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Autore: Eriok    30/10/2013    2 recensioni
Non so quando inizió...
… sapevo soltanto che era vero amore, sin dal principio.
«Mamma! Guarda!».
È lei, mi chiama... Dovresti vederla, sai? È tutta uguale a te. Bellissima, con i suoi capelli rosso fuoco. Forte, tenace. E quegli occhi, azzurro verdi - la nostra fusione - un po' miei, un po' tuoi. Nostri.
«Brava, Victoria...brava...».
Sì, perché quella volta abbiamo vinto… la nostra vittoria. E lei è il miglior premio che potessi avere con te, Shepard.
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

Non penso che meriti questo, figlia mia.

Dovresti vivere con entrambe i genitori, provare le carezze di entrambe.

Gli ammonimenti di una e le risa dell’altra.

Perché...perché nella mia mente continuano a scorrere quei ricordi...?

 

Sono qui, davanti a te, stai per partire per quella missione “Suicida”.

Sono qui, e ho paura di non vederti più, di vederti sparire. Dissolverti nel nulla, scivolare nel silenzio, come quando abbiamo perso la Normandy la prima volta. Quei due anni senza di te, scorgere il tuo cadavere e sapere che non tornerai indietro, e poi la speranza...

«Che cosa vuoi...? Se tutto questo dovesse finire domani, cosa ne sarebbe di noi..?».

La mia voce incespica su se stessa, cade e si rialza, spolverandosi buffate di dolore dal vestito di seta e speranza, amore e lacrime. Avrei voluto usare un tono meno profetico, scusami. Ma è nella mia natura, esserlo.

E poi arrivi tu, mi ripulisci gli angoli sporchi della mia anima con quella tua voce sciolta e dolce, come nessuno ci era mai riuscito prima. Dio, le tue labbra...Liara. Concentrati.

«Non saprei...matrimonio, vecchiaia e un sacco di bambini blu...?» E le tue parole mi spiazzano, così come il tuo sguardo. Sei sincera, lo si vede dappertutto. Brilla di luce propria, la tua anima, quando dice che cosa vuole. E nella mia mente si sparge quel pensiero come olio su carta, acqua su pelle, scorre e entra nei sobborghi dei miei pensieri, che sono mille e più.

E vedo lei, vedo nostra figlia.

«Lo dici con tanta leggerezza...» ammetto, scherzando. Ma in realtà sei seria. Lo so. Ma non riesco a sostenere il peso dei miei pensieri così, ho paura che non tornerai... «Se vogliamo provarci devo sapere che tornerai...».

Tu devi tornare, Shepard. Tu sei tutto ciò che voglio.

Non posso pensare che non sarai più al mio fianco. Non di nuovo. Non si ripete due volte lo stesso miracolo,no?

«Non saprei, è una bella promessa da fare...» ammetti, con malizia nella voce. I tuoi occhi mi parlano ancora, il linguaggio del tuo corpo, le tue mani...le tue labbra, posso sentire il respiro sul collo, così caldo...

«Ah davvero?» mi hai già conquistata, lo sai.

Ti prego, parlami ancora...

«Dovrei avere qualcosa di speciale da cui tornare...».

Lo sarò. Lo sono. Ti aspetterò, Shepard. Io sono qui, non ti lascio.

Ti aspetterò, e so che tu tornerai da me.

 

Basta, Liara. Smettila.

Alla fine non è tornata, no?

Smettila.

 

«Liara...!» la sua voce rapita dal desiderio è così carica nel momento culminante del piacere fisico.

 

Smettila!

 

I suoi occhi verdi che mi scrutano da sopra la spalla, mentre ci abbracciamo nel letto di quell’appartamento alla Cittadella. Un risveglio simile...è meglio della vista sconfinata sui terreni colorati di Thessia. Quegli occhi...

«È già mattina...?» la mia voce è gommosa alla mattina, ma tu mi sorridi. Ed è più splendente del sole più rosso della galassia. Mi baci, ed è meglio di quella brodaglia amara chiamata caffè.

«Sì, ed è una perfetta...» mi rispondi, anche tu con la voce stropicciata, e sei bellissima, nonostante il tuo ciuffo sia leggermente piegato verso l’esterno. Sorrido, sei dolce. Preferisco te, così, alla mattina, che una tazza di latte di Yarkvos caldo al mattino e biscotti.

«Vorrei passare ogni mattina così...».

Sì, così, semplicemente noi.

Io...e te.

 

Smettila...ti prego...

 

«Ti amo, Liara.».

 

...

Perché mi baleni sempre in mente...?

Non sono capaci le Asari di guardare al di là della perdita e di valorizzare i giorni passati assieme? Perché io non ci riesco?

Perché...?

 

 

«Non capisco perché tutto questo casino.» disse Garrus Vakarian, accompagnando a braccetto Tali, avvolta nella sua elegante tuta protettiva. L’alieno con un’enorme cicatrice sulla faccia parlava con aria crucciata, cercando di cogliere una cosa che non capiva. Vestiti tutti eleganti, era appena finita la “riunione” dove era stato deciso la non colpevolezza di Liara nel non aver rispettato le leggi naturali imposti.

«Davvero non ci arrivi, tesoro?» domandò la Quarian, guardandolo oltre la visiera schermata. Si poteva intuire dal tono di voce che era sarcastica, intaccando con malizia e divertimento l'intelligenza mancata del compagno.

«Sinceramente no, tu invece ci sei arrivata cara?» ribadì lui, usando un tono caldo. Liara, al loro fianco, camminava silenziosa, per poi intervenire.

«La società Asari non tollera che vengano ignorate le tradizioni e i ritmi naturali imposti.» disse, guardando il terreno su cui camminava, una mano sul ventre prominente. Il vestito scivolava elegantemente sulle sue vesti, e gli occhi, di un profondo blu mare, brillavano come diamanti lucenti, ma ricoperti di una patina di leggera malinconia, che non li lascia mai.

«Di norma e regola solo una Matrona ha il permesso di procreare. Io, invece, essendo ancora una Dama, sono appena un’adolescente, a loro confronto. Sono una... "ragazza-madre", e questo la nostra società non lo accetta. In teoria, è l'Asari che sceglie di rimanere o meno incinta, e molte della mia età lo sanno, o lo ignorano applicandolo inconsciamente. Un figlio è sempre una scelta, per noi, mai un caso.» la coppietta l'ascoltavano, mentre si dirigevano con passo tranquillo verso l'esterno del centro, a raggiungere la navicella che li avrebbe portati poi sulla Normandy, attraccata poco più in là. Le Asari che passavano, dai vari colori di blu e viola, la guardavano male, bisbigliando nelle orecchie o indicandola. Era brutto, avere tutti quegli occhi addosso, lei, che amava il silenzio e l’anonimato dei suoi resti muti.

Le sembrò di sentire il rumore di una armatura dietro un masso, ma non ci fece caso. In quel momento voleva solo fuggire via da lì e non vedere più quei volti. Aveva chiesto l’Asilo sulla Terra, che le venne concessa grazie all’intercalare della Consigliera. Si domandò, per un attimo, perché la aiutasse così tanto. Ma poi decise che era meglio non domandare.

«Quindi tu hai scelto di rimanere incinta di Shepard?» domandò Tali, guardandola oltre il petto vigoroso di Garrus, che stava nel mezzo. Gli occhi della ragazza scorrevano il terreno, sasso dopo sasso. Anche solo il nome le faceva battere il cuore. Come se potesse sentire di nuovo la sua voce.

Vana speranza.

«Sì.» rispose, dopo un lungo silenzio.

«... Ma lei non lo sapeva.» aggiunse poi l'alieno, guardandola con sguardo interrogativo. L'Asari rispose con un gesto della testa.

«Non mi avrebbe mai permesso di combattere, nelle mie..."condizioni".» ammise, lasciando trapelare il fatto che avrebbe reso la loro separazione molto più difficile e sofferta.

«Non te lo avrei permesso nemmeno io, figuriamoci lei, che teneva più a te che a se stessa.» aggiunse Garrus, arrivando alla navicella. Tali aiutò Liara a salire, mentre l'altro andava alla postazione di guida. Di nuovo quel rumore, ed era più vicino. Lo ignorò.

«Ho sperato, con tutta me stessa, che sarebbe tornata viva, indipendentemente da quello che l'aspettava.» la navicella si accese con suono metallico, l'aria che muoveva la polvere del terreno. «Ma a quanto pare...non è bastato.» una lacrima silente calò sul suo volto, mentre la vettura si involava verso la sua destinazione, così come volarono i pensieri di Liara, oltre il tempo, lo spazio, per ricordare ciò che era successo quel fatidico giorno.

Ma il fiume di lacrime, e di ricordi, venne interrotto da uno sparo.

Il vetro si incrinò nel finestrino di Liara che, sorpresa, si allontanò da esso.

«Ci attaccano!» urlò Garrus, iniziando a compiere manovre evasive. Tali chiamò la Normandy in soccorso, e la voce di Joker si diffuse in tutto l’abitacolo.

«Stiamo arrivando ragazzi, tenete duro! Liara, stringi le gambe!».

Joker e le sue maledette battute nei momenti meno opportuni. Tali si armò, sporgendosi dal portellone per contrattaccare.

Erano quattro navicelle armate di tutto punto contro un semplice veicolo di trasporto passeggeri.

«Non ha nemmeno un mitra questo cazzo di rottame!?» domandò infuriato, cercando di evitare il più possibile sia i proiettili sia i movimenti bruschi, viste le condizioni di Liara poco propense ai brutti colpi.

«Ah!» l’urlo di Tali si dilagò per l’abitacolo. Si teneva il braccio ferito, da dove sgorgava sangue. «Boshtet!» maledì nella sua lingua mentre Garrus, dal volante, chiedeva cosa era successo con voce preoccupata.

«Per la Dea, Tali, sei ferita, fermati!» le urlò Liara, mentre l’aliena prendeva l’arma con l’altro braccio e ricominciava a sparare. Il sangue verdastro, tipico dei Quarian, stava colando a vista d’occhio dal braccio ferito, che stava abbandonato al suo fianco.

Liara si sentì mancare alla vista.

“Che mi sta succedendo?”.

No, non era la vista del sangue, era altro... era il senso del pericolo che le dava la testa. Le girava, in un vortice continuo. Si afferrò il ventre, diventato di fuoco, pieno di movimenti consulti del bambino che scalciava, preoccupato per la madre.

«Liara!» il suo respiro. Riusciva a sentire il respiro affannoso di se stessa. «Liara, calmati, stai tranquilla.» la voce calma di Garrus le era vicina. Cercò di riprendere il normale respiro, quando si accorse che aveva appena avuto un attacco respiratorio. La mano non aveva lasciato il ventre, che era agitato. Sentiva il bambino spaventato, oltre la coltre di pelle e amore.

Erano dentro la Normandy. Era arrivata appena in tempo per sparare e accogliere la vettura malconcia.

«Tali è...».

«L’hanno già portata in infermeria, la stanno curando, e ora anche tu. La dottoressa Chakwas adesso controllerà te e il bambino, per vedere se siete entrambi sani.» la luce era tanta, ma riconobbe nella vista annebbiata il volto della donna anziana che le sorrideva, e le parlava.

«Stai tranquilla Liara, va tutto bene...». Sentiva la sua mano stringere la propria sul ventre, capiva la sua ansia. Rilassò la presa prima tesa.

E poi, il buio.



Forse ho capito perché. Standoti affianco, nelle tue avventure, nella tua nave - nel tuo letto - mi hai fatto sentire come un essere umano. Quando i Razziatori ci hanno attaccato, con tutta la loro potenza, tu mi hai fatto capire che, indipendentemente da quanto dura la nostra vita, siamo tutti uguali di fronte alla morte. Ciò che ho pensato lontano si è drasticamente avvicinato, facendomi sentire spaesata. Ma sei stata tu, sì, proprio tu a farmi capire che è normale, e giusto, sentirsi così. Perché nessuno a questo mondo vuole morire.

Mi hai fatto sentire stupida, perché nonostante il centinaio di anni che ho sulle spalle questo io non lo avevo ancora capito.

Dopo aver visto la morte avvicinarsi, ho come inconsciamente scelto di vivere la mia vita come un essere umano, che corre per tutta la sua vita perché non ha tempo.

E dopo averti perso, mi sono accorta che di tutti gli anni che ho passato a vivere, solo una piccolissima parte di essi l'ho passata con te. E il mio cuore strepita per l'ingiustizia.

E piange.

...

E piango.

Per questo non riesco ad andare avanti, Shepard.

...

Ti amo troppo per riuscire ad andare avanti.



«Mi domando chi possa essere stato.» parlò la Consigliera, le braccia a stringere il corpo. Le mani scorrevano lentamente sulla sua figura, rendendola elegante ma allo stesso tempo profondamente saggia.

«Non lo so signora, le indagini su questo caso sono la massima priorità, e la dottoressa T'Soni è ora ricoverata e tenuta sotto stretta sorveglianza in una sala riservata dell'Ospedale.» rispose il soldato. La signora lo guardava con sguardo apprensivo. «Posso chiederle perché è così interessata al caso, signora?».

«Perché è un caso interspaziale, e si parla del figlio della donna che ci ha salvati tutti.» rispose, riprendendo in mano il ruolo di Matriarca. Il soldato, appreso il tono stizzito, fece il saluto militare e si congedò in silenzio.

L'Asari rimase sola, nella stanza.

«Sei una bugiarda, Krisna, e lo sai...» la voce di una figura femminile, in ombra, provenne dal nulla. La Consigliera non si sorprese, sapeva che era lì.

«Lo so...» ammise, con voce stanca.

«...ti ricorda troppo te, vero...?» le domandò, per poi svanire così come era apparsa.

Krisna sapeva che aveva assolutamente ragione, per quanto odiasse ammetterlo.

Sopratutto con lei.








   
 
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