Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: undisastro    29/10/2013    1 recensioni
Questa storia parlerà di Camilla, personaggio inventato da me, ma sarà una breve descrizione del personaggio. Non so se continuerà, ma voglio provare a pubblicare qualcosa scritto da me. Quindi se volete conoscere il personaggio di Camilla, leggete questa storia.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

In una soleggiata mattina d'autunno, Camilla si trovava in biblioteca, il luogo che amava di più al mondo. Ma quel giorno non stava sfogliando un libro, come al solito, lei osservava. Osservava il silenzio che vi era tra tutti gli scaffali, le persone che arrivavano e si immergevano in un libro qualsiasi, senza sapere cosa gli avrebbe potuto offrire, osservava la giovane bibliotecaria che mangiava uno dei suoi abituali pasti cotti al microonde, osservava i fiori, i rumori. Camilla era una grande osservatrice, non le sfuggiva mai niente. Era una persona davvero molto sensibile e chi è sensibile è costretto a prestare attenzione ai dettagli. Ogni tanto, il ciuffo biondo rame le pendeva sul viso, ma lei non amava spostarlo, fino a quando non le oscurava la visuale. Era una sognatrice, un'inguaribile romantica, una persona fuori dal comune. Era sempre tra le nuvole, persino a scuola i professori le rimproveravano sempre la sua poca concentrazione e la sua assente partecipazione. Le piaceva saltare la scuola per correre in biblioteca oppure per andare a fare una passeggiata sul lungomare o al parco. Non amava un granché gli spazi chiusi, la facevano sentire prigioniera di se stessa. Dagli spazi chiusi non poteva scappare da quello che era, invece lei amava l'aria aperta e vivere la vita perché era la sola cosa che le era rimasta. Le piaceva calpestare le foglie in autunno, le piaceva la visione del mare in tempesta, occasione che le si presentava solamente in inverno, le piaceva la neve. Camilla amava la neve, le diventava bianco il cervello se non smetteva di pensarci per alcuni minuti. La sua stagione preferita, però, era la primavera. Non era come le altre ragazze. Infatti, mentre tutte le sue compagne di classe stravedevano per l'estate, lei amava raccogliere i fiori e amava giocare con le farfalle, con i cani, con i gatti, insomma con qualsiasi essere che non aveva particolari tratti appartenenti all'uomo. Aveva un particolare talento nel saper relazionarsi con gli animali. Per quanto riguardava, invece, le relazioni con gli esseri umani, Camilla non ne voleva proprio sapere. Aveva paura di essere delusa, di essere ferita, di nuovo. Era un disastro con le altre persone. Aveva un cuore d'oro, donava se stessa agli altri se davvero ci si affezionava, cosa che accadeva di rado, ma nessuno l'aveva mai capita o perlomeno ascoltata. Aveva tanto da dire, ma non c'era mai stato nessuno pronto a tenderle una mano, pronto ad aiutarla a rialzarsi. Camilla amava il sole, ma anche le stelle. Le piaceva la notte, ma era più a suo agio di giorno. Le piaceva la pioggia, ma non la grandine. Amava stare in casa mentre tutto fuori sembrava andare in frantumi, magari sotto le coperte con una bella tazza di tè fumante nella mano destra e un buon libro aperto sulle sue gambe. Ecco cosa amava dell'essere rinchiusa in casa. Odiava quando qualcuno le imponeva qualcosa e odiava le persone ipocrite tanto da parlare alle sue spalle in sua presenza. Voleva vivere la vita secondo la sua natura, ma aveva già cominciato a morire e, sebbene qualcuno la stesse per salvare, lei era lacerata e non aveva mai smesso di essere così distrutta. Era solo una sedicenne, ma aveva così tanta forza e così tanto coraggio da saper essere ottimista in ogni situazione. Non voleva essere consolata o tanto meno non voleva fare pena a nessuno. Non voleva essere aiutata perché lei sapeva che si poteva fidare solo di se stessa. Ogni notte prima di addormentarsi scriveva tutto ciò che pensava, in quel momento era se stessa. E se anche era in procinto di piangere non voleva essere vista da nessuno. Gli altri avrebbero potuto conoscere le sue debolezze, avrebbero potuto sapere che sotto la sua corazza era davvero fragile da poter crollare in qualunque momento. Quando le lacrime le scendevano sul viso, lei le asciugava subito. Aveva degli occhi color nocciola, di una forma alquanto singolare. Erano da cerbiatto, ma anche a mandorla e questo era il giusto mix per una persona come Camilla. Esprimeva varie personalità, dall'essere diffidente all'essere acida, dall'essere scontrosa all'essere falsa, dall'essere aperta all'essere indifferente. Sapeva come non farsi degli amici e tutto ciò giocava in suo vantaggio. Era stata fin troppo brava a difendersi dal mondo che ormai era una necessità allontanare tutti dalla sua vita. 

Camilla proveniva da una famiglia piuttosto disagiata: suo padre, che lei non chiamava mai in questo modo, era un ricco albergatore e non aveva mai avuto tempo per dedicarsi a ciò che aveva creato, alla sua famiglia. Pensava al lavoro, costantemente e non aveva mai avuto modo di lasciarlo perché era nato in quell'ambito ed era cresciuto pensando solo ai profitti e agli investimenti. Nato da una famiglia nobile, era diverso dagli altri bambini. Amava la solitudine e amava la musica. Erano le uniche due cose che riuscivano a tenerlo in vita. Aveva un fratello e una sorella più piccoli, ma non aveva mai avuto un sincero rapporto con nessuno di loro. Leonardo, così si chiamava il padre di Camilla, era sempre picchiato dal fratello più piccolo, Gabriele e preso in giro dalla sorellina, Federica. Non amava la sua famiglia. I suoi genitori erano altezzosi e davvero molto esigenti. Era un rapporto familiare molto particolare. La mamma era una casalinga a tempo pieno e non aveva tempo per prendersi cura dei suoi figli. Assumeva baby-sitter, cameriere, maggiordomi e quant'altro, ma non aveva mai passato un pomeriggio in compagnia di uno dei tre bambini. Preferiva, piuttosto, stare con le amiche o uscire, anche solo per andare a fare la spesa. Insomma, preferiva se stessa ai suoi figli. Il padre era un imprenditore ed era un persona che soccombeva alle ire di sua moglie. Era buono, in fondo, molto in fondo, ma non l'aveva mai dimostrato. Preferiva usare le mani al posto di parlare, preferiva essere assente piuttosto che provare a stare con i suoi figli. Era sempre molto silenzioso e in genere non esprimeva mai la propria opinione. Leonardo, Gabriele e Federica erano sempre confinati in casa e, chi più chi meno, erano stati tutti e tre una delusione per i genitori. Camilla non amava passare il tempo con loro, sia perché loro la vedevano come un'estranea, sia perché erano soliti darle ordini di ogni genere. Non li aveva mai conosciuti fino in fondo, ma sapeva che, forse, anche loro avevano agito così per aver avuto un'infanzia alquanto dura. Camilla vedeva sempre del buono in tutti. Era una ragazza dolce, sotto tutta la sua acidità nei confronti del mondo. Era determinata a non morire, aveva sempre contato su se stessa e non era pronta ad affidare tutti i suoi dubbi, le sue incertezze, le sue fragilità ad un'altra persona. Era diventata apatica, aveva messo da parte tutte le emozioni ed oramai non riusciva più a recuperarle. Era vuota, ma con tanta gioia di vivere. Era spenta, ma voleva continuare a lottare per riaccendersi. Era morta, ma voleva avere un'anima. Aveva una fama come persona che solo lei sapeva quanto fosse immeritata, ma non poteva dimostrarlo, perché ormai non sentiva più niente. Era, come la definivano tutti, una ragazza troppo apatica per recuperare alcun tipo di emozione o di sentimento. Fin da piccola, aveva sviluppato una particolare propensione per la musica, come suo padre d'altronde. Non faceva altro che cantare o suonare, oltre a leggere, ovviamente. Inoltre le piaceva davvero tanto scrivere, ma non pensava di avere alcun tipo di talento né tanto meno pensava di essere speciale. Per come la vedeva lei, Camilla era la ragazza più inutile del mondo e non riusciva a sentirsi meglio. Essendo il padre molto distante da lei e dai suoi fratelli per tutta la sua infanzia, praticamente assente, i tre bambini non avevano mai avuto un padre come elemento maschile nella famiglia e neanche lo avevano mai visto come punto di riferimento. Era praticamente scomparso, non chiamava più, nessuno aveva più sue notizie fin quando Camilla non ha compiuto i 7 anni ed è proprio lì che Camilla ha perso una parte di se stessa. Si era risposato subito dopo aver divorziato da Ilaria, la mamma di Camilla, con una trentenne che lavorava nel suo stesso ambito. Era scoccata la scintilla, almeno così diceva Leonardo. Non avevano alcuna affinità, erano praticamente gli opposti e non vi era alcun legame tra di loro. Era stato un matrimonio veloce, in comune e nessuno ne aveva fatto parola fino a quando non nacque un primo fratello. In quegli anni Camilla aveva avuto la fortuna di abitare con la madre, la sorella più grande, Beatrice e un fratello più piccolo, Emanuele. Il 'fratellastro' che nacque dal matrimonio con la seconda moglie del padre della quale Camilla non ricordava neanche il nome, per quanto fosse insignificante, si chiamava Matteo ed era nato proprio in primavera, come Camilla d'altronde. Nè Beatrice, né Camilla, né Emanuele conobbero mai uno dei figliastri del padre. Le loro strade si separarono per sempre e nessuno fece mai più il nome di Leonardo in quella casa, era stato troppo devastante. Ilaria, la mamma di Camilla, era una donna davvero molto giovane, aveva 40 anni, ma sembrava averne 35. Camilla non somigliava minimamente alla madre, erano due persone completamente diverse e tuttora nessuno ha saputo spiegare il fortissimo rapporto che avevano le due. Ilaria era sempre stata una ragazza atletica, amata da tutti, molto popolare, intelligente e ottimista. Non sapeva mai spiegare come mai Camilla fosse 'nata al contrario', così diceva lei. Era una continua critica nei suoi confronti, però dopo un Po di tempo Camilla si era abituata a quella situazione. Non voleva soddisfare gli ideali della madre, voleva essere se stessa e a tutti i costi, ma soprattutto non voleva vivere la vita che la mamma sognava di vivere al posto suo. Per quanto potessero essere legate affettivamente e fisicamente, non avevano mai avuto un buon dialogo. Ilaria era una donna troppo critica e troppo esigente nei confronti dei suoi figli. Non ha mai capito quanto ciò che diceva avrebbe potuto segnare la vita di Camilla in modo così definitivo. 

Camilla, in fondo, era una ragazza normale, come le altre. Non aveva fiducia in se stessa e non credeva minimamente in ciò che faceva. Era così devastata da non accorgersi quanto il suo dolore le stesse provocando una brutta malattia, la depressione. Camilla era spensierata, era non felice, ma provava ad essere serena. Voleva vivere la vita così come arrivava. Si spaventò molto la prima volta che vomitò. Aveva cominciato a trovare difetti in tutto, particolarmente in se stessa. Si odiava e non c'era alcun modo, se non la bulimia e l'anoressia, per riuscire a convincerla. Tutto cominciò più o meno quando aveva 15 anni, era un brutto periodo, Camilla non si reggeva neanche più in piedi, così comincio a liberarsi di tutto il dolore. Amava mangiare ma il cibo provocava in lei qualcosa di più forte dell'odio, il disgusto per tutto ciò che era. Così decise, avrebbe vomitato ogni cosa che avrebbe mangiato. Mangiava poco, ma quando lo faceva, correva in bagno, alzava il volume della musica al massimo per non farsi sentire dagli altri e vomitava tutto ciò che aveva dentro, si sfogava in questo modo. 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: undisastro