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Autore: RedLolly    17/04/2008    9 recensioni
La fine si avvicina per L. Lo sente nel suo cuore, sente che di lì a poco dovrà morire. Per questo si sente pronto a condividere con Light Yagami, la persona a cui tiene di più al mondo, migliore amico e forse peggior nemico, le oscure reliquie del suo passato...
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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Salve a tutti

Salve a tutti!

Ancora grazie per tutti gli incoraggiamenti che mi date!^^ Purtroppo sarò via per una settimana, quindi il capitolo 5 arriverà con un po’ di ritardo… Spero che comprendiate e che continuiate a seguirmi comunque con interesse! Grazie a tutti quelli a cui la mia storia interessa e in particolare ai miei recensitori:

 

Black Lolita: Grazie per aver notato che ho cercato di dare il massimo realismo alla scena sui poliziotti! Sono contenta che almeno qualcuno l’abbia notato! Ciò vuol dire che un pochino ci sono riuscita, hehe allora anni e anni di episodi di CSI servono a qualcosa!XD Grazie mille per la recensione, è stata più che gradita! Grazieeee! Un bacione enorme!

 

Hilarysan: Non ho capito se il capitolo ti sia piaciuto o no…^^’ Vabbè, oggi sono positiva e spero di si! Comunque grazie per non averlo trovato noioso… Rileggendolo personalmente mi ha dato questa impressione! Beh, meno male che non è così! Un bacione! Lolly

 

Freija: Grazie per il complimento! Davvero trovi che scrivo sempre meglio? Sarà il fattore L che mi spinge a migliorare *sguardo malizioso*. XD Grazie per la recensione! Un bacio!

 

HOPE87: Il tuo urlo mi fa capire i tuoi pensieri… Ma questa qui ce l’ha con il povero Ellino???è_é E invece no, pensa che è il mio personaggio preferito!^^ Ma stai tranquilla, anche L avrà le sue rivincite, non gli andrà sempre male (cattiva che sei però… NdL).

 

Elly_Mello: Sono contenta che ti piaccia sempre di più! Spero di non deluderti con i prossimi capitoli! Un bacio!

 

Betta90: Cavolo grazie, tutti questi complimenti mi confondono!*O* Davvero, grazie infinite, mi hanno fatto tanto piacere! Spero che anche i prossimi capitoli ti piacciano allo stesso modo! Grazie ancora! Lolly

 

Amy_Vampire: Eh sì, ho cercato proprio di farlo sembrare tenero e puccioso! Infondo L non poteva essere altro che così a mio avviso!^^ Grazie per la recensione!

 

hay_chan: Sono felice di averti commossa!^^ Infondo è il mio intento quello di commuovere, è più forte di me! Spero che anche questo capitolo ti faccia provare emozione! A presto!

 

Un ringraziamento speciale anche a:

Uriko che mi recensisce a voce e mi spinge a continuare. Grazie nee-chan!:*

 

My, che rimarrà per sempre la mia Ellina del cuore (Sì, il tuo messaggio personale è fantastico!) e che legge la fanfiction anche se magari non ne ha molta voglia! TVTB Ellina miaaaa! =desuuu= :*

 

 

 

 

ReLiQuæ RoSæ

 

Capitolo 4

 

Light Yagami mi guarda con una punta di dubbio dipinta sul volto. Tra le mani tiene ancora le fotografie d’archivio che ritraevano mia madre morta e me.

Ho iniziato la cruda rivisitazione del mio passato, posso capirlo. Si sta chiedendo come mai io non abbia nemmeno mai accennato a ciò che mi era capitato da bambino. Una cosa del genere ti rimane impressa nel corpo e nella mente.

A rivedermi in quelle foto mi viene quasi da ridere. E’ semplicemente grottesco. Come è possibile che un poliziotto abbia avuto il coraggio di farmi delle fotografie mentre ero in quello stato pietoso? Sembrano la perversa collezione di un pedofilo con tendenze sadiche.

Io, lì, accoccolato contro il muro, sporco di sangue secco, con i lacrimosi e la paura di morire addosso. Posso quasi vedere la mia immagine tremare di terrore. Che mostruosità.

“Ti hanno portato all’ospedale, immagino…” interruppe i miei pensieri “Sei ridotto maluccio in queste fotografie.

“Sì. Mi hanno ricoverato immediatamente anche se non ero fisicamente ferito. L’assassino di mia madre l’aveva uccisa mentre io ero rimasto nel mio letto paralizzato dallo spavento di quelle urla. Solo quando non sentii più nessun suono da un po’ decisi di andare a vedere cosa fosse successo. Provai con tutto me stesso a far rinvenire mia madre, ma non c’era più nulla da fare… Fu così che in stato di completo shock mi accucciai a terra nella mia camera con le mie coperte avvolte addosso senza più muovere un muscolo fino all’arrivo della polizia.

Light sospira. Butta le foto nella scatola in ferro impedendomi così di osservarmi ancora.

“Sarai stato in catalessi, succede spesso dopo uno shock come quello, soprattutto ad un bambino. Immagino sia stato vivere l’Inferno per te.

“Oh sì, me lo ricordo, hai detto bene, Light-kun. L’Inferno. Ero totalmente incapace di esprimermi e mangiavo pochissimo…”

“Cosa che ora come ora mi risulta difficile pensare, Ryuzaki… Sei sempre con qualcosa in bocca. E’ per compensare quel periodo?”

Lo fisso intensamente. Quella battuta non me l’aspettavo da lui. L’ha detta con un lieve sorriso, rivelandomi la dentatura candida, quasi volesse sdrammatizzare. E’ un’ironia sottile, sul suo stile. Light è sempre così posato, così controllato in ogni suo gesto, anche il minimo. Mi da l’idea di essere una persona che dirige perfettamente quello che fa in un assoluto autocontrollo. Credo di averlo visto senza freni inibitori solo in due occasioni: quando era in cella legato dopo essersi smentito sul fatto che sarebbe potuto essere Kira e  una volta in cui si era arrabbiato con me. Ci eravamo picchiati, e tutto davanti agli occhi delle telecamere nascoste e di Misa Amane, la sua ragazza. Senza contare quelle due volte, non l’ho mai visto perdere l’autocontrollo.

“E dai, non fissarmi in quel modo, mi metti in imbarazzo!”

Non mi rendo conto di quello che dice che già la sua mano è calata sul mio capo a scarmigliarmi i capelli con fare scherzoso.

Che diamine stai facendo, Light-kun?A che gioco stai giocando?

Non me lo aspettavo questo. Una tale azione compiuta da Light… Va bene che poco fa su quelle scale eravamo piuttosto, come posso dire… Intimi. Ma da lì ad arrivare a ciò... Proprio lui che sembra aver sempre timore che tra di noi ci sia un qualsiasi contatto fisico.

Abbiamo sempre fatto attenzione, perfino nel periodo in cui ci siamo dovuti ammanettare assieme, anche solo a sfiorarci per il minimo tempo necessario, e non ho mai capito perché. Credo che neppure Light stesso lo sappia.

“Vai a prenderti un dolce, ti va? Finisci dopo di raccontarmi.”

“No, Light-kun, ma grazie lo stesso. Ci vado tra un po’. Per il momento voglio continuare a parlarti di me senza troppe interruzioni.

“Va bene… Eravamo rimasti a quando la polizia ti trovò e ti porto all’ospedale in catalessi.”

Continuo da dove mi ero interrotto.

Questo è uno dei punti in cui i miei ricordi sono un poco confusi. Rammento di essere stato sballottato qua e là tra agenti e medici prima di partire su un’ambulanza verso il più vicino ospedale. Ero stravolto, ma non riuscivo a dormire, mi diedero dei tranquillanti alla fine.

C’erano solo brutte sensazioni dentro di me… Non provai mai più in tutta la mia vita un angoscia tale.

All’ospedale pediatrico ero perennemente inquieto e ciò contribuiva anche a farmi fare incubi ricorrenti che tormentavano il mio sonno. Il fatto è che non mi piaceva per niente quell’ambiente antisettico che puzzava perennemente di candeggina e tutta quella gente che andava avanti e indietro di fretta.

E io… Beh, io odiavo stare nel mio letto tutto il giorno attaccato a quelle maledette flebo. Odiavo tutto, odiavo il bianco che mi circondava, odiavo quelle persone che sapevano essere gentili solo per forzarmi a mangiare. Io assaggiavo il cibo a fatica, giusto quel che bastava per farli sparire dalla mia vista.  

Il piccolo L ce l’aveva col mondo. Lo odiava perché la sua mamma non era più lì con lui, perché non poteva ricevere il bacio della buonanotte prima di addormentarsi, perché era tutto così gelido e dannatamente bianco.

Avevo cercato di sgattaiolare fuori dal letto di notte, ma appena i miei piedi nudi varcavano pochi passi sul pavimento di linoleum nel corridoio illuminato da lunghi ranghi di neon ecco che c’era sempre un’infermiera che mi acchiappava e mi riportava in camera.

E’ buffo come io mi ricordi ancora il numero di quella stanza. 35. C’erano due finestre, due armadi e quattro letti, ma per il periodo in cui fui ricoverato solo due erano occupati, il mio e quello di un altro bambino di fronte a me. Questo qui aveva i capelli rossi, le lentiggini e un apparecchio ai denti. Era in questo mio stesso reparto per essere caduto nel Tamigi e aver rischiato di affogare nel medesimo periodo in cui io avevo perso mia madre.

Non parlavamo mai, ovviamente. Non sapevo neanche come si chiamasse. Passavamo ore a fissarci senza spiccicar parola, come se i nostri sguardi bastassero a esprimere tutto ciò che provavamo.

Ma in quel gioco fatto di iridi e pupille, una cosa era chiara: noi ci detestavamo.

Ora che ci penso sopra era un comportamento così stupido… Eppure era così. Odiavo il bambino dai capelli rossi come odiavo tutti gli altri. Il fatto è che ero geloso, sì, geloso perché i suoi genitori venivano a trovarlo tutti i giorni portandogli montagne di regali inutili e facendogli un sacco di coccole. Io non avevo nessuno che venisse a farmi visita al di fuori della puntuale infermiera con il vassoio carico di schifosissima minestra di verdure o di purea che mi intimava di sforzarmi a mangiare.

“Se continui a intestardirti a non voler mangiare non potrai mai tornare a casa!”

Avrei voluto gridarle in faccia che io una casa non ce l’avevo più. Ora c’era un nastro giallo davanti alla porta e la polizia che faceva delle indagini. La mia voce, però, non usciva dalla mia gola e la lingua non voleva saperne di muoversi per articolare dei suoni.

Il bambino con i capelli rossi mi guardava così con un’aria di sfida, come dire “Ho vinto io. Tu non hai nessuno. Tra di noi quello che sta peggio sei proprio tu, sgorbietto.”

E io ne ero pienamente consapevole. Quando sarei uscito di lì sarei finito in un orfanotrofio con un biglietto di sola andata. E’ quello che tocca agli orfanelli pallidi e magrolini che non hanno i genitori.

Tiro fuori dalla scatola un altro oggetto. Si tratta di un vecchio orologio da polso, con il cinturino in pelle marrone tutto consumato e le lancette in metallo dorato sporco immobili sulle quattro e venti. Non avevo mai voluto buttarlo, ed era finito anche lui nella mia scatola di reliquie.

Light lo prende e se lo rigira tra le mani.

“Questo l’hai tenuto perché è un regalo, vero? Un regalo di qualcuno che c’era in quel reparto di pediatria?”

Sorrido, mi prendo le ginocchia tra le mani e vi ci appoggio la fronte.

Anche Light ha sempre delle intuizioni che spaccano l’esattezza.

“Sì. Uno dei medici che mi aveva in cura me ne fece dono prima che io partissi.”

Ci fu un giorno in cui i dottori giudicarono che il bimbo con le occhiaie e i capelli neri si era sufficientemente messo in sesto per lasciare il suo posticino nella camera 35 ad un altro, nonostante non ci fosse modo di fargli aprire bocca, oltre ovviamente a quello di farlo urlare di dolore (Prova lampante che non fosse muto in verità).

Ero come al solito nel mio lettino a guardare un punto indefinito del muro spoglio, evitando accuratamente il viso di quel diabolico compagno di stanza per una volta, quando una donna con i capelli color mogano legati in uno chignon, un paio di occhiali rettangolari dalla montatura nera e un completo kaki si diresse verso di me seguita da due medici. Uno di loro mi fece un cenno di saluto e un sorriso. Era quello che qualche giorno prima mi aveva regalato il suo orologio da polso per distrarmi da una presa di sangue.

“E’ questo il bambino che ci hanno informati verrà nel nostro istituto?” chiese la donna.

“Sì, è lui. Abbiamo convenuto che ormai fosse in via di completa guarigione, nonostante non mangi molto e non ci sia modo di farlo parlare. Comunque siamo tutti d’accordo sul fatto che la compagnia di altri bambini gli farà più che bene, per instaurare delle relazioni con i compagni dovrà forzarsi per comunicare.

“Molto bene. Passeremo a prendere i suoi effetti questo pomeriggio. Si rivolse la donna in seguito a me sorridendo amabilmente “Vedrai che ti troverai bene da noi.”

Io scostai il viso non appena tentò di farmi una carezza con la mano curata lasciandola delusa e interdetta.

“E così sei finito in orfanotrofio…”

Light incrocia le dita dietro il capo e chiude gli occhi. Sembra un angelo dormiente, rilassato, i muscoli distesi. Vorrei baciarlo, ma non posso.

Oh Light-kun, perché sei così bello? Perché in confronto a te io sparisco come polvere al vento?

Decido che è il momento. Scendo dalla mia posizione facendo scricchiolare le articolazioni delle anche. Light mi osserva interrogativo, ma l’espressione di sorpresa è immediatamente sostituita da un sorriso. Ha capito immediatamente vedendo che mi dirigo a passi strascicati e con mani in tasca verso il cucinotto del nostro appartamento, con il viso puntato verso il frigorifero.

 

 

 

 

 

 

  
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