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Autore: quindici    29/10/2013    6 recensioni
Una lega come le altre: un solo vincitore, tanti validi partecipanti con i loro amici Pokémon. Una lega che ti può portare alla gloria... o alla morte. Perché è questo il destino che attenderà chi avrà la terribile sfortuna – o l'incompetenza – di perdere. Una fine dolorosa e umiliante attende chi non passa i turni e il suo Pokémon. Un inizio di gloria e ricchezza aspetta quell'unico che li supererà. Una vita in comune, tra amicizie, alleanze, intrighi e forse... amori? I contendenti sopravviveranno alle sfide? E alla follia e alla paura dell'incombente morte?
Genere: Angst, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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2 → Una grande composizione.
Masaki.

Bip-bip. Comunicazione. Comunicazione. Bip. Gli Allenatori si rechino nella stanza principale. Bip. Subito. Bip. Bip. Bip. Biptz…

Un sorriso si aprì nel mare di lentiggini che era il viso pallido di Masaki. Non aveva paura, oh, no, perché mai scappare da una simile opportunità quando la si può acchiappare? Si era detto la sera precedente, mentre Cael mostrava loro le camere in cui avrebbero riposato.

Mentre agganciava i bottoni della sua camicia a quadri sorrideva, il ragazzo. Prese gli occhiali tondi dal mobile che aveva dinnanzi, posizionandoli sul vezzoso naso. Aveva cura del suo aspetto, perché ammettiamolo, chi non ha mai scelto un libro solo perché riteneva affascinante la sua copertina? Questa era ciò che pensava Masaki, una buona immagine corrisponde anche al successo, si ripeteva sempre nello spazzolare i lunghi capelli rossi.

Scoccò un’ultima occhiata all’ampia stanza da letto in cui aveva riposato la notta precedente. Aveva frugato in ogni angolo, la sera prima, ma non aveva trovato assolutamente nulla, se non una pulizia a dir poco maniacale. Masaki richiuse la porta alle sue spalle, i denti bianchi ancora in mostra. Si concesse pure di fischiettare mentre si dirigeva alla sala principale, ovvero dove si erano riuniti il giorno prima. Quando entrò c’erano già cinque ragazzi. Concesse una breve squadratura ad ognuno. Riconobbe tre volti, decisamente più in tensione degli altri due, probabilmente ancora all’oscuro del loro destino. Le espressioni cupe regnavano sovrane, per questo Masaki decise di accomunarsi alla massa, giusto per non attirare troppo l’attenzione prima del necessario, spegnendo il sorriso per far posto a uno sguardo neutro.

Si accomodò su una delle sedie dall’imbottitura azzurra.

La stanza si riempì in pochi minuti, una massa di scuri visi vi si riversò lentamente, simili a spettri tormentati da un indissolubile male.

Ognuno si sedette su uno dei posti laterali della tavola, senza litigi o discussioni come sarebbe comune in un tale momento.

La sedia a capotavola rimaneva vuota e Masaki imponeva lo stesso al suo cuore, non voleva certo farsi prendere dall'ansia ancora prima di iniziare: sarebbe rimasto distaccato come sempre, nel suo cervello.

Nessuno osava alzare o sguardo dalle proprie mani sudanti o dalla superficie liscia del mogano. L'attesa era snervante, nessun dubbio a questo proposito, anche Masaki era in ansia, non aveva voluto fare ipotesi su chi si sarebbe trovato davanti, sarebbe stato uno spreco di tempo, vista la stranezza di quel posto.

Quando la porta della sala venne aperta dieci occhi tremanti si spostarono, in un unico scatto, verso la ragazza bruna che era appena entrata. Camminava piuttosto goffamente nonostante avesse un bel fisico e un’altezza considerevole. Aveva un aspetto talmente ordinario da apparire fuori dal comune in quella mescolanza di particolarità. Camminava con quell’andatura svelta verso di loro quando, accompagnata da un adorabile “Vaffanculo!”, inciampò sui suoi stessi piedi, in una rovinosa caduta. Si rialzò piuttosto dignitosamente, dalla figuraccia. Tirò indietro la sedia a capotavola dilagando fastidiosi suoni in quel pesante silenzio e crollò senza alcuna grazia sul cuscinetto celeste.

«Scusate, – era chiaro che non fosse una sua preoccupazione – la puntualità non è mai stata il mio forte.» accennò ad un sorriso, poi, con espressione annoiata,  passò le grandi pupille su ciascuno dei presenti. Non un movimento, da parte degli allenatori.

Anche Masaki, per quanto sicuro di sé, non poté non sentirsi a disagio sotto lo sguardo della giovane.

«Be’, io sono la Campionessa – lsi presentò semplicemente, limitandosi a fissarsi le unghie sobrie – qualche domanda?» concluse con un’espressione soave. Tutti rimasero fermi e terrorizzati, probabilmente con il sangue della sera precedente – che era magicamente sparito dal pavimento, lucido come non mai – impresso nella mente.

Fu un giovane dalla spiccante chioma azzurra ad alzarsi, di scatto, gli occhi chiari terribilmente sconvolti. «Ma… ma… SIAMO PAZZI?! Tutto ciò è… – si prese la testa fra le mani, non sapendo nemmeno più come continuare – NON POSSO CREDERCI! Io non pos-» fu interrotto dalla voce calma e bassa della Campionessa.

«Blablablablablabla… Sono le nove di mattina, tesoro mio. Le mie povere orecchie… Non sono sorda, ci sento benissimo. Ora, per favore, gira la manopola del volume ed esponi i tuoi dubbi, o, altrimenti sta zitto.» lo intimò mantenendo un tono calmo, seppur irritato.

Ora, gli occhi del ragazzo parevano due immensi laghi nei quali erano appena esplose delle petroliere. «Tu… TU SEI PAZZA! Tu non… non puoi!» la accusò miseramente.

«Ho i vostri contratti, posso fare quel che voglio.» ribatté lei calma e sicura, arricciando i capelli lisci con l’indice.

«Oddio, ditemi che è un incubo… sì, è di sicuro un incubo…» Si ripeté cantilenando, come uno qualsiasi psicopatico.

Masaki trovava quello spettacolo veramente patetico, vincere sarà più facile del previsto, previse.

«Certo che sei proprio noioso…» mugugnò lei in risposta, fissandolo con le palpebre socchiuse.

«No-no-NOIOSO? Non è questo il PROBLEMA!» urlò disperato, Masaki era abbastanza sicuro che le lacrime fossero terribilmente vicine, provò quasi pena per il poveretto, quasi.

«Sì, sì, come vuoi tu. – la ragazza si voltò – Cael, muovi quel tuo bel culetto!»

Dalle alte ante socchiuse fece il suo ingresso, elegante e affascinante anche in jeans e maglietta, Cael Magnet, che si accostò alla ragazza senza proferire una parola. L'assassino era davanti ai testimoni. I testimoni potevano diventare vittime. L'assassino poteva sbocciare in un freddo serial killer. Tutti distolsero lo sguardo, compreso Masaki, che non poteva certo rimanere indifferente davanti a un delitto commesso con una simile freddezza. La bruna afferrò una delle grandi mani di lui, come si stringe quella di un amico caro e fece cenno nella direzione del tinto, che era rimasto in piedi, congelato nel terrore. Il presentatore annuì, dimostrando il suo assenso.

Si avvicinò al ragazzo lentamente, con naturalezza, nessuna espressione sul bel volto olivastro. Del suo affascinante sorriso non rimanevano tracce. Posò la mano sulla spalla del ragazzo; da parte sua nessuna reazione, gli occhi chiari erano fissi su un punto indefinibile, aldilà di quella dura realtà. Gli altri ragazzi osservavano la scena incantati, nemmeno le loro palpebre sembravano smuoversi.

E ora?

Quelle parole parevano sospese nell’aria, inalate e rigettate in un ciclo continuo, la risposta la conoscevano tutti, ma chi avrebbe avuto il coraggio di confermarla, anche solo a se stesso?

Masaki, tu sei migliore di questi sempliciotti, tu sei freddo e calcolatore come una macchina.

Ma, per quanto cercasse di convincersi, quello che circolava nelle sue vene era sangue e non impulsi elettrici.

Per un po’ non accadde proprio niente, l’unico effetto paranormale di quel tocco leggero sembrava essere il tempo magicamente rallentato, o addirittura fermato. Masaki crebbe di udire le pulsazioni dei presenti congiungersi in un solo, affannato strumento, una melodia ritmica e tribale.

Bum. Bum. Bum. Bum. Bum. Bum. Bum. Bum. Bum. Bum. Bum.

«Dimmi, caro, com’è che ti chiami?» la voce solista e profonda della campionessa intonò un nuovo ritornello.

«Ryuji.» rispose il giovane, con voce salda e sicura. Sembrava essersi ripreso. L’atmosfera era ora più leggera.

Bum … Bum … Bum … Bum … Bum … Bum … Bum … Bum …

Una canzone dalle origini lontane, dal ritmo conciliante.

«Couf!»

E, quando Ryuji cadde nella pozza di sangue che lui stesso aveva sputato poco prima, ci fu la grande nota finale, un'opera degna dei migliori compositori era stata creata quel giorno.


Ammazzatemi, torturatemi, o che ne so, semplicemente dite quanto siete delusi da me (no, non fatelo, ci rimango malissimo D:), sono in ritardississimissimo, vi presento un capitolo che non porta da nessuna parte e forse più corto del precedente. Ho scritto questo capitolo cinque volte da tre punti di vista diversi e non è che questo fosse migliore degli altri, ma mi sono arresa al fatto che non ne sarò mai pienamente convinta, quindi eccovi sta casata (alla veneta, ecco) .___. Non vi scarico neanche una stupida scusa, visto che i miei impegni sono stati cazzeggiare fuori con gli amici e non di certo scolastici D:. Vi dico solo che oggi, nonostante sia stata una giornata piena di impegni mi sono detta: "Dai Ludovica muoviti, ci sono pure delle persone che la leggono la tua schifo di storia, sii clemente almeno con loro!". Ah, sì, e poi tipo me l'ha impaginato così, a righe distanti, non so perché o.o Forse si legge meglio o forse no, ditemi voi, anche se comunque non son capace di cambiarlo.Quindi ve lo lascio così, perché era ora che aggiornassi, e visto che adesso c'è un bel weekedino di pausa – grazie al cielo santissimo °W° –, nonostante abbia tremila programmi cercherò di iniziarlo almeno il nuovo capitolo D: Nel quale, finalmente!, ci sarà una lotta Pokémon u.u Vi lascio, che inglese non si fa da solo .___. E, sì, avete il diritto di dire quanto faccia schifo sto capitolo. ç_ç
Ludo

 


  
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