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Autore: Vorarephilia    29/10/2013    1 recensioni
Soleil aveva sedici anni e una vita che a molti potrebbe apparire semplice.
Amelie aveva sedici anni e un'esistenza priva di significato.
Soleil aveva un'amica immaginaria, una volta.
Amelie aveva qualcuno con cui passare il tempo, una volta.
Soleil amava guardarsi allo specchio.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 10

Colpe

 

Amelie

 

Valkirya era diventata ingombrante.

Per così dire.

Non potevo davvero permettere che spifferasse tutto quanto a Soleil.

 

Non che le cose si fossero risolte tanto meglio.

Soleil aveva effettivamente scoperto ciò che avevo fatto nei bagni della scuola e si era arrabbiata.

Non tanto quanto avevo immaginato, ma abbastanza da non volermi nemmeno guardare.

Non importava, tanto sarebbe stato presto il suo turno di morire.

Dovevo solo sbarazzarmi delle sue due amiche e dei loro Riflessi e di Valkhari.

Per non parlare di Corvette.

Corvine pensavo di tenerla in vita. Giusto per avere un po' di compagnia.

Giusto per avere qualcuno al mio fianco.

Per non essere di nuovo da sola.

 

Aspettai che Soleil, la mia dolce, affettuosa, traditrice metà, si addormentasse, con lo stomaco attorcigliato dalla vista della sua migliore amica morta, prima di uscire.

Incrociai John e Mary che stavano parlando a bassa voce, seduti al tavolo della cucina.

Mi avvicinai a loro e accarezzai le spalle di Mary.

Sapevo che poteva avvertire la mia presenza.

La vidi rabbrividire, i peli delle sue braccia, lasciate scoperte dalle maniche a tre quarti, si rizzarono e lei guardò verso di me.

Dovette coprirsi la bocca con una mano per non singhiozzare per lo spavento.

-Cosa c'è Mary?- chiese John, ignaro di tutto.

-Credo che sia tornata...- sussurrò lei, incontrando, forse inconsciamente, i miei occhi.

-Chi?- domandò l'uomo, guardandosi intorno, confuso.

-Amelie...- sibilò la donna con astio e paura.

Mi lasciai scappare una risatina compiaciuta.

Mi conosceva, anche se non voleva ammetterlo.

Era colpa sua se Soleil aveva dovuto abbandonarmi dieci anni prima.

Era colpa sua e io non l'avevo di certo perdonata.

 

Non l'avrei mai perdonata.

 

-Non essere sciocca! Adesso che Sole sta bene vuoi forse farle tornare in mente certe cose!?- la rimproverò il marito, battendo poco gentilmente la mano sul tavolo, per richiamare la sua attenzione.

-John, io te lo giuro, lei è qui. Non so come sia possibile, ma è qui!- cantilenò la donna, prendendogli la mano e stringendola tra le sue.

-Sei solo scossa per quello che è successo a Valkirya. Lo capisco tesoro, ma non tirare in ballo Amelie. Hai passato anni a dire che non esisteva. Hai fatto diventare pazza tua figlia con tutte quelle discussioni, ora non vuoi certo tornare a quel periodo.- mormorò John con dolcezza, dandole un colpetto sul naso con un dito.

 

Sarebbe stato fin troppo facile spaventarla, una volta preso il posto di Soleil.

Una Mary vulnerabile ed addolorata dalla perdita della figlia era decisamente il regalo di benvenuto che mi aspettavo.

 

Lei non si meritava di avere Soleil.

Nessuno si meritava di averla, tranne me, perchè lei ed io eravamo la stessa cosa, le due facce della stessa medaglia.

 

L'Umano e il suo Riflesso.

 

E se noi non potevamo essere unite e stare insieme, allora lei non sarebbe stata con nessuno.

E siccome non potevo imprigionarla da nessuna parte, l'avrei uccisa.

Avrei ucciso tutti coloro che la portavano nel cuore, perchè lei era mia soltanto e solo io avevo il diritto di amarla.

 

Solo che nessuno lo capiva.

Nessuno tranne me.

 

 

Trovai Valkhari nel parco dove avevamo incontrato Soleil e le sue amiche la prima volta.

Non piangeva, ma si vedeva quanto fosse triste.

Mi avvicinai silenziosamente e presi posto accanto a lei.

-Sei stata tu. Lo so che sei stata tu.- mi accusò.

-E allora fai qualcosa. Mi hai vista anche nel mondo Specchio, quando ho ucciso tutte quelle persone, ma anche allora non hai fatto nulla.- la derisi.

Derisi la sua debolezza, la sua rabbia non taciuta e improduttiva.

 

A cosa serviva la rabbia se non veniva usata per la vendetta?

 

-Non voglio diventare come te. Non voglio sporcarmi le mani con il sangue di nessuno. Io non sono come te!- urlò, e una lacrima le rotolò lungo il viso pallido.

-Temo che non potresti nemmeno volendo. Tu sei debole. Capace solo di stare in disparte mentre le cose succedono e sperare che qualcuno risolva tutto al posto tuo. Quanto sarebbe stato bello se Valkirya mi avesse uccisa, o se avesse parlato con Soleil e le avesse raccontato tutto. Sarei stata allontanata, abbandonata, costretta a rifugiarmi nel tuo mondo.- parlai, giusto per prendere tempo, dato che non avevo nessuna intenzione, comunque, di lasciarla in vita.

-È anche il tuo mondo.- sibilò.

-Tra poco non lo sarà più. Devo solo liberarmi di tutte voi e sarò libera di restare qui quanto voglio.- dissi.

La vidi agitarsi, ma non si spostò.

Sapevo ciò che stava pensando.

Era quello che avrebbero pensato tutti.

 

“Uccidimi pure. Senza la mia Giusta non ha senso vivere.”

 

E io lo feci.

La uccisi.

Perchè quel ragionamento non aveva senso.

I Giusti avevano un mondo meraviglioso e non sapevano nemmeno cosa farsene, mentre noi eravamo costretti in un luogo orribile.

-Noi non dovremmo essere così. Tu ti senti arrabbiata perchè sei diversa.- mi sussurrò poco prima di avere la gola recisa da pezzo di vetro, ricavato da un bicchiere di Soleil, che io avevo rotto il giorno prima.

Non capii le sue parole, e nemmeno mi ci concentrai troppo su.

Avevo una missione da compiere e poco tempo per farlo.

Stavo già iniziando a sentirmi debole e affaticata.

E respirare faceva male e volevo solo che il sole smettesse di splendere in quel modo, perchè mi bruciava la pelle.

E l'aria fredda la faceva seccare e mi chiudeva la gola, e mi faceva lacrimare gli occhi.

 

Dovevo fare in fretta.

 

Trovai Lauren e Laureth a casa loro. La prima stava piangendo la morte della sua amica.

Si spaventarono alla mia apparizione, poiché non se lo aspettavano.

Probabilmente la voce si era già sparsa in tutto il gruppo.

 

Amelie ha ucciso Valkirya.

 

Non sapevo se Soleil avesse avuto il coraggio di dirlo oppure no, stava di fatto che Laureth e la sua Giusta erano piuttosto terrorizzate dalla mia presenza.

 

-Non lo faccio per odio nei vostri confronti.- chiarii, estraendo la mia arma di fortuna, che fino a quel momento aveva funzionato più che bene.

Mi pregarono di fermarmi.

Mi chiesero perchè io lo stessi facendo.

Non erano rassegnate come Valkhari.

Loro avevano la forza di combattermi, o per lo meno ci provarono, dato che il risultato fu sempre lo stesso.

Anche Laureth mi lasciò con una frase che poteva sembrare colma di significato, ma che non mi diceva nulla.

 

Se fossi stata come tutti loro non avresti sofferto.

 

Sì, se fossi stata come tutti gli altri Riflessi non avrei sofferto.

Non mi sarei accorta di soffrire, molto probabilmente.

Sempre in silenzio, sempre ferma, in attesa di mostrarmi alla mia Giusta, qualora avesse voluto vedermi.

Non avrei avuto una mente per soffrire, o un cuore.

Invece ero nata così, sbagliata, diversa.

Ero nata Giusta.

E Giusta sarei diventata, ma questo Laureth non poteva saperlo.

Lei che era la più simile ai Riflessi, tra di noi, sebbene sapesse usare la Voce.

 

Le lasciai così, le gole recise e il sangue che le circondava.

Qualcuno avrebbe dovuto piangerle e ripulire quel casino, ma non spettava a me.

Non avevo lacrime per loro.

Non per Lauren, ennesima persona che non si accorgeva del Paradiso che la circondava, non per Laureth, che era priva di spessore come solo quelli del mio mondo riuscivano ad essere.

 

Così come non ebbi lacrime per Gleam e Glimmer, alle quali aprii lo stomaco.

I loro organi stavano ancora scivolando fuori, mentre le parole sussurrate a fatica di Gleam si ripetevano nella mia testa.

 

Non è colpa loro.

 

Era colpa loro.

Era colpa di tutti loro, con i loro maledetti specchi da cui erano sempre attratti, come calamite. Con la loro indifferenza e il loro menefreghismo.

Era colpa loro perchè non si erano mai degnati di conoscere ciò che c'era al di là.

Era colpa loro perchè non sapevano.

Era colpa loro perchè Mary mi aveva sempre vista e aveva fatto finta che io non esistessi, e perchè Soleil aveva accettato di tenere un nome non suo, un nome diverso dal mio.

E questa era una colpa che non avrei perdonato.

Era il suo modo, forse non voluto, per farmi capire che non voleva essere uguale a me.

 

E mentre io massacravo le sue amiche, Soleil dormiva tranquilla, sognando la sua migliore amica, che non sarebbe tornata mai più.

E mentre spezzavo ad una ad una le dita di Corvette e le sussurravo che, no, lei non avrebbe mai vinto contro di me, in ogni caso; lei, forse, iniziava a rendersi conto che avrebbe raggiunto Valkirya molto presto.

 

-È tua! Te la lascio, ma non uccidermi.- implorò Corvette, il viso rovinato dal pianto e dalla paura.

 

Risi.

Risi perchè avrebbe venduto pure sua madre per avere salva la vita.

Risi perchè quello era il valore degli esseri umani, dei Giusti.

E risi perchè anche quella era una colpa.

 

-Soleil è mia e tu morirai comunque, perchè è giusto così.- le sibilai all'orecchio, mentre il pezzo di vetro, ferendomi il palmo della mano, si incastrava perfettamente tra le sue costole, desideroso di tagliare la carne e lacerare la pelle e bere il sangue che ne sarebbe uscito.

 

E poi decisi di uccidere anche Corvine, perchè non mi andava di dover condividere un'esistenza con lei, così poco attraente, così poco coraggiosa, così debole.

Lei che piangeva sul cadavere di una che avrebbe venduto l'amore ad un assassino.

 

Io sapevo di non essere buona.

Lo sapevo e non mi interessava. Essere buoni non pagava.

Essere buoni significava vivere nel mondo Specchio, da sola, e chiedere scusa a Soleil.

 

Decisi di uccidere Corvine perchè bramavo altro sangue e altre urla, e perchè mi ricordava troppo la seconda persona che mi aveva allontanato dalla mia metà.

E decisi di ucciderla perchè ero curiosa di sapere cosa avesse da dire.

 

Questo non ti farà sentire meglio. Non riuscirai ad uccidere anche lei.

 

Beh, era tutto da vedere.

 

 

Soleil

 

Il sangue imbrattava le piastrelle chiare e Valkirya, la mia Kiri, la mia migliore amica di una vita, giaceva a terra, morta, gli occhi vitrei ancora spalancati dallo stupore.

Le labbra ormai grigiastre, socchiuse in una domanda.

Perchè?”

Sì, me lo chiedevo anch'io.

Perchè?

Perchè Amelie aveva dovuto ucciderla?

Perchè lei?

Perchè!?

 

 

 

Non aprii subito gli occhi. Non volevo vedere la mia stanza, non volevo vedere lei.

Lei che aveva infestato i miei sogni per dieci anni, che mi aveva condizionato la vita, la cui sola esistenza mi aveva sempre provocato dolore.

 

Non mi importava di vedere la mia stanza.

La conoscevo fin troppo bene.

Non mi importava di vedere nemmeno Amelie, perchè conoscevo bene anche lei.

E se a quattordici anni avevo sperato che fosse almeno un po' migliore di me, ora sapevo che erano state speranze – e preghiere, Cristo, quanto avevo pregato perchè fosse diversa, almeno sotto quel punto di vista – vane.

Del tutto vane.

Perchè Amelie era uguale a me, con la stessa paura e la stessa rabbia e la stessa solitudine e la stessa sete di sangue che le faceva contorcere le viscere.

E io mi sentivo furiosa, ma non riuscivo ad odiarla, perchè la capivo.

Perchè sapevo com'era il suo mondo e come avrei reagito – come avevo reagito – se avessi dovuto viverci.

Non riuscivo ad odiarla perchè lei non avrebbe mai odiato me.

Eravamo uguali.

 

E poiché la capivo così bene, sapevo ciò che avrebbe fatto dopo.

Sapevo che il sangue che la sporcava quella mattina non era quello di Valkirya, e ancora non riuscii ad odiarla.

Non riuscii ad odiarla nemmeno per la realizzazione e l'orgoglio verso se stessa che le leggevo negli occhi.

 

Non riuscii ad odiarla e le sorrisi.

 

-Buongiorno.- le dissi, accarezzandole una mano sporca di sangue secco.

-Buongiorno Soleil.- mi rispose lei, una risata accennata le accendeva le parole e mi sentii quasi bene.

 

Poiché sapevo ciò che avrebbe fatto dopo.

 

E avevo un coltello lungo venti centimetri sotto al cuscino.

 

-Hanno chiuso la scuola per quello che è successo ieri.- dissi distrattamente, mentre mi vestivo.

Jeans.

Maglietta a maniche lunghe – la prima che avevo trovato. Azzurra, andava bene.

Felpa.

Calze.

Stivali.

Aveva nevicato il giorno prima e la neve, ormai sporca, imbrattava le strade.

 

A Valkirya era sempre stata antipatica la neve.

Troppo bianca, diceva lei, troppo fredda.

A me piaceva.

Il bianco accecante che illuminava la notte.

I giardini ricoperti totalmente, come lo zucchero a velo sulle torte.

 

Ma era già tornato il sole e aveva sciolto lo zucchero, lo aveva rovinato.

-Usciamo?- chiese Amelie.

-Ho voglia di fare un giro nel parco.- le risposi, nascondendo il coltello nella tasca interna del giubbotto di pelle nera che mi ero infilata.

-Va bene.- disse lei, prendendo uno dei miei maglioni di cachemire – quello rosso, il mio preferito – e appoggiandoselo sulle spalle.

 

La neve sciolta lasciava spazio all'erba verde e profumata. Il sole la illuminava e creava dei bei giochi di luce.

-Ame, tu lo sai, vero?- le chiesi dopo lunghi minuti di silenzio.

E lei annuì.

Forse perchè sapeva a cosa mi riferivo – gli animali morti, la paura, la rabbia, la sete di sangue, il bisogno di morte – forse perchè voleva solo che io continuassi a parlare.

-Non te ne faccio una colpa. Sei così perchè io sono così. Va bene.- la rassicurai. Il tono piatto della mia voce, tuttavia, non aiutò le mie parole.

-Non importa Soleil. Siamo qui, adesso, e sia tu che io sappiamo il perchè.- sussurrò.

Si rigirò tra le mani un pezzo di vetro rotto, sporco di sangue.

 

E poi me lo piantò nello stomaco e io fui veloce ad estrarre il coltello e a fare lo stesso con lei.

Il suo bel viso si contorse in una smorfia di dolore, speculare alla mia, e mi sorrise.

 

Perchè mai avrebbe potuto odiarmi.

 

E poiché io la conoscevo così bene, avevo perdonato mia madre, entrambe le mie madri, e avevo abbracciato mio padre un po' più forte, la sera prima, e gli avevo detto che non importava se aveva lasciato che Dannielle morisse.

Non importava perchè l'avrei rivista presto.

Avrei rivisto Kiri e Corvette e Lauren e Glimmer e tutte le persone che avevo perso.

E un giorno avrei rivisto anche i miei genitori, Mary e John, mamma e papà, e avrei presentato loro Amelie e avrei detto che mi dispiaceva averli lasciati così presto, ma che era giusto così.

 

Perchè forse non mi meritavo di vivere nel mio mondo e Amelie non meritava di vivere nel suo, ma andava bene perchè tutto stava finendo, quell'ingiustizia stava arrivando alla sua conclusione.

  
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