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Autore: Clira    30/10/2013    1 recensioni
Dal testo:
"Tum tum tum tum tum". Era come se fosse un macabro battito cardiaco.
Possibile che quei sotterranei dovessero essere così inquietanti?
Era di nuovo quel rumore che, ormai da qualche sera, le faceva perdere il sonno.
Clary si alzò. Stare sotto terra non le era mai piaciuto e quando, finalmente, era quasi riuscita ad abituarsi a quel dormitorio, erano cominciati quei rumori.
"Tamburi?", aveva pensato la prima volta.
Ma quel che trovò, fu ben diverso. Davanti a sé non aveva tamburi, ma una scatola, una strana scatola con su scritto "Your Mortal Journey".
Il tuo viaggio mortale.
"Ma dove diavolo sono finita?!"
Spero di avervi incuriosito! :)
[Crossover Sahdowhunter/Harry Potter; prendo anche l'idea del gioco Jumanji dall'omonimo film!]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4  

CAPITOLO 4: TAMBURI

 

Clary non riusciva a dormire.

Si girava e rigirava nel letto piuttosto nervosa, ma niente, il sonno non voleva saperne di arrivare.

Era trascorsa più di una settimana dall’arrivo degli Shadowhunters ad Hogwarts e cominciava ad ambientarsi e ad orientarsi all’interno della scuola.

Secondo lei però, c’era qualcosa che non andava, negli ultimi giorni si sentiva sempre più irrequieta, come se sentisse che qualcosa di enorme incombesse sulle loro teste. Inoltre, le stavano succedendo delle cose strane. All’inizio non ci aveva prestato molta attenzione, ma percepiva come se una parte di lei lottasse per liberarsi e venire fuori. Era una sensazione che non aveva mai provato e decisamente, non le piaceva.

Come se non bastasse, era successo quel fatto durante la lezione di rune. Non ne aveva fatto parola con nessuno, ma era come se, tutto d’un tratto, avesse sentito un’improvvisa esplosione di potere generarsi dallo stilo e propagarsi lungo tutto il braccio, spandendosi poi al resto del corpo.

Non era stata però una cosa piacevole. Aveva sentito come se una forza sconosciuta guidasse la sua mano e aveva iniziato a tracciare una serie di linee e curve, ma tutto ciò che ne veniva fuori le era parso terribilmente sbagliato. Quella runa che stava riproducendo le era apparsa per un momento nella mente e aveva subito iniziato a disegnarla, anche se in quel momento la classe di Cacciatori stava lavorando ad un semplice runa di protezione proveniente dal Libro Grigio, tanto che Jace continuava a lamentarsi che gli sembrava tutto troppo facile.

Le era servito un notevole sforzo per fermare la sua mano e, quando aveva staccato lo stilo dal foglio, si era accorta che la pergamena, lì dove la punta dello strumento aveva tracciato i suoi segni, era tutta bruciata e rovinata. Clary aveva cambiato pergamena prima che l’insegnante potesse accorgersi della cosa.

Fece un profondo respiro, e poi lo sentì: un rumore, come quello che avrebbe potuto fare un tamburo, ma più… sinistro.

Si rizzò a sedere sul letto con il cuore che le martellava nella gabbia toracica.

TUM!

Eccolo di nuovo, adesso più forte.

Tum, tum, tum!

Sempre più veloce e più forte, come se si stesse avvicinando.

Clary scattò in piedi e scese nella sala comune, deserta alle tre del mattino.

Aveva il cuore in gola e le mani fredde, ma ferme.

Il rumore si stava indebolendo man mano che si avvicinava alla porta che dava verso il sotterraneo buio, fuori dalla sala comune dei Serpeverde.

«Clary?», quella voce alle sue spalle la fece sobbalzare.

«Oddio, Aline!», esclamò la rossa portandosi una mano al petto. «Mi hai fatto venire un infarto!»

Aline Penhallow sorrise. Era una Cacciatrice come lei e proveniente da una delle famiglie più in vista di tutta Idris.

«Scusami. È solo… che cosa ci fai qui sveglia a quest’ora?».

«Io… », stava per dire la verità, stava per dire che aveva sentito degli strani rumori, ma all’improvviso cambiò idea.

«Niente, non riuscivo semplicemente a dormire».

«Già… dà i brividi questo posto, eh?».

Clary annuì.

«Su, adesso è meglio se torniamo a letto; domani ci sarà la prima lezione di addestramento, dobbiamo essere in forma!».

«Hai ragione».

E detto questo, con ancora quell’inquietante rumore che le rimbombava nelle orecchie, Clary scosse la testa per allontanare i pensieri che continuavano ad affollarle la mente e tornò nel suo dormitorio.

 

[…]

 

Quella mattina Jace si svegliò con un fastidioso cerchio alla testa.

Church non era lì, segno che doveva essere sgusciato fuori a fare un giro di ricognizione del castello.

Alec stava ancora dormendo nel letto accanto al suo; era così diverso a guardarlo mentre dormiva… di solito aveva l’aria di uno che reggeva il peso del mondo sulle sue spalle ed in effetti… il ragazzo era sempre costretto a mediare e a vigilare su di lui e su Isabelle.

Dalla morte di Max, poi, questo suo atteggiamento iperprotettivo era aumentato ancora di più. Adesso invece poteva passare per un qualunque normalissimo ragazzo.

Ripensare a Max provocò in Jace una dolorosa fitta allo stomaco e gli parve che la sua morte appartenesse a secoli prima, ma che al contempo fosse ancora tremendamente vicina.

Cercò di spostare i suoi pensieri altrove e prese dal piccolo armadio che gli spettava, la sua divisa da battaglia. Pensò che non era mai stato così tanto tempo senza averla addosso, ma ad Hogwarts era permessa solo durante le ore di addestramento e quindi oggi avrebbe dovuto metterla.

Sentire addosso i resistenti indumenti di cuoio in un certo senso fu confortante per lui, lo fece sentire a casa. E poi, la divisa ormai era diventata una specie di seconda pelle, a proteggere il suo corpo.

Si stiracchiò in piedi, fletté tranquillamente i muscoli allenati e aprì e chiuse le dita delle mani, indossando i guanti  di cuoio che lasciavano scoperte le dita.

Era pronto per quella giornata.

Siccome però, restava pur sempre Jace, assestò un improvviso e potente calcio al letto del suo parabatai, facendo quasi cadere il povero Alec dal letto; il quale scattò subito in piedi.

«Jace! Che cosa succede? I demoni ci stanno attaccando?», chiese il ragazzo, con gli occhi ancora pieni di sonno. Poi parve rendersi conto della situazione.  «Ehi, ma… si può sapere perché mi hai svegliato così?».

«Mi annoiavo; stavi dormendo un po’ troppo per i miei gusti… ».

Jace, pigramente appoggiato con una spalla contro il baldacchino del letto, si prese un’occhiata omicida dal fratello adottivo.

«Avresti anche potuto farlo un po’ più delicatamente, anche se in effetti la delicatezza non può far parte di Jace Lightwood».

«Così mi ferisci», disse il biondo portandosi una mano al cuore e sfoderando un’espressione falsamente addolorata.

A quella scena, Alec non poté fare a meno di sorridere, anche se disse, in tono perfettamente udibile: «Sei proprio un idiota».

«Oh, grazie», continuò Jace con quel suo tono falsamente melodrammatico. «La prossima volta dovrò svegliarti a suon di moine come farebbe Magnus».

Per un momento, Alec divenne prima incredibilmente rosso, cosa che, sulla sua pelle chiara, si notava veramente tanto, poi si irrigidì per un attimo.

«Mi cambio e arrivo; tu comincia a scendere, razza di demonio che non sei altro, controlla se Izzy è giù».

E detto questo, il moro gli voltò le spalle ed estrasse dall’armadio la sua divisa.

Quando arrivò in sala comune, Jace notò che Isabelle  era in piedi proprio al centro della stanza, le braccia incrociate al petto e un cipiglio corrucciato.

Inoltre, si accorse del fatto che praticamente tutti i maschi presenti nella stanza la stavano fissando con aria piuttosto inebetita. E dopotutto come dargli torto? La ragazza così bardata sembrava una terribile e bellissima dea della guerra.

Jace non poté fare a meno di sorridere, vedendo la frusta di elettro della sorella adottiva, attorcigliata come sempre intorno al suo braccio destro.

La ragazza se la portava ovunque dal giorno in cui suo padre gliel’aveva regalata in occasione dei suoi dodici anni.

«Cos’è quella faccia, Iz? Continua così e diventerai una maschera di rughe… ».

«Dove cavolo è mio fratello?», chiese lei non facendo caso al commento di Jace.

«Si veste e arriva».

«Per l’Angelo, e poi quelle con i tempi lunghi saremmo noi donne?!».

«Perché ti agiti tanto? Non è tardi… ».

«Che importa? A me non piace aspettare!».

Jace sorrise; Isabelle non sarebbe mai cambiata.

Quando Alec scese dal dormitorio, la ragazza esclamò: «Sia ringraziato Raziel! Ora avanti, voi due smidollati, muovetevi!».

«Si può sapere che cos’ha?», sussurrò Alec al suo parabatai, in modo che Isabelle, che li precedeva di qualche passo, non lo sentisse.

«Sai com’è fatta, è una a cui non piace aspettare. E non escludo il fatto che possa essere in quel periodo del mese».

A quelle ultime parole, Isabelle si voltò e mandò un’occhiata di fuoco a Jace.

«Prego?».

«Niente Iz, ho solo detto che sei bellissima a tutti i mesi».

 Alec scosse la testa divertito, mentre la diretta interessata cercò di restare seria, ma un piccolo sorriso le increspò le labbra.

«Ti salvi sempre all’ultimo, eh fratellino?».

E tra una battuta e l’altra, il trio arrivò nella Sala Grande.

 

[…]

 

Quando Harry, Ron e Hermione arrivarono nella Sala Grande per la colazione quella mattina, per un momento rimasero bloccati sul portone d’ingresso.

Vedere tutti quegli Shadowhunters nella loro tenuta da battaglia era impressionante, anche se erano tutti molto giovani. Sembrava una mare d’inchiostro nero che si spandeva per tutta la stanza.

«Miseriaccia… », disse Ron.

I tre ragazzi trovarono posto, come sempre, di fronte ai tre Cacciatori di New York, intenti a parlare con Ginny e Neville.

«Ciao, ragazzi», li salutò quest’ultimo quando presero posto.

«Ciao. Allora… oggi avete l’addestramento?», chiese Harry ad Alec.

«Già, la prima lezione. Potrebbe essere qualcuno che conosciamo», gli rispose il moro.

«Può darsi; dopotutto Amatis aveva detto che ci sarebbero stati altri Cacciatori».

«Chi è Amatis?», domandò Ron, curioso come sempre.

«Amatis Herondale, è la Cacciatrice che insegna erboristeria», spiegò Jace.

«Herondale? Come te? È tua madre?».

Per un momento, ai ragazzi parve di vedere Jace irrigidirsi e Alec ed Isabelle mandargli sguardi +allarmati, ma la cosa durò solo un momento, poi lui rispose.

«No. Lei è stata la prima moglie di mio padre».

A Harry sembrò che da sotto il tavolo, Hermione pestasse il piede a Ron, il quale si lasciò sfuggire un fievole gemito di dolore.

«E voi? Che lezioni avete oggi?», Isabelle cambiò argomento con disinvoltura.

«Un’ora di Trasfigurazione con Corvonero, un’ora di Storia della Magia con Tassorosso, un’ora libera e due ore di Difesa contro le Arti Oscure con Serpeverde», rispose subito Hermione.

Dopo il pasto, i due gruppetti si separarono e, quando il trio di Hogwarts fu in prossimità dell’aula di Trasfigurazione, Hermione si voltò a osservare Ron.

«Ma possibile che tu abbia sempre così poco tatto?».

«Che intendi dire?», chiese il rosso, colto alla sprovvista.

«Intendo dire… ma l’hai vista la faccia di Jace? Dovresti essere un po’ meno curioso, Ron».

«Oh beh, scusami tanto, sai! Non credevo che chiedere fosse diventato un crimine!».

«Loro sono Shadowhunters! Rischiano di morire ogni giorno e dall’espressione che ha fatto Jace quando gli hai chiesto se quella donna fosse sua madre, beh… mi sa proprio che lei sì, che è morta!».

Solo in quel momento il trio si accorse della presenza di Clary, pallida e col fiatone, a meno di due metri di distanza da loro. La ragazza aveva un’espressione piuttosto sofferente e stravolta.

«Scusate, io… non volevo origliare… », disse lei in evidente imbarazzo e in un momento fu già lontana.

«È incredibile quanto riescano ad essere veloci quei ragazzi», prese parola Harry per la prima volta.

«Pensate che lo andrà a dire a Jace? Dopotutto si conoscono… ».

«No, non credo. Clary sembra una che se ne sta per i fatti suoi».

«Cosa che dovresti imparare a fare anche tu, Ronald».

«Ma poi avete visto che faccia che aveva?»

«Di chi stai parlando, Harry?»

«Clary. Sembrava un po’ sconvolta».

«Beh, non mi sorprende; circondata da quella marmaglia di troll che stanno a Serpeverde».

«Ron!».

«Cosa c’è? Adesso dopo il Crepa, farai anche il comitato a sostegno di Malfoy e della sua gang di scagnozzi senza cervello?».

«Si chiamava C.R.E.P.A.», scandì Hermione ai limiti della sua pazienza.

A quel punto però, cominciarono ad arrivare anche gli altri studenti, così i tre lasciarono cadere l’argomento ed entrarono in classe.

 

[…]

 

Clary scese di corsa le scale che portavano al pianterreno e si imbatté in Harry, Ron ed Hermione; sembrava che gli ultimi due stessero avendo un acceso dibattito.

«Loro sono Shadowhunters! Rischiano di morire ogni giorno e dall’espressione che ha fatto Jace quando gli hai chiesto se quella donna fosse sua madre, beh… mi sa proprio che lei sì, che è morta!», stava dicendo Hermione in quel momento.

Per un attimo, quelle parole fecero dimenticare a Clary ciò che era appena accaduto.

Quando i tre si accorsero della sua presenza, la ragazza farfugliò delle scuse imbarazzate e corse via, verso il portone d’ingresso; aveva bisogno di prendere aria.

Aveva di nuovo sentito quel rumore, quei tamburi. Stava indossando la sua tenuta da battaglia quando l’aveva udito e subito si era precipitata laddove la fonte del suono era più forte.

Così, era uscita dalla sala comune senza aspettare Aline e aveva salito di corsa quattro rampe di scale fino ad arrivare al secondo piano e lì, era arrivata in un bagno. Non aveva nulla di che rispetto a tutti gli altri del castello, solo che quello era stranamente deserto e allagato.

In quella stanza, il rumore di tamburi era diventato veramente forte, tanto che Clary si era messa le mani a coprire le orecchie e poi, tutto ad un tratto, si era fermato.

C’era stato un solo inquietante momento in cui la ragazza aveva pensato che qualcuno alle sue spalle la stesse fissando, e, voltandosi di scatto, si era ritrovata faccia a faccia con una ragazzina dal colore bianco perlaceo sospesa a mezzo metro da terra: un fantasma.

Clary aveva lanciato un urlo strozzato e aveva fatto un balzo indietro, andando a sbattere dolorosamente il tallone sinistro  contro la struttura in marmo del lavandino, schizzando acqua dappertutto.

Dopodiché, era corsa via al doppio della velocità con cui era arrivata e, una volta che fu giunta al pianterreno, si era imbattuta in Harry, Hermione e Ron.

Ora, fuori nell’aria fredda di inizio novembre, pensò più razionalmente a ciò che stava accadendo in quei giorni e si chiese se non fosse il caso di dirlo a qualcuno; magari a Jace o ai Lightwood, ma poi si disse che probabilmente Jace l’avrebbe presa in giro fino alla morte ritenendola una paranoica, quindi accantonò l’idea.

Il suo tallone pulsava ancora per il dolore della botta presa poco prima nel bagno, così, decise di fermarsi un momento a disegnare un iratze; non poteva certo affrontare l’addestramento in quelle condizioni.

Aveva ormai poggiato la punta dello stilo sulla sua pelle, quando una mano pallida e dalle dita affusolate avvolse il suo polso.

«Che ti è successo, Clary?».

Splendido, era Jace.

«Sono scivolata in bagno, ho sbattuto il tallone», disse piuttosto di malumore. Tra la notte passata in bianco e poi ciò che era accaduto quella mattina, non si poteva certo dire che la giornata fosse iniziata al meglio.

Jace sogghignò.

«Ti diverti a prenderti gioco di me, Herondale?».

«Dovresti fare attenzione a dove metti i piedi. E stai ferma con quello stilo, te la disegno io la runa, sono più bravo».

Clary ritirò la mano, piccata.

«Oh beh, accomodati allora».

«Perché così scontrosa di prima mattina?».

«Non sono affari tuoi».

«Ancora problemi a dormire per i sotterranei? Se mi lasci entrare, potrei venire a tenerti compagnia la notte».

Il sorriso sulle labbra del ragazzo la diceva lunga.

«Ma la vuoi piantare?».

Ora Jace rise apertamente.

«Ok, così dovrebb+e andare. Adesso muoviamoci, principessa, altrimenti arriveremo tardi all’addestramento».

E infatti arrivarono in ritardo.

Nell’aula, il loro insegnante aveva già iniziato la spiegazione e quando li vide, lanciò loro uno sguardo ammonitore.

Clary conosceva quell’uomo, lo aveva già visto da qualche parte, ma non ricordava dove.

«Jace, chi è quel Cacciatore?».

«È Kadir, un importante membro del Consiglio; era il secondo di mia madre».

«Maryse?».

«Sì. È uno che fa sul serio, non possiamo permetterci di fare troppi errori qui».

«Va bene».

Detto questo, la lezione cominciò.

Kadir li mise a coppie e per le prime tre ore, lavorarono sulla teoria di alcune basilari tecniche di difesa; le rimanenti due ore, li fece esercitare tra di loro, mentre lui passava a controllare per vedere a che livello fossero.

Clary se la cavava piuttosto bene, gli allenamenti con Luke erano stati intensi, ma di certo non poteva competere con la forza e la velocità di Jace.

Il ragazzo a un certo punto la sollevò da terra e, con un movimento fluido, Clary si ritrovò sdraiata sul tappetino con il Cacciatore sopra di lei.

«Devo ammetterlo, nanerottola… sei meglio di quanto mi aspettassi, così sarà più divertente», quelle parole, soffiate a così poca distanza dal suo viso, le provocarono un brivido lungo la schiena.

«Basta così ragazzi, ci vediamo oggi pomeriggio, adesso andate a pranzo».

 

[…]

 

Dopo l’allenamento, Jace tornò nel suo dormitorio per fare una doccia prima di andare in Sala Grande per il pranzo, così come Alec.

Doveva ammetterlo a sé stesso: si era divertito con Clarissa Morgenstern e poi era decisamente migliorata da quando si erano visti per l’ultima volta, prima di ritrovarsi ad Hogwarts.

Il suo parabatai si accorse del suo sorrisetto, così chiese: «Come mai quell’espressione, Jace?».

«L’hai vista Clary? È stata brava per essere una che ha iniziato ad allenarsi pochi mesi fa».

«Se lo dici tu… », ma anche sul viso di Alec cominciava a spuntare l’ombra di un sorriso.

«Che c’è?».

«Oh, niente, Jace, solo che… ti ho visto piuttosto preso con Clary».

Il fratello gli diede uno spintone.

«Ma smettila».

Peccato che il suo tono fosse assolutamente divertito.

A pranzo, i ragazzi parlarono ancora con i maghi riguardo a quella mattinata e gli studenti di Hogwarts vollero saperne di più riguardo ai loro allenamenti.

«Oggi pomeriggio abbiamo un’altra ora buca; dite che potremmo assistere per un po’ alla vostra lezione?», chiese Hermione interessata.

«Sì, insomma… noi possiamo assistere alle vostre, quindi immagino che valga anche per voi se siete liberi», rispose Isabelle, rigirandosi tra le dita una forchetta sulla quale stava infilzato un pezzo di carne.

«Bene! Allora ci rivediamo questo pomeriggio!», esclamò allegra la ragazza.

Quando finirono di pranzare, i Cacciatori ebbero un’ora libera prima di tornare ad allenarsi e Jace decise di andare a fare una passeggiata per il castello, ancora c’erano molti posti che doveva vedere e un giro in più non poteva certo fargli male.

Così, insieme ai suoi due fratelli, si avviò lungo i corridoi della scuola.

«Secondo voi quanto tempo ci hanno messo prima di costruirlo tutto?», chiese Isabelle.

«Beh, hanno la magia, immagino prima di quanto farebbero un gruppo di operai mondani».

«Sempre geniale tu, eh Jace?».

Lui le rivolse un sorriso d’angelo e riprese a camminare.

Ad un certo punto, mentre percorrevano il corridoio del secondo piano, sentirono uno strano rumore, una sorta di basso tamburo.

«Che cosa è stato?», fece Alec.

«Non lo so, ma non mi piace. State attenti», continuò Jace.

Un altro colpo.

«Proveniva da là».

Isabelle si mise in testa al gruppo, la frusta, prima attorcigliata intorno al suo braccio, adesso stretta saldamente in mano.

Si muovevano con movimenti fluidi, come un’unica entità, ora dei veri letali Cacciatori.

«Sembra che il rumore provenga da questa stanza… ».

«È un bagno femminile».

«Ok, entro io, voi state qui».

«Non se ne parla»; il tono di Alec era deciso.

«Vado io per prima, se dentro non c’è nessuno vi faccio entrare, ma se c’è qualche ragazza è il caso che stiate qui».

«D’accordo Iz, ma sta attenta».

«Lo sono sempre».

Detto questo, la ragazza sparì oltre la porta.

Sentirono un’altra volta quel rumore, poi udirono la voce della ragazza dire: «Va bene, è libero, potete entrare».

Jace si fece avanti e Alec chiuse coda, poi si sparpagliarono all’interno della stanza, ma non vennero altri suoni.

«Eppure proveniva da qui, ne sono certa».

Ad un tratto la porta si spalancò e…

«Clary, che cosa ci fai qui?».

«Lo stai chiedendo tu a me, Jace? Questo è un bagno per ragazze! Cosa diamine ci fate qui tu ed Alec?».

«Abbiamo sentito dei rumori strani. Come tamburi», le spiegò Isabelle.

«Tamburi? Li avete sentiti anche voi?».

Ora Jace la fissava palesemente stupito.

«Cosa vuol dire anche voi? Tu li hai sentiti?».

«Sì, e non è la prima volta. Anche stanotte e… stamattina».

Le sue parole sembravano aver attirato l’attenzione di Alec ed Isabelle.

«E stamattina anch’io sono arrivata qui. Il bagno era allagato, ma quando sono entrata, dopo qualche secondo, il rumore è sparito».

«Più o meno la stessa cosa che è successa a noi adesso e la cosa comincia a piacermi sempre meno. Perché non ce lo hai detto prima, Clary?».

«Che cosa avrei dovuto dirti? Che sentivo dei tamburi la notte? Già ti avevo detto che ero terrorizzata dai sotterranei», rispose la rossa sulla difensiva. «Magari è soltanto un’altra stranezza della scuola», aggiunse, per cercare di sviare il discorso.

Jace ci rifletté un momento, poi scosse la testa.

«No, non credo, è qualcos’altro, qualcosa di più grande».

«Jace, secondo te… secondo te potrebbe avere a che fare con ciò di cui hai sentito discutere Magnus e Silente?», chiese Alec.

«Aspettate, sono rimasta indietro».

Così, Jace, Alec ed Isabelle le spiegarono brevemente dello scorcio di conversazione che il ragazzo aveva origliato tra il preside e il Sommo stregone di Brooklyn.

«Un gioco? Che razza di gioco potrebbe essere tanto pericoloso?».

«Non lo so, ma intendo scoprirlo», proseguì il ragazzo.

«Va bene, ma ora è il caso di tornare a lezione, se voi due arrivate in ritardo anche stavolta, Kadir potrebbe farvi fuori», intervenne Izzy.

«D’accordo. Allora su, andiamo, parleremo stasera del resto».

Detto questo, il quartetto riprese la via per l’aula degli allenamenti.

 

[…]

 

Vedere gli Shadowhunters nel loro ambiente quel pomeriggio, per Harry e gli altri fu una vera novità.

Era incredibile come quei ragazzi riuscissero a muoversi con una tale rapidità, ma al contempo con una tale forza.

Persino Clary, con la sua corporatura minuta, avrebbe potuto essere davvero pericolosa in un combattimento corpo a corpo.

Ron rimase profondamente colpito ed Hermione emetteva dei lievi versi striduli ogni volta che uno degli Shadowhunters finiva a terra, nonostante si stessero semplicemente allenando.

A cena, i maghi che avevano assistito agli addestramenti, erano tutti elettrizzati.

«Wow, siete stati davvero straordinari oggi!».

«Facciamo questo da molto tempo, ormai», rispose Isabelle con un sorriso.

«E voi insomma… non vi spaventa?».

«La consapevolezza che quando un nostro familiare esce dalla porta di casa potremmo non rivederlo mai più? Certo che ci spaventa, ma fa parte della nostra educazione, diciamo. È una cosa che abbiamo dentro e che... beh, sappiamo che non sarebbe poi così impossibile».

«Ma è orribile vivere in questo modo!», esclamò Ginny.

«Siamo Shadowhunters. Fa parte di noi».

La cena si spostò su argomenti un po’ più leggeri e infine, i ragazzi tornarono nelle proprie sale comuni, tranne i quattro Shadowhunters che, senza farsi scorgere da nessuno, si staccarono dal gruppo.

 

[…]

Come prestabilito dopo l’addestramento, Clary, Jace e i Lightwood, si ritrovarono nella Guferia.

«A qualcuno è venuta qualche idea geniale in queste ore?», chiese Jace.

«A parte rapire Magnus e farlo parlare? No, anche perché immagino che potrebbe trasfigurarci tutti in delle formiche, se volesse», rispose Clary.

«Magari non rapirlo, ma… seguirlo?».

«Jace sei impazzito? Lui è Magnus Bane!».

«E io sono Jace Lightwood e tu Isabelle, è questo il nuovo gioco?».

La mora sbuffò.

«Basta parlare di giochi vi prego, mi scoppierà la testa», intervenne Clary.

«Io propongo di far finta di niente e aspettare per un paio di giorni. Stiamo a vedere cosa succede e poi decideremo il da farsi. Studiamo la situazione  per adesso, quando ci capiremo un po’ di più in tutta questa storia, capiremo come agire», le parole erano provenute da Alec.

«D’accordo. Allora aspetteremo, ma ora è meglio tornare nelle sale comuni prima che qualcuno si accorga che non ci siamo».

E così fecero.

Clary sperò soltanto che non la attendesse una notte come la precedente, ma, per sua sfortuna, non appena si mise a letto e chiuse gli occhi, i tamburi ricominciarono.

NOTE:

Salve a tutti! Scusate, ma stasera sono no di fretta, di più! Perdonate gli eventuali errori ortografici ma devo proprio scappare, un bacio a tutti e fatemi sapere cosa ne pensate!

  
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