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Autore: Patosangel32    31/10/2013    6 recensioni
E se Clary avesse sempre saputo di essere una Shadowhunter? Se Valentine l'avesse addestrata insieme a suo fratello Jonathan, il quale è solo un pupazzo tra le mani del padre? Avete mai provato ad immaginare cosa sarebbe successo se la rivolta non fosse mai scoppiata? Come avrebbero fatto Magnus e Alec ad incontrarsi? Ed Izzy e Simon? E possibile che due anime che siano fatte per stare insieme, si ritrovino sempre in qualunque circostanza?
Dal capitolo 15:
-“Potresti avere di meglio, Jace. Sono solo una ragazzina con problemi familiari che…” ha paura di amare.
-“Voglio te, e questo dovrebbe bastarti” mormorò Jace con voce soave. Riprese a baciarla ma poco dopo Clary si fermò. Di nuovo.
-“Hai aperto tu la finestra prima?” chiese Clary che aveva sentito un brivido di freddo accarezzarle la pelle laddove il corpo di Jace non la copriva.
-“No, sono stato io.” disse ad alta voce qualcun altro nella stanza.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Author's Corner:
Baldi, sono ufficialmente in vacanza dalla scuola quindi, ispirazione permettendo riuscirò ad aggiornare la storia in breve tempo.
Allora devo dirvi delle cosucce: la prima è che il rapporto tra Clary e Jonathan/Sebastian secondo questo punto di vista è davvero davvero diverso. Innanzitutto perchè nella vera storia questo rapporto non esiste. Ammettiamolo Clary non considera Jonathan come suo fratello, e lui figuriamoci! Si fa certi pensieri sulla sorella...
La seconda è che la What if? inizia davvero da questo momento ad essere viva. Non so quanto apprezzerete questi cambiamenti, se sembrano corretti o sono non-necessari, ma è così che s svolgono i fatti nella mia testa!
Have a nice reading e Lasciate una recensione se la storia vi piace, ma anche se non vi piace.
With love.
-A

Run away

To love is to destroy.
To be loved is to be destroyed.
Jace Wayland – City of Bones
 
 
 
 
-“Hai portato qualcosa che gli apparteneva?”
-“Non ho niente di lui. Ma posso staccare un capello, posso darti un campione di saliva o sangue.” Il ragazzo alzò sul naso gli occhiali che portava solo per estetica. E’ che paradossalmente non riusciva a vedersi senza.
-“Non funziona proprio così” La luce illuminò il ragazzo di fronte a lui che assunse un’aria sinistra, ma non faceva paura.
-“Sei  o no il Sommo Stregone di Brooklyn?” Occhi-di-gatto rise liberando nell’aria stupefacenti lucine azzurre.
-“Vampiri! Ragionano solo con la luce della luna” Così dicendo si avvolse in modo plateale nel suo mantello nero, che aveva un’aria piuttosto costosa.
 
Jace aveva fissato Clary fino a quando non era scomparsa dietro la porta. I capelli rossi ondeggiavano sulla sua schiena al ritmo della sua corsa, mentre la ragazza teneva stretto in mano quello che sembrava il Codice. Jace non poteva credere che stesse a studiare su quei libri. Insomma suo padre era Valentine Morgernstern.. Lei doveva essere nata con quelle cose incise a fuoco nel cervello, anche se da quello che si diceva ad Alicante Valentine era scomparso nel nulla la notte di tre anni prima insieme al figlio maggiore. Jace non sapeva come Clary avesse affrontato la notizia. Alec non si azzardava a fare domande,e quando Isabelle ci aveva provato il fratello l’aveva letteralmente fulminata con lo sguardo. L’Angelo solo, sapeva cosa sarebbe successo a Jace (per mano di Alec) se avesse osato informarsi.
Alec era abituato all’irrefrenabile curiosità di Jace, però gli piaceva ricordare al suo parabatai di non fare il rompiscatole. A Jace piaceva non ascoltare.
-“Che cosa le hai detto per farla correre via così?” disse Isabelle guardando prima la porta che sbatteva e poi Jace.
-“Che preferisco le bionde” disse Jace alzandosi di scatto. Alec lo guardò nascondendo un sorrisetto, non aveva mai sopportato molto Clary anche se la rispettava. Jace non gli aveva ancora confidato la particolare simpatia che provava verso la piccola Shadowhunter.
-“Jace..”
-“Sto scherzando.” Disse zittendo la paternale in arrivo da Isabelle. Lei scrollò le spalle un po’ infastidita e andò a prendere il posto di fronte ad un bersaglio, mentre il fratello le dava direttive su come migliorare la tecnica di tiro.
-“Dovresti lasciarla in pace, Jace” disse Alec avvicinandosi a lui in modo che Isabelle non potesse sentirlo. Jace lo guardò negli occhi e notò la sua serietà, non che Alec fosse il più grande racconta storie. Per quello c’era sempre Jace.
-“Alexander…”
-“Magari non pensa di te quello che tu pensi di lei” disse Alec abbassando subito lo sguardo. Jace si chiese come potesse sempre indovinare ciò che pensasse ancora prima di pensarlo. Alec lo leggeva come un libro aperto, e la cosa un po’ lo spaventava. Ma d’altra parte era esattamente ciò che succedeva a lui verso il suo migliore amico.
-“Tu come fai a …” le parole gli morirono in bocca. Alec gli sorrise visibilmente compiaciuto del fatto che lo avesse sorpreso. Jace alzò il solito sopracciglio e incrociò le braccia sul petto. Siccome Alec iniziava a tardare nel rispondere, Jace prese a ticchettare con il piede in modo snervante.
-“Ho visto come la guardi” sussurrò arrossendo di colpo. L’espressione del ragazzo passò dall’imbarazzo, alla rabbia, alla tristezza, alla delusione tutto in una volta. Poi cercando di recuperare un colorito naturale, afferrò la balestra. Jace notò che gli tremavano un po’ le mani e si chiese quale cosa lo turbasse di più se la capacità che aveva Alec di leggergli i sentimenti, o la sua gelosia.
-“Vi muovete voi due o avete intenzione di passare tutta la giornate qui dentro? C’è un po’ di cattivo odore dopo qualche ora. Voi ragazzi dovreste imparare a curare la vostra igiene” disse Isabelle interrompendo il loro sguardo eloquente. Alec serrò la mascella.
Ma nessuno dei due ragazzi disse più nulla.
 
Clary sbatté la porta fermandosi  a riprendere aria. Poi ricominciò a correre come se rimanere in quella stanza fosse sconcertante come per un vampiro stare al sole. Jace che rideva le tornò in mente come se non fosse bastato vederlo qualche istante prima, perché il suo cuore ricominciasse a battere ad un ritmo insostenibile.
Nella furia della corsa, non si accorse di una persona che veniva in senso opposto al suo e così le cadde di sopra.
-“Per l’Angelo! Che cosa è tutta questa fretta?” chiese la donna di fronte a lei. La sua voce le gelò il sangue nelle vene. Da arrossata che era il suo viso perse il colore naturale fino a quando non raggiunse il colore tipico di un corpo morto.
Imogen Herondale la guardava con i suoi occhi grigi e pietrificanti. Clary pensò che fosse assurdo scappare da un Herondale e imbattersi in un’altra, ancora peggiore.
-“Inquisitrice, mi dispiace.. io non..” Clary balbettava incapace di trovare le parole per scusarsi. La donna sembrava una statua di marmo avvolta nella sua tunica grigia con qualche runa ricamata qua e là in nero. I capelli biondi chiarissimi erano tirati all’indietro e conferivano al suo viso un’espressione truce. Questo spiegava le sue sopracciglia che formavano una lunga linea sottile.
-“Signorina Morgernstern” quasi sputò il suo cognome. Clary avrebbe voluto dirle che non piaceva nemmeno a lei, ma non avevano tutta quella confidenza. Così abbassò ancora di più gli occhi verdi fino a guardarsi la punta delle scarpe.
-“Come sta sua madre?” chiese con la solita voce fredda. Clary alzò la testa solo per rendersi conto che lo sguardo cattivo dell’Inquisitrice era diventato ancora più cattivo.
Come una che è stata abbandonata dal marito che non amava, costretta a tenere nascosto il suo migliore amico come il più grande assassino della storia, privata del figlio sbagliato e con una figlia adolescente in piena crisi ormonale.
-“Bene” disse alla fine. Poi si voltò e cercò di andarsene, ma non fu semplice quanto aveva pensato.
-“Clarissa” la chiamò. L’unica persona che usava quel nome per intero era stata la stessa che le aveva insegnato che ‘Amare significa distruggere ed essere amati significa essere distrutti’. Dire che l’ossigeno nei polmoni sembrava cemento, sarebbe stato un eufemismo.
Clary non si voltò, si fermò e basta con la paura che avrebbe rivisto il padre dagli occhi di ghiaccio.
-“Solo… Stia attenta” con quelle parole, Clary la sentì allontanarsi in un fruscio di stoffe.
Non riuscendo a trattenersi, iniziò a correre verso casa. Aveva un sacco di pensieri per la testa. Cercava di non pensare a suo padre, ma quando l’aveva chiamata per nome era come se si fosse oscurato tutto intorno a lei. Si era ricordata di quando per sbaglio, era capitata nella ‘sala giochi’ di Jonathan. Aveva visto il fratello maggiore con le mani piantate sul pavimento in ginocchio sui ceci. Aveva risentito la frusta del padre che tagliava la pelle della schiena del fratello. Non era riuscita a trattenere i singhiozzi e suo padre si era voltato di scatto, facendole correre un brivido per la schiena con un solo sguardo. Le aveva detto “Clarissa, va’ di sopra”. Clary aveva guardato la testa bionda del fratello come per cercare in lui la risposta alla domanda ‘come stai’. In modo impercettibile Jonathan aveva annuito e Clary era corsa in camera sua, sbattendo la porta per chiudere tutti quei ricordi fuori dalla sua vita. Ma non era bastato.
Clary si chiedeva se Jocelyn sapesse dei soprusi di Valentine su Jonathan, se avesse provato ad addolcire i metodi di addestramento di  Valentine, e se a Jonathan stesse bene così. Aveva sempre detto a Clary di voler essere forte anche più del padre, così un giorno avrebbe davvero aiutato a ‘ripulire’ il mondo.
Da quel giorno Clary aveva iniziato a non rivolgere più la parola al padre, a meno che non vi fosse costretta. Da quel giorno Clary aveva iniziato a sperare che Valentine sparisse dalle loro vite, fino a quando un giorno non l’aveva fatto davvero.
Clary si ritrovò a piangere lacrime grandi quanto gocce di pioggia.
Salì correndo le scale del porticato, ignorando la sedia a dondolo che si muoveva anche se nessuno c’era seduto sopra, anche se non ci fosse vento. Si fermò e annullò l’inganno creato dalla sua stessa runa. Luke le sorrise con affetto, ma poi assunse un’aria preoccupata.
-“Cosa succede, bambina?” le chiese avvicinandosi. Clary si guardò intorno per evitare che qualcuno pensasse fosse uscita pazza  tanto da parlare a nessuno.
La runa era una di quelle che non erano presenti nel Libro Grigio. Clary aveva dovuto cercarla, perché da quando Luke era diventato un licantropo tre anni prima, tutto il Conclave era sulle sue tracce. Ovviamente essendo un lupo mannaro, aveva rinunciato ai marchi, ma la runa che Clary aveva creato per lui era innocua sulla sua pelle. Era una specie di runa Mendelin, giusto un po’ più… potente ecco. Non solo funzionava con gli shadowhunters, nel senso che neanche i Nephilim avrebbero potuto vederlo, ma soprattutto se fosse stato necessario, Luke avrebbe persino perso la sua ‘materialità’. Bastava solo che Luke pensasse a qualcosa di non solido e chiunque avrebbe potuto passare attraverso di lui, senza sentire la sua presenza.
Jocelyn era stata preoccupatissima quando aveva sentito che Lucian Graymark aveva tutto il Conclave alle calcagna. Ma sua madre provava per quell’uomo un amore che non aveva mai dimostrato di avere. La cosa più bella è che Luke ricambiava. Per lui, Jocelyn era molto più che una donna capace di generare figli con poteri stra-ordinari. Era cotto di lei da quando avevano quindici anni, Clary lo sapeva.
-“N-niente”
-“Perché piangi, allora?”
-“Luke, possiamo parlarne dopo? Ok?” chiese Clary passandosi una mano sugli occhi. Il colore verde era ancora più lucente.
Luke le diede un bacio sulla fronte e ritornò sulla sedia a leggere un buon libro.
Quando Clary entrò in casa non chiamò la madre né gridò di essere tornata. Come continuava a fare da tutta la mattina corse in camera sua, sbattendo la porta alle sue spalle. Poi si lasciò scivolare fino a terra, si tirò le ginocchia al petto e cominciò a fare dei respiri profondi. La sensazione di quel magone in gola era terribilmente familiare, il bruciore agli occhi e la convinzione di non poter far niente erano spaventosamente noti.
Continuò a contare i suoi respiri, cercando di non sentire il cuore martellare dietro il petto. Poi l’immagine di Jace che la chiamava Carotina, le fece serrare gli occhi. Il suo cuore aveva ripreso a battere velocemente, come se fino a quel momento si fosse riposato, e più carico di prima pulsava sotto il petto della ragazza.
Non tutto l’amore è cattivo, Clary, le ripeteva la madre, quello di tuo padre e di tuo fratello sono cattivi.
Ma Clary sapeva che Jocelyn aveva sofferto per amore, perché suo figlio le faceva paura e perché suo marito era un pazzo. Persino nelle più grandi storie d’amore, i personaggi soffrono. Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta non sono forse morti perché erano follemente innamorati?
-“E’ una follia” sussurrò contro i palmi delle sue mani.
   
 
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