Salve a tutti!
Ancora grazie per
tutti gli incoraggiamenti che mi date!^^ Purtroppo sarò via per una settimana,
quindi il capitolo 5 arriverà con un po’ di ritardo… Spero che comprendiate e che continuiate a seguirmi comunque con
interesse! Grazie a tutti quelli a cui la mia storia
interessa e in particolare ai miei recensitori:
Black Lolita:
Grazie per aver notato che ho cercato di dare il massimo realismo alla scena
sui poliziotti! Sono contenta che almeno qualcuno l’abbia notato! Ciò vuol dire
che un pochino ci sono riuscita, hehe allora anni e
anni di episodi di CSI servono a qualcosa!XD Grazie mille per la recensione, è
stata più che gradita! Grazieeee! Un bacione enorme!
Hilarysan: Non ho capito se il capitolo ti sia piaciuto o no…^^’ Vabbè, oggi
sono positiva e spero di si! Comunque grazie per non averlo trovato noioso…
Rileggendolo personalmente mi ha dato questa impressione! Beh, meno male che
non è così! Un bacione! Lolly
Freija: Grazie per il complimento! Davvero trovi che scrivo sempre meglio? Sarà il fattore L che mi
spinge a migliorare *sguardo malizioso*. XD Grazie
per la recensione! Un bacio!
HOPE87: Il tuo
urlo mi fa capire i tuoi pensieri… Ma questa qui ce
l’ha con il povero Ellino???è_é
E invece no, pensa che è il mio personaggio preferito!^^ Ma stai tranquilla,
anche L avrà le sue rivincite, non gli andrà sempre male (cattiva che sei però…
NdL).
Elly_Mello: Sono contenta che ti piaccia sempre di
più! Spero di non deluderti con i prossimi capitoli! Un bacio!
Betta90: Cavolo grazie, tutti questi complimenti mi confondono!*O* Davvero, grazie infinite, mi hanno fatto tanto piacere!
Spero che anche i prossimi capitoli ti piacciano allo stesso modo! Grazie
ancora! Lolly
Amy_Vampire: Eh sì, ho cercato proprio di farlo
sembrare tenero e puccioso! Infondo L non poteva
essere altro che così a mio avviso!^^ Grazie per la recensione!
hay_chan:
Sono felice di averti commossa!^^ Infondo è il mio intento quello di
commuovere, è più forte di me! Spero che anche questo capitolo ti faccia
provare emozione! A presto!
Un ringraziamento
speciale anche a:
Uriko che mi recensisce a voce e mi spinge a
continuare. Grazie nee-chan!:*
My, che rimarrà per sempre la mia Ellina del cuore (Sì, il tuo messaggio personale è
fantastico!) e che legge la fanfiction anche se magari non ne ha molta voglia! TVTB Ellina miaaaa! =desuuu= :*
Capitolo 4
Light Yagami mi guarda con una punta di dubbio
dipinta sul volto. Tra le mani tiene ancora le fotografie d’archivio che
ritraevano mia madre morta e me.
Ho iniziato la cruda rivisitazione del mio passato, posso capirlo. Si sta
chiedendo come mai io non abbia nemmeno mai accennato a ciò che mi era capitato
da bambino. Una cosa del genere ti rimane impressa nel corpo e nella mente.
A rivedermi in quelle foto mi viene quasi da ridere. E’ semplicemente grottesco. Come è possibile che un
poliziotto abbia avuto il coraggio di farmi delle fotografie
mentre ero in quello stato pietoso? Sembrano la perversa collezione di
un pedofilo con tendenze sadiche.
Io, lì, accoccolato contro il muro, sporco di sangue secco, con i lacrimosi
e la paura di morire addosso. Posso quasi vedere la mia immagine tremare di
terrore. Che mostruosità.
“Ti hanno portato all’ospedale, immagino…” interruppe i miei pensieri
“Sei ridotto maluccio in queste fotografie.”
“Sì. Mi hanno ricoverato immediatamente anche se
non ero fisicamente ferito. L’assassino di mia madre l’aveva uccisa
mentre io ero rimasto nel mio letto paralizzato dallo spavento di quelle
urla. Solo quando non sentii più nessun suono da un po’ decisi di andare a
vedere cosa fosse successo. Provai con tutto me stesso
a far rinvenire mia madre, ma non c’era più nulla da fare… Fu così che in stato
di completo shock mi accucciai a terra nella mia camera con le mie coperte
avvolte addosso senza più muovere un muscolo fino all’arrivo della polizia.”
Light sospira. Butta le foto nella scatola in
ferro impedendomi così di osservarmi ancora.
“Sarai stato in catalessi, succede spesso dopo uno shock come quello,
soprattutto ad un bambino. Immagino sia stato vivere l’Inferno per te.”
“Oh sì, me lo ricordo, hai detto bene, Light-kun.
L’Inferno. Ero totalmente incapace di esprimermi e mangiavo pochissimo…”
“Cosa che ora come ora mi risulta difficile pensare, Ryuzaki…
Sei sempre con qualcosa in bocca. E’ per compensare quel periodo?”
Lo fisso intensamente. Quella battuta non me l’aspettavo da lui. L’ha
detta con un lieve sorriso, rivelandomi la dentatura candida, quasi volesse sdrammatizzare. E’ un’ironia sottile, sul suo stile.
Light è sempre così posato, così controllato in ogni suo gesto, anche il
minimo. Mi da l’idea di essere una persona che dirige
perfettamente quello che fa in un assoluto autocontrollo. Credo di averlo visto
senza freni inibitori solo in due occasioni: quando era in
cella legato dopo essersi smentito sul fatto che sarebbe potuto essere Kira e una volta in
cui si era arrabbiato con me. Ci eravamo picchiati, e tutto davanti agli occhi
delle telecamere nascoste e di Misa Amane, la sua ragazza. Senza contare quelle
due volte, non l’ho mai visto perdere l’autocontrollo.
“E dai, non fissarmi in quel modo, mi metti in imbarazzo!”
Non mi rendo conto di quello che dice che già la sua mano è calata sul
mio capo a scarmigliarmi i capelli con fare scherzoso.
Che diamine stai
facendo, Light-kun?A che gioco stai giocando?
Non me lo aspettavo questo. Una tale azione compiuta da Light… Va bene
che poco fa su quelle scale eravamo piuttosto, come posso dire… Intimi. Ma da
lì ad arrivare a ciò... Proprio lui che sembra aver sempre timore che tra di noi ci sia un qualsiasi contatto fisico.
Abbiamo sempre fatto attenzione, perfino nel periodo in cui ci siamo
dovuti ammanettare assieme, anche solo a sfiorarci per il minimo tempo
necessario, e non ho mai capito perché. Credo che neppure Light stesso lo
sappia.
“Vai a prenderti un dolce, ti va? Finisci dopo di raccontarmi.”
“No, Light-kun, ma grazie lo stesso. Ci vado
tra un po’. Per il momento voglio continuare a parlarti di me senza troppe
interruzioni.”
“Va bene… Eravamo rimasti a quando la polizia ti
trovò e ti porto all’ospedale in catalessi.”
Continuo da dove mi ero interrotto.
Questo è uno dei punti in cui i miei ricordi sono un
poco confusi. Rammento di essere stato sballottato qua e là tra agenti e
medici prima di partire su un’ambulanza verso il più vicino ospedale. Ero
stravolto, ma non riuscivo a dormire, mi diedero dei tranquillanti alla fine.
C’erano solo brutte sensazioni dentro di me… Non provai mai più in tutta
la mia vita un angoscia tale.
All’ospedale pediatrico ero perennemente inquieto e ciò contribuiva anche
a farmi fare incubi ricorrenti che tormentavano il mio sonno. Il fatto è che non
mi piaceva per niente quell’ambiente antisettico che puzzava perennemente di
candeggina e tutta quella gente che andava avanti e indietro di fretta.
E io… Beh, io odiavo stare nel mio letto tutto il giorno attaccato a quelle maledette flebo. Odiavo tutto, odiavo il bianco che
mi circondava, odiavo quelle persone che sapevano essere gentili solo per
forzarmi a mangiare. Io assaggiavo il cibo a fatica,
giusto quel che bastava per farli sparire dalla mia vista.
Il piccolo L ce l’aveva col mondo. Lo odiava
perché la sua mamma non era più lì con lui, perché non
poteva ricevere il bacio della buonanotte prima di addormentarsi, perché era
tutto così gelido e dannatamente bianco.
Avevo cercato di sgattaiolare fuori dal letto di
notte, ma appena i miei piedi nudi varcavano pochi passi sul pavimento di
linoleum nel corridoio illuminato da lunghi ranghi di neon ecco che c’era
sempre un’infermiera che mi acchiappava e mi riportava in camera.
E’ buffo come io mi ricordi ancora il numero di
quella stanza. 35. C’erano due finestre, due armadi e quattro letti, ma per il
periodo in cui fui ricoverato solo due erano occupati, il mio e quello di un
altro bambino di fronte a me. Questo qui aveva i capelli rossi, le lentiggini e
un apparecchio ai denti. Era in questo mio stesso reparto per essere caduto nel
Tamigi e aver rischiato di affogare nel medesimo periodo in cui io avevo perso
mia madre.
Non parlavamo mai, ovviamente. Non sapevo neanche come si chiamasse.
Passavamo ore a fissarci senza spiccicar parola, come se i nostri sguardi
bastassero a esprimere tutto ciò che provavamo.
Ma in quel gioco fatto di iridi e pupille, una cosa era chiara: noi ci
detestavamo.
Ora che ci penso sopra era un comportamento così
stupido… Eppure era così. Odiavo il bambino dai capelli rossi come odiavo tutti
gli altri. Il fatto è che ero geloso, sì, geloso perché i suoi genitori
venivano a trovarlo tutti i giorni portandogli montagne di regali inutili e
facendogli un sacco di coccole. Io non avevo nessuno che venisse
a farmi visita al di fuori della puntuale infermiera con il vassoio carico di schifosissima
minestra di verdure o di purea che mi intimava di sforzarmi a mangiare.
“Se continui a intestardirti a non voler mangiare non potrai mai tornare
a casa!”
Avrei voluto gridarle in faccia che io una casa non ce
l’avevo più. Ora c’era un nastro giallo davanti alla porta e la polizia
che faceva delle indagini. La mia voce, però, non usciva dalla mia gola e la
lingua non voleva saperne di muoversi per articolare dei suoni.
Il bambino con i capelli rossi mi guardava così con un’aria di sfida,
come dire “Ho vinto io. Tu non hai nessuno. Tra di noi
quello che sta peggio sei proprio tu, sgorbietto.”
E io ne ero pienamente consapevole. Quando sarei uscito di lì sarei
finito in un orfanotrofio con un biglietto di sola andata. E’ quello che tocca
agli orfanelli pallidi e magrolini che non hanno i genitori.
Tiro fuori dalla scatola un altro oggetto. Si
tratta di un vecchio orologio da polso, con il cinturino in
pelle marrone tutto consumato e le lancette in metallo dorato sporco immobili
sulle quattro e venti. Non avevo mai voluto buttarlo, ed era finito anche lui
nella mia scatola di reliquie.
Light lo prende e se lo rigira tra le mani.
“Questo l’hai tenuto perché è un regalo, vero? Un regalo di qualcuno che
c’era in quel reparto di pediatria?”
Sorrido, mi prendo le ginocchia tra le mani e vi ci appoggio la fronte.
Anche Light ha sempre delle intuizioni che spaccano l’esattezza.
“Sì. Uno dei medici che mi aveva in cura me ne fece dono
prima che io partissi.”
Ci fu un giorno in cui i dottori giudicarono che il bimbo con le occhiaie
e i capelli neri si era sufficientemente messo in sesto per lasciare il suo posticino nella camera 35 ad un altro, nonostante non
ci fosse modo di fargli aprire bocca, oltre ovviamente a quello di farlo urlare
di dolore (Prova lampante che non fosse muto in verità).
Ero come al solito nel mio lettino a guardare un
punto indefinito del muro spoglio, evitando accuratamente il viso di quel
diabolico compagno di stanza per una volta, quando una donna con i capelli
color mogano legati in uno chignon, un paio di occhiali rettangolari dalla
montatura nera e un completo kaki si diresse verso di me seguita da due medici.
Uno di loro mi fece un cenno di saluto e un sorriso. Era quello che qualche
giorno prima mi aveva regalato il suo orologio da polso per distrarmi da una
presa di sangue.
“E’ questo il bambino che ci hanno informati verrà nel nostro istituto?”
chiese la donna.
“Sì, è lui. Abbiamo convenuto che ormai fosse in via di completa
guarigione, nonostante non mangi molto e non ci sia modo di farlo parlare.
Comunque siamo tutti d’accordo sul fatto che la compagnia di altri bambini gli
farà più che bene, per instaurare delle relazioni con i compagni dovrà forzarsi
per comunicare.”
“Molto bene. Passeremo a prendere i suoi effetti questo pomeriggio.” Si rivolse la donna in seguito a
me sorridendo amabilmente “Vedrai che ti troverai bene da noi.”
Io scostai il viso non appena tentò di farmi una carezza con la mano
curata lasciandola delusa e interdetta.
“E così sei finito in orfanotrofio…”
Light incrocia le dita dietro il capo e chiude gli occhi. Sembra un
angelo dormiente, rilassato, i muscoli distesi. Vorrei baciarlo, ma non posso.
Oh Light-kun, perché sei così bello? Perché in confronto a te
io sparisco come polvere al vento?
Decido che è il momento. Scendo dalla mia posizione facendo scricchiolare
le articolazioni delle anche. Light mi osserva interrogativo, ma l’espressione
di sorpresa è immediatamente sostituita da un sorriso. Ha capito immediatamente
vedendo che mi dirigo a passi strascicati e con mani in tasca verso il
cucinotto del nostro appartamento, con il viso puntato verso il frigorifero.