Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: adria    31/10/2013    1 recensioni
"Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo.
Sono mille venti che soffiano.
Sono la scintilla diamante sulla neve.
Sono la luce del sole sul grano maturo.
Sono la pioggerellina d’autunno.
Quando ti svegli nella quiete del mattino …
Sono le stelle che brillano la notte.
Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo."
Canto Navajo
------------------------------------------------------------------
Essendo la prima volta che posto qualcosa di originale, sarebbe gradita una recensione, grazie mille.
Ho modificato alcune cose e modificato i capitoli (oltre ad averne aggiunto di nuovi), spero vi piacciano!!!
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3
 
 
15 Luglio 2013
 JFK airport, Long Island
New York
 
 
Vala Miller portava un liscio e biondo caschetto sfilato perennemente scompigliato che in quel momento le andava a coprire mezzo viso.
Si era addormentata durante il tragitto verso l’aeroporto.
Vala era in una discoteca, si stava scatenando sul cubo con un affascinante ragazzo, un ballerino, la folla esaltata ai suoi piedi la idolatrava.
Ad un tratto la stanza si riempie di fumo.
Una densa coltre di fumo che li avvolge.
La musica techno che prima spaccava i timpani si attenua.
Il ballerino davanti a lei non c’è più, la stanza diventa fredda, i suoi piedi scalzi sono accarezzati dall’erba bagnata e i suoi polmoni avverto l’acqua nell’aria.
Non è fumo, è nebbia.
Non aveva mai visto nebbia tanto fitta in vita sua. Non riesce a distinguere bene le sue mani neanche se le mette davanti al naso.
Inizia ad agitarsi.
Non sa che fare, procede a tentoni seguendo un istinto primordiale.
Arriva, non sa come, ad una sepoltura gotica, dei ringhi bassi scuotono la nebbia e Vala inizia a correre.
Corre senza una meta.
Corre e basta.
Improvvisamente sente l’assenza del terreno sotto i suoi piedi.
Sta precipitando.
Vala si svegliò di colpo sull’auto.
Il cuore batteva furioso nel petto e aveva il fiatone.
Era stato un sogno, solo uno stupidissimo sogno.
Al suo fianco, suo padre, un uomo robusto con occhi castani e capelli brizzolati dal taglio marziale, era intento a fare manovra per riuscire a parcheggiare nell’unico posto miracolosamente libero davanti al JFK.
- Incubo? – chiese senza voltarsi
- Devo smetterla di guardare horror giapponesi. – rispose la ragazza raddrizzandosi – Anzi, meglio evitare di guardare gli horror e basta! –
Il padre rise spegnendo il motore della Volvo e scese.
Vala usò lo specchietto della tendina parasole per sistemarsi i capelli che le erano finiti sugli occhi durante il riposino. Un paio di vispi occhi viola la fissarono dalla superficie riflettente. Occhi fuori dal comune che attiravano sempre l’attenzione di chi le stava intorno e che aveva ereditato dalla madre morta mettendola al mondo. Sistemate le ciocche ribelli scese dall’auto dove il padre che l’attendeva con trolley e borsone.
Il caldo soffocante l’avvolse come una pesante coperta umida.
Appena le lunghe gambe inguainate nei jeans attillati fecero la loro comparsa varie teste iniziarono a girarsi con grande disappunto di suo padre. Succedeva sempre, il suo corpo snello da ballerina con tutte le curve al posto giusto attiravano gli sguardi come le api vengono attirate dal miele.
- Possiamo andare. – sentenziò allegramente la ragazza saltellando verso le porte scorrevoli che si aprirono al suo passaggio. L’incubo era dimenticato, sciolto come neve al sole.
Il padre sospirò e s’incamminò dietro la luce dei suoi occhi.
Le ricordava la madre Alice a cui somigliava fisicamente e dalla quale aveva ereditato, oltre agli occhi, la camminata ancheggiante che faceva voltare ogni uomo etero nel raggio di decine di metri e la tendenza all’esibizionismo.
Una volta dentro, al fresco dell’aria condizionata, Vala guardò l’orologio.
Erano in anticipo di un’ora e mezza sull’imbarco e ciò significava che avevano il tempo per concedersi una capatina al bar e una al bagno prima di andare a sistemare il biglietto e salire sull’aereo.
Si voltò raggiante verso il genitore che vedendo quello sguardo si diresse immediatamente verso il bar senza fiatare.
Conosceva sua figlia e sapeva bene che era inutile discutere con lei quando si metteva in testa qualcosa. Vala Clarice Miller era un vulcano in eruzione capace di travolgere tutto ciò che incontrava sul suo cammino.
Arrivati al bar, sobrio e accogliente, presero posto in un tavolo al centro del locale e subito un cameriere con l’acne, un ragazzino, venne a prendere l’ordinazione.
- Ditemi. – disse allegro fissando Vala e la sua scollatura come se fosse l’incarnazione della Vergine Maria in abiti succinti.
- Un caffè nero. – rispose acido l’uomo guardando torvo l’adolescente che non smetteva di fissare la figlia.
- Per me un thè freddo alla pesca, grazie. – rispose Vala compiaciuta dall’attenzione che le rivolgeva il ragazzino e ignorando lo sguardo dell’altro – E posso sapere dov’è il bagno? –
- Lì, in fondo a destra. – rispose sognante
- Asciugati il filo di bava e cresci. – lo rimproverò il signor Miller facendo ridere la figlia che scosse la testa e alzandosi sorrise dolcemente al ragazzo che per poco non andò a sbattere contro un tavolino lungo il percorso verso il bancone.
Mentre si avviava verso il bagno molte teste si girarono ad ammirarla.
Immaginavano di toglierle gli attillati blue jeans a sigaretta e la canotta smanicata bianca con scollatura rotonda ampia abbastanza da mettere in mostra un bel pezzo di pelle dorata senza scadere nell’osceno e desideravano affondare le mani in quei lisci capelli biondi.
Era al centro dell’attenzione con grande disappunto di tutte le donne presenti che la guardavano con invidia e una punta di disprezzo.
Vala adorava quel genere di situazione, amava suscitare l’interesse degli uomini e l’invidia delle donne. Sua madre l’aveva fatta bella e lei non trovava giusto nascondere il suo corpo e negare l’evidenza, perciò lo metteva volentieri in mostra, ma con classe. Era una ragazza per bene dopotutto.
S’infilò nel bagno.
Era vuoto.
Entrò nel primo cubicolo libero senza indugi da cui ne uscì pochi istanti dopo tirando lo sciacquone. Si riassettò la canotta e rialzando la testa rimase bloccata a metà passo.
Vicino ai lavandini c’era un uomo alto, capelli castani, occhiali da sole e un fisico da palestrato in maglietta e jeans scuri.
Si riscosse dalla sorpresa e, come se nulla fosse, si avvicinò al lavandino per lavarsi le mani.
- Hai sbagliato. È il bagno delle donne. – disse senza guardarlo
Uno strano pizzicore alla nuca e un guizzo di colore riflesso nello specchio le segnalò che l’uomo si era spostato alle sue spalle.
- Credo proprio di no. – rispose seducente con un sorriso sghembo mostrandogli qualcosa.
La ragazza alzò gli occhi dalle mani scuotendole lievemente per asciugarle un po’, fissò le lenti scure degli occhiali nel riflesso e con lentezza inaudita si voltò e disse - Allora dovresti andare da un bravo oculista perché il cartello sulla porta parla chiaro e il disegno è a prova di idiota. –
L’individuo si avvicinava a passi lenti e calcolati, lei non si mosse di un millimetro.
- Chi ti dice che non l’abbia semplicemente ignorato? – adesso era a pochi centimetri dalla ragazza che poteva sentirne il profumo dell’acqua di colonia – E sai un’altra cosa? Ciò che vedo mi piace moltissimo. –
- Ti saresti trovato nei guai altrimenti. -
L’uomo non le permise di aggiungere altro, non che lei lo volesse comunque, e la baciò facendo aderire i loro corpi.
Un bacio lungo e carico di passione.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: adria