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Autore: HooliganStory    01/11/2013    1 recensioni
"Viviamo in una giungla, Destiny. In questa giungla ci sono prede e predatori e, ti dirò, se non impari a cacciare, rimarrai per sempre una preda. Ma in questo caso, solo in questo caso, ti assicuro che saper cacciare non ti basterà. Sei nella giungla, nella mia giungla. E in questa giungla non puoi fuggire."
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Fine Novembre, Honolulu. 

Il freddo, la pioggia che in poco tempo forse si sarebbe tramutata in neve ed una strada immersa nella foschia. Le gocce picchiettavano sulle foglie di un albero posto nel giardino di una delle case sulla destra, probabilmente una delle più grandi e meglio esposte. L'acqua bagnava il terriccio umido posto nel retro dell'abitazione, dove la madre di Destiny Moore, la ragazza che vi abitava, usava piantare fiori di ogni genere. Puntualmente però, la signora Moore, dopo circa pochi giorni dalla piantagione, li ritrovava spezzati o solamente piegati al suolo.
Entrava spesso in casa a rimproverare di conseguenza il cane, che riteneva colpevole della distruzione del suo piccolo angolo fiorito, inconsapevole del fatto che in realtà la vera colpevole fosse la velenosa gatta dagli occhi maligni dei vicini a farsi le unghie scavando oppure mangiando i gambi dei fiori. Così, il povero cane, subito dopo averla guardata con occhi innocenti di chi si ritrova accusato di qualcosa e rimproverato, scappava scivolando sul pavimento lucido e inciampava nelle scale rivestite di moquette che raggiungevano il piano superiore. Lì, non esitava nel rifugiarsi nella camera di Destiny, accucciandosi sopra il letto, tra le coperte calde. La ragazza di solito sedeva sulla scrivania posta di fronte all'enorme finestra che dava direttamente sul quartiere, leggendo uno dei suoi libri preferiti. Si cibava di quelle pagine ancora e ancora, come quando si diventa assuefatti dal proprio piatto preferito. Quei libri la colmavano, la salvavano dalla vita di una diciassettenne moderna. Non si trattava di discoteche, vita notturna o di altri stereotipi di quell'età. No. La sua vera vita era composta da occhi gonfi contornati dalla matita e dal mascara sciolti, dei capelli arruffati, dalle felpe enormi, da internet, dal suo blog, dall'amore non corrisposto. Destiny credeva nell'amore con tutta se stessa, anche se quest'ultimo l'aveva schiaffeggiata non poche volte.
Non era nuova a sconfitte di quel genere.
Quale sarebbe stato il miglior modo per cercare di combattere il dolore, se non immedesimarsi in quello dei personaggi dei suoi libri preferiti? Con una matita nella mano destra, sfogliava le pagine, sottolineando tutte le frasi che più la colpivano.


"Diamine, questa è davvero fantastica... Mio Dio, questa sono io!"

Le capitava spesso di dire mentre calcava le delicate pagine con la punta morbida di una matita appena temperata, per poi portare la fine di essa alla bocca e morderla, come una sorta di antistress.
Così, anche quella sera, il tutto si stava svolgendo normalmente.
Destiny sentì la madre rimproverare il povero cane, le zampe di quest'ultimo picchiettare sulle scale e le unghie tagliate da poco graffiare la porta chiusa. Scese dalla scrivania, ponendo la matita sulla pagina su cui si era fermata, utilizzandola come segnalibro. Si diresse verso la porta e fece scattare la serratura per poi girare il pomello, così fece entrare Bingley, il suo labrador, nella sua stanza. Il piccolo la guardò con occhi pietosi, muovendo la coda velocemente e buttandosi a terra a pancia in su, in richiesta di coccole. Destiny sorrise, chiuse la porta e si chinò verso l'animale, grattandogli lo stomaco e osservandolo scodinzolare.

-"Non badare a cosa dice mamma, io lo so che non sei stato tu.."
Gli sussurò poi complice, osservando la reazione di Bingley, che sembrava aver capito che lei fosse dalla sua parte. Così, tornò sulle quattro zampe e saltò sul suo letto, rotolandosi tra le coperte, cercando una posizione adatta ad osservare la ragazza mentre risaliva sulla scrivania.
Destiny gli diede un colpetto sul dorso, per poi arrampicarsi di nuovo sulla sedia e accomodarsi con le spalle al muro e i piedi penzolanti. Stava per riprendere il libro, quando la suoneria del suo cellulare la fece voltare verso di esso.
Lo afferrò e sbloccò lo schermo con un veloce tocco, per poi selezionare i messaggi in arrivo.
Era Ginny, la sua migliore amica.


"Ho appena visto Shane con una ragazza... E non stavano parlando."

Lesse e rilesse quel messaggio, perplessa. Poi guardò nuovamente Bingley, che nel frattempo si stava reggendo sulle zampe anteriori, guardandola come per dire "Beh? Cosa dice il messaggio?"
Destiny aprì di poco la bocca, per poi serrarla velocemente ed inghiottire una quantità di saliva che sperava avrebbe fermato il pianto in arrivo. Ovviamente, non ci riuscì. Le labbra cominciarono a tremare contro la sua volontà, gli occhi si velarono e una lacrima cadde sul suo pigiama, espandendosi a poco a poco per le fibre del tessuto.  Velocemente, pur vedendo tutto sfocato, compose un messaggio: "Tutto bene con la febbre a casa?"                                         
Destinatario: Shane.
Stava per premere il tasto "invia" quando per l'ennesima volta si fermò, lo lasciò in bozze e posò violentemente il cellulare sulla scrivania, raccogliendo le ginocchia verso di lei e posando la testa tra queste.
A che le sarebbe servito?
Shane non era il suo ragazzo, per lui non aveva importanza. O almeno, non ne aveva più. C'era stato qualcosa tra quei due, che lui aveva comunque sotterrato. Lui sapeva solo dire "Mi manchi", ma non tornava. Sapeva chiederle di rimanerci amica, ma senza leggerle negli occhi quanto lei avrebbe voluto dire "no".
Sapeva ancora illuderla benissimo, ma non sapeva cosa significava amare per quanto lei lo amava. Lo amava ancora. Si chiedeva come facessero le altre ragazze a dimenticare persone che per loro erano state importanti.
Era lei sbagliata? O lo erano le altre?
Si definiva spesso "un difetto di fabbrica", quando scherzava con la sua migliore amica Ginny. Ma lo pensava sul serio, pensava di essere diversa in modo negativo.
Come poteva non pensarlo, se ancora dopo mesi e mesi non faceva altro che amare lui?
Il passato non era per niente tale.
La trapassava, le passava addosso, ma non passava ma
i. 

  
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