Libri > I Miserabili
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Autore: rosa_bianca    30/10/2013    1 recensioni
E se la madre del temuto Fantasma dell'Opera, invece di consegnarlo ad un circo di zingari, avesse deciso di affidarlo ad un convento parigino?
E se, il caso volesse, quest'ultimo fosse proprio il Petit Picpus, rifugio di Valjean e Cosette?
Cosa succederebbe se, quello che sarebbe in un'altra vita un futuro Fantasma, venisse accudito dal nostro ladro di pane preferito?
Come si evolverebbero i fatti? Cosa accadrebbe nel noto 1832, anno della Ribellione di Giugno?
Leggete e scoprirete.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Cosette, Jean Valjean, Marius Pontmercy
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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5 Giugno 1832, Mattina
 
Valjean non volle credere ai suoi occhi quando, poco dopo l’alzarsi del sole, vide Toussaint alla porta del suo studio.
“Signor Fauchelevent, la signorina non si trova in casa!”
Valejan aveva rapidamente alzato gli occhi dal suo giornale per rivolgerli, pieni di sgomento com’erano alla vecchia governante.
“Siete certa di aver controllato bene?”
“Ne sono sicura, signore. Ho cercato in tutta la casa, persino nel suo giardino personale.”
Si alzò rapidamente in piedi, facendo sobbalzare Toussaint.
“Andate via, per favore.”
La donna, senza dire altro, fece un breve inchino e sgattaiolò fuori dalla stanza.
Valjean si lasciò cadere sulla poltrona, posando le grandi mani a coprirsi il volto.
Sul quotidiano avevano accennato alla rivolta in atto, in diverse zone di Parigi: si consigliava ai lettori di rimanere in casa, al sicuro, e di non scendere per nessun motivo in strada.
E ora, da un giorno all’altro, tutti e due i suoi figli erano esposti al pericolo.
Rischiavano di morire ogni secondo che passava.
L’uomo alzò gli occhi al cielo.
Signore, ho avuto già la mia punizione. È durata quasi vent’anni. Ti supplico, falli ritornare a casa sani e salvi.
Poi pensò che quella non era casa sua. Non lo era mai stata.
 La sua unica casa era stata a Favrolles, con sua sorella e i suoi nipoti.
La villa in Rue Plumet non apparteneva a Jean Valjean, bensì a Ultime Fauchelevent.
Quella non era casa sua, quelli non erano i suoi figli.
Pensò alla figura eterea, quasi irreale, di una donna che aveva incontrato tanto tempo prima. Una miserabile, figlia della strada. Eppure, quella creatura si era conservata pura ed innocente: l’unica sua richiesta prima di morire era stata di vedere un’ultima volta sua figlia.
Non le è stata concessa questa grazia, ma Valjean aveva cresciuto la piccola Cosette come se fosse stata sua.
Ah, Fantine… guidala tu, salvala, mostrale la via dall’alto dei Cieli…!
Cosa avrebbe detto quella donna, se lo avesse visto in quel momento? Si era fatto sfuggire la sua bambina di mano! Folle…!
Aveva deluso anche quella povera mendicante, che Valjean ricordava un tutt’uno con la neve fredda e bagnata di Parigi. Non aveva mai saputo il suo nome, non era vissuta abbastanza per dirglielo.
Basta. Basta pensare al passato. Doveva agire, e subito.
Indossò il cappotto con gesti decisi e risoluti, e varcò la soglia di casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
5 Giugno 1832, Pomeriggio
 
 
Quanti erano i sopravvissuti?
Non tanti quanto si sperava. Ma ve ne erano ancora.
Primi fra tutti, l’instancabile Enjolras, capo degli Amici dell’ABC, con i suoi due fedeli compagni: Combeferre e Courfeyrac.
E poi Joly, l’aspirante medico che si divideva tra la barricata e l’infermeria; Bossuet, che stava venendo appunto curato dal suddetto; Marius e Feully, che tentavano di salvare la polvere da sparo dalla pioggia;  Eponine, i cui occhi erano ancora gonfi di lacrime; ed infine Grantaire.
Quest’ultimo aveva l’immancabile bottiglia di vino scadente in mano, ed aveva rinunciato a provare a rallegrare l’atmosfera tesa ed impaziente. La situazione non era delle migliori, lo riconosceva anche da ubriaco, specie perché sentivano già i passi dei soldati ad un centinaio di metri da loro.
Gli bastò chiudere gli occhi per qualche secondo, e se li ritrovò davanti. E non in senso metaforico: proprio davanti agli occhi.
Il rumore assordante delle armi e delle grida disperate di aiuto avevano gettato le menti di tutti nella confusione più totale.
“Andatevene! O farò esplodere la barricata!”
Questo grido inaspettato vece voltare tutti gli Amici ed i soldati della Guardia.
“La barricata e te stesso!” rispose ironico un generale, fermamente convinto che nessun pazzo sarebbe mai stato capace di fare una cosa del genere.
La giovane vestita da uomo osservò la torcia che aveva in mano, affiancata ad un barile di polvere da sparo.
Cosa sarebbe successo se anche avesse compiuto un simile gesto? Non le importava più nulla della sua vita.
“Ed io con essa.” ripeté seriamente Eponine, fingendo una voce profonda e maschile.
I soldati, presi dalla più folle paura, indietreggiarono fino a ritrovarsi dove erano qualche minuto prima.
Marius si voltò per ascoltare i mormorii ammirati e grati degli Amici indirizzati ad Eponine per quel gesto così incoscientemente eroico. Ad un tratto, proprio mentre era girato, un proiettile venne sparato dall’altra parte della barricata.
Fu un attimo: Eponine aveva notato il soldato che si preparava a colpire.
“No!”
Balzò con folle ferocia davanti a Marius, appena prima che la palla argentata potesse conficcarsi nel cuore di lui.
“Eponine!”
Intorno ai due, gli Amici avevano già ripreso a sparare: avevano vinto una battaglia, ma non l’intera guerra.
Marius si sforzò di prenderla tra le braccia –non pesava praticamente nulla- e di portarla al sicuro.
Joly era troppo occupato anche solo per notarli.
“Cosette!” chiamò il giovane.
Erik fu il primo a voltarsi, grazie al suo splendido udito. Trattenne un esclamazione di orrore, e si limitò a tirare maleducatamente le gonne della sorella, completamente incapace di parlare.
“Oh…!” Neanche Cosette riusciva a pronunciare verbo. Si coprì la mano con la bocca per qualche secondo, per assimilare la terribile notizia, ma subito dopo corse bruscamente verso Eponine e Marius.
“Eponine? Riuscite a parlare? Vi prego, ci siamo qu noi… non dovete temere!” e mentre pronunciava queste agitate parole di conforto, cercava di pulire la pozza di sangue che le copriva il ventre.
Cosette alzò gli occhi dalla ferita per lanciare uno sguardo disperato a Marius. Non si poteva più sperare, e se n’era accorta anche lei che faceva l’infermiera da mezza giornata.
“Eponine…” cominciò incerto Marius, senza parole. La giovane assunse un’espressione di pace totale, come se fosse già in Paradiso. Sentire la sua voce non poteva che avere quest’effetto su di lei.
Erik si avvicinò al tavolo. Si ricordò delle parole di Gavroche.
“Ma se non ci fossi io, lei sarebbe perduta!”
Eponine era l’unica che potesse capire la sua tristezza per la morte di Gavroche. E ora si stavano per ricongiungere, finalmente.
Si accostò a Cosette ed aprì la bocca per cantare.
Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.”
La sua voce calda fece sussultare la sorella e lasciò a bocca aperta Marius. Eponine rivolse uno sguardo meravigliato ed insieme pieno di dolore ad Erik.
Te decet hymnus Deus, in Sion, et tibi reddetur votum in Ierusalem.”
Il bambino chiuse gli occhi, e continuò a cantare. Faceva quasi impressione sentire una voce bianca eseguire questo motivo. La melodia si diffuse in tutta l’infermeria, e ci fu un momento di rispettoso silenzio.
Cosette cominciò a singhiozzare, e Marius la prese tra le braccia in un gesto di goffo affetto.
Erik sentì una lacrima scendere lentamente sulla superficie morbida della maschera. Continuò a cantare.
Exaudi orationem meam; ad te omnis caro veniet.
Eponine chiuse gli occhi, in un’espressione combattuta tra la sofferenza e la pace assoluta.
Cosette avvicinò lentamente la sua mano al polso scheletrico della giovane.
Si voltò verso Marius ed Erik e scoppiò a piangere ancora più forte.






Angolo dell'autrice

Buongiorno! 
Questo capitolo è la tristezza più assoluta. Mi dispiace molto per voi. Abbiamo prima un Valjean disperato che non ha la più pallida idea di cosa fare, poi Eponine che muore. Già, in questa versione è lei a salvare la barricata (e Marius, ma quello è implicito). Su, dai, concediamole almeno questo.
So che come capitolo è un po' corto, ma mi rifarò la prossima volta.
Grazie di aver letto,
rosa_bianca
 
   
 
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