandire delle ore durante il periodo estivo. E anche se è in quelle ore che si vivono alcune delle migliori esperienze dell’adolescenza. La mia estate fu piuttosto divertente in realtà.
Non ero quasi mai a casa, io con la mia gemella Erika siamo state parecchio in giro per le spiagge della zona. Le ultime settimane di vacanze furono le più dense di avvenimenti. Ci occupammo dei centri estivi della parrocchia come ogni anno ed è lì che la mia storia comincia.
Sono sempre stata una persona aperta ed estroversa, che non ha problemi a socializzare, i miei colleghi animatori sono amici che conoscevo da diversi anni e a cui ho sempre voluto un gran bene. Quando cominciò il centro estivo restavamo con i bambini al mattino, giocavamo con loro, avevamo più di trecento bambini a cui badare con circa trenta animatori. Al pomeriggio restavamo in parrocchia, che si sapeva, in quelle due settimane era casa nostra, era il nostro mondo. I bambini andavano via a mezzogiorno, noi facevamo riunione, in cui spesso venivano fuori i litigi peggiori a cui io abbia mai assistito. In seguito, due amici andavano a cucinare per tutti, gli altri si sedevano sulle panchine all’ombra a fumare una sigaretta e a chiacchierare del più e del meno. Quando si vive a contatto con molte persone è normale che alcuni legami siano più forti, ed è persino normale prendersi una cotta per una persona, che prima di allora non potevi vedere se non come un amico. È questo che è successo a me. Ho perso completamente la testa per lui. Mattia. Ha un anno in più di me e ci ho passato molti bei momenti. È un ragazzo gentile, simpatico e buffo, è sempre attento agli altri e anche se fa il coglione con i suoi amici è impossibile non volergli bene. Io e lui ci siamo sempre stuzzicati, ripresi, presi in giro, a vicenda. Venivamo spesso alle mani, ma lui non mi toccava mai, qualche schiaffo giocoso oppure il solletico era ormai un’abitudine. Non sapevo quando avevo cominciato a vederlo in modo diverso, ma una cosa era certa, non glielo avrei detto mai. A questo pensavo mentre ero seduta davanti a lui sulla panchina di legno con i chiodi arrugginiti. Aspirai profondamente dalla mia sigaretta assaporando la nicotina che non aveva fatto altro che richiamarmi per tutta la giornata come un diavolo tentatore.
-Ragazzi è pronta la pasta!- ci gridò Erika uscendo appena dalla porta antincendio. Mi alzai e gettai la sigaretta nel cestino dopo averla spenta, osservai Mattia che invece la gettò per terra, lo fucilai con lo sguardo. Lui mi guardò e dopo aver fronteggiato il mio sguardo per alcuni istanti alzò gli occhi al cielo, raccolse il mozzicone sulla terra e lo gettò nel cestino di legno facendomi scappare un sorriso di compiacimento. Il pranzo fu rumoroso come al solito, le forchette si impigliavano veloci tra gli spaghetti alla carbonara intrappolando qualche pezzo di pancetta affumicata. Alcune forchette persero denti, come sempre, poiché la plastica non era della qualità migliori, ma a noi non ci importava, siamo sempre stati ragazzi di campagna, da bambini i campi erano il luogo di ritrovo in cui vivere mille avventure, anche le più impensabili. Appena finimmo il pranzo, un paio di ragazzi sprepararono e lavarono le pentole, chi invece non era di turno come me, poteva concedersi un pisolino, una partita a beach volley, una sigaretta, o due tiri nel campo di calcetto. Io optai per la partita nel campo da beach. Ci trovammo in dieci, facemmo le squadre a caso, mentre altri compari si sedevano tra la sabbia per osservarci giocare. Mentre mi preparavo per la battuta, lancia un’occhiata con la coda dell’occhio alle panchine, scorsi Mattia con mia sorella e Marco che si fumavano una sigaretta. Una goccia di sudore mi rotolò giù per la schiena. Così, vedendo anche alcune mie compagne in reggiseno, consapevoli del caldo, mi tolsi la tshirt del centro estivo e restai in reggiseno di raso nero, più simile ad un costume. Battei la palla iniziale e diedi inizio alla partita. Ad un tratto, mentre facevo muro, mi arrivò una palla di sabbia sul seno sinistro sparpagliandosi all’interno del reggiseno.
-Fanculo Davide sei un idiota!- grida al moretto che mi stava di fronte al di là della rete.
-Andiamo una partita seria possiamo farla?- domandò retorica Bea alzando gli occhi al cielo.
-Vado in bagno a togliermi questa merda dalle tette!- esclamai fulminando Davide che rideva.
Una volta in bagno mi osservai allo specchio, i miei capelli neri lisci erano legati in una coda disordinata, non avevo alcun segno di trucco, la pelle dorata dai raggi del sole appare comunque solcata dalle occhiaie che mi provoca l’insonnia.
Mi tolsi il reggiseno dopo essermi chiusa a chiave, e tolsi la sabbia appiccicata alla mia pelle. Passai le dita delicatamente sul mio seno liscio, ma quando contornai il capezzolo per togliere i granelli rimasti, il mio pollice toccò qualcosa. Qualcosa di strano. Qualcosa che non avrebbe dovuto esserci. Al tatto doleva, era uno gnocco duro proprio sul lato del capezzolo. Un tipo di angoscia mai sentito prima mi strinse la gola e la bocca dello stomaco, i miei occhi divennero lucidi. Deglutii e cercai di mantenere il controllo, respirai affannata e ripresi lucidità. Afferrai il cellulare che stava  nella tasca posteriore dei miei shorts e digitai il numero di mia madre che sapevo a memoria.
 
Tu….    La nonna è morta di tumore al seno.
Tu…     La mamma si è fatta asportare un seno e se lo è rifatto con la chirurgia  plastica, per cancro al seno
Tu…     Sarà anche questa la mia fine?
 
-Ciao tesoro… a che ora torni?- la voce di mia madre, mi svegliò dalla sorta di trans in cui ero caduta. Mi asciugai la lacrima che mi era scivolata sulla guancia.
-Ciao mamma… torno sulle quattro. Mamma ho trovato un nodulo.- dissi diretta, lei mi diceva sempre che dovevo controllare perché un buon 50% di contrarre la malattia in età adulta ce l’avevo. Ma a diciassette anni, non ero adulta. No?
Mia madre si zittì un attimo. La sentii deglutire dall’altro capo.
-Chiamo il dottor Vandor.. prendo un appuntamento per domani mattina. Magari è solo una ghiandola infiammata!- esclamò mia madre cercando di calmarmi. Annuii anche se non poteva vedermi.
-Tornate a cena?- mi chiese poi con la voce melodiosa tornando alle domande quotidiane.
-No.. credo che mangeremo una pizza qua.- la informai.
-Ma tesoro, oggi pomeriggio torna Carlo dall’africa e porterà a cena un suo amico, che ha fatto volontariato con lui..- mi disse.
-Mamma torniamo presto lo giuro, ma sai che io voglio restare qua a cena.. è importante stare con i miei amici, l’estate è quasi finita.- replicai strascicando le parole.
-Va bene.. ci vediamo dopo, e stai tranquilla!- accettò mia madre chiudendo la chiamata.
Mi guardai allo specchio i miei occhi erano ancora lucidi, mi tastai ancora il punto dolente. Poi mi rimisi in fretta il reggiseno e corsi fuori cercando di cancellare i segni delle lacrime che avevano appena solcato il mio viso.
Mia sorella mi venne incontro.
-Che sta succedendo?- mi chiese Erika preoccupata.
I gemelli hanno una connessione speciale, i gemelli sono due anime legate da una catena invisibile ma molto forte e lunga. Se una delle due sta male, l’altra lo capisce senza neanche vederla, anche a chilometri di distanza. Le raccontai tutto. Lei mi strinse a sé.
-Su dai andrà tutto bene.. vedrai!- mi sussurrò con la testa incastrata tra il mio collo e la spalla.  Mattia si alzò dalla panchina  e mi passò accanto.
-Dove vai?- chiese Erika.
-A casa di Giulio… ci vediamo stasera!- esclamò mandandoci un bacio. Sospirai guardandolo e sorrisi mentre metteva il casco e partiva col motorino, e in quel momento perfino la possibilità di una grave malattia era sparita.

 

 
 
My corner:
Hello.. dunque ho appena cominciato questa originale, è tratto da una storia vera…
è solo il primo capitolo, aspettate e vedrete. Intanto mi lasciate un parere su questo capitolo?
A presto,
Mar
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