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Autore: vivix    01/11/2013    2 recensioni
Non avendo ancora deciso quale sarà il titolo della storia, per ora ho inserito quello del film a cui si ispira. Ci troviamo a Kingsbridge, dopo il primo attacco di William, Tom è morto, Jack è diventato un monaco ma Aliena ha ancora la sua fiornete attività e non si è sposata con Alfred. In questo contesto arriverà una forestiera che attirerà l'attenzione dei cittadini, in particolare di Richard...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Attacco a sorpresa
 
All’unisono, aumentarono il passo, fino a che non si ritrovarono a correre a perdifiato. Man mano che si avvicinavano, era chiaro ciò che stava succedendo: gente che scappava da ogni parte, grida, uomini a cavallo che impugnavano spade e torce.
Kingsbridge era stata attaccata.
Sguainarono le spade e cercarono di farsi largo tra la folla. Nessuno dei due parlò, ma entrambi sapevano dove erano diretti: alla bottega, da Aliena e Lorenzo.
Beatrice veniva urtata e spinta in continuazione, più di una volta la folla che fuggiva minacciò di separarla da Richard, allora spintonava e assestava gomitate a chiunque le fosse d’ostacolo. Finalmente, sudati e col fiato mozzo, giunsero al negozio. La ragazza si precipitò al piano superiore, mentre il soldato perlustrava quello di sotto. Spalancò le uniche due porte che si trovavano nel piccolo corridoio, guardò perfino sotto i letti, ma niente, erano vuote. Scese le scale a tre a tre e ritrovò il guerriero.
-Su non ci sono.-
-Nemmeno qui.-
 -Dobbiamo trovarli!-
L’altro le si avvicinò e le strinse un braccio. –Sono sicuro che hanno trovato riparo nella cattedrale. Va’ lì anche tu e restaci finché non sarà tutto finito.-
-E tu cosa farai?- perché non andava anche lui?Lo fissò, i capelli sudati erano appiccicati alla fronte, la camicia era impolverata; e sentì un nodo allo stomaco: qualcosa le diceva che ciò che stava per sentire, non le sarebbe piaciuto.
-Resterò qui a combattere: sono uno dei pochi che sa davvero maneggiare un’arma, non posso abbandonarli.-
-Rimango anch’io.- rispose decisa -Posso dare una mano.-
-Non dire idiozie, Bea!-
Il tono che aveva usato, -un misto tra il seccato, l’arrabbiato e  il preoccupato- fu come un pugno in pieno stomaco.
Perché diceva così?Quella mattina gli aveva fatto vedere ciò di cui era capace, perché adesso le ordinava di mettersi al riparo come una ragazzina qualsiasi?
Tentò di farlo ragionare. –So usare la spada, posso…-
-Dannazzione, Bea!- le urlò in pieno viso, i lineamenti stravolti.
-Ti ho dette di andartene da qui, hai capito?- la trascinò a forza fuori dall’abitazione e la spinse in direzione della cattedrale. –Vattene!-
L’italiana sentì gli occhi affollarsi di lacrime, fece un passo indietro, più per la sorpresa che per altro. Poi un altro. E un altro ancora. Si voltò e corse via.
La vista era appannata e il petto era scosso dai singhiozzi. Correva, correva alla cieca. Non in direzione della chiesa dalle candide mura, ma lontano dall’uomo che le aveva urlato contro così forte da farla tremare di paura.
Ad un tratto si sentì afferrare per il braccio. Si voltò e vide un uomo dalla barba incolta, malamente vestito, con lo sguardo malvagio e voglioso. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, la sbatté contro un muro, una mano in mezzo alle cosce. Istintivamente, per allontanarlo, mosse il braccio destro. Si accorse di averlo trafitto con la spada, soltanto quando lo vide accasciarsi su se stesso. Gli occhi che fino a un attimo prima l’avevano terrorizzata, ora vitrei. Tirò indietro l’arto e la lama fuoriuscì dal corpo con un risucchio fastidioso.
Aveva usato la spada tante volte prima d’allora.
Ma non aveva mai ucciso.
Si stupì di non sentirsi turbata. Non provava dispiacere per quell’uomo che non si sarebbe mai più rialzato. Anzi, si sentiva sollevata. Rincuorata.
Si guardò attorno. I guerrieri a cavallo incendiavano le abitazioni, devastavano il paese, uccidevano senza pietà donne e bambini. Degli uomini afferravano ragazzine e le sbattevano a terra per fare cose indicibili. Spostò gli occhi sulla lama. Lei poteva aiutare quelle persone. Doveva farlo.  Con un urlo selvaggio, si buttò in quel mare di corpi. Agitò la spada da ogni parte, colpendo chiunque facesse parte di quella brigata che aveva invaso Kingsbridge. Improvvisamente sentì un dolore pungente esplodere dall’ avambraccio destro ed irradiarsi per tutto l’arto. Stupita, si guardò. La manica della camicia era strappata e lasciava intravedere un profondo taglio slabbrato che già iniziava a colare sangue. Spostò gli occhi sull’omaccione che gliel’aveva procurato e prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, gli mozzò la testa con un unico fendente. Ben presto si ritrovò coperta di ferite superficiali, le forze le abbandonarono le membra, i movimenti si fecero più lenti, gli arti appesantiti dai vestiti inzuppati di sangue. Improvvisamente, in mezzo alla calca le sembrò d’intravedere una figura familiare.
-Aliena!- urlò, ma la donna continuò a correre, disperata.
-Aliena, la cattedrale è dalla parte opposta!-
La mercante non sembrò sentirla e continuò per la sua via.
Abbatté il nemico che le era davanti e tentò di seguirla, ma ben presto la folla l’allontanò. Bea non si diede per vinta, pensava di sapere dove fosse diretta la sorella di Richard. Poteva andare in un unico posto, ma perché?
Dopo un tempo che le parve infinito, avvistò la bottega e con sollievo vide che Aliena era proprio lì. Ma il conforto durò poco poiché si accorse che la donna era a terra, e su di lei torreggiavano due uomini a cavallo. Quello più vicino teneva una torcia in mano e sembrava si stesse preparando a lanciarla su Aliena.
Senza che se ne rendesse conto, un urlo le sgorgò dalla gola:-No!-
Si lanciò verso il cavaliere, la spada alta sopra la testa.
Quello si voltò per la sorpresa e Bea riuscì a cogliere l’espressione di dolore che gli attraversò il viso, quando la lama gli tranciò di netto il polso. Le urla di dolore le ferirono le orecchie, ma cercò di non considerarle; invece, calciò la torcia infuocata lontano dalla mercante. Le fiamme spaventarono il cavallo dell’armigero che aveva colpito, che scappò via, e fecero allontanare l’animale dell’altro uomo.
-Stai bene?- chiese rivolta alla donna, ma senza staccare gli occhi dal guerriero dai capelli rossi che avevano di fronte.
-Sì.- la voce dell’altra era ridotta a un filo.
Bea emise un minuscolo sospiro. Nel frattempo, il cavaliere la fissava con curiosità.
-Tu devi essere la donna che si comporta come un uomo. Ho sentito parlare di te.- si sporse da cavallo –Dicono che tu abbia addirittura malmenato parecchi maschi di Kingsbridge.- disse rivolto a lei, e poi alla  commerciante:-Fate proprio un bel quadretto di strambe, eh Aliena?- sputò ai loro piedi. –Scommetto che è una puttana come te.-
Il viso della ragazza si contorse di rabbia, ma prima che anche uno solo di loro tre potesse fare qualcosa, delle urla li bloccarono.
-Bea!-
-Aliena!Beatrice!-
Per la prima volta da quando quella mattina aveva messo piede a Kingsbridge, l’italiana si sentì rassicurata. Lorenzo, accompagnato da Richard, le stava correndo incontro: adesso tutto sarebbe andato bene. I due le raggiunsero e si posero tra loro e il rosso.
-Che ci fai qui, William?- domandò il moro, la voce -rabbiosa come non l’aveva mai sentita- distillava odio da ogni sillaba.
Il cavaliere tirò un angolo della bocca all’insù. –Non lo vedi?- allargò le braccia, come a voler cingere il paese. -Sto mandando a monte la fiera, così che tutti possano venire a Shiring.-
In quel momento, sopraggiunse un altro uomo a cavallo che si rivolse a quello che aveva appena parlato. –Signore, dobbiamo ritirarci!-
William annuì, senza distogliere lo sguardo da Richard. –E direi che mi è riuscito piuttosto bene. A presto, e ricordatevi che…- si allungò dalla sella -i conti non sono ancora conclusi.- disse, poi spronò il cavallo e scomparve tra la polvere.
 
Dopo la fuga del cavaliere, Lorenzo l’aveva abbracciata strettissima per alcuni secondi, Richard le aveva lanciato un’occhiata sollevata da sopra la spalla della sorella ed ora erano in casa, seduti al tavolo, mentre la padrona cercava l’occorrente per medicare chi esibiva ferite. Mentre la mercante si dava da fare con i tagli del fratello, Beatrice si rivolse al gemello.
-Sei stato colpito?-
Quello agitò la mano. –Sono solo graffi. Il sangue ha già smesso di scorrere.-
-Dove sei stato?Ti ho cercato ovunque, ero così preoccupata!-
-Quando mi sono accorto di quello che stava succedendo, ho accompagnato Aliena alla cattedrale, poi sono tornato indietro per dare una mano. Speravo che tu e Richard sareste tornati quando tutto sarebbe finito, ma non è stato così.-
Bea scosse la testa ma non poté dire nulla perché in quel momento qualcuno bussò così forte alla porta, da farle pensare che sarebbe volata via dai cardini da un momento all’altro. Il Guerriero, che era stato appena medicato dalla commerciante, andò ad aprire. Un turbine rosso e marrone si precipitò nella stanza.
-Aliena, dov’è?-
-Jack!Sono qui. Stai bene?- la mercante gli corse incontro e nel vederla sana e salva, il frate quasi non perse i sensi per il sollievo.  Si abbracciarono e per concedere loro un po’ d’intimità, l’italiana riprese a conversare col fratello.
-Volevo andare anch’io alla cattedrale- spiegò –ma poi ho capito che qui sarei stata più d’aiuto.- esitò –Non avevo mai ucciso.-
L’altro le strinse una mano, ma la guardò serio. –Lo so.- rispose –Ma hai fatto la scelta giusta.-
Bea stava per replicare, quando fu interrotta da Jack. –Vieni anche tu, Lore?-
-Cosa?Scusa, non ho sentito.-
-C’è bisogno di scavare fosse per i morti, non possiamo lasciarli in mezzo alle vie.-
Il gemello si alzò con aria stanca. –Vengo.-
Lo vide dirigersi verso la porta insieme al monaco ed Aliena, che sembrava non riuscisse più a separarsi dal rosso.
-Io arrivo tra un attimo.- questa volta era stato Richard a parlare.
Quelli annuirono e li lasciarono soli. Senza dire una parola,il ragazzo le afferrò il braccio destro, alzò la manica della camicia ed iniziò a passarle un panno bagnato intorno alla ferita.
-Faccio da sola.- disse, ma quello aumentò la stretta sul polso e le premette la pezza sulla pelle con più vigore. Le scappò un piccolo gemito di dolore, ma quello non diminuì la pressione. Capì l’antifona e non aprì più bocca: i lineamenti del soldato erano tesi e rigidi, fiamme ardevano nei suoi occhi, che in quel momento sembravano quasi neri.
Comprese il motivo di tale stato d’animo ed evitò di parlare ma, dopo alcuni secondi di interminabile silenzio, fu l’armigero ad affrontare l’argomento.
-Ti avevo detto di metterti al riparo.- iniziò, le parole masticate, a stento riconoscibili –Che diavolo ci facevi qua?E non dire che non ti sei mossa dalla bottega perché è evidente che non è stato così.- buttò con forza il panno insanguinato per terra e prese a bendarla senza curarsi di non strattonarle l’avambraccio.
-Sono rimasta nel paese. Ho dato una mano, ho combattuto.- pronunciò l’ultimo vocabolo con orgoglio.
Richard fissò le bende e sbatté un pugno sul legno. –Dannazione, ti avevo detto di andartene!-
La ragazza sentì il sangue salirle al viso. –Non l’ho fatto, va bene?So maneggiare la spada e..-
-Maneggiare, un corno, Bea!Devi smetterla di comportarti come una stupida.-
Strinse i pugni e nel farlo, sentì una fitta lungo l’arto destro. –Non lo faccio!Chiunque fosse in grado di combattere è rimasto qui.-
-Sono rimasti gli uomini!Hai capito?Uomini!Le donne e i bambini sono corsi alla cattedrale e che ti piaccia o no, tu sei una di loro. Smettila di comportarti come se non lo fossi perché le cose stanno così e non potrai cambiarle!- la voce del ragazzo era stata un crescendo: ad ogni frase il tono si alzava di varie ottave, fino a che, alla fine si era ritrovato con la faccia violacea e una grossa vena che gli pulsava al lato del collo.
Beatrice era talmente sconvolta, da non riuscire a muoversi, aveva perfino la vista appannata.
Il moro restò di fronte a lei alcuni secondi, ansimando, poi si alzò e scomparve altre l’uscio.
Come un automa, l’italiana salì le scale che portavano al piano superiore, mentre grosse gocce salate le solcavano il viso. Senza che se ne accorgesse, perse i sensi.
 
Quando si svegliò sentiva il corpo stranamente pesante, come fosse ancora addormentato. Era poggiato e avvolto su qualcosa di morbido, sembrava quasi un letto. Attraverso le palpebre filtrava la luce che le faceva vedere tutto rosso.
Aprì gli occhi. Era nella stanza di Aliena, ma l’osservava da un’angolazione strana. Dopo alcuni secondi ne capì il motivo: si trovava sul suo letto.
Che ci faccio qui?
Ricordò dell’attacco subito dalla cittadina e di come aveva combattuto valorosamente, il litigio con Richard, la perdita di coscienza. Si guardò il braccio ferito. Le bende erano macchiate di rosso, ma il sangue non sembrava fresco.
Scese le scale che portavano al piano di sotto, ma non trovò la persona che cercava. In compenso, la porticina che dava sul negozio era aperta e ne uscivano rumori. Sospirò. Aliena era incredibile: dopo quel che era successo, si era già rimessa al lavoro.
La mercante la vide e le andò in contro.
-Bea!Ti sei svegliata.- la salutò con sollievo.
Lei annuì. –Mi devo mettere all’opera..?- in realtà, si sentiva ancora piuttosto stanca.
La negoziante scosse la testa con vigore. –No. Hai estinto il tuo debito con i soldi che Lorenzo mi ha dato ieri e, anche se così non fosse stato,  l’avrei considerato tale dopo ciò che hai fatto.- le prese una mano e la strinse tra le sue –Se non fosse stato per te, adesso non sarei qui. Ti ringrazio.-
L’italiana era sbalordita. Aliena non si era mai rivolta a lei con parole così gentili.  –Figurati.- riuscì solo a farfugliare e, dopo un attimo:-Allora non ti dispiace se vado a fare un giro.-
Quella scosse ancora il capo; un sorriso a trentadue denti stampato sul viso.  –Puoi fare tutti i giri che vuoi.-
Mentre stava per andarsene, chiese:-Lore?-
-Ieri hanno finito a notte fonda di scavare. Dorme ancora.-
 
Percorse le stradine della città apparentemente senza meta, ma in realtà si stava dirigendo verso il primo luogo del paese che aveva visto. Le vie erano semideserte e le poche persone che le percorrevano, facevano attenzione a camminare rasente ai muri e ad essere silenziosi come ombre. Le case erano malandate, in alcuni punti bruciacchiate, le ricordavano la situazione che aveva trovato quando era giunta a Kingsbridge la prima volta.
Entrò al Guscio d’Oro; all’interno la locanda le parve vuota, ma così non doveva essere perché dopo alcuni istanti un turbinio nero le corse incontro. L’abbracciò al volo, gemendo di dolore per la fitta che le attraversò il braccio.
-Beatris!Ero così preoccupato.-
Osservò il bambino. Sembrava che stesse bene. –Io ero preoccupata!Ti sei nascosto nella cattedrale insieme agli altri?-
Lui annuì. –Non ti ho vista e mi sono angosciato. Sei ferita.- non era una domanda.
L’italiana si schermì. –Per lo più sono solo graffi. Solo questa- gliel’indicò –mi fa male davvero.-
-Vieni- la prese per mano –ti porto da Jack.-
-Cosa?Perchè?-
-I monaci hanno delle ricette di roba che fa guarire più in fretta. In realtà fa schifo, puzza, ma dicono che funzioni.-
Il ragazzino la guidò sicuro per le via devastate della cittadina, fino al monastero. James chiese ad alcuni frati del loro amico –non s’intimidiva davanti a nessuno- e in breve trovarono Jack. Gli spiegò perché erano lì, poi si rivolse a lei:-Io ora devo andare o l’oste mi uccide; oggi è particolarmente nervoso.-
Lo salutò, poi si sedette al tavolaccio di legno in mezzo alla stanza ed iniziò a srotolare le bende.
Jack prese un barattolo e prese un po’ del  contenuto su una mano.
Bea storse il naso. –Accidenti, James aveva ragione. Puzza, davvero!-
Il monaco ridacchiò. –Già.- e iniziò a spalmarglielo sulla ferita. Il suo tocco, leggero e delicato, era molto diverso da quello che Richard aveva usato il giorno prima. Pensare al soldato le fece venire in mente qualcosa che voleva domandare. –Chi ha comandato l’attacco, ieri?-
L’altro non alzò lo sguardo. –Gli Hemaligh*.-
Annuì mentre il frate la bendava con stoffa pulita. –Il conte è un ragazzo dai capelli rossicci?-
-Sì.-
Come sospettava, ma se il proprietario di quella terra era il ragazzo che le aveva attaccate, perché ce l’aveva ancora con Aliena ed il fratello?In fondo, si era già impadronito della loro contea. Lo domandò allo scultore e quello sospirò. –So che hanno giurato di riprendersi ciò che era loro, ma penso che ci sia dell’altro. Qualcosa che non hanno detto a nessuno.-
-Capisco.- mormorò.
-Comunque,- fece il rosso con rinnovato spirito –dopo ciò che hai fatto per Aliena, Richard ti sposerà di sicuro!-
Si mordicchiò il labbro. –In realtà ho deciso di andarmene.- rivelò tutto d’un fiato.
-Cosa?Per quale motivo?-
-Oggi scade il mio permesso di restare nel paese e non ho intenzione di sposare Richard nemmeno se me lo chiedesse: ho capito che abbiamo idee troppo diverse su certi argomenti.- le parole che il ragazzo le aveva urlato le rimbombavano ancora nella testa. Si alzò mentre l’altro la guardava ancora sbalordito. –Ti prego di non dirlo a nessuno e salutami tu James.- gli sfiorò una mano –Addio.-
 
Quella sera comunicò la decisione al gemello. Lorenzo non ne fu contento, ma dopo alcune proteste, accettò la sua idea. Il mattino seguente raccolsero le poche cose che possedevano.
-Aliena.- la chiamò Bea. La donna si voltò e poté leggere la sorpresa nei suoi occhi nel vederli pronti per il viaggio. –Noi partiamo.- prima che potesse interromperla, aggiunse:-Abbiamo estinto il nostro debito, perciò non c’è ragione per rimanere.-
La bocca della mercante si aprì e chiuse più volte, senza che ne uscisse alcun suono. –Ma… ne siete sicuri?Ci avete pensato bene?E Richard?Non è qui, l’ho mandato a prendere della lana fuori paese, non potete non salutarlo.-
Scosse la testa. In quel momento vedere il soldato era l’ultimo dei suoi desideri. –Ci siamo trattenuti fin troppo. Ce lo saluterai tu.- mormorò un veloce addio e poi uscì, prima che l’altra potesse fermarla.
 
Riuscì a trattenere le lacrime fino a che non entrarono nella foresta, poi, grossi lucciconi salati presero a rigarle le guance.
Lorenzo le lanciò un’occhiata veloce, ma non disse nulla. Bea non gli aveva rivelato della feroce litigata che aveva avuto con Richard, probabilmente attribuiva il suo stato d’animo alla rabbia per aver dovuto cedere al ricatto del priore, ma non era così. Non l’avrebbe mai ammesso, ma in verità era ferita. Nel tempo passato a Kingsbridge si era innamorata del Guerriero e aveva più volte pensato che avrebbe potuto essere un buon compagno, anzi ne era stata sicura. Da quando era tornato dal fronte però, tutto sembrava essere precipitato. In realtà, il ragazzo non l’aveva mai compresa davvero e la sua mente era deviata dagli stereotipi come quella di tutti gli altri.
Sopraffatta dai sentimenti, prestava poca attenzione alla strada che percorrevano, per questo quando incrociarono degli uomini a cavallo, non se ne curò. Si riscosse soltanto quando la voce di uno di loro le arrivò alle orecchie.
-Io ti conosco!Sei la ragazza-uomo.-
Si voltò e i suoi occhi incontrarono un viso dalla pelle chiara, incorniciato da capelli rossi.
L’uomo che aveva aggredito Aliena.
Il  nuovo signore di Shiring.
William Hamleig.
Era circondato da altri quattro cavalieri e la stava fissando con un misto di interesse e ribrezzo.
Bea si sentì sbiancare. Con la coda dell’occhio notò Lorenzo portare la mano al fianco e l’imitò.
Il conte l’indicò. –Ne avrete sicuramente sentito parlare.- disse rivolto ai suoi scagnozzi. –E’ stata lei a tagliare la mano del nostro compagno.-
Gli sguardi degli uomini divennero feroci.
-E per questo, vi ordino di catturarla.-
Non capì subito quelle parole. Le sembrò di vedere al rilento i cavalieri che avanzavano vero di lei, Lorenzo che le si parava davanti e li affrontava. Il rumore delle spade che cozzavano l’una contro l’altra la riportò alla realtà. Sguainò la lama e andò a dar man forte al fratello. Fianco a fianco, combattevano contro i nemici al meglio delle loro possibilità, ma era una lotta impari… due contro quattro. In breve, Bea sentì le forze scemare dai tagli che le venivano inferti e si ritrovò ad ansimare. L’attenzione divisa tra due nemici, vide arrivare un colpo in ritardo e fu costretta ad una dura parata. Le lame si intrecciarono, cacciando scintille. La forza del colpo le attraversò il braccio e il dolore superò la soglia di sopportazione all’altezza del taglio ricevuto durante l’attacco di Kingsbridge. Dalle labbra le uscì un urlo strozzato e serrò gli occhi. Li riaprì appena in tempo per vedere la spada del secondo uomo che calava su di lei. Non avrebbe fatto in tempo a fermarla. Improvvisamente, un’altra daga, a lei familiare, si frappose. Lorenzo contrattaccò e riuscì ad affondare l’arma nel petto del nemico. Si voltò verso di lei, il viso sudato segnato dalla preoccupazione e dalla fatica.
-Scappa!-
Come era successo prima, dovette decifrare i suoni prima di capire cosa significassero. Scosse la testa. Non poteva abbandonarlo. Stava per riprendere ad attaccare, quando il tempo rallentò fin quasi a fermarsi. Il gemello era ancora semivoltato verso di lei, quando una scintilla argentata lo attraversò da parte a parte. Il ragazzo aprì la bocca ma Bea non sentì alcun suono. La spada fu estratta dal corpo del fratello, che prese ad afflosciarsi, a cadere da cavallo. Si precipitò verso di lui, ma non riuscì ad impedire che urtasse forte contro il terreno. Una macchia rossa già si andava allargando sul lato destro del torace. All’improvviso, fu invasa dal terrore. Premette le mani contro lo squarcio che deturpava il petto di Lorenzo, nel disperato tentativo di bloccare l’emorragia, ma sapeva che, se anche ci fosse riuscita, non sarebbe servito a nulla perché il gemello aveva un polmone perforato e anche se non l’ammetteva nemmeno con se stessa,  non c’era nulla da fare. Urlò il suo nome, gli toccò il viso.
Lorenzo già sembrava vederla solo a tratti. Quando la metteva a fuoco le diceva di andarsene, salvarsi, ma lei l’ignorava. Ad un tratto, il torace che fino a un attimo prima si abbassava e alzava freneticamente, alla disperata ricerca d’aria, si bloccò. Un'altra lama si era conficcata nel suo corpo. Gli occhi, del verde delle gemme in primavera, si adombrarono e a Bea sembrò che nello stesso istante, i suoi facessero lo stesso.
Si sentì prendere la spada di mano, ma non ne curò. Le sembrava che niente più avesse senso, non finché il cuore del fratello non avrebbe ripreso a battere. E a momenti l’avrebbe fatto, ne era sicura. Qualcuno tentò di farla alzare e allontanarla da Lorenzo ma iniziò a combattere come una furia. A mani nude contro spade, non era importante, purché non li separassero. Menò pugni e gomitate ovunque e altrettante ne ricevette. Contro ogni sua volontà, le gambe le cedettero. Si sentì afferrare per i polsi e legarglieli dietro la schiena, lo stesso con i piedi. L’issarono come un sacco e la misero su un cavallo. Nonostante avesse gli arti bloccati, continuò a dimenarsi, ma l’animale fu spinto al galoppo e il corpo del gemello si fece sempre più piccolo. Man mano, scemarono anche le sue forze e quando Lorenzo scomparve, si accasciò, vinta.

 
 
 
*** Per fortuna la fattoria dove Aliena l’aveva mandato a prendere la lana non era eccessivamente lontana da Kingsbridge e grazie alla strada deserta, era riuscito a sbrigarsi prima del previsto. Ben presto, riuscì ad intravedere il paese e spronò il cavallo ad aumentare leggermente l’andatura. Per tutta la mattinata non aveva fatto che pensare a ciò che era successo con Beatrice. Non gli capitava praticamente mai di urlare a quel modo, men che meno con le ragazze, eppure quel giorno non era riuscito a trattenersi. A farlo arrabbiare non era stato tanto il fatto che non gli avesse dato ascolto, né che aveva maneggiato la spada, quanto piuttosto il fatto che fosse ferita. La verità; infatti, era che si era preoccupato a morte nel vederla in mezzo alla mischia, proprio di fronte a quel farabutto di William per di più. Il giorno dopo la ragazza l’aveva accuratamente evitato, ma adesso era deciso a chiarire quella faccenda il prima possibile: sapeva per esperienza che spesso l’italiana fraintendeva le sue intenzioni ed era molto orgogliosa, non sarebbe mai andata a parlargli.
-Aliena!- chiamò arrivato  al negozio –Sono tornato!- sganciò la lana dalla sella mentre veniva travolto da un turbine marrone.
-Se ne sono andati, Richard!Ho provato a fermarli, ma non mi hanno dato ascolto…-
Le mise le mani sulle spalle. –Calmati. Chi se n’è andato?- la sorella sembrava parecchio in ansia.
-Lorenzo e Beatrice.- disse tutto d’un fiato.
Sbatté le palpebre, sicuro di non aver capito bene. –Cosa?-
-Hanno pagato il loro debito e hanno deciso di andarsene. Sono partiti stamattina, poco dopo di te, e sono andati verso sud-est.-
Senza dire una parola, saltò in sella e spronò l’animale al massimo. Per fortuna, dopo l’attacco praticamente nessuno era arrivato o se ne era andato dalla cittadina, perciò seguire le orme non fu eccessivamente difficile. Diverso invece, fu nel bosco, dove a causa del fogliame sulla terra, fu decisamente più complicato. Più volte si convinse d’aver preso direzioni sbagliate e tornò sui suoi passi. Nel frattempo, la sua mente era affollata da una ridda di domande. Perché avevano lasciato il villaggio?Era stato per il litigio?Bea l’avrebbe mai perdonato?Sarebbe riuscito a trovarli?I suoi sentimenti contavano così poco per la ragazza?Aveva davvero così tanto esagerato quel giorno?
Ad un tratto gli sembrò di vedere qualcosa al margine della stradina battuta e costrinse il cavallo ad un’andatura maggiore. A mano a mano che si avvicinava però, lo stomaco gli si stringeva, l’ansia l’attanagliava. Gli sembrava di riconoscere quella figura, ma non voleva crederci. Quando fu abbastanza vicino e scese dalla sella, non ci furono più dubbi. Il viso era pallido, sul petto si aprivano due grosse rose rosse, gli occhi verdi erano ancora aperti. Delicatamente, gli chiuse le palpebre, per sempre.
Strizzò gli occhi, nel tentativo di non piangere. Non poteva lasciarsi andare in quel momento, doveva ragionare. Erano stati attaccati da predoni?Lorenzo  era disteso lì… ma Bea?Bea dov’era?
Si alzò e controllò i dintorni, ma gli unici abitanti di quel luogo erano scoiattoli e roditori. Tornò dall’amico e l’issò sulla cavalcatura, stava già per andare ad ispezionare un altro posto, quando si ricordò delle orme. Nel punto dove aveva trovato l’italiano c’erano decine di zampate confuse, segno di un combattimento, più avanti, ce n’erano altre. Cinque cavalli che andavano verso di lui, quattro che si allontanavano, uno dei quali, sembrava più pesante di come era all’andata. Una piccola speranza gli si riaccese in cuore. Bea era viva!Doveva esserlo. Guardò in che direzione portasse la pista e gli si strinse lo stomaco.
Sembravano diretti a Shiring.


Spazio autore
Rieccomi qui =)
Come previsto il miracolo dell'iper velocità non si è ripetuto, ma comunque penso di aver pubblicato in tempi accettabili ;)
Enjoy! =D
  
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