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Autore: ChiiCat92    30/10/2013    3 recensioni
"- Bene Sora, hai appena ottenuto un buono per una cerimonia di benvenuto offerta dalla Vanitas Incorporated. - Riku e il biondo ridacchiarono sommessamente, scuotendo la testa - In realtà, dovrei essere io a ringraziarti, sai? Mi stavo annoiando, e sono mesi che non vediamo una matricola. Sembra che il destino ti abbia voluto portare da me. - Vanitas poggiò le mani sulle spalle di Sora, e si abbassò un poco, in modo che i loro occhi fossero allo stesso livello - Nessuno ti ha accolto nel giusto modo, vero? -" dal cap. 1
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è la prima FF che scrivo su KH, volevo un po' sperimentare!
mi sono chiesta cosa succederebbe se i personaggi di KH fossero studenti di un istituto prestigioso...e questo è il risultato!
Il raiting in alcuni capitoli oscilla verso l'arancione con sfumature di rosso, cercherò di avvertire prima nel qual caso dovesse succedere.
probabilmente la pubblicazione sarà settimanale, il giovedì :3
leggete e, se vi va, lasciatemi un commento!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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22

L'uomo virtuoso è incline agli accordi,
quello vizioso vuole stabilire la colpa.

Sora camminava per una strada buia e deserta. Le mani in tasca, la testa incassata tra le spalle per sfuggire al forte vento.

Aveva perso l'orientamento e non sapeva più come tornare a casa, ma non voleva fermarsi in quel posto oscuro.

C'erano delle cose nere, delle ombre dagli occhi gialli e l'andatura barcollante che lo aspettavano tra un ritaglio di buio e un altro.

Sora non voleva fermarsi e permettere a quelle ombre di saltargli addosso. Per questo continuava a camminare.

Ma ormai gli facevano male i piedi, e il freddo gli era entrato nelle ossa come un coltello affilato.

Non avrebbe potuto sostenere quel ritmo per sempre.

Per quanto si impegnasse, non riusciva a ricordare come fare per tornare a casa. Quando pensava di aver imboccato la giusta strada, subito si accorgeva di essere finito in un vicolo cieco, e doveva tornare indietro sui suoi passi.

Non sembrava esserci via di uscita.

- Sei tutto solo? - Sora riconobbe quella voce. Non si volse, anzi, accelerò il passo. - Voglio solo essere gentile con te. - era sempre più vicino. Sora sentì il proprio cuore aumentare i battiti, mentre brividi di terrore gli prendevano il corpo. - Lascia che ti aiuti a tornare a casa. -

Qualcuno lo afferrò per il polso e lo strattonò indietro. Preso alla sprovvista, Sora non riuscì a impedire a quel qualcuno di sbatterlo contro il muro di un palazzo. Prima che potesse accorgersene, il fiato caldo di Vanitas gli stava solleticando il collo. - So... - pronunciò la prima sillaba del suo nome arrotolando bene le labbra umide - ...ra. - lasciò che la erre vibrasse leggermente sul suo palato. - La tua luce è deliziosa. - lui non riusciva neanche a pensare di ribellarsi. Era immobilizzato dalla paura. Vanitas lo baciò sull'orecchio. - Che ne dici se ne assaggio un altro po'? Sono stanco di vivere al buio. -

Prima che Sora riuscisse a formulare un pensiero, Vanitas poggiò le labbra sulle sue, divorandole con avidità, cercando sempre di più, di più, quasi a volergliele strappare via, e...

 

Sora si svegliò spalancando gli occhi e soffocando un urlo. O meglio, si svegliò perché l'urlo che aveva in gola rischiava di soffocarlo, e il suo istinto di sopravvivenza l'aveva costretto a tornare cosciente.

La prima cosa di cui tornò consapevole fu quella di trovarsi in un letto che non era il suo, con indosso vestiti che non riconosceva.

La seconda cosa fu il dolore, un dolore strano, che gli prendeva tutta la parte inferiore del corpo a cui lui non sapeva bene dare un nome.

Era solo dolore, e bastava per definizione.

La terza e ultima cosa, fu la mano di Ventus stretta alla sua, intrecciata così stretta da sentire i nervi leggermente intorpiditi.

L'amico dormiva seduto, tenendo la testa poggiata sulla sponda del letto, e una mano intrecciata alla sua.

Per qualche ragione vedere la cascata di capelli biondo grano che gli ricopriva la testa e gli nascondeva buona parte del viso calmò la corsa del suo cuore impazzito.

Quel biondo era tutto l'opposto del color inchiostro dei capelli di Vanitas.

I particolari del sogno non volevano lasciarlo. Ricordava soprattutto il buio, l'oscurità, tutto quel pastoso nulla scuro che lo avvolgeva e lo opprimeva. E Vanitas, Vanitas che entrava nel suo campo visivo e veniva a prendersi di nuovo qualcosa da lui.

Soppresse un singhiozzo e strizzò gli occhi. Due lacrime gli sarebbero cadute dagli occhi se ne avesse avute ancora da piangere.

Addosso aveva un pigiama leggero dalla consistenza di carta, di quelli che danno all'ingrosso quando si viene ricoverati in ospedale.

Ora che guardava tutto intorno, riconobbe il lettino dell'infermeria, e il suo naso confermò quando prese un profondo respiro: era proprio l'aria asettica a disinfettata dell'infermeria.

Tornò a guardare Ventus. Anche lui indossava quel pigiama da ospedale. Sulle spalle aveva una coperta che minacciava di scivolargli via da un momento all'altro.

Sora era restio a muoversi. Aveva paura di perdere il contatto con la mano di Ventus.

Lui doveva avergli letto nel pensiero, perché strinse di più la presa. Sollevò appena la testa e lo mise a fuoco con gli occhi blu ancora mezzi addormentati.

- Sora...ti sei svegliato? -

Raddrizzò la schiena. Sulla guancia aveva tutto il segno delle lenzuola. Si stropicciò gli occhi con l'altra mano e si esibì in uno sbadiglio a bocca spalancata.

Sora trovò rassicurante tutto in lui, tutti quei piccoli gesti, le piccole espressioni del suo viso, tutto, proprio tutto.

Ventus lo guardò attentamente, cercando in lui tracce della persona sconvolta, chiusa e terrorizzata che aveva trovato stesa sul pavimento dello spogliatoio.

Provò a cercare qualcosa da dire, senza però riuscirci. Qualsiasi cosa gli venisse in mente sembrava fuori luogo e stupido. Non voleva rischiare di farlo stare male di nuovo.

Quindi si limitò a sorridergli, aspettando che rispondesse ad una domanda che non era una domanda ma una constatazione amichevole dei fatti.

- Cosa...dove... -

Provò Sora, con una voce piccola, sottile, come se avesse passato ore ed ore a gridare.

Ventus provò una fitta al cuore pensando che forse era proprio quello che era successo prima che lui riuscisse a trovarlo.

- Siamo in infermeria, il Vicepreside ci ha dato il permesso di rimanere qui per la notte. - lo sguardo allarmato di Sora disse tutto quello che c'era da dire. Ventus gli sorrise. - Tranquillo, ci ha pensato lui ad avvertire i tuoi genitori. -

Il sollievo passò come una flash nelle iridi cerulee di Sora.

Ventus, credendo di essere eccessivo nel dimostrare il suo affetto, cercò di sciogliere le loro dita intrecciate, ma Sora serrò la presa e gli rivolse un'occhiata terrorizzata.

Non mi lasciare.” dicevano quegli occhi, perché la voce non poteva e non riusciva a dirlo.

- Non ti lascio. - gli rispose Ventus, anche se lui non aveva detto niente. E strinse forte la presa.

Sora sembrò rilassarsi, come avesse trovato una colonna a cui aggrapparsi. - Chissà che ore sono... -

Il biondo si appigliò al vago per non dover affrontare lo sguardo confuso di Sora. Odiava dover essere così codardo e non avere il coraggio di guardarlo negli occhi.

Affrontalo, chiediglielo, chiedigli chi è stato a fargli del male!” gli diceva la sua mente, ma le labbra erano sigillate. Era il cuore che gli impediva di parlare.

- Perché... - iniziò Sora, senza sapere neanche lui che cosa voleva dire - ...perché siamo qui? -

Ventus sentì un vuoto prendergli lo stomaco, come se qualcosa glielo stesse risucchiando dall'interno.

- Non...ti ricordi? -

Sora corrucciò le sopracciglia e strizzò gli occhi. Sembrava che cercasse di mettere a fuoco qualcosa di molto lontano, disperso nel tempo.

Nella sua mente c'erano ancora le sensazioni del sogno, vivide, dai colori brillanti.

Poi c'era un vuoto, una sorta di buco nero proprio nel bel mezzo della sua memoria. Un attimo prima era sul campo da dodge ball che cercava di schivare le pallonate dei compagni di classe, un attimo dopo si ritrovava disteso, e dolorante, sul lettino dell'infermeria.

Che cosa si era perso?

Ventus si morse il labbro inferiore impedendo a se stesso di dire qualcosa che non avrebbe dovuto.

Possibile che Sora non ricordasse? Possibile che la sua mente lo stesse proteggendo da se stesso?

Come doveva comportarsi adesso?

- Che devo...c'è qualcosa che devo ricordarmi? -

Nel dirlo, anche se inconsciamente, la sua voce aveva assunto una sfumatura di terrore. Sembrava un allarme silenzioso che il suo corpo gli stava mandando.

- No...niente, era tanto per dire. -

Ventus cercò di sorridergli, ma si sentiva così falso e sporco da farsi schifo.

Sora però persisteva con quell'espressione corrucciata.

- E come...ci sono arrivato qui? -

Ventus si preparò mentalmente per mentirgli, ma il rumore della tenda che veniva tirata fece sobbalzare entrambi all'improvviso.

- E allora, visto che qui non si dorme per niente direi che è venuto il momento di rendere proficua questa mattina. - la voce stridula e gracchiante di Vexen infastidì le orecchie ancora addormentate di Ventus e lasciò Sora basito. L'uomo si avvicinò al letto, costringendo i due ragazzi a separare le loro mani intrecciate. Si abbassò al livello degli occhi di Sora, esaminandolo con un'occhiata critica, come fosse una specie di bestia strana. - Vorrei, e dico vorrei, non averti più come mio paziente. Segui il mio dito. - gli piazzò davanti un indice che cominciò a muovere a destra e a sinistra. Sora lo seguì con gli occhi come gli era stato chiesto. - Bene, i riflessi sono a posto. - sembrò prendere appunti mentali. Poi rivolse l'attenzione a Ventus. - Sono le otto, dovresti prepararti per il tuo colloquio. -

Ventus fu certo che l'occhiata di Vexen gli stesse dicendo molto più di quanto poteva immaginare.

- Sì, subito. -

Ora più che mai il ragazzino era certo che Vexen avesse sentito tutta la discussione con Sora, e che era pronto tanto quanto lui a non dire niente su quanto era successo.

C'era solo da chiedersi quale fosse il motivo che lo spingeva a farlo.

Se da una parte c'era Ventus che desiderava solo proteggere Sora sfruttando quella sua strana perdita di memoria, dall'altra c'era Vexen, con i suoi intenti pilotati dall'alto.

Tu adesso pensa soltanto a Sora, va bene?” la voce di Terra gli risuonò nella mente. Aveva un tono di rimprovero.

- Dove vai? -

Fu la domanda accorata di Sora, che già soffriva l'allontanamento da Ventus.

- A parlare con il Superiore, ma torno presto. -

- E perché devi andare? -

Ventus, non puoi dirgli la verità, non puoi.” fu l'accorato appello del suo cuore.

- Ma niente, avevo fatto richiesta per una borsa di studio, magari vuole dirmi che me l'hanno accordata. - gli rivolse un sorriso - Ci vediamo dopo, eh? -

Sora annuì appena.

La sua mente era confusa, appannata come un vetro ricoperto di condensa. Poteva credere a qualsiasi cosa gli si dicesse in quel momento: non avrebbe distinto la verità dalla menzogna.

Ventus raccolse i suoi vestiti e lasciò a malincuore il piccolo spazio formato dai due lettini e dalla tenda che ne proteggeva la privacy.

- Puoi riposare ancora, quando ti sveglierai potremo parlare. -

Disse Vexen, freddo e insensibile come sempre, rivolto a Sora che si limitò ad annuire e a poggiare di nuovo la testa sul cuscino.

Il medico seguì Ventus. Con un gesto della mano lo invitò ad entrare nel suo studio.

Ventus deglutì a vuoto.

Una volta chiusa la porta e rimasti soli, Vexen andò subito al dunque, senza troppi giri di parole.

- È probabile che soffra di amnesia post-traumatica. - quasi con paura, Ventus constatò che era come aveva pensato: Vexen aveva origliato la sua conversazione con Sora - Questo non può che essere un bene per lui e per noi. Lo comunicherò subito al Superiore. -

Ventus avrebbe voluto sollevare qualche dubbio sull'idea che un'amnesia potesse essere qualcosa di buono per Sora. Ma sicuramente era un bene per quel “loro”, e gli fu difficile trovare una collocazione spaziale e temporale per quel “loro”. Chi erano “loro”, che volevano “loro”, perché era un bene che Sora non ricordasse quello che era successo nello spogliatoio?

Il biondo si limitò ad annuire, come un automa.

- Adesso preparati e sali nell'ufficio del Superiore. -

Detto questo, Vexen dovette essere sicuro di aver terminato la discussione con Ventus, perché non gli diede più alcun conto. Si andò a sedere alla sua scrivania e cominciò a tirare fuori delle carte, su cui concentrò tutta la sua attenzione.

Ventus sospirò, ed uscì.

 

Mentre saliva le scale per raggiungere l'ufficio del Superiore, Ventus cercava di mettere in ordine le idee confuse che si agitavano nella sua mente.

Pensava a Terra, di cui non aveva ancora avuto notizie.

E pensava anche e soprattutto a Sora, alla sua amnesia, e a tutti le possibili conseguenze.

Però, per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare un lato negativo per la faccenda.

Sora sarebbe potuto tornare alla sua vita, mentre chi di competenza si sarebbe occupato di trovare il colpevole.

Non era perfetto così?

Arrivato davanti alla porta laccata di rosso dell'ufficio, Ventus alzò un pugno per bussare, ma come sempre l'uomo lo invitò ad entrare ancora prima che riuscisse a colpire con le nocche il legno della porta.

Il ragazzino prese un profondo respiro, sistemò alla bell'e meglio il cravattino della divisa, ed entrò nell'ufficio.

L'odore di caffè lo prese subito alla gola.

Il Superiore ne stava sorseggiando una tazza, in piedi davanti alla finestra che dava sull'entrata della scuola.

Il suo atteggiamento fintamente rilassato fece mal pensare Ventus.

- Prego, siediti. -

Fu più un ordine che un invito. Ma Ventus non se lo fece ripetere. Corse a sedersi su una delle poltrone di fronte alla grande scrivania.

- Immagino di non poterti offrire del caffè. -

Sollevò appena la tazza in direzione del ragazzo.

- No...grazie...non lo bevo. -

- Lo intuivo. - il Superiore gli rivolse un sorriso che tendeva più verso un ghigno. Finì di bere l'ultimo sorso di caffè, per poi andarsi a sedere sulla grande poltrona dall'altro lato della scrivania. Come suo solito poggiò i gomiti sulla scrivania, intrecciò le mani e vi poggiò sopra il mento. I suoi occhi dorati sondarono da capo a piedi Ventus, che si sentì rabbrividire. - Ho saputo dello spiacevole evento a cui hai dovuto assistere. - disse, rompendo il ghiaccio con un colpo secco.

Ventus sentì il cuore mandargli una fitta.

- Sì. -

Rispose solo, visto che il Superiore non gli aveva posto una domanda precisa.

Quegli occhi dorati sfrigolarono di rabbia, ma il suo corpo la trattenne egregiamente.

- Vexen mi ha informato che il ragazzo ha un'amnesia. -

- Sembra di sì, ma non ne capisco molto di queste cose. -

Xemnas gli rivolse un sorriso gentile e famelico al tempo stesso.

- Adesso si ritrova nell'impossibilità di dirci chi è il colpevole, ma ho saputo che siete diventati molto amici in pochissimo tempo. -

- Non gli ho fatto niente. -

Si affrettò a dire Ventus, pentendosi subito dopo averlo fatto.

La difesa ingiustificata era la prima manifestazione della colpa.

Xemnas sorrise ancora.

- Non lo metto in dubbio. - acconsentì - Mi chiedevo solo se tu saresti disposto a fare un accordo con me, vista la tua vicinanza con il ragazzo. -

- Un accordo? Che genere di accordo? -

Il cuore di Ventus fece una capriola in petto.

Il Superiore prese un respiro e socchiuse gli occhi per un attimo, come se stesse raccogliendo le parole per dirle nel modo più semplice possibile.

- Capirai sicuramente che al tuo amico adesso occorra riprendere la sua vita da dove l'ha interrotta. - Ventus annuì appena - Che quest'amnesia sia capitata al momento giusto, è quasi un miracolo. Così ci consentirà di cercare il colpevole senza dover passare per fasi dolorose come la terapia psicologica, di cui, a dire il vero, ero pronto a fare uso facendo intervenire il nostro psicologo. -

- È quello che pensavo anch'io! - si ritrovò ad urlare Ventus - Cioè, del fatto che era una cosa buona per la ricerca del colpevole... -

- Vedi? Siamo già sulla buona strada per firmare il nostro accordo. - furono le parole affettate di Xemnas. In qualche modo, Ventus si trovò in sintonia con il suo pensiero - Visto che il ragazzo non è in grado di comunicarci il nome del colpevole, starà a te che sei il suo amico più vicino indagare senza farti scoprire. Devi agire per conto mio, e cercare di scoprire il più possibile sull'accaduto. Ma capirai che perché il piano funzioni, devi mantenere la massima segretezza con chiunque. -

- Sì, certo. -

In effetti, era un ragionamento che filava, filava alla perfezione.

Il suo cuore agitato lo portò a spingersi sulla punta della sedia, in tensione. Ormai pendeva dalle labbra del Superiore.

- Anche il professor Terra verrà invitato a sottoscrivere quest'accordo, e vedrai che con la tua e la sua sorveglianza...si arriverà ad una soluzione. -

- Capisco. -

Capiva davvero, e trovava, nella sua ingenuità, che fosse un'idea meravigliosa.

Si fidava completamente di Xemnas, dell'uomo carismatico e potente che aveva di fronte, che con una sola parola poteva sottomettere chiunque al suo volere.

Era a capo di un impero, ed era un perfetto imperatore.

- Dovremo inventare una scusa per colmare il vuoto di memoria del ragazzo. La mia proposta è quella di dire che all'ultima ora di ieri, quella di ginnastica, è semplicemente caduto battendo la testa durante la partita di dodge ball. Potrebbe crederci? -

Ventus sorrise al solo pensare alla mente dal semplice modo di ragionare di Sora, e capì che se c'era qualcuno che poteva credere ad una cosa del genere, era proprio lui.

- Sì, signore, potrebbe. -

- Allora sarà quello che gli dirai. - Xemnas abbassò le mani intrecciate davanti a sé - Tu sei suo amico, crederà ad ogni parola. -

- E nel frattempo dovrò cercare di capire chi può essere stato a fargli del male, giusto? -

- Esatto! - esclamò il Superiore come fosse entusiasmato dalla velocità con cui Ventus aveva afferrato il concetto - Mentre noi ci occuperemo del resto. Puoi farlo? -

- Posso farlo, signore, posso! -

- Allora, abbiamo un accordo? -

- Sì. -

Xemnas annuì tra sé e sé, fissando lo sguardo dorato in un punto lontano, e vedendo qualcosa che Ventus non poteva vedere.

La trama era più fitta di quanto potesse credere.

- Bene, allora aspetto tue notizie. Mi raccomando cerca di non lasciarti scappare niente con nessuno. Ma sei un ragazzo sveglio, so che ne sei capace senza che io ti faccia alcuna raccomandazione. - sospirò, e si accomodò meglio sulla sua poltrona - Puoi andare, e abbi una buona giornata. -

- Grazie, signore, la auguro anche a lei. -

Con un inchino frettoloso, Ventus si alzò ed uscì dall'ufficio, con il cuore più leggero e con la sensazione che le cose si sarebbero presto sistemate, che tutto sarebbe tornato alla normalità.

Lui aveva un compito importante, lui aveva tra le mani la possibilità di aiutare Sora come nessun altro. Poteva davvero fare la differenza.

Questo lo faceva sentire felice come non mai mentre scendeva le scale.

Pochi istanti dopo che lui era uscito dall'ufficio, un'altra persona prese il suo posto.

- Mi dispiace, Sir. -

Esordì il Vicepreside, chinando il capo. I capelli color zaffiro gli ricoprirono il viso dimesso e contorto in un'espressione affranta.

- Non potevi saperlo, Saïx. -

Disse Xemnas, cupo.

Saïx chiuse bene la porta dell'ufficio e si premurò di affiancare il Superiore che gli porse amichevolmente una tazza di caffè preparata in precedenza appositamente per lui.

- Che cosa facciamo adesso? Non riusciremo a prendere in giro Terra come abbiamo fatto con il ragazzino. -

L'espressione di preoccupazione nella voce di Saïx non era tangibile se non dal Superiore, che conosceva come le sue tasche ogni sua sfumatura.

- Non temere, Saïx. Gli incidenti possono accadere. -

- Mi sta dicendo che... -

Xemnas sorrise minaccioso.

- Ti sto dicendo che proteggere questa scuola non è un compito sempre facile. - il Superiore giocò con le carte che aveva sulla scrivania. C'era un piccolo blocco di fogli tenuti insieme da una graffetta, insieme ad una foto formato tessera di un giovane uomo bruno dagli occhi azzurri. Terra. - Se il nostro professore è deciso a farci la guerra... - afferrò come un pugnale il tagliacarte d'avorio che riposava in un lato - ...noi non saremo da meno. - ne infilzò con forza la punta sulla foto, proprio tra gli occhi azzurri del giovane che vi era ritratto - In quanto a te. - rivolse la sua attenzione a Saïx che si sentì rabbrividire. La paura era un sentimento che si permetteva di provare solo in presenza di quell'uomo. - Tu hai fatto tutto il necessario per arginare i danni, ed è lodevole il modo in cui hai affrontato quella situazione spiacevole e difficile. -

- Ma così facendo ho aizzato Terra. -

- Ci ho pensato io a spegnere i suoi bollenti spiriti ieri sera dopo il nostro colloquio. - lo disse con un tono carico di soddisfazione - Ma come ho detto prima, se dovesse continuare nelle sue intenzioni bellicose, sarò pronto a prendere dei provvedimenti. Per il resto, mio carissimo Saïx, il mio consiglio è quello di tornare alle tue mansioni. -

- Si, Sir. -

Saïx poggiò la tazza di caffè ancora piena sulla scrivania del Superiore.

Fece un profondo inchino, sentendosi in qualche modo colpevole di aver complicato una situazione già complicata di per sé.

Poi si ritirò, uscendo dall'ufficio, e lasciando Xemnas solo.

L'uomo si alzò, recuperando la sua posizione accanto alla finestra.

Gli allievi erano sciamati tutti all'interno della scuola, della sua scuola, ormai da un paio di minuti.

Il suono della campanella non raggiungeva il suo ufficio, ma l'orologio sulla scrivania era perfettamente sincronizzato con quello della scuola.

Poggiò un palmo sul vetro freddo della finestra.

Chi sei tu che ti permetti di mettere in pericolo la mia scuola?” pensò, con leggerezza.

Mentre ancora stava cercando una risposta, avvistò una testa mora appartenente ad un certo ragazzo, giù nel cortile. Il suddetto ragazzo, mani in tasca, zaino sulle spalle, e amici a fianco, quasi sentendo la sua attenzione richiamata da una forza superiore, alzò lo sguardo in alto, verso la finestra del suo ufficio.

Xemnas sorrise a Vanitas, che in cambio gli rivolse una smorfia di terrore.
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The Corner

Ciao a tutti!
Adesso abbiamo superato "la collina", e la storia torna in pianura dopo un po' di noia XD
Questo è l'ultimo capitolo della serie "burocrazia mafiosa" ad opera di Saix e Xemnas,
dal prossimo in poi si torna sui nostri studenti!
Prossimo appuntamento, giovedì 7 Novembre!
Chii
   
 
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