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Autore: Agapanto Blu    30/10/2013    5 recensioni
Osservai l’auto fare retromarcia e poi mi voltai verso la scuola. Prima di entrare, però, lanciai un’occhiata verso l’alto: il moro non c’era più ma il biondino sì e continuava a fissarmi come se fossi stato la promessa vittima di un film horror.
Quando Mathieu decide di rivelare al padre la sua omosessualità spera in un aiuto per risolvere la confusione e la paura nella sua testa, nonostante i suoi non ci siano mai stati per lui. L'ultima cosa che il ragazzo si aspetta è di essere cacciato per questo e iscritto alla Chess Academy, una scuola maschile molto esclusiva in Inghilterra.
Ma è qui che arriva il peggio, perché nella scuola esistono due soli colori, o bianco o nero, e le vie di mezzo vengono brutalmente soppresse.
Mathieu non vuole questo, non vuole essere un sovversivo e non vuole lottare, certo non vuole l'oppressione che sente addosso e spesso pensa di chinare la testa e smettere di resistere.
Sarebbe facile, quindi perché non farlo? Semplice: perché gli occhi di Gregory, ragazzo spigliato e decisamente ribelle, sono troppo azzurri.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Scolastico
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Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti.
(Anonimo)
 
 


 
Capitolo 19: Lo facciamo oggi
 
Avevo dei rimpianti nella mia vita, come tutti, ma non potevo dire che, avendone la possibilità, avrei cancellato l’esperienza della Chess Academy dalla mia vita. Ci avevo guadagnato tanto dolore, davvero, così tanto che il ricordo mi fa ancora svegliare nel pieno della notte e mi spinge in bagno a vomitare per la paura e il disgusto, ma ci avevo anche guadagnato un Ryan, un Walt, un Larry, un Alex, uno Scott e, soprattutto, un Gregory. Non potevo trovare aggettivi che li descrivessero, erano semplicemente loro, ma, qualsiasi cosa fossero, ero grato di averli incontrati. Era grazie a loro che ero passato da piagnucoloso ragazzino sperduto a determinato leader di ribelli. Se non sono diventato come mia madre, succube di qualcuno che mi nasconde la verità per manipolarmi e ferirmi, è grazie a loro e un po’, in parte, anche della violenza che ho passato. Non ringrazierò mai la Chess per nulla, ma ringrazierò sempre loro per esserci.
Racchiusi stretti nel nostro gruppetto ormai tanto e tanto unito, scendemmo piano le scale fino alla sala da pranzo, ma come tre settimane prima la situazione che ci apparve di fronte non era quella solita.
La Williams era in piedi al centro della sala, tra le due file di tavoli degli allievi, e sorrideva davvero troppo perché quella che stava per darci fosse una buona notizia. Lasciava che gli studenti si sedessero perciò, seppur un po’ dubbiosi, anche noi ci mettemmo ai nostri posti. Solo allora notai la grossa scatola di cartone posata per terra accanto alla preside e, chissà perché, mi scoprii a pensare che qualsiasi cosa vi fosse contenuta certo non mi avrebbe fatto piacere.
“Bene, ragazzi, ruberò alla vostra colazione solo pochi minuti.” Aveva quell’espressione gentile, quel sorriso luminoso, che chiunque avrebbe definito dolce, comprensivo, e per l’ennesima volta, per quanto fossi ormai esperto della sua crudeltà, non riuscii a far combaciare quella donna con quella che mi aveva legato, umiliato e preso a bastonate fino a spaccarmi cinque costole. Eppure era stata lei, in persona, e Ryan me l’aveva confermato. La sua maschera era fatta dannatamente bene, maledizione. Ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po' di attenzione, a distinguerla dal volto.” diceva Alexandre Dumas ne I Tre Moschettieri.
Lanciai un’occhiata a Ryan da dietro le mie spalle, poiché entrambi dovevamo voltarci all’indietro per fissare la preside e lo schienale della sedia era un impedimento notevole. Lui annuì, come comprendendo cosa sottintendesse l’espressione sul mio viso, e si piegò fino a portare le labbra al mio orecchio.
“È se stessa solo quando fa del male a qualcuno.” mi sussurrò pianissimo e io non potei fare a meno di essere d’accordo mentre tornavo a guardare quella giovane donna chinarsi per tirare fuori un oggetto nero dalla scatola.
Quando lo sollevò per mostrarcelo meglio, aggrottai la fronte. Era un bracciale nero con una piccola scatola di plastica attaccata che mi era stranamente familiare. Ci misi un po’, ma alla fine ricordai di averlo visto in televisione e ne rimasi scioccato. Come ha fatto a procurarsi i braccialetti elettronici per la localizzazione costante dei detenuti?! Non riuscivo a credere che potesse aver avuto quegli affari!
Ma soprattutto, quelli rischiavano di essere un grosso problema: non avevo idea di quanta fosse la precisione di quegli aggeggi, ma immaginando di usarli nell’ambito relativamente ristretto dell’Accademia potevano  essere molto sensibili. Lo sarebbero stati abbastanza da indicare l’ammassarsi degli alunni in una classe o in un corridoio? Poteva saltare tutto, maledizione!
Sentii Ryan borbottare qualcosa alle mie spalle, parlottando con Gregory, ma riconobbi solo una notevole serie di numeri e parole che andavano al di là della mia comprensione. Ry avrebbe dovuto imparare ad essere un po’ meno geniale o noi altri non saremmo più riusciti a stargli dietro, molto presto.
“Immagino che qualcuno di voi abbia una vaga idea” iniziò la Williams calamitando l’attenzione di tutti, per una volta senza urlare di fare silenzio e senza pestare chi osasse anche solo respirare, e agitando un po’ il bracciale nella sua mano, “di che cosa siano questi. Tuttavia preferisco essere chiara, a scanso di equivoci. Mmm….vediamo, chi potrebbe venire ad aiutarmi in una dimostrazione?” King sarebbe perfetto.
Lanciai un’occhiata a Greg nell’esatto istante in cui lui la lanciava a me. Era tra noi due la scelta, lo sapevamo bene, perciò ci costringemmo a lanciarci un sorriso d’incoraggiamento, non sapendo quale fosse la vittima designata.
“Hastings, vieni tu.”
Che cosa?! No!
Spalancai la bocca e a Gregory sfuggì un’imprecazione. Non poteva aver chiamato Ryan, lui non c’entrava niente! Insomma, sì, va bene, lui faceva la sua parte, ma eravamo io e Greg ai vertici della piramide! Ry non c’entrava nulla!
Il mio caro amico moro sembrava abbastanza sorpreso, ma si alzò in piedi e raggiunse la preside a passo deciso, come a sfidarla.
Una parte di me mi fece notare che, in fondo, si trattava di un segnalatore di posizione e che avesse certo più senso metterlo a Ry, che agiva dietro le quinte, piuttosto che a me o Greg che facevamo le cose in modo decisamente più teatrale. Però l’altra parte continuava a dirmi che c’era qualcosa di strano e la parola ‘dimostrazione’ continuava a rimbalzare da una parete all’altra del mio cervello.
Ryan si piazzò di fronte alla Williams, deciso, e lei gli sorrise, brutto segno, prima di allungare una mano verso di lui. Ry non esitò a darle la sua né smise di guardarla di faccia mentre lei gli allacciava con calma il braccialetto nero al polso.
Sentii un brivido spiacevole lungo la schiena quando il sorriso della preside si allargò nel lasciare la mano di Ry e la cosa mi inquietò molto. Sembrava troppo felice per aver solo…
Che diavolo è quello?!
Mi irrigidii notevolmente vedendo la Williams chinarsi e tirare fuori un piccolo telecomando, simile a quelli per l’apertura delle auto, dalla scatola.
“Ricordate, ragazzi,” ci dice, guardandosi attorno con un’espressione melensa, “queste sono solo misure drastiche che qualche ragazzo davvero tanto indisciplinato ci ha costretti a prendere, ma non saranno applicate a tutti, solo a chi dimostrerà di meritarlo, va bene?”
Non mi piace, non mi piace, non mi piace. Misure drastiche, ha detto. Non mi piace, non mi piace per niente.
Feci appena in tempo a stringere la presa sullo schienale della sedia, nel tentativo di calmarmi, che le Williams iniziò a premere il pulsante sul comando.
E Ryan gemette.
Si irrigidì, iniziò a tremare un po’ come se stesse lottando con qualcosa di molto più forte di lui e il suo viso perse immediatamente colore mentre gli occhi si sgranavano e le labbra andavano a stringersi nel tentativo di trattenere un verso di dolore che comunque echeggiò nella sua gola. Le gambe di Ryan vacillarono e la Williams sorrise così, finalmente, capii.
Quell’affare non era un localizzatore, come per i detenuti. Era la versione più piccola di un collare a scossa e la Williams lo stava usando su Ry.
“No!” esclamai, saltando in piedi, ma tutto ciò che ottenni fu che King mi si parasse davanti, trattenendomi, mentre la Williams continuava a tenere premuto quel pulsante maledetto.
Ryan non resse più e crollò a terra in ginocchio, la testa che si piegò fino a toccare le cosce con la fronte e la mano sinistra che piantò le unghie nella carne del polso destro nel tentativo di artigliare il bracciale e strapparlo via. Gemette ancora.
La Williams lasciò andare il pulsante e, come rispondendo a sua volta al comando, Ryan inspirò profondamente, facendomi capire che aveva smesso di respirare con l’iniziare del flusso di corrente elettrica, ma rimase a terra.
“Alzati, Hastings.” disse la Williams, con la stessa dolcezza che avrebbe potuto usare mia madre per dirmi che era il mio compleanno.
Io ero immobile, paralizzato nella presa di King, e continuavo a fissare Ryan che aveva iniziato a tremare come una foglia. Ricordavo che i movimenti, nel nostro corpo, erano fondamentalmente garantiti dall’energia perciò la scossa elettrica doveva aver innescato una serie di movimenti involontari nei suoi muscoli.
La sala era silenziosa, fissavamo tutti Ry con la bocca spalancata e nessuno osava intervenire per paura di metterlo nei guai. Finché avesse avuto quell’affare al braccio, non potevamo neanche pensare di muoverci di un millimetro.
“Haaastiiings…” canticchiò la Williams, muovendo un po’ il comando a destra e sinistra.
Ryan ansimava e aveva ancora dei tremiti molto forti perciò, quando provò ad alzarsi, fece pochi centimetri e ricadde in ginocchio. Dio, quanto forte doveva essere stata, la scarica, per ridurlo così?!
Ryan ansimò ancora. E la Williams premette di nuovo il tasto.
“BASTA!” gridai, ma la scossa fu più rapida della mia voce e l’intero corpo di Ryan si contrasse in uno spasmo unico mentre un mezzo grido di dolore gli scappava dalle labbra e la schiena gli si inarcava verso l’alto.
La Williams mollò la presa sul tasto quasi subito, questa volta, ma lo stesso Ryan crollò in avanti ansimando pesantemente e riprese a tremare.
Ero sconvolto.
La preside non chiese a Ryan di alzarsi, forse aveva sempre saputo che non ce l’avrebbe fatta, ma si inginocchiò, gli prese il polso e infilò nel piccolo buco che stava sul lato della scatola di plastica una specie di chiave elettronica per antifurto. Il braccialetto si aprì e lei lasciò andare Ryan, incurante del fatto che fosse ancora in ginocchio, e si alzò per mostrarci il suo prototipo come fosse un trofeo.
“Bene, ragazzi!” disse subito dopo, allegra, “Buona colazione.”
Appena lei si fu voltata verso il suo tavolo, King mi mollò e sia io che Greg corremmo ad afferrare Ryan.
 
Restare a distanza da Ry quando era palese che lui stesse soffrendo faceva male, un male cane, tanto a me quanto a Gregory, ma rimanemmo zitti e obbedimmo alla sua richiesta mentre lui, la fronte premuta contro il vetro gelido della finestra e le mani strette violentemente al davanzale, respirava lentamente.
Eravamo sulle scale che portavano al terzo piano, dalle classi. Avevamo portato Ryan lì subito dopo l’episodio in mensa e l’avevamo fatto sedere sui gradini in attesa che si riprendesse. Era stato poi lui a chiedere che tutti gli altri, Scott e Walt e compagnia bella, andassero via, ma io e Greg ci eravamo rifiutati di lasciarlo da solo. Dopo poco era riuscito ad alzarsi in piedi, ma non voleva essere toccato e perciò a noi toccava stare ad almeno un metro di distanza da lui, per lasciare che si riprendesse. Ma, diavolo, quanto faceva male vederlo così e non poterlo aiutare!
Ryan prese un respiro profondo, poi aprì gli occhi e puntò le iridi castano scuro sul mio viso.
“M-at?” chiese, con la voce che si spezzava, roca. Tossicchiò cercando di riprendersi e poi sospiro. “Ricordi che ‘stamattina ti ho detto…” deglutì, “che c’era ancora una settimana?, che quindi avevamo tempo?” Annuii, serio, e lui scosse la testa violentemente. “Ho detto una cazzata. Non abbiamo tempo, neanche un po’. Non devi dare a quella strega la possibilità di mettere quei bracciali su qualcun altro.”
Ryan era serio, come poche volte prima. Mi avvicinai a lui fino ad arrivargli di fronte, deciso.
“Lo facciamo oggi, Ryan.” dissi, secco, “Ti giuro che ce ne andiamo da qui.”
Ryan non disse nulla, ma annuì e nei suoi occhi vidi che ancora si fidava di me.
 
“Alfred, mi senti?”
Dica, Mathieu.
“Lo facciamo oggi, la Williams ha…”
Ho visto. Il suo amico sta bene?
“Hai quello che ti serve?”
Aspetto solo che lei mi dica di mandarlo.
“Mandalo. Lo facciamo oggi.”
Benissimo. Ah, Mathieu?
“Sì?”
In bocca al lupo a tutti voi.
 
Quando entrammo in classe, dopo gli altri, la lezione era già iniziata e la Spencer si avvicinò a noi minacciosa, pronta a dirci qualcosa, ma a quel punto la mia pazienza era esaurita perciò la fissai con un’occhiataccia che la fece sbiancare. Ry e Greg mi guardarono, probabilmente sgomenti dalla mia rabbia, ma proprio non ne potevo più. Tutte le sante volte che arrivavo ad un soffio dal tirare gli altri fuori dai guai, la Williams trovava una scusa per far loro del male e quello non mi andava giù per niente.
Dovevamo farlo? Bene, allora era venuta l’ora di darsi da fare.
Mi bloccai a metà del corridoio tra i banchi e presi un respiro profondo poi mi voltai e tornai indietro fino a piazzarmi di fronte alla Spencer.
Con la coda dell’occhio notai i due ragazzi in prima fila sulla sinistra irrigidirsi e spostare i piedi fuori da sotto al banco, pronti a scattare, e sorrisi per l’organizzazione precisissima di Ryan, poi tornai a guardare la professoressa che sembrava impietrita.
“Prof?” dissi.
Lei quasi sobbalzò, ma si diede un contegno e afferrò la bacchetta come se quella avesse potuto difenderla da tutto.
“Cosa vuoi?” ringhiò.
“Solo chiederle scusa.” risposi, con un’espressione angelica. “Per questo.”
Lei sgranò gli occhi, confusa, e io spostai i miei su Jack e Philippe che saltarono in piedi e arrivarono ad afferrare le braccia della Spencer, prendendola alle spalle.
La Spencer urlò.
Sapevo che l’avrebbe fatto, avevamo poco tempo, perciò mentre Jack e Phil trascinavano la Spencer lontana dalla porta, Ryan si occupò di evacuare gli altri fuori dall’aula. Quando fummo tutti fuori, i due mollarono la prof e scattarono verso la porta, uscendo dalla classe. Di corsa, chiusi a chiave, bloccando la Spencer dentro, e poi mi strappai di dosso la giacca nera, ansioso, e mi concessi di guardarmi attorno.
Le porte delle altre aule erano aperte, qualcuna perché il professore era uscito a controllare e qualcuna perché i miei compagni stavano provvedendo, comunque in poco tempo tutte furono richiuse con gli insegnanti bloccati dentro e ben presto il corridoio fu intasato dagli ottanta studenti della Chess.
“Non se ne sono accorti!” urlò Walter, dal suo punto d’appostamento alla finestra dove fissava le guardie della sicurezza che controllavano il perimetro della scuola.
“Forse neanche la Williams…” azzardò Larry, ma io lo ignorai per correre da Gregory, accanto alla porta della classe del primo anno, al quale stava sanguinando copiosamente un labbro.
“Cosa…?”
“King.” borbottò lui, senza farmi finire, ma si aprì in un sorriso soddisfatto, “Però gliel’ho restituito, prima di chiuderlo dentro.”
La sua espressione era così soddisfatta e il tono così compiaciuto che non potei fare a meno di sorridere, contento, mentre con lui iniziavo a correre verso la porta che dava sulle scale.
Ryan aveva già iniziato a far salire gli studenti verso il sottotetto.
“Sei sicuro di quello che facciamo, Mat?!” chiese Alex, avvicinandosi, “Ci andiamo a mettere con le spalle al muro, così!”
“Non possiamo scendere.” scossi la testa, “C’è la Williams e tutta la sicurezza e i dipendenti: ci prenderebbero subito!”
“E lassù no?” intervenne Scott, aggrottando la fronte.
“Lassù non possono prenderci e comunque, se tutto va come abbiamo programmato, non dovremo starci a lungo.” lo riprese Gregory, secco, correndo come al solito in mia difesa.
“E se le cose non vanno come abbiamo programmato?” ci chiese, da lontano, Walter. Non rispondemmo, ma lo guardammo. Era pallido. “Perché” continuò, “credo che ci abbiano scoperti. Stanno venendo su.”
Merda! Mi guardai attorno. No, forse no. Eravamo rimasti solo noi, io con Ryan e Greg e Alex con Walt e Larry e Scott, quindi potevamo farcela a infilarci tutti nel sottotetto prima che ci raggiungessero.
“Correte!” urlai, spingendoli fuori.
Aspettai che Walt ci raggiungesse, ignorando a fatica gli improperi e le minacce che arrivavano dagli insegnanti bloccati nelle classi, e poi uscii sulle scale, iniziando a salire i gradini verso l'alto.
“Che diavolo…?!”
Mi voltai dopo pochi passi, sgomento, nel sentire quella voce, ma non lo feci abbastanza in fretta e la Williams riuscì ad afferrarmi per un braccio.
“Mi molli!” ringhiai, iniziando a strattonare, ma lei piantò le unghie nel mio braccio.
“Tanto vi riprendo!” sibilava, “Non andrete da nessuna parte, nessuno di voi! E a te… Ti giuro che troverò il modo di strapparti la pelle, vedrai!”
Strinsi i denti cercando di ignorare il dolore e le piccole goccioline di sangue che iniziavano a macchiarmi la camicia.
“Non ci contare, stronza!”
Non feci in tempo a provare paura perché qualcosa mi arrivò alle spalle e mi spintonò facendomi sbattere lo stomaco, e le costole offese, contro il corrimano. Strinsi i denti, imprecando mentalmente, ma mi voltai e scoprii che la Williams non solo aveva mollato la presa, ma indietreggiava perché Gregory l’aveva afferrata per i polsi e la stava strattonando di nuovo verso il pianerottolo del terzo piano.
Però vidi anche gli uomini della sicurezza a due rampe a malapena da loro due, che ancora lottavano furiosamente.
“GREG!” urlai, ma lui non si voltò.
Grugnì e spinse con forza. La Williams barcollò indietro oltre la porta del terzo piano e cadde rovinosamente nel corridoio. Greg chiuse la porta e fece appena in tempo a far scattare la chiave per voltarsi e tirare un pugno all’addetto che stava per afferrarlo. L’uomo cadde, colpendo il compagno, e parecchi di coloro che stavano dietro di loro barcollarono rischiando di cadere e causare un effetto domino.
Né io né Greg ci fermammo a controllare se accadde oppure no, ma corremmo su, raggiungendo gli altri al sesto piano.
Ci infilammo nel sottotetto e, in quanto ultimi, chiudemmo la porta a chiave dietro di noi, barricandoci dentro.
“Mat, e adesso?!” esclamò Ryan, guardandosi attorno.
Da lì in poi, sapevo solo io cosa sarebbe successo. L’avevo fatto per proteggere gli altri, ma ora mi rendevo conto che se la Williams mi avesse preso sarebbe saltato tutto. Per fortuna non era successo.
Corsi all’abbaino e provai a tirargli una spallata. Le mie costole imprecarono immediatamente per il riverbero del colpo che le percorse e in tempo pochi secondi Walter e Greg avevano preso il mio posto nello sfondare il vetro. La porta iniziò a cigolare sotto i colpi degli uomini all’esterno e parecchi ragazzi si affannarono a tenerla bloccata mentre altri prendevano il letto e lo spostavano a bloccare l’entrata. La lunga stanza fu subito invasa da un insieme di mormorii, grida confuse e suoni di colpi, in una cacofonia confusa che mi spaccava i timpani. La finestra cedette e il blocco della serratura si ruppe, ma i cardini rimasero intatti così potemmo rivoltarla all’esterno, aprendo un varco verso l’aria pura e non piena di polvere.
Uno ad uno, iniziammo a salire sul tetto.




Oh yes, guy, finisce così v.v
Il mio sadismo sta peggiorando, ma dovete rassegnarvi: non è curabile XD
L'influenza mi permette di prestare più attenzione a ciò che scrivo quindi spero non ci siano errori... Vabbé, detto questo: che ve ne pare?, ormai ci siamo, la rivolta è iniziata e la storia si avvia alla sua fine :)
Credo sia la long più corta che io abbia mai scritto XD
Se qualcuno ha voglia di leggere, consiglio caldamente
Naughty Blu- Che conseguenze può avere una minaccia?, che trovate anche cliccando qui sopra il suo titolo, storia che ho recentemente "ritrovato" e che mi sta appassionando da matti! :D Secondo me potrebbe piacere ai lettori di Chess Academy...però preparatevi a voler tirare qualche sberla ad alcuni dei personaggi -.-
Vabbé, scappo...
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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