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Autore: Sherlock Holmes    30/10/2013    2 recensioni
Il Tamigi restituisce sempre ciò che prende. Solo che Sherlock Holmes non è veramente conscio di ciò che le acque, a causa di Moriarty, gli hanno strappato…
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Tamigi scorreva placido; lento, al mio fianco.
Pareva quasi accompagnasse i miei passi.
 
Niente da fare.
Non riuscivo a non pensare ad Irene, ed a come avrebbe apprezzato camminare accanto a me, in quella apparentemente tranquilla serata londinese, raccontandomi della Siria, dell’India, delle Cicladi… di tutti i posti in cui si era rifugiata e che aveva visitato…
E, magari, mi avrebbe chiesto di nuovo di… fuggire con lei.
Se me l’avesse richiesto in quel momento… come mi sarei comportato?
Forse, l’avrei seguita.
Già.
Perché io, come lei, avevo capito qual era il mio posto.
Vicino a colei che amavo.
 
Mi accesi la pipa, lasciando che il cerino rischiarasse, con la sua debole fiamma, la notte che mi avvolgeva.
Esalai una nuvoletta scura, fissando la sponda del fiume.
“Operaio al lavoro. Solo.
 Falla non grave nelle fognature…” dedussi, vedendo un uomo in pettorina armeggiare sugli argini del Tamigi.
Questi si voltò verso il baluginio del mio tabacco acceso.
- Aiuto!- gridò, agitando le braccia – Qui!-
Aggrottai le sopracciglia.
“Che è successo?” mi chiesi, correndo verso di lui; senza indugio.
Avevo il revolver a portata di mano; per ogni evenienza…
Ma non servì.
- Signore!- mi chiamò.
L’operaio era ancora immerso nell’acqua melmosa del Tamigi, e tentava di trascinare a riva un grosso fagotto scuro di forma indefinita…
Mi sporsi, aiutandolo a tornare a riva.
Ansante, l’uomo posò a terra quello strano fagotto appesantito dall’acqua…
Fagotto che si rivelò essere una persona.
- L’ho visto… quando sono uscito dalla tubatura est…- esalò – Galleggiava nell’acqua.-
Afferrai di slancio la lanterna cieca dell’operaio, togliendole la lamina che oscurava la fiammella.
Un debole fascio di luce colpì il viso del corpo, a terra…
E fu in quel momento che… ogni mia speranza venne tacitata.
Fu in quel momento che mi cadde il mondo addosso.
Fu in quel momento che capii quanto inutile sarebbe stata la mia vita, da quell’istante in poi…
Irene Adler giaceva sulla nuda terra; davanti a me. Le vesti zuppe d’acqua, i capelli infangati, il viso di un biancore spettrale, le labbra esangui, gli occhi spenti.
Rimasi immobile, a fissarla.
Incapace di parlare.
Incapace di pensare.
  
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