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Autore: britt4ever    31/10/2013    4 recensioni
South Carolina 1779
William Tavington è un Colonnello Inglese, temuto e odiato da tutti, non cerca l'amicizia, non cerca l'amore, non vuole costruirsi una famiglia.. I suoi occhi ghiaccio rappresentano la sua vita.. il Vuoto.
Ma un giorno il destino lo avvicina a Beatrix, una ragazza dal passato oscuro. Lei lo travolge con la sua allegria, la sua vivacità, la sua forza e gli fa desiderare proprio quelle cose che lui aveva evitato per tutta la sua vita.. Una tempesta in piena.
Lei farà crollare tutte le sue certezze e metterà in discussione la sua esistenza, solo una donna.. ma forse La Donna giusta per lui..
Riuscirà Beatrix a portare via le tenebre che avvolgono William?
-CONTENUTI TALVOLTA FORTI-
Genere: Erotico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo LI


**Tra le Lacrime e la Verità**
 
Spero perdoniate il grande ritardo!! Buon Halloween a tutte! ^^ 

Beatrix guardava le fiamme del camino che danzavano, mentre la sua testa era altrove.
Il loro aguzzino era andato via da qualche ora, accertandosi prima che fossero chiuse per bene nella casa.
E così Bea era rimasta ad osservare il fuoco, mentre attendeva che anche la Contessa si svegliasse. Non aveva voluto chiamarla prima perché tanto avrebbero fatto poco insieme, il ribelle aveva slegato un bel cane e lo aveva messo a fare loro la guardia.
Era grande e grosso e faceva tanta paura, senza contare che Beatrix aveva la fobia dei cani, questo rendeva perciò quella presenza ancora più fastidiosa.
La ragazza si era allontanata il più possibile dalla bestia, portandosi così nel lato della stanza diametralmente opposto.
Sentì Elizabeth gemere. Si stava svegliando.
“Beatrice.. non dormi?” domandò, stirandosi i muscoli.
La ragazza scosse la testa “non più. Credo di aver avuto un altro mancamento” confidò, infine.
“Lo penso anch’io” si alzò e si avvicinò “ti succede spesso?”
“In questi giorni sì, prima non più di tanto”.
Elizabeth le scostò una ciocca ribelle “credo sia anche lo stress che stai accumulando” poi si girò e si mise a perlustrare la stanza “e di certo questo non ti aiuta..”
Beatrix rise amaramente “inizio a pensare che porto sfortuna. Passo dalla padella alla brace, non c’è mai un momento di tranquillità” disse, col viso affranto.
La Contessa avvicinò le mani al fuoco, per riscaldarsi “sei mai stata in Gran Bretagna?”
La fanciulla si girò per guardarla con una smorfia in volto.
“Sono seria” aggiunse Liza, sorridendo.
“Sai, a Pembroke, il villaggio in cui sono nata, gli Inglesi erano visti come il demonio. Se avessi anche solo nominato a mia madre che volevo andare nel tuo Paese, mi avrebbero impiccato nella pubblica piazza” rispose, ridendo.
Questa volta fu il turno di Elizabeth di rimanere allibita.
“Sono seria” finì la ragazza.
“Vedo che ti hanno cresciuta con un odio radicato nei confronti degli Inglesi.. Beatrice, non sono tutti degli orchi, il male c’è ovunque” rimbeccò, indicando la stanza.
“Adesso lo so, ma non è facile cercare di cambiare la forma mentis di una persona. Guarda William, mi ama, ma delle volte ho come l’impressione che cerchi di giustificare i miei natali. Come se si vergognasse di quello che sono” le confidò.
Elizabeth annuì lentamente “non è facile, hai ragione. E per William è ancora più difficile, tesoro, lui deve credere in quello che gli dicono, perché è la sua ragione di vita” poi guardò il fuoco “ed è anche quella di mio marito”.
“Perché ci odiamo così tanto? In effetti noi Americani siamo inglesi in fondo, no?” disse, sorridendo.
“Il signor Jefferson non la penserebbe così..” rise la Contessa.
Beatrix si sfilò le scarpette e si sedette sulle ginocchia “alla fine per avere mille tiranni qui, è meglio averne uno che sta mille miglia da qui, non credi?” Disse Bea, con un’alzata di spalle.
“Non hai torto, Beatrice. Hai fratelli che combattono nell’esercito continentale?”
La ragazza scosse la testa “non ho fratelli. Figlia unica”.
“Adesso capisco perché sei così volitiva, non hai avuto fratelli maggiori a controllarti..”
Beatrix la osservò “perché, tu sì?”
La donna annuì “già, e non uno, bensì quattro”.
L’altra spalancò gli occhi “quattro? Immagino sia stata una prigionia costante”.
“No” rispose Elizabeth, con una smorfia giocosa “ad essere sincera solo con uno ho stabilito un legame forte, che mantengo tuttora. Con gli altri erano continui atti formali, solo per incontrare l’approvazione degli altri, ma Alexei è diverso”.
“Il tuo fratello preferito?”
“Sì, lui. Vive in Francia, così ci vediamo poco, ma ci sentiamo sempre per lettere” rispose la Contessa, con sguardo trasognato.
“Perché è andato fino in Francia?” domandò curiosa la ragazza.
“Perché ha seguito il suo amore, Annette. Ha rinunciato al titolo per lei, ma ora è felice. Quando gli chiedo se rimpiange la scelta che ha fatto, mi risponde ogni volta che rifarebbe tutto daccapo”.
Beatrix era incantata dal racconto della donna, in effetti lei la faceva sempre sognare con le sue storie oltre il tempo “una volta mi avevi detto che se si ama veramente una persona si possono anche superare quegli ostacoli.. ti riferivi ad Alexei e Annette?”
Elizabeth le sorrise “lui rappresenta la felicità fatta in persona, invidio la sua vita, mi sarebbe piaciuto prendere in mano la mia e fare veramente quello che volevo, a quest’ora vivrei felice con Daniel e il nostro bambino” sospirò, passandosi una mano sul petto.
“Perché non lo hai fatto?” domandò Beatrix.
“Perché ormai è tardi. Sono morti tutti e due” rispose, con le palpebre che tremavano debolmente, minacciando di far piovere.
“Come sono..”
La porta si aprì, bloccando Beatrix sul nascere, proprio nel momento in cui avrebbe voluto continuare a parlare con la Contessa.
“Siete tutte e due in piedi” constatò il ribelle, entrando e chiudendo la porta alle sue spalle “molto bene, così possiamo fare il punto della situazione”.
“Stai buono Rusky” disse al cane, accarezzandolo, mentre si faceva accogliere in casa.
 
***
 
“Cosa è successo?”
“Ho dato una piccola festicciola in camera” dichiarò soddisfatto il Colonnello dai capelli rossi.
William annuì “e questo spiega il disordine che regna nella tua stanza, ma non perché sei legato a un letto”.
Banastre sorrise “se tu sapessi, William, quello che è successo ieri notte, m’invidieresti soltanto”.
Tavington alzò un sopracciglio “non credo proprio, hai messo i tuoi svaghi di fronte ai tuoi obblighi Ban, che diavolo ti prende?” lo incalzò l’uomo.
Tarleton sbuffò, puntando gli occhi al soffitto “tu non capisci, non ho fatto niente di male. Niente che Cornwallis..”
William lo guardò con sguardo infuocato “certo, niente che Cornwallis non ti perdonerebbe, vero? Giusto, tanto hai il Lord Generale che giustifica ogni tua sbandata, ma oggi hai superato il limite” lo ammonì serio.
“Allora va’ da Cornwallis a raccontargli tutto, tanto stai aspettando solo quello..”
Tavington scosse la testa, con rassegnazione “se lo avessi voluto fare, lo avrei già fatto, non credi? E poi abbiamo problemi ben più gravi di questo, ora”.
Banastre annuì “già, devi slegarmi. Sono ancora legato” tirò le corde come poteva “inizio ad avere le braccia addormentate”.
“Dovrei lasciarti qui, come punizione per la tua imprudenza, ma purtroppo ho bisogno del tuo aiuto”.
Tavington tirò fuori uno stiletto e poi si allungò verso il corpo del Colonnello.
“William..”
Tavington stava tagliando lentamente la corda che teneva intrappolato Tarleton, quasi non si accorse dell’altro che lo aveva chiamato “che c’è?”
“Per me non è stato solo sesso” dichiarò alla fine.
Non era stato detto alcun nome, ma entrambi sapevano a cosa –anzi meglio dire, a chi- si riferissero.
William mandò giù silenziosamente, senza rimbeccare, ma con lo stomaco che improvvisamente si era chiuso. L’antica ferita non era chiusa e gli rendeva la sola vista di Ban intollerabile.
“Non mi credi?” domandò, con le sopracciglia che si erano incontrate dubbiose.
Tavington scosse la testa e infine liberò una mano dalla costrizione della spessa corda.
“Ban, non mi interessa. Ho buttato il passato alle mie spalle e non voglio tornare sui miei passi”.
Tarleton abbassò il braccio libero, cercando di farlo distendere un po’ “ma non mi hai ancora perdonato” sentenziò alla fine.
Un altro colpo secco e anche l’altro braccio era libero “no, non posso”.
Tavington rimise lo stiletto nei suoi stivali e poi si alzò dal letto. Una volta in piedi, prese a massaggiarsi le palpebre, dolenti anche per il fardello dei ricordi.
Non poteva permettersi di aprire la diga che aveva costruito sul suo passato, altrimenti si sarebbe riversato tutto il dolore fuori. Non sarebbe sopravvissuto.
“Allora le cose non potranno tornare mai più come prima..”
“No” rimbeccò subito Tavington, senza attendere che l’altro finisse la frase “ognuno di noi ha delle priorità, dei doveri da ottemperare, se il nostro lavoro fa incontrare le nostre strade –come adesso- allora non mi sottrarrò ai miei obblighi” poi continuò, dopo una pausa meditativa, guardandolo negli occhi “ma il rapporto che avevamo un tempo, la nostra amicizia è morta nel momento in cui ti sei scopato Scarlett” sputò fuori William, fissandolo con disprezzo e odio.
Tarleton annuì con mestizia “ci sono delle cose di Carly che tu non sai, William, se solo..”
Tavington alzò una mano in aria, gesto esplicito per dirgli di fermarsi “non mi interessa. Ora vestiti. Ti aspetto fuori”.
 
Dopo alcuni minuti, il Colonnello Tarleton uscì dalla sua stanza. Vestiva con la divisa Inglese, la classica giacca rossa e pantaloni neri, ma i capelli erano leggermente arruffati, lontano dalla coda ordinata di Tavington.
“Che cosa è successo durante la mia assenza?” domandò Banastre.
Sembrava essere tornato tutto come prima, l’intimità che si era creata pochi minuti prima si era dissipata con un semplice cambio di vestiti. Un cambio –forse- anche di status?
“Si è scatenato l’inferno” gli comunicò Tavington con nonchalance.
 
***
 
Wellsie era rimasta per tutto il tempo nascosta dietro le grandi colonne all’interno del Forte. Avrebbe dovuto scappare, erano questi i piani, ma la verità era che non ci riusciva. Continuava a pensare a suo fratello, ai suoi genitori, ai suoi amici.. a Beatrix..
Più ci pensava e più stava male, tanto che aveva rigettato l’anima sul terreno appiccicoso. Era riuscita a rimanere nascosta, senza che nessuno si fosse accorto di lei.
Chi si poteva accorgere di una piccola ragazzina dai capelli rossi appostata dietro un grande monolite?
Nessuno.
Nessuno che si accorgeva mai di lei, o era troppo piccola o troppo ‘femmina’, c’era sempre qualcosa che non la faceva essere adatta.
Era diventata una persona che non era, solo per assecondare Tarleton, per sperare che per lui fosse qualcosa di più che una semplice concubina; lo aveva sperato così tanto, ma i suoi stupidi sogni da ragazzina si erano infranti quel maledetto giorno.
Wellsie stropicciò ulteriormente il fazzoletto che teneva tra le sue mani, odiava quella donna. La odiava con tutto il cuore, aveva rovinato la sua famiglia, la vita di suo fratello e infine la sua. Era stata accolta nella sua casa, l’aveva trattata come una sorella e infine li aveva pugnalati.
Chiuse un secondo gli occhi e una sola striscia solitaria le rigò la gota. Sola com’era lei.
Voleva così tanto tornare al Forte, voleva correre tra le braccia di suo fratello come faceva da piccola e sfogarsi con lui, ma aveva paura che lui sapesse la verità.
Fort Trox era sotto assedio, i Ribelli giungevano da ogni dove. Erano riusciti a superare le barriere resistenti degli Inglesi con ogni mezzo, e alla fine avevano raggiunto il loro obiettivo.
E cosa rimaneva a Wellsie?
Una misera verità che aveva barattato con la lealtà dei suoi amici.
Dove sarebbe andata ora?
Che cosa avrebbe fatto?
Si sedette per terra e raccolse le gambe contro il suo petto, mentre le lacrime non avevano più una barra a trattenerle.
Si odiava.
“Amore” qualcuno la chiamò.
Wellsie alzò gli occhi bagnati verso l’inglese che sostava ferito di fronte a lei. Aveva i vestiti lacerati, la camicia tutta strappata, i capelli d’oro in disordine, tutta la faccia sporca, ma era sempre bellissimo per lei.
Non volle credere alle menzogne della sua immaginazione, come avrebbe voluto che fosse lui, ma sapeva che era solo frutto della sua mente capziosa.
“Lasciami stare” disse a se stessa.
Allora l’uomo si accovacciò sui suoi talloni e le accarezzò con dolcezza il braccio “amore, sono io, Nik, non ti ricordi più di me?” le chiese, pacato, con un sorriso genuino in faccia.
“Non sei tu, ti sto immaginando” gli disse Wellsie, alzando nuovamente gli occhi verso di lui.
Bordon rise “dici che stai sognando? Allora dammi un bacio bella principessa che ti risveglio dal tuo sonno”.
Wellsie pianse ancora più forte “smettila di essere così gentile, mi fai sentire ancora più in colpa”.
Bordon aggrottò la fronte, mentre lui la prendeva tra le sue braccia per cullarla “cosa hai fatto per sentirti in colpa, Wells?”
Lei lo abbracciò forte, mentre si asciugava le lacrime sulla sua camicia, catturando il suo odore, che le faceva sempre pensare a lui “non posso dirtelo”.
Bordon le accarezzò i capelli annodati, sciogliendo i nodi “hai fatto qualcosa di brutto?”
La ragazza annuì, gemendo.
“Va bene, e se io ti dicessi che forse so qual è il male che ti affligge?” domandò, ancora tranquillo.
“Non puoi saperlo” disse lei.
Nikolas sospirò “già, non mi accorgo se la mia ragazza si alza nel cuore della notte senza dirmi niente per poi tornare all’alba..?”
Lei si staccò da lui e Nik proseguì “non mi accorgo nemmeno se i miei compagni mi vengono a dire che il mio piccolo amore passa del tempo con uno di noi..?”
Wellsie mandò giù l’aria in gola.
“Tu lo sapevi?” chiese titubante la ragazza.
“Sai, Wellsie, i soldati sono più chiacchieroni delle donne all’ora del tè” poi le toccò delicatamente il nasino perfetto “e i muri di un Forte parlano più degli stessi uomini che ci vivono”.
Wellsie si alzò in piedi e così fece il Capitano “da quanto lo sapevi?”
Lui alzò le spalle, come se fosse una cosa poco importante “da un po’..”
Lei strinse a sé le spalle “e non mi hai detto niente?”
Nikolas si avvicinò a lei, sempre sorridendole “cosa avrei dovuto dirti, Wells? Di non vederlo più? Ti conosco bene, avrei avuto l’effetto contrario; se te lo avessi proibito, avresti avuto più desiderio di incontrarlo” le disse con semplicità.
Wellsie non sapeva cosa dire, era rimasta senza parole. Da quando aveva incominciato a vedere Banastre si era raffigurata il momento in cui avrebbe discusso con Nikolas. Eppure, tra tutti i castelli mentali che aveva pensato, questo era proprio il più improbabile.
Perché si stava comportando come se la sua azione fosse di poco conto?
“Quindi non sei arrabbiato?”
“Se intendi, essere arrabbiato con te, no. Sai..” scosse la testa, cercando di raggruppare le parole tra di loro “..sono diviso in due. C’è il mio cuore che ti perdona, che incolpa se stesso, perché se sei scappata tra le braccia di Tarleton vuol dire che ti mancava qualcosa” fece una pausa “poi c’è la mia mente. Caspita, Wellsie, io sono un uomo e sono inferocito che.. hai fatto qualcosa con lui.. c’erano momenti in cui avrei voluto picchiarlo, io..” abbassò lo sguardo per terra un secondo e poi la guardò con gli occhi lucidi “..io ti amo, prenderei una cannonata per te, farei qualsiasi cosa per renderti felice e se lui non fosse il mio Superiore gli avrei fatto il culo”.
Wellsie rimase colpita dalle parole pungenti di Bordon, lui era razionale, quieto. Era difficile scuoterlo e invece lei c’era riuscita. Era strano sentirlo parlare così, anche perché ogni singola lettera era una pugnalata al suo cuore.
Già, perché lei lo aveva ferito andando con Banastre e lo sapeva dal primo momento, come sapeva che un giorno avrebbe dovuto affrontare quel discorso con lui.
“Tu lo ami, vero?” chiese il Capitano senza mezzi termini.
Wellsie non sapeva come rispondere, era a corto di lemmi rilevanti.
“Io.. amo più te”.
Bordon annuì “lo so. Wellsie, se tu vuoi stare con lui io non te ne faccio una colpa..”
Wells lo interruppe, allacciando le sue braccia al suo collo. Uno slancio così improvviso che quasi fece cadere per terra il Capitano.
“Non mi lasciare, ti prego. Ho fatto un errore, lui mi ha preso in giro, come ha sempre fatto. E io ci sono cascata di nuovo, come una stupida”.
Lui la strinse forte tra le sue braccia “sapeva come fare per farti abboccare, amore. Ora, però, devi dirmi cosa vuoi fare.. con chi vuoi stare?”
Wellsie aveva il labbro tremolante “con te. Con te. Con te, per sempre”.
“Dobbiamo tornare dentro Wells, devo parlare con tuo fratello” disse infine, staccandosi dal corpo caldo della fanciulla.
Allora Wellsie lo guardò triste “Dentro? I-io non posso..”
Bordon la osservava perplesso “perché non puoi?”
La ragazza scosse la testa “non posso” ripeté, come un automa.
Allora Nikolas le arpionò le braccia, facendo sì che lei lo guardasse bene “Wellsie, ascoltami. C’entra per caso il Colonnello Tarleton?”
Lei abbassò gli occhi verso il terreno.
“Guardami, amore. Guarda me e dimmi.. tu sai qualcosa di quello che è successo oggi?”
Lei ebbe un sussulto, ma non fiatava ancora.
“Io ho fatto un grande sforzo per perdonarti oggi, ho dovuto mettere il mio orgoglio da parte”.
Ma lei osservava ancora distrattamente il manto fangoso.
“Guardami” le ordinò, strattonandola “guardami negli occhi, lo stai proteggendo? Wellsie?”
“Non posso” ripeté lei un’altra volta.
“Mi ami? Allora dimostramelo, fammi vedere che conto di più di quell’idiota di Tarleton e parlami” prese il suo mento con due dita “hey, piccina, ti puoi fidare di me. Io ti amo”.
Lei annuì “lo so, ma..”
Wellsie prese un respiro profondo.
Se lui aveva fatto un grande sforzo per perdonarla e buttarsi le sue azioni incriminanti alle spalle, anche lei doveva farsi coraggio e dirgli tutto.
Doveva, se voleva stare con Nikolas.
“Va bene” disse infine “ti racconto tutto”.
 
   
 
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