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Autore: AllMostersAreHuman    01/11/2013    0 recensioni
« Neville! » esclamò, prima che lui scomparisse. « Sei stato davvero coraggioso a rifiutarti di usare la Maledizione Cruciatus sui ragazzi del primo anno. Non tutti l’avrebbero fatto ».
Il sorriso che spuntò sulle labbra del ragazzo le fece perdere un battito cardiaco.
Genere: Fluff, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hannah Abbott, Neville Paciock, Un po' tutti | Coppie: Hannah/Neville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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BEHIND THE SCENES.

« Congratulazioni, signor Abbott - è una bambina deliziosa ».

Reginald Abbott - che stava andando avanti ed indietro per tutta la lunghezza del corridoio - si fermò di colpo, non appena udì quelle parole. Asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto, sorrise al medimago e si lasciò guidare nella stanza dove sua moglie - Margareth - stava tenendo fra le braccia un piccolo fagotto, seduta su un letto. Con passi lenti e timidi, si avvicinò al capezzale del letto, distendendo le labbra in un sorriso sempre più grande - emozionato. In quei pochi secondi, rivide i momenti più belli della sua vita: quando era stato accettato ad Hogwarts, quando aveva conosciuto Maggie - la donna della sua vita -, quando lei aveva accettato di sposarlo e quando gli aveva dato la lieta notizia. Accarezzò la spalla di sua moglie, non trovando niente da dirle - niente che riuscisse a far uscire dalla sua gola secca - e, con gli occhi lucidi, posò lo sguardo sulla sua piccola bambina. Sua figlia (questa parola gli fece provare un forte calore all’altezza del petto) stava dormendo, cullata dalle braccia della madre, e si stava succhiando il pollice; e - in questo modo - il signor Abbott poté notare le guance piene e morbide della neonata, le sopracciglia piumose ed i radi capelli biondi.

« Non ha pianto quasi nulla, Reg » sussurrò al marito la donna, tenendo gli occhi fissi sulla bambina e sorridendo. « E’ così buona - si è addormentata quasi subito ».

« Sai già che nome darle? » l’uomo, con delicatezza, strinse la manina della neonata - tirando lievemente, per toglierle il dito dalla bocca. La piccola, serrando le manine in due piccoli pugni - sbadigliò ed aprì gli occhi castani.

« Volevo chiamarla ‘Hannah’, ha un suono così dolce! » Margareth sorrise e spostò il peso della figlia su un braccio solo, per liberare l’altra mano e per poterle accarezzare una guancia - con il dorso del dito indice.

« E’ un nome perfetto! ».

[…]

In uno dei primi giorni di luglio, quando il sole rendeva impossibile qualsiasi attività fuori casa, un gufo bruno - dagli strani modi pomposi - giunse a casa Abbott, portando nel becco una lettera, racchiusa in una curiosa busta gialla - da cui si potevano ben scorgere dei caratteri eleganti, scritti con un inchiostro verde smeraldo. Il gufo in questione iniziò a graffiare il vetro con la zampe, richiamando l’attenzione dei coniugi Abbott. Immediatamente, l’uomo spalancò la finestra - permettendo al volatile di entrare nella cucina e di far cadere la busta gialla sul tavolo. Margareth, con il solito sorriso stampato sulle labbra, prese la lettera fra le mani. Era indirizzata - proprio come supponevano - alla loro bambina, ad Hannah.

« Reginald, vai a chiamare Hannah. Non vedo l’ora di leggerla! » la donna posò l’epistola sul tavolo della cucina, per poi sedersi su una delle sedie - con l’impazienza dipinta sul volto.

« Non potremmo darle… ecco, una sbirciatina? » il signor Abbott fece scorrere lo sguardo dalla moglie alla missiva, per poi riportarlo sulla donna. « D’altronde siamo i suoi genitori, non credo ci sia nulla di male ».

« Reg, mi stupisci. La lealtà non era una qualità dei Tassorosso? » ribatté scherzosa la donna.

Prima che l’uomo potesse controbattere a sua volta, una ragazzina dalla faccia rosea e con lunghi capelli biondi - raccolti in due codine - entrò allegra. Hannah Abbott aveva già compiuto i suoi fatidici undici anni e - come la maggior parte dei bambini magici della sua età - aveva già dimostrato di essere una piccola strega, di possedere la magia nelle sue vene. Più di una volta, poco più che una piccola bambina, aveva mostrato al proprio padre o alla propria madre come riuscisse a far volare tutti insieme - come in un unico, piccolo sciame - i fili d’erba che strappava; l’aveva scoperto giocando con altri bambini. Oppure, quando una cosa le cadeva nel piccolo stagno di fronte a casa, riusciva a farsela riportare sulla sponda - concentrandosi sull’acqua. Non aveva mai ben capito come potesse farlo, prima che i suoi genitori - una sera - le spiegassero cosa lei era, in realtà. Le dissero che anche lei, proprio come il suo papà e la sua mamma, avrebbe frequentato Hogwarts - la scuola migliore di magia e stregoneria, in tutta l’Inghilterra - ed avrebbe posseduto una bacchetta tutta sua. Le parlarono di ciò che si trovava dietro al muro de ‘Il Paiolo Magico’ - uno dei luoghi preferiti della piccola Hannah - e delle tante altre meraviglie che avrebbe scoperto da sola da lì a poco. Da allora aveva vissuto con l’ansia e la paura che la sua lettera non arrivasse o che - anzi - arrivasse, ma che dicesse semplicemente che lei non era idonea per frequentare Hogwarts. Tanti dubbi le affollavano la mente, tante insicurezze. E se non fosse stata smistata in nessuna delle quattro Case? Conosceva bene le qualità che ognuna richiedeva e lei non sapeva proprio dove sarebbe finita. E se avesse trovato le materie troppo difficili? E se fosse stata espulsa perché non ‘abbastanza competente’? Delle volte - soprattutto con il sopraggiungere del giorno fatidico - a malapena riusciva a chiudere gli occhi e riposare, per la paura.

« Mamma, papà - avete visto il libro delle fiabe di Beda? Non lo trovo da nessuna parte ».

Hannah guardò entrambi i propri genitori, chiedendosi dentro di sé perché la stessero osservando in quel modo. La risposta le giunse subito, quando la madre le posò fra le mani una lettera - chiusa con una busta gialla, su cui c’era scritto il suo nome ed il suo indirizzo con un inchiostro verde smeraldo. Dentro c’era scritto che lei - proprio lei - aveva diritto a frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, il primo settembre.

Sorrise radiosamente. Poteva essere più felice di così?

[…]

Le compere a Diagon Alley furono molto divertenti per Hannah, che - finalmente - poteva osservare per la prima volta l’essenza vitale del mondo magico. La farmacia - con il suo odore nauseabondo. Il ghirigoro - con i suoi innumerevoli libri, che parlavano di qualsiasi argomento e che potevano avere le dimensioni più disparate. Il negozio di Madama McClan - dove si potevano far fare immediatamente tutti gli abiti che si volevano. L’Emporio del Gufo - un posto buio, dove aveva comprato il suo Barbagianni, Paddy. La Gringott - piena di Folletti e di storie sulle camere blindate. Addirittura, a detta di suo padre, in quella banca c’erano anche dei draghi - a sorvegliare i vari tesori nascosti. Ogni negozio regalava ad Hannah un’emozione così forte che continuava a sentire dei vuoti d’aria nello stomaco - gli stessi che si possono provare quando si cade da un’altezza più o meno alta. Però, nessun posto le piacque come il negozio di bacchette di Olivander. A prima vista - Olivander - le sembrava un po’ pazzo o, comunque, non pienamente normale, ma l’era piaciuto subito - come persona. Era rimasto molto calmo, dopo che neanche la quarta bacchetta la scelse come sua padrona - anzi - sembrava molto contento della ‘sfida’. Alla fine, la sesta bacchetta si rivelò giusta: ebano e peli di unicorno, otto pollici e mezzo, elastica.

« Allora, sei pronta per il grande giorno? » le chiese il padre gaiamente, dopo aver acquistato la bacchetta.

Hannah sorrise nervosamente ed annuì. Era pronta per affrontare il viaggio - sull’espresso per Hogwarts - ed era pronta per quello che sarebbe successo subito dopo. Non vedeva l’ora di ‘affrontare il suo destinò - come aveva detto sua madre - e di apprendere la conoscenza magica. Voleva rendere fieri i suoi genitori e, soprattutto, voleva essere orgogliosa di se stessa.

[…]

« Scrivici, non appena puoi - tesoro » le disse all’orecchio sua madre, mentre la stava abbracciando.

Hannah era emozionata. Anzi, era completamente elettrizzata. Il senso di nostalgia, che l’aveva attanagliata durante il viaggio per la stazione di King’s Cross, era stato del tutto offuscato non appena aveva attraversato la barriera per raggiungere il binario nove e tre quarti. La grossa locomotiva sbuffava - intimando tutti gli studenti di salire a bordo - ma lei, non riusciva ancora a salutare i suoi genitori. Suo padre - un ex Tassorosso - la guardava con i suoi grandi occhi castani e le sorrideva, cingendo le spalle di sua madre - una fiera ex Grifondoro - che, minuta e bionda proprio come lei, cercava di trattenere gli occhi lucidi.

« Mi raccomando, non capitare in Serpeverde - Hannah » ridacchiò il padre, ricevendo una sonora gomitata da parte della moglie.

La ragazzina attaccò a ridere e cercò di imprimersi bene nel cervello l’ultima immagine dei suoi genitori, mentre cercava di salire sul treno. Tirando con tutte le sue forze il baule pesante, cercò uno scompartimento libero - trovandone uno al secondo tentativo - e, lasciato il suo bagaglio per terra, si affacciò al finestrino per salutare ancora una volta suo padre e sua madre. Quando il treno partì - portandosi dietro gli ultimi addii - Hannah si concesse un lungo sospiro. Aveva la pelle d’oca e lo stomaco sottosopra, non vedeva l’ora di arrivare e di essere smistata - ma si rese conto solo in quel momento che non sapeva come si svolgeva l’assegnazione degli studenti alle varie Case. Sgranò gli occhi e trattenne un sospiro. Aveva fatto così tante domande su tutto, che - alla fine - si era dimenticata quella più importante. Scosse la testa, rassegnata - quando la porta scorrevole dello scompartimento si aprì, facendo entrare una ragazza dai capelli folti e bruni e dai dai denti davanti piuttosto grandi ed un ragazzo dalla faccia tonda, in lacrime.

« Scusa, Neville ha perso il suo rospo. Per caso l’hai visto? » la ragazza - con un tono autoritario - setacciò con lo sguardo tutto il compartimento in cerca dell’animale.

« No, mi dispiace » scosse la testa bionda, sballottolando le due codine a destra ed a sinistra. « Ma - ehi! - non ti preoccupare, Neville. Sono sicura che lo troverai ».

Hannah sorrise dolcemente, cercando di rincuorare il bambino scosso dai singhiozzi silenziosi che - non appena sentì le sue parole - annuì lentamente, cercando anche di restituirle il sorriso. Dopo che se ne furono andati, nello scompartimento entrarono altre due bambine che si misero a parlottare concitatamente fra di loro - ignorando Hannah che, tranquillamente, osservava il paesaggio fuori dal finestrino. Tra i vari risolini - però - la ragazzina riuscì a carpire un paio di frasi come “Proprio lui, Harry Potter” e “Chissà se ha davvero la cicatrice”. Un lampo le attraversò la mente; Harry Potter. Suo padre le aveva raccontato la storia di quel ragazzino, che doveva avere - più o meno - la sua età. Però, non riusciva a capire perché questa gente doveva stargli così addosso. Certo - per carità - aveva in qualche modo aggirato la morte, ma aveva perso i genitori ed era cresciuto orfano. Non c’era bisogno di stargli appresso, ricordandogli qualcosa che - sicuramente - non lo faceva stare bene. Anche se, nel profondo, era anche lei molto curiosa.

[…]

Quando il Cappello Parlante incominciò la sua filastrocca, Hannah sorrise involontariamente; ecco cosa avrebbe dovuto fare, avrebbe solo dovuto indossare un cappello vecchio e sgualcito - niente di più semplice. ‘Niente di più semplice’ continuava a ripetersi dentro di sé, eppure continuava a sentire le gambe molli e lo stomaco sottosopra.

« Abbott Hannah! » chiamò la strega alta, dai capelli corvini, vestita di verde smeraldo - che teneva in mano una lunga pergamena contenenti tutti i nomi dei
ragazzi che sarebbero stati smistati.

La ragazzina, con il cuore in gola, si fece avanti - cercando di passare in mezzo alla marea di ragazzini pietrificati al loro posto, in attesa del loro turno. Nella foga del momento, diede una sonora gomitata ad un ragazzino paffuto - che teneva saldamente fra le mani un grosso rospo gracidante - e, prima di potersi girare a chiedere scusa, Hannah inciampò davanti alla professoressa McGranitt ed arrossì violentemente sulle guance. Con lo sguardo basso - cercando di non pensare alla sua brutta figura - si sedette sullo sgabello ed indossò il cappello che, per sua somma gioia, le ricadde sugli occhi.

« Vediamo che cosa abbiamo qui » le sussurrò una vocina all’orecchio. « Noto che abbiamo una strega dalla grande pazienza e che non si scoraggia alla prima delusione. Bene, molto bene. Vedo anche del coraggio ed un buon cervello - ci sono. TASSOROSSO! » quest’ultima parola risuonò in tutta la Sala Grande, provocando gli applausi entusiasti del tavolo a destra.

[…]

“… una strega dalla grande pazienza”.

« Ahi » il ragazzo strizzò gli occhi e dilatò le narici, inspirando forte per sopportare il dolore.

« Scu-scusa, Neville. Ti ho fatto tanto male? » le sopracciglia bionde di Hannah si aggrottarono, mentre si morsicava nervosamente il labbro inferiore.  « Davvero, scusami. Avresti dovuto farti guarire questi tagli con la magia, io n-non sono brava a disinfettare le ferite ».

« Non preoccuparti, Hannie » Neville sorrise, cercando di non apparire grottesco - viste le condizioni drammatiche con cui si presentava il suo viso. « Sei l’unica qui ad avere un minimo di delicatezza. Seamus ha subito le pene dell’inferno sotto le amabili cure delle gemelle Patil. Inoltre, credo che solo Madama Chips riesca a guarire le ferite con la magia, senza far perdere un orecchio al malcapitato ».

La ragazza bionda sorrise incerta, tornando a curare la spaccatura profonda che il ragazzo aveva sulla guancia. Quanto tempo era passato dal giorno del suo Smistamento? Troppi anni o troppo pochi? Quand’è che tutta la situazione ad Hogwarts si era rivoltata del tutto, portando Piton al ruolo di preside ed i Carrow a quello di insegnanti? A lei, in realtà, sembrava soltanto ieri che il Cappello Parlante le rivelasse la Casa in cui sarebbe stata meglio. Eppure, tutto era cambiato - lei per prima. Non portava più i suoi lunghi capelli biondi stretti in due code, non era più la bambina impacciata che cadeva in ogni singolo gradino della sua scuola, non aveva più paura di combattere per ciò in cui credeva. Hannah alzò lo sguardo verso l’arazzo della sua Casa di appartenenza: un tasso nero su sfondo giallo; per molti ragazzi di quella scuola, i Tassorosso erano un branco di inutili smidollati, che erano buoni soltanto a farsi sfruttare dal resto del mondo. Lei non si sentiva un’inetta, a dirla tutta. Aveva combattuto la Umbridge al fianco dell’ES, infischiandosene del pericolo di essere espulsa o - peggio - torturata. Aveva sempre creduto in Harry Potter, nonostante molti dei suoi compagni le avessero dato addosso, l’anno scorso, dicendo che era solo un bugiardo e che lei avrebbe fatto meglio a credere a ciò che raccontava La Gazzetta del Profeta. Lei non era una smidollata.

« E’ meglio che vada a vedere cosa stanno combinando Ernie e Michael » Neville si alzò, ridestandola dai suoi pensieri.

« Neville! » esclamò, prima che lui scomparisse. « Sei stato davvero coraggioso a rifiutarti di usare la Maledizione Cruciatus sui ragazzi del primo anno. Non tutti l’avrebbero fatto ».

Il sorriso che spuntò sulle labbra del ragazzo le fece perdere un battito cardiaco.

[…]

« Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts » annunciò Voldemort. « Non vi saranno più Case. Lo stemma ed i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock? »

Hannah, con un’andatura un po’ traballante ed il viso pesto, cercò di farsi spazio - stringendo spasmodicamente la propria bacchetta - tra le varie persone che se ne stavano immobili, congelate, ad ascoltare le parole di quel mostro. Non appena riuscì a scorgere ciò che tutti stavano guardando, sentì i propri muscoli paralizzarsi: Voldemort stava puntando la sua bacchetta sul volto di Neville e - lì vicino - c’era anche, in bella mostra, il corpo senza vita di Harry Potter. Schiuse le labbra, sgranando gli occhi. Harry Potter, la loro unica salvezza, era morto? Tutto ciò non era possibile, lui non poteva essere sconfitto - non in quella stramaledetta guerra, non contro colui che avrebbe trascinato l’intero Mondo Magico nel baratro.

« Il nostro Neville ora dimostrerà che cosa accade a chiunque sia così sciocco da continuare ad opporsi a me » annunciò Voldemort, e con un guizzo della bacchetta incendiò il Cappello Parlante.

Tutto ciò che accadde in quei secondi diede una sferzata di coraggio a tutti quanti; dai confini del parco centinaia di persone varcavano le mura, innalzando urla di guerra. Con il rumore assordante - prodotto dalla folla, dal frastuono dei corpi dei giganti che cozzavano, la carica dei centauri - nessuno poté sentire il colpo che Neville inflisse all’enorme serpente. Prima che riuscisse a vedere qualsiasi altra cosa, venne spinta dentro la Sala d’Ingresso - dove cercò, insieme a Seamus Finnigan di scansare tutti gli incantesimi che venivano lanciati loro contro. Qualcosa o qualcuno, però, venne in loro aiuto - proteggendoli con un qualcosa di molto simile ad un Sortilegio Scudo. Hannah si girò, ma non vide nessuno che poteva averli aiutati a non morire.

[…]

Diciannove anni dopo.

« Neville, amore, sei sicuro di aver preso tutto? » Hannah sorrise, guardando il marito da dietro il bancone de Il Paiolo Magico - di cui era la proprietaria. « I tuoi guanti da giardinaggio? I tuoi vari attrezzi? »

« Sì, tesoro, ho preso tutto! » Neville sorrise e picchiettò con la mano una valigia - posata sopra il bancone - per poi allungare il volto e scoccare un casto bacio sulle labbra della donna, che sorrise. « Non vedo l’ora di vedere Frank a scuola, sai - per vedere il suo Smistamento »

Hannah sorrise, annuendo con la testa. Frank Jr. Paciock era molto simile al padre, sia fisicamente che caratterialmente. Aveva dei capelli castani indomabili, soprattutto perché Frank evitava la spazzola come la peste, e degli occhi scuri molto intelligenti e profondi. Non c’era giorno in cui quel ragazzo non ne combinasse una delle sue, con i suoi soliti scherzi alla sorella - Alice Jr. Paciock. Era un ragazzino spavaldo, sempre pronto a difendere chiunque. Lei, di sicuro, sapeva perfettamente dove il Cappello Parlante l’avrebbe smistato. Era così simile al padre, suo figlio. Alice, invece, era una ragazza molto forte e - allo stesso tempo - molto dolce. Ognuno dei suoi figli conosceva perfettamente le origini dei loro nomi e - più di una volta - si erano offerti, di loro spontanea volontà, per accompagnare il proprio padre al San Mungo. Non poteva essere più fiera di loro.

« Ricordati di mandarmi un gufo, non appena saprai l’esito del Cappello Parlante »

« Certo che lo farò! »
 
CIAO!
Siete veramente arrivati alla fine?
Wow, sono fiera di voi.
Ho finalmente postato questo prodotto della mia mente,
dopo tre mesi di lavorazione - gnaw.
Che dire?
Spero vi piaccia e che vi spinga a lasciarmi una vostra opinione
qui sotto.

 
  
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