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Autore: oh_delrey    30/10/2013    0 recensioni
sogno [só-gno] s.m
Fantasia a occhi aperti, speranza illusoria, aspirazione; desiderio proibito e irrealizzabile.
Chi come tutti gli altri non ha un sogno?
Chi come tutti gli altri non vive tutti i giorni con la speranza che esso si avveri?
Chi come tutti gli altri non lotta per i propri sogni?
Chi ha un sogno ma sa di non potersi mai avverare?
Anche Margareth Green ha un sogno nel cassetto, proibito e irrealizzabile.
Ma si sa..niente è impossibile.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1. ''I don't understand me.'


 


 


 

Stavo picchiettando ininterrottamente la punta della matita sul banco da più o meno mezz'ora come antidoto alla noia. Credo che se la noia potesse uccidere, io sarei stecchita già da millenni.

La professoressa, ignara del fatto che nessuno la stesse ascoltando, continuava a parlare, parlare e parlare, ma di tutto quello che diceva io non avevo assimilato un bel niente. Ero con la testa altrove, come di consueto, a pensare a come potrà essere la mia vita al di fuori di queste quattro mura scolastiche.

Tutti dicono che non vedono l'ora di uscire da qui, e farsi una nuova vita, ma saranno i primi a voler ritornare indietro ai tempi grigi e monotoni della scuola, perché non sanno affrontare la realtà.

Mi fa paura quella parola, è così..così vera, e io con le cose vere ho un pessimo rapporto, visto che vivo la mia intera vita immaginando di diventare una fotografa, e di girare il mondo in cerca di grandi e piccoli panorami da catturare in una foto. Esatto, voglio fare la fotografa, è il mio sogno più grande, fra tutti quello più irrealizzabile.

Sai qual è il bello delle foto? Il mondo, e tutto ciò che è in esso cambia, ma le foto rimangono sempre le stesse. Le persone cambiano, il mondo che ci circonda cambia, ma le foto no. Ahimé..se solo tutto questo potesse avverarsi..sarei la ragazza più felice del mondo, ve lo assicuro.

La mia mente era un intruglio di pensieri in quel momento, da uno ne saltava a un altro, e così via fino a costruire un enorme telaio mentale di pensieri e idee tutte diverse, ma sempre con un unico punto di incontro: la fotografia.

E' inutile, per quanto mi sia sforzata di pensare ad altro, la mia mente ritorna sempre lì, a quel vecchio e ammuffito sogno impossibile.

''Signorina Green insomma, risponda alla mia domanda!'' La voce della professoressa Stilinson rimbombo nelle mie orecchie, facendomi distrarre dai miei pensieri. Oh cielo, chissà cosa vorrà ora!

''Mi dica..'' Mormorai svogliatamente, prestando tutta la mia attenzione sull'invecchiato viso della signora di fronte a me.

''Vuole gentilmente farmi un riassunto di tutto quello che ho detto?'' Mi chiese con calma, accennando un sorrisetto. Come li conosco bene quei sorrisi diabolici! Da fuori un angioletto fatto a persona, dentro, invece, una mente diabolica pronta a colpire il primo studente non attento. Non riuscirò mai a stare attenta, la mia è la mente di una sognatrice.

''Ehm..non credo di esserne in grado.'' Sussurrai ad un tono di voce quasi impercettibile, abbassando lo sguardo sul mio verde banco scarabocchiato. Che vergogna.

Come immaginavo, la professoressa scoppiò in una fragorosa risata, che mi fece ribollire il sangue nelle vene.

Ma non capisce che a nessuno importa della storia? Tanto sono tutti morti! E poi, lei è ben lontana dall'essere una professoressa in carne ed ossa, lei è diabolik, quel criminale dei fumetti americani.

Cara professoressa Stilinson, brutta la menopausa vero?

''Me lo aspettavo, cara.'' Si abbassò gli occhiali sulla punta del naso, ispezionando la classe con uno sguardo indagatorio in cerca della sua nuova preda.

''Allora Martin, vuole ripetere?'' Tirai un sospiro di sollievo, poggiando la fronte contro il banco, contando mentalmente i minuti che mancavano al suono della campanella.

Non siamo a scuola vero? Io ho ancora cinque anni, e questo è solo un sogno, vero? Non sono davvero al terzo anno di liceo, e non sto morendo di noia, vero? Sospirai, pizzicandomi varie volte il braccio. No, questo non è un sogno purtroppo.

Mi rimisi composta, guardando fuori dalla finestra accanto a me: il cielo come al solito era di un grigio arrabbiato, i nuvoloni che lo decoravano minacciavano un violento acquazzone, così come il vento che piegava gli alberi come se fossero molle.

Tra poco sicuramente comincerà a piovere e io non ho nemmeno l'ombrello, direi che oggi è una di quelle tipiche giornate perfette! Sbuffai contrariata, alzando lo sguardo sull'orologio appeso al muro alla mia sinistra: 13:58.

Mancano due minuti e sarò libera, mancano due giri di lancetta e potrò andarmene, finalmente!

Il mio sguardo era fisso sulla lancetta rossa, che continuava il suo percorso velocemente. Non aspetta nessuno il tempo, lui va avanti, e se tu non sei pronto sono affari tuoi, lui non aspetta di certo noi. Il tempo mangia il tempo. E' come Pacman, va avanti e divora quello che poi diventa il passato, come quando Crono -il dio del tempo- mangia i figli partoritogli dalla moglie Rea.

Per la seconda volta fui distratta dai miei pensieri, ma questa volta era per una giusta causa: le lezioni sono terminate.

Presi la mia borsa, e mi alzai, correndo al di fuori dell'edificio. A furia di stare seduta il fondoschiena mi è diventato quadrato! Un giorno o l'altro giuro che protesterò.

Appena uscii fuori da scuola notai che stava piovendo, così mi alzai il cappuccio della felpa e cominciai a correre, riparandomi di tanto in tanto sotto qualche albero per riprendere fiato.

Oggi è stato il giorno più noioso di tutta la mia vita, ora voglio solo fare qualche foto con la mia vecchia Nikon da incollare nel mio album.


 

Riuscii ad arrivare a casa dopo venti minuti di camminata sotto la pioggia, e appena entrai mia mamma cominciò a gridarmi che dovevo portarmi l'ombrello, perché le previsioni avevano annunciato l'acquazzone di oggi.

Annuii con nonchalance ad ogni sua predica, salendo in camera mia al piano di sopra, cambiandomi i vestiti bagnati con il pigiama.

Ora a noi due. Sorrisi prendendo l'album di foto da sotto il mio cuscino, immergendomi in questo modo nel mio perfetto mondo immaginario chiamato 'sogno'.

Non capisco i miei 17 anni.

Un giorno mi piaccio un po’, il giorno dopo potrei buttarmi nel sacchetto dei rifiuti. Rido tanto, ma allo stesso tempo tremo, per trattenere le lacrime e gli occhi lucidi. Ci leghiamo a qualcuno, e così da un giorno all’altro, non riusciamo a liberarcene.

Un nuovo taglio di capelli, una nuova maglia, un nuovo vestito, un buon profumo, son per lui. E non più per noi. Litighiamo col mondo, con mamma, papà. Abbiamo paura di essere abbandonati, di stare da soli. Eppure quando siamo con gli altri, ci sentiamo fuori posto.

Leggiamo tanti libri, e ci illudiamo di esserne i protagonisti, e poi quando finisce, anche la nostra storia finisce. Sognamo tanto, troppo. E rimaniamo deluse. Aspettiamo perché ci manca sempre qualcosa, o qualcuno. Non li capisco i miei 17 anni. Assomigliano tanto al mare. Un giorno calmissimo, limpido, che sembra quasi che sorride. E il giorno dopo agitatissimo, scuro.

Ora, sono un mare in tempesta.

  
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