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Autore: The Edge    01/11/2013    1 recensioni
E' la storia di una ragazza che vive con il padre e due fratelli più piccoli, la madre li ha abbandonati senza fare una piega e di colpo il marito deve crescere da solo ben tre figli.
Ma Robin non vuole arrendersi, vuole sapere assolutamente il motivo per cui sua madre li ha lasciati da soli. Inoltre lei deve essere forte, sia per se stessa, che per suo padre, che per i suoi due fratellini.
Robin non è da sola, c'è Juliet che le da conforto e amore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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A Silvia, perché lei c'è sempre, e con le sue parole mi ricorda quanto valgo.
A Manuel, che mi ha gentilmente prestato il  nome.
A Luca, che mi ha restituito il sorriso.
Grazie ragazzi, vi voglio bene.

 




«E tu chi saresti?»


Scosto una ciocca di capelli che mi copre il viso e guardo il mio interlocutore.
È un ragazzo di circa vent’anni, i suoi occhi sono blu come il mare e ha un bel sorriso.
«Robin, mi chiamo Robin. Lavoro qui da circa una settimana.» rispondo cortesemente, nonostante questo tizio abbia parlato un po’ a sproposito.
Il ragazzo sorride e mi porge la mano «Io sono Manuel, e sono l’addetto al reparto infanzia.»
«Come scusa?» domando, non sono sicura di aver capito bene.
«Ma come? Miles non ti ha detto nulla? Beh, te lo dirò io. Dunque, in questa libreria c’è il reparto infanzia, ovvero c’è una stanza dove tre volte a settimana vengono dei bambini a leggere storie. E io devo sorvegliarli e tenere a bada i più piccoli mentre le mamme hanno la possibilità di andare nei negozi accanto.»


Diciamo che Miles non mi ha detto proprio nulla, anzi.
Corrugo la fronte a questa considerazione, insomma, poteva anche accennarmi qualcosa, no?
Manuel mi sorride e con un’alzata di spalle dichiara «So cosa stai pensando, ma stai tranquilla, non è un comportamento tipico di Miles. È un caso che sia successo, di solito è una persona molto precisa.»


Dopo questo piccolo inconveniente, riprendo a sistemare i libri sugli scaffali, mentre Manuel si dirige verso il bancone e accende il computer.
«Come mai hai iniziato a lavorare qui?» mi domanda.
«Ho bisogno di soldi per mantenere la mia famiglia.» dichiaro, fingendo di essere completamente a mio agio.
«Siamo in due: benvenuta nel club, sorella.» mormora a bassa  voce, guardando il pavimento.
Sospiro, possibile che ci siano altre persone oltre a me che debbano mantenere la propria famiglia?
Perché sta succedendo tutto ciò?
Io, Brian e ora anche Manuel.
Perché?


 
***


Il tempo passa in fretta, sempre più velocemente.
Ormai è quasi un mese che lavoro nella libreria del padre di Miles, e mi trovo decisamente bene.
Con il mio primo stipendio potrò pagare ciò che rimane di una vecchia bolletta della luce, mancano giusto pochi spiccioli.
Natale si avvicina, mancano giusto due settimane.
Natale… Devo fare un regalo ai miei fratelli, a mio padre e alla mia ragazza.
Non so cosa fare, ho paura che non bastino i soldi.
Detesto tutta questa situazione, odio il fatto di dover rinunciare a tante cose e di non riuscire a conservare niente.
È un circolo vizioso tremendo.
La mattina la passo in libreria, il pomeriggio vado a fare da babysitter ai miei vicini di casa, passo sempre meno tempo con i miei fratelli, li vedo solo quando dormono.
Mio padre sta cercando lavoro, ma ormai fa fatica anche lui, per via del fatto che non si è del tutto ripreso dalla sua malattia e quindi i negozi preferiscono assumere giovani, o per lo meno persone “sane”, come se mio padre sia un malato terminale di cancro!
Mi fa salire una tale rabbia…
Riesco a sentire Juliet solo durante la pausa del pranzo, e mi manca da morire.
Stare lontana dalla mia ragazza è forse la rinuncia più grande.
 




All’improvviso squilla il mio cellulare, è mio padre.
Che sia successo qualcosa di grave?
«Pronto?»
«Ciao tesoro, ti disturbo?»
«Nono, dimmi pure.»
«Ascoltami… voglio che tu ti prenda una vacanza.»
«COSA?» urlo nella cornetta. Non ci posso credere, siamo qui, che facciamo fatica a pagare le varie bollette e mio padre mi parla di vacanze?
«Immaginavo che avresti reagito così, ma lo dico per il tuo bene. Sei stanca, sei stressata, lavori tutto il giorno senza fermarti. Non posso permettere che mia figlia si riduca così, non ce la faccio più ad assistere a tutto ciò. Stamattina mi ha chiamato Juliet, voleva sapere come stavi. Non ce l’ho fatta e le ho detto che ormai questi ritmi lavorativi ti stanno distruggendo.» la voce di papà è bassa, velata dalla preoccupazione.
Inghiotto la saliva, sento gli occhi inumidirsi, possibile che…?
«Mi sono reso conto che sei dimagrita improvvisamente, le ho viste le tue occhiaie. Sono fiero di te, ma ti prego, non fare tutto da sola.
Lascia che anche io faccia la mia parte, per favore. Sei sempre la mia bambina, e le tue giovani spalle non possono reggere ancora tutto questo peso.»


Scoppio a piangere, stringo con più forza il mio cellulare e sento mio padre sospirare «Tata, mi rendo conto che è difficile. Credimi, se io fossi giovane come te, avrei fatto lo stesso. Ma siccome sono un vecchio matusalemme, so che devo comportarmi in modo diverso.
La mia bronchite mi ha messo fuori gioco per troppo tempo, ma ora la questione è più importante. Devo riprendere in mano le redini della faccenda, sei d’accordo?»
«Sì, ma io voglio aiutarti.»
«Accetto volentieri il tuo aiuto, ma prima mi devi promettere che ti farai una vacanza con Juliet, è preoccupata per te. Ti prego, non lasciare che questo periodo buio ti allontani da lei.»


Non voglio che succeda, la mia ragazza è la cosa più bella che mi sia mai successa in tutta la mia vita.
«Promesso.»


 
***


Busso alla porta, ho in mano un mazzo di rose bianche che ho comprato all’angolo della strada dal mio amico fiorista.
«Ro-Robin?» balbetta.
La abbraccio delicatamente, affondo il viso nell’incavo della sua spalla e mormoro uno «Scusa.» contro la sua pelle.
Un braccio mi cinge la schiena «E di cosa?»
«Passo sempre meno tempo con te…» sussurrò a bassa voce, non ho nemmeno la forza di alzare gli occhi e guardarla.
Sono terribilmente dispiaciuta, non voglio farle del male, non voglio farmi del male.


Lei non mi risponde, si limita ad aumentare la stretta del nostro abbraccio. Sento il suo respiro accarezzarmi la pelle, solo ora mi rendo conto di quanto mi sia mancato stare tra le sue braccia.
Juliet posa un bacio sulla mia spalla, sopra alla stoffa della mia camicia e sospira «Io ero semplicemente preoccupata per te. Mark mi ha raccontato dei tuoi sforzi e del fatto che sei stressata. Ti prego, non chiuderti a riccio come tuo solito. Lascia uno spiraglio, per me.»  si interrompe per portare le mani attorno al mio viso «Fallo per me, non isolarti. In due i problemi si risolvono più in fretta.»


Sento che da un momento all’altro potrei mettermi a piangere, la stringo più forte e chiudo gli occhi.
Mi aggrappo a lei come se fosse la mia ancora di salvezza, è l’unica che può aiutarmi. Ho bisogno di Juliet.
«Robin…»
«Dimmi.» ho la bocca impastata e la voce tremante.
«Vieni con me in Svezia, ti va?»
Spalanco gli occhi e la guardo interrogativa «Come?»
Lei mi sorride e mi da un bacio sul naso «Tu hai bisogno di una vacanza, devi distrarti e ricominciare a stare bene. Mia mamma mi ha spedito due biglietti per l’aereo.»


Le lacrime che tentavo di trattenere cominciano a scorrere lungo le mie guance.
Juliet avvicina il viso al mio e mi da un leggero bacio «Lo prendo come un sì.»
  
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