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Autore: samubura    31/10/2013    4 recensioni
Ho pensato per molto tempo a cosa potessi scrivere come fanfiction di un libro di cui mi sono innamorato.
Alla fine ho pensato potesse essere interessante riscrivere la storia dagli occhi di Peeta, personaggio che personalmente ho adorato, e penso sia impossibile non farlo.
Spero veramente molto che vi piaccia e in caso di farmelo sapere con una recensione o un messaggio per consigliarmi su cosa potrei migliorare. Buona lettura!
(p.s. se la storia vi piace, passate sulla mia pagina! https://www.facebook.com/samubura)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
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L’inno finisce, lasciando posto al mormorio della folla. Un gruppo di Pacificatori scorta me e Katniss all’interno del Palazzo di Giustizia. Conducono Katniss in una stanza e me in un'altra. Solo.
È un salotto magnifico. Mobili di legno lucidi come specchi, divani imbottiti. Mi siedo quasi con timore riverenziale verso quei pezzi d’arredamento così diversi dai miei. Abbiamo un’ora di tempo per salutare i nostri cari. Attendo che la porta si apra per vedere chi verrà a salutarmi.
La maniglia si gira e i miei genitori entrano scortati da un pacificatore che fa la guardia di fuori. Mia madre mi getta le mani al collo, anche mio padre mi stringe tra le sue braccia robuste. Vedo il loro sforzo di non mostrare il dolore che li trafigge e lo apprezzo. Si siedono ai lati del divano, con me in mezzo, per parecchio tempo nessuno trova la forza di dire nulla. Poi mia madre se ne esce con un –Ti ho voluto bene Peeta – e scoppia in singhiozzi. È come se fossi già morto.
-Vai e mostragli tutto quello che sai fare, sii te stesso, sii orgoglioso di essere un Mellark e di venire dal distretto 12. Dimostragli che non siamo come loro.
Mi è un po’ difficile capire le parole di mio padre. Non mi sta invitando a vincere, no. È qualcosa di diverso. Più profondo, più grande. Mi  lascia tra le mani un sacchetto con del pane. In quel momento è il regalo più bello che potesse farmi, per non dimenticarmi mai chi sono.
Mi abbracciano di nuovo entrambi, il calore dei loro corpi che non sentirò mai più mi riempie di gioia e tristezza allo stesso tempo. Non voglio che mi vedano piangere e trattengo le lacrime a forza.
Il pacificatore che è di guardia alla mia porta entra e annuncia che il loro tempo è scaduto. Mia madre mi bacia per l’ultima volta.
-Il distretto 12 potrebbe anche avere un vincitore quest’anno… è una tosta quella- mormora piano.
Non è di me che sta parlando.
Anche i miei fratelli vengono a trovarmi, tra noi non c’è mai stata un’intesa particolarmente forte, sono il più piccolo e quindi quello a cui facevano i dispetti. L’ultimo arrivato.
Ma li vedo dispiaciuti, pensano che potevano esserci loro in quel momento al mio posto, sanno com’è il terrore della mietitura, l’incubo a cui loro sono sfuggiti incolumi. Io non ce l’ho fatta.
-È stata sfortuna, lotta.
È l’unico consiglio che il mio fratello maggiore riesce a darmi. Vedo nei suoi occhi che vorrebbe dirmi molto di più ma adesso non riesce a trovare le parole per farlo. Gli rispondo che lo farò. Ed è vero, lo farò, ma non per me, per Katniss.
Anche loro sono costretti ad andare. È l’ultima volta che mi è concesso vedere la mia famiglia. Non mi aspetto ulteriori visite quindi mi alzo dal divano e sgranchisco le gambe aspettando che un pacificatore venga a prendermi per condurmi sul treno diretto a Capitol City.
Invece quando la porta si apre nuovamente vedo Prim.
Abbiamo parlato solo una volta. Stavo facendo la vetrina della panetteria e lei era capitata là per caso. Katniss era probabilmente impegnata lì vicino ma non era nei paraggi. Ero uscito fuori e le avevo chiesto qual’era la torta che le piacesse di più. Una domanda innocente alla mia fan numero uno. Aveva sorriso con aria timida e indicato una torta glassata di azzurro, con sopra una rosa.
Ero tornato dentro la panetteria e l’avevo spostata per metterla proprio al centro della vetrina. Aveva fatto un cenno di approvazione ed era tornata dalla sorella.
Adesso quella bambina sta lì in piedi davanti alla porta con gli occhi puntati sul possibile assassino della sua amata sorellona. Sono paralizzato, mi sento un mostro a stare semplicemente alla sua presenza. Ma non sembra arrabbiata, anzi. La invito a sedersi e prende posto timidamente in una poltrona di fronte al divano. Aspetto che sia lei a parlare perché non saprei assolutamente che cosa dirle. In fondo è lei che è piombata nella stanza. Basta che non stia per tutto il tempo che le è concesso a fissarmi.
-Mi mancheranno le tue torte.
Perfetto, un’altra persona che mi considera già morto. Certo, se io non muoio sua sorella non può salvarsi. Mi chiedo quanta strada farò negli Hunger Games con tutti che mi danno spacciato alla prima occhiata.
-Grazie, so che ti piacciono molto.
È una frase che suona stupida appena la dico, però sicuramente meglio che restare in silenzio. Sento il bisogno di rompere quei momenti di vuoto snervanti.
-Spero di non dover uccidere tua sorella.
-Oh… non preoccuparti, non sono venuta qui per dirti questo. Volevo solo dirti “in bocca al lupo” qualunque cosa dovesse succedere nell’arena.. – si interrompe, vedo le lacrime che le si accumulano negli occhi ma che riesce a trattenere. Sicuramente starà pensando a Katniss –Non sarebbe colpa tua ecco.
-Farò in modo che non accada.
-Mi dispiacerebbe anche se lei dovesse ucciderti Peeta, penso che tu… sia buono.
-Come una torta!- le dico sorridendo -Grazie Prim…
Si alza dalla poltrona con grazia e a passetti rapidi si avvicina alla porta. Bussa e il pacificatore la fa uscire. L’incontro con quella ragazzina mi ha scombussolato. Non ricevo ulteriori visite. Meglio così, ho bisogno di stare del tempo da solo.
Piango, il mio mostrarmi forte davanti agli altri non ha più effetto ora che sono solo dentro la stanza. So che forse non dovrei perché ci saranno dozzine di telecamere a riprenderci appena arrivati alla stazione. Sono emotivo e lo so benissimo, ho fatto uno sforzo per non lasciare ai miei cari un’immagine di un ragazzo disperato. Ma ora non ce la faccio.
Ho appena finito di sfogarmi quando il pacificatore di guardia alla mia porta mi scorta verso l’uscita, mi asciugo gli occhi in fretta anche se restano arrossati. Rivedo Katniss una smorfia corrucciata sul volto. Mi immagino quanto potrebbe essere bella se sorridesse più spesso. Forse non vedrò mai un suo sorriso. L’arena non è certo un parco divertimenti.
Il tragitto dal Palazzo di Giustizia alla stazione lo facciamo in macchina, non ero mai salito su una di quelle fino ad ora. Nella stazione ci sono moltissimi giornalisti, Effie sorride e saluta incitando anche noi a fare lo stesso, ma non sono dell’umore adatto e a quanto pare neanche Katniss che tiene lo sguardo fisso avanti a sé e cancella ogni emozione dal viso. Vorrei essere bravo quanto lei, si noterà sicuramente che ho pianto a questo punto non conviene neanche nasconderlo.
So che gli Hunger Games non si vincono solo con la forza. Ci vuole strategia, ma non sono bravo a fare piani. In questo momento non mi va di valutare se il mio comportamento sia giusto o meno. Salgo nel treno appena ci lasciano entrare. Le porte si chiudono alle nostre spalle e il treno inizia a muoversi. È uno dei treni governativi ad alta velocità, è assolutamente proibito per noi abitanti dei distretti viaggiare da un distretto all’altro. 400 kilometri orari per un viaggio di meno di un giorno e saremo arrivati a Capitol City.
Effie Trinket ci spiega brevemente com’è organizzato il treno, ognuno ha un proprio appartamento, con tanto di bagno personale. Non finisce di esaltare le magnifiche tecnologie presenti sul treno. Appena mi accompagna alla mia porta mi infilo dentro e mi butto sul letto. È morbido e vorrei subito rifugiarmi sotto le coperte, ma mi ricordo che ho un’ora per prepararmi per la cena. Mi guardo intorno. È una stanza veramente bellissima. Ci sono anche dei quadri colorati appesi alle pareti. Mi piacerebbe saper dipingere, non so se lavorare con le torte conti come allenamento.
Entro nel bagno, c’è una vasca e una doccia. L’acqua esce calda direttamente dal rubinetto e si può decidere la temperatura. Nel distretto 12 non abbiamo acqua calda a meno che non la fai bollire. Sicuramente non abbiamo docce. È una bella sensazione sentire l’acqua che mi scorre addosso. Sembra persino acqua più pulita di quella del distretto. Tutto sembra migliore.
Nella mia stanza c’è un enorme armadio guardaroba pieno di vestiti. Sono tutti molto eleganti e colorati. Non so che scegliere, ma alla fine indosso dei pantaloni blu e una camicia. Dentro il treno la temperatura è regolata con qualcosa che si chiama termostato, quindi non sono obbligato a coprirmi anche se è sera come facevo a casa.  Ripiego con cura i vestiti che avevo prima. Sono il mio legame con la mia vecchia vita. Tiro fuori dalla tasca dei pantaloni il sacchetto con il pane di mio padre e lo appoggio sul comodino. Annuso il profumo che sa ancora di casa e esco per andare nella sala da pranzo. Le pareti sono rivestite da pannelli di legno dai finestrini il paesaggio scorre via indistinto. Sono il primo a essere arrivato e non so bene cosa fare. Cammino un po’ avanti e indietro per la stanza lunga. La porta scorrevole si apre e mi volto a vedere chi entra. È Haymitch.
-Oh, è ora di cena giusto?
È di nuovo ubriaco, o forse non ha mai smesso di esserlo –Sì. Sarebbe meglio che ti preparassi, Effie Trinket ha detto che..
-Non mi importa quel che dice quella specie di confetto- si avvicina a un mobiletto con sopra delle bottiglie di liquore, ne prende una e fa per andarsene –Dille che sono andato a fare un sonnellino.
Mi fa l’occhiolino come per mostrare una certa complicità, lo guardo disgustato ma non sembra accorgersene. Il nostro destino e in mano a quell’uomo. Se prima non speravo di vincere adesso non so neanche se sopravvivrò un giorno.
Lo guardo andare via barcollando. Mi siedo davanti a uno dei piatti di porcellana finissima. Neanche un bordo sbeccato, perfetti, decorati da una fantasia blu  a spirali. Anche i bicchieri sono bellissimi, di vetro sottile, ne prendo uno in mano. Sono anche molto leggeri. Tutto in quella stanza è così perfetto che sembra finto. Mi chiedo come dev’essere vivere tutti i giorni in quel modo.
-Dov’è Haymitch?
La voce di Effie Trinket mi richiama dal vano della porta, dietro di lei c’è Katniss.
È bellissima, i capelli sciolti che le ricadono sulle spalle morbide ma robuste. Il viso le splende di una luce diversa, ma gli occhi sono sempre cupi. Gli abiti della capitale le cadono bene sul corpo. Indossa una camicetta verde e dei pantaloni colore del bosco. Noto una spilla d’oro che ha appuntata sul vestito. Probabilmente le è stata regalata come porta fortuna del distretto. Ogni tributo può portarne uno nell’arena. Io non ne ho uno, non avevo pensato minimamente a qualcosa di simile, poco importa.
-L’ultima volta che l’ho visto ha detto che aveva intenzione di farsi un sonnellino
-Be’ è stata una giornata faticosa - commenta Effie. È evidente che è sollevata dall’assenza del nostro mentore.
La cena è indescrivibile, mai visto tanto cibo tutto insieme e non pensavo neanche potessero esistere così tante portate diverse. Minestre, insalate, costolette di agnello con purè di patate, formaggi saporiti e frutti freschissimi, alcuni mai visti. Per finire c’è una fantastica torta al cioccolato. È morbida, spumosa e non resta affatto pesante. In panetteria non possiamo permetterci il cioccolato per fare i dolci. Già ci diamo un gran da fare per avere lo zucchero che nel distretto 12 è sicuramente una rarità.
Nonostante Effie ci dica per tutto il pasto di lasciare posto per le portate successive, alla fine siamo entrambi più che pieni. Vedo anche Katniss che si ingozza e mi chiedo come deve essere per lei che fino ad ora ha combattuto ogni giorno con la fame. Anche per me è una bella novità d’altronde.
-Almeno voi avete delle maniere decenti, i due dell’anno scorso mangiavano tutto con le mani, come dei selvaggi. Mi hanno completamente guastato la digestione.
Al commento di Effie vedo come Katniss si irrigidisce. Non dice niente ma mangia le costolette d’agnello sporcandosi le mani più che può e alla fine si pulisce sulla tovaglia guadagnando una smorfia stizzita della maniaca delle buone maniere seduta a tavola con noi. Devo trattenermi dal ridere. Devo anche concentrarmi per tenere tutto il cibo che ho ingurgitato dentro al mio stomaco non abituato alle cene della capitale.
Finito il sostanzioso pasto ci trasferiamo in un altro vagone dove uno schermo hig tech ci mostra il riassunto delle mietiture. È la prima volta che vedo i miei rivali, ci sono ragazzi più grandi con lo sguardo fiero e determinato, ragazze non meno temibili, ma anche bambini spauriti come una ragazzina del distretto 11, dodici anni, pelle scura e una corporatura esile. Vedendola non posso far altro che pensare a Prim. Nessuno si è sacrificato per salvare quella piccola innocente. Rivedere la nostra mietitura fa strano. Osservare tutto dall’alto come distaccati da quello che sta succedendo. Come se quello che sale sul palco non fossi io, ma uno sconosciuto.
-Il vostro mentore ha molto da imparare su come dev’essere una presentazione. E sul comportamento da tenere in TV.
Il commento in pieno stile Capitol City mi fa troppo ridere, non riesco a trattenermi ripensando alla scena di Haymitch nel vagone ristorante che barcolla per raggiungere l’uscita.
-Era ubriaco. È ubriaco tutti gli anni.
-Tutti i giorni – aggiunge Katniss. Non so se interpretare il sorriso appena accennato come una sorta di complicità. Probabilmente anche lei è semplicemente divertita dal modo di pensarla di Effie Trinket. Che alquanto infastidita ci sibila contro
-Sì… Strano che voi lo troviate divertente… Saprete certo che, in questo programma, il vostro mentore è la vostra ancora di salvezza. Il vostro consigliere, che assicura il sostegno degli sponsor e decide per la consegna di ogni dono. Per voi, Haymitch può fare la differenza tra la vita e la morte!
La ramanzina mi fa riflettere. Dato che non abbiamo scelta sarebbe sicuramente meglio affidare le nostre vite a un Haymitch sobrio piuttosto che al puzzolente ubriacone che arriva nella stanza barcollando quasi di risposta alla provocazione di Effie.
-Mi sono perso la cena? – fa in tempo a farfugliare prima di vomitare sul tappeto sicuramente costosissimo e cadere a terra.
-Continuate pure a ridere! – esclama la nostra accompagnatrice stizzita e schifata al tempo stesso. Aggira il vomito con agilità su quella specie di trampoli che porta ai piedi e ci lascia soli.


Sempre io, con un nuovo capitolo. Volevo precisare che non seguo la lunghezza di ogni capitolo, ma li divido in base ai capitoli del libro originale quindi magari troverete capitoli più lunghi o più corti specialmente in queste parti in cui Peeta e Katniss sono insieme.
Happy Halloween (già che ci siamo) ciauu :)
-samubura-

 
   
 
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