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Autore: ZKaoru69    30/10/2013    6 recensioni
Faceva freddo, pioveva, e io avevo perso Hans.
Fine del Maggio 1923, Hannover. Nella Germania della Repubblica di Weimar, Heinz perde di vista il suo ragazzo mentre un lupo mannaro si aggira per la città.
Ispirato alla storia vera di Hans Sonnenfeld.
Genere: Introspettivo, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Faceva freddo, pioveva, e io avevo perso Hans.

Erano già due giorni che lo cercavo, aggirandomi per Hannover come un fantasma. Non avevo ancora mangiato né dormito da quando l'avevo perso di vista. Non ne avevo bisogno. L'unico di cui avessi bisogno era Hans.

Lo portò a casa Otto una sera di Settembre. Era uno dei tanti ragazzi scappati di casa che si ritrovavano alla stazione, senza un posto dove andare. Non ebbi nemmeno il tempo di ingelosirmi: nell'attimo stesso in cui lo vidi sorridere capii che avrei dedicato tutto il resto della mia vita a renderlo felice.



Il signor Fritz paga anche venti marchi per una notte, lo sanno tutti. E quei venti marchi possono servire, a me e a Heinz. Vogliamo viaggiare, vivere avventure, visitare Paesi lontani, io e Heinz. Insieme.



Nonostante Hans avesse un anno in più di me, era ancora inesperto. Questo, insieme con il fatto che dovessimo nasconderci da Otto, mi eccitava un sacco. Hans invece la viveva malissimo: vedeva Otto come colui che l'aveva salvato dalla strada e che ci aveva fatto incontrare. Più di una volta dovetti impedirgli di raccontargli tutto.

Alla fine, comunque, Otto scoprì un bigliettino che ci eravamo scritti. Mi diede un manrovescio e ci buttò fuori di casa. Era Novembre, l'inverno stava arrivando, faceva un freddo cane e non avevamo un tetto sopra la testa, ma che importava? Eravamo innamorati. Passavamo le notti stringendoci l'un l'altro sotto il mantello grigio di Hans; io gli accarezzavo i suoi serici capelli biondi e lui mi stringeva a sé con le sue mani calde. Fu l'inverno più bello della mia vita.



Karl e Robert lo fanno da una vita. Secondo loro, prima o poi tutti i froci si vendono, per piacere o per necessità. Secondo loro, non è tanto diverso; l'importante è chiudere gli occhi. Secondo loro, devo assolutamente andare dal signor Fritz. Loro hanno già passato i venticinque anni, sono troppo vecchi per lui, altrimenti ci andrebbero volentieri. Karl e Robert sono esperti in queste cose, mi fido di loro.



Mi fermai davanti a un negozio di dischi, attirato dalla musica. Il proprietario stava facendo ascoltare a un signore distinto qualcosa di Wagner. Un brivido mi corse per la schiena quando riconobbi l'opera preferita di Hans. Io non capivo nulla di musica, ma lui aveva una bella voce e qualche volta cantava.

Era bravo anche a scrivere le poesie. Frugai nella tasca interna della giacca. Un giorno mi aveva scritto un bigliettino, l'unico che avessi conservato, con una poesia. Pressapoco recitava:

Labbra carnose, braccia forti,
occhi castani, capelli corti:
è più bello di un quadro
ma costui, attenzione, è un ladro.
Il cuore una sera di soppiatto
mi rubò, furbo come un gatto.
Ora che sai, dimmi, viandante,
conosci per caso questo birbante?
Non temere, non più il mio cuore
è ciò che cerco, ma il suo amore.

Non era di certo la più bella, ma era la prima, quella che aveva sancito la nostra prima notte insieme, e la portavo sempre con me come portafortuna. Hans prendeva in giro la mia superstizione, ma io sapevo che finché l'avessi tenuta vicino al cuore non ci sarebbe accaduto nulla di male.

Il proprietario del negozio mi notò e mi indirizzò dei gestacci, scambiandomi per un fradicio Lazzaro mendicante, ma io ero talmente sconvolto che non me ne accorsi nemmeno.

Il bigliettino non c'era più.



C'è un ragazzo, alla stazione, che si chiama Hans, come me. Lui è molto amico del signor Fritz. Mi avvicino a lui stringendo nel pugno il portafortuna di Heinz, quella mia filastrocca orribile. Hans mi rassicura, perché lui si è già accompagnato con il signor Fritz ed è sicuro che non ci saranno problemi con me.



Quando la neve cominciò a squagliarsi, arrivarono con la primavera anche i progetti: Hannover era troppo piccola per noi, ce ne saremmo andati in Giugno, diretti a Weimar. E poi chissà.

Hans era preoccupato per il denaro. Ma come si fa ad essere preoccupati per qualcosa che non si ha?



Sulla soglia ho un attimo di esitazione. È davvero la cosa giusta da fare? Il signor Fritz si volta, impaziente, e io entro in casa sua, il numero 8 di Neuestrasse. Robert e Karl ce la fanno, no? Perché io non dovrei?



Ritornai sui miei passi verso la stazione. Nessuno dei nostri amici sembrava averlo visto e i più ormai avevano smesso di cercare. Facile, per loro. Era solo l'ultimo di un sacco di ragazzini che ultimamente spariscono ad Hannover, per loro. Per me, era Hans. Il mio Hans.

Mi accasciai su una panchina. Le persone che mi passavano vicino non mi degnavano nemmeno di un'occhiata, nonostante dovessi avere un aspetto spaventoso. I miei occhi saettavano da un angolo all'altro della sala d'aspetto, sperando vanamente di scorgerlo nel caos del mercato. Avevo letto su un giornale che in America chiamavano quegli anni i 'roaring Twenties' e che la loro ricchezza sarebbe dovuta diventare la nostra. Guardando le bancarelle che affollavano la stazione, scorgevo solo quanta miseria la Grande Guerra si fosse lasciata dietro. Una miseria che sentivo anche dentro di me, da un paio di giorni.

Poi lo notai.

Un uomo, non troppo alto, baffetti castani all'inglese, le orecchie un po' a sventola. L'avevo indicato ad Hans, qualche giorno prima, dicendogli di stargli alla larga, che quello pagava i ragazzi giovani per andare da lui, che faceva l'informatore della polizia, che commerciava abiti usati e carne in nero, che fidarsi è bene ma non fidarsi del signor Fritz è meglio. Hans non aveva risposto, ma lo aveva guardato con occhi strani. Io sapevo leggere Hans come un libro aperto e compresi cosa significava quell'espressione. Nonostante tutto quello che gli avevo detto, lui sarebbe andato dal signor Fritz; ma ero sicuro che sarebbe tornato da me, dopo.

Il signor Fritz indossava un mantello grigio. Il suo mantello grigio. In quell'istante, seppi cosa era successo ad Hans.



Annaspo, cercando di respirare. Le sue mani mi stringono la gola, mentre mi prende da dietro. Sento la testa pulsare mentre la vista si sfoca. Il muro contro cui mi spinge è freddo, ma il sangue che cola dalla gola è caldo. Mi morde ancora nell'incavo delle spalle, lacerando la carne con i denti. Il dolore è terribile, ma mi sforzo di pensare alle cose belle. Heinz. Mi perdonerai, Heinz? Farai quel viaggio che avevamo programmato anche senza di me?



Non so quanto tempo rimasi immobile.

Quando mi riscossi, era sera inoltrata e il signor Fritz se n'era già andato.

Faceva freddo, pioveva, e io avevo perso Hans.









Note finali:

Fritz Haarmann uccise almeno ventiquattro ragazzi tra gli undici e i ventidue anni, tra i quali Hans Sonnenfeld, nell'arco di poco più di un lustro. Nel 1924 venne processato e condannato a morte. Nell'immaginario popolare è noto come “il lupo mannaro di Hannover”. Tutti i dettagli macabri e truculenti si possono trovare nella pagina Wikipedia a lui dedicata o nel sito occhirossi.it.


Questa storia è stata originariamente scritta per il contest La torre di Babele indetto da GenGhis, che vincolava molto le storie dal punto di vista stilistico secondo questo schema:

Primo piano
 - Narrazione in prima persona
 - No dialogo (due eccezioni)
 - Sottotrama
Secondo piano
 - Lettera
 - Poesia (originale)
 - Monologo (anche interiore)
 - Citazione
Terzo piano
 - L'aggettivo “serico”, declinato opportunamente
 - Termine in lingua inglese
 - Il verbo “squagliarsi”, coniugato opportunamente
 - Parolaccia
 - Proverbio
Quarto piano
 - Similitudine con un libro
 - Gioco di parole o indovinello
 - Riferimento biblico o mitologico
 - Iniziare e finire con la stessa frase
 - Flash back o flash forward
 - Allitterazione di almeno quattro parole

* La frase “l'inverno stava arrivando” riprende il motto della Casa Stark del Trono di Spade. *

   
 
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