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Autore: Gracedanger    01/11/2013    1 recensioni
“Giulia, porti qui gli anelli per favore?”
Sorrisi. Era già la terza volta che ricontrollava che tutto fosse pronto e al proprio posto.
“E questo cos’è?” disse indicando il cerchio tatuato sul palmo della mia mano.
“Il pezzo mancante.” Sussurrai tra me e me con un mezzo sorriso mentre miliardi di ricordi si azzuffavano nella mia mente.
“Cosa?”
“E’ il pezzo mancante. E’ un tatuaggio che ho fatto un paio di anni fa.”
Alice fece un paio di rapidi calcoli per poi giungere alla mia stessa conclusione.
“Che significa?” chiese, fingendo di non sapere dov’ero e con chi ero due anni fa.
“E’ per ricordare che a ciascuno di noi manca qualcosa. Qualcosa che ci completa. E sta a noi cercarlo ovunque esso sia.”
“E dov’è il tuo pezzo mancante?” mi interruppe.
Abbassai lo sguardo.
“E’ sull’altare.”
Alice mi sorrise da dietro il velo bianco, aveva il sorriso di chi aveva capito. Di chi sapeva come sarebbe andato a finire tutto.
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Questa storia è il seguito di "Livin' the dream, baby"
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breve avviso: In questo capitolo i versetti scritti in questo carattere sono pezzi tratti dal libro scritto da Giulia.




“Lei era una persona forte, una di quelle che non si piegano davanti alle difficoltà della vita, una che continua a scalciare fino alla fine. Lei non si scomponeva mai. Lei era una forza della natura, in continuo movimento, non aveva paura di cambiare, ma soprattutto non si fermava mai a guardare indietro. Neanche per lui.”


Parigi, ore: 6:35 a.m.
 
Well it’s good to hear your voice
I hope you’re doing fine
And if you ever wonder I’m lonely here tonight
Lost here in this moment and time keeps slipping by
And if I could have just one wish
I’d have you by my side
 


La sveglia di Alice suonò alle sei e trentacinque.
Alice si alzò in quel momento, spaccando il secondo. Infilò la morbida vestaglia bianca di seta, e si avviò in cucina, per il suo solito caffè.
La macchinetta del caffè giaceva in bilico sul lavandino. L’afferrò e cominciò a versarci dentro la polvere, disseminandone sbadatamente anche sul piano da cucina.
 
Oh, I miss you

Accese il fornello e ci mise sopra la macchinetta.
Si allontanò lentamente nel profondo silenzio del suo appartamento.

Oh, I need you

Entrò nel suo studio e si sedette sulla poltrona di pelle nera. Cominciò a frugare tra i documenti, i prospetti, e le bozze alla ricerca della cartella del suo cliente.
Niente.  Aprì tutti cassetti, cercò sulle mensole. Le agili dita di Alice continuavano a scorrere sui dorsi dei raccoglitori, quando all’improvviso si fermarono.
Alice in punta di piedi, tirò fuori dallo scaffale più alto, un album rosa. Aveva sempre odiato il rosa, si impegnava a buttare qualsiasi avesse una sfumatura di quel colore, perciò non si spiegava perché quell’album fosse ancora lì.
Appena lo aprì, emise un respiro soffocato.
 
And I love you more than I did before
And if today I don’t see your face
Nothing’s changed no one can take your place
It gets harder everyday
 

“Oh.” sussurrò mentre sfogliava l’album che Giulia le aveva regalato quando avevano dieci anni e che aveva continuato a riempire per altri dieci.
 

Say you love me more than you did before
And I’m sorry it’s this way
But I’m coming home I’ll be coming home
And if you ask me I will stay, I will stay

Le foto sbiadite, con volti di cui era rimasto solo il nome nella sua mente, fecero però sorridere Alice.
Le lettere, scritte con quelle grafie tondeggianti e incerte e i cuoricini infantili ai lati del foglio.
Il biglietto del concerto. 20 Luglio 2010.
Il biglietto aereo per Los Angeles.
Un bocciolo di rosa, ormai seccato, che Nick aveva rubato per lei, mentre passeggiavano a notte fonda per le strade.
L’album sembrava aver tenuto tutti i profumi e le emozioni, tutti i nomi, i ricordi.

 
Well I try to live without you
The tears fall from my eyes
I’m alone and I feel empty
God I’m torn apart inside.

Dopo dieci minuti passati con il naso immerso tra quelle pagine, un forte odore di bruciato giunse nella camera.
“Cazzo!” sobbalzò e con l’album ancora tra le mani corse in cucina, la macchinetta era bruciata e stava facendo saltare schizzi bollenti di caffè ovunque. Alice spense i fornelli e senza pensarci, afferrò la macchinetta rovente per buttarla, si scottò le dita e lasciò cadere tutto dalle mani.
La macchinetta cadde sul piano e il caffè si rovesciò sul pavimento, bagnando le pagine dell’album, quando Alice se ne accorse era troppo tardi, si inginocchiò sul pavimento e osservò con le labbra serrate tutti i suoi ricordi rovinarsi e le pagine intrise di caffè. I suoi grandi occhi verdi si fecero lucidi.
Sentiva di non avere davvero più niente ora.


 
I look up at the stars
Hoping you’re doing the same
Somehow I feel closer and I can hear you say
Oh I miss you. 


 





“Lui non voleva più lottare. L’amava, certo. Era stanco ma non riusciva a darsi pace. Voleva prendersi una pausa, pensare ad altro.”


New York City, ore: 3:20
 
I never wanna lose you
And if I had to I would chose you
So stay, please always stay
You’re the one that I hold onto
Cause my heart would stop without you


La gente si addossava ad altra gente. L’aria era irrespirabile. Eppure era abituato a stare in enormi locali, in cui il fumo e la musica offuscavano i sensi, e si finiva sempre tutti come una massa di idioti che si muove allo stesso modo.
Marcus gli scosse la spalla e gli porse un bicchiere con un liquido di colore rosso. Nick era sovrappensiero ma abbozzò lo stesso un sorriso e afferrò il bicchiere. Lo buttò giù tutto di un fiato, e appena gli si liberò di nuovo la visuale, si ritrovò un sguardo puntato addosso.  Si alzò dal divanetto e si fece strada seguendo quei grandi occhi verdi tra la folla.
La ragazza proprietaria di quegli occhi, che si muoveva sinuosamente in un mini abito nero,  gli sorrise. Nicholas ricambiò il suo sorriso.
“Sono Nick.”
Continuava a perdersi nei suoi occhi. Erano uguali a quelli di lei.
 
And I love you more than I did before
And if today I don’t see your face
Nothing’s changed no one can take your place
It gets harder everyday

“Si lo so chi sei, io sono Katie.” Disse la ragazza, con una voce squillante.
A Nick bastò quella singola frase, per ritornare alla realtà.
Continuò con i convenevoli per un altri due minuti e poi si allontanò, fece un cenno a Marcus. Gli serviva aria, gli serviva allontanarsi.


“New York è la città che non dorme mai.” Pensò tra se e se.
Certe volte provava una profonda invidia per i New Yorkesi, i ragazzi della sua età che non dormivano mai, che si divertivano, facevano errori e nessuno li sbatteva in prima pagina.
I giornalisti si azzuffarono davanti a lui. Nick abbassò la testa e continuò a camminare a passo svelto.
La notte non era mai troppo buia a New York e questo a lui piaceva.
Ormai odiava il buio pesto della notte.
Spesso non voleva dormire, se l’avesse fatto quasi sicuramente avrebbe sognato.
Avrebbe sognato lei.
 
And love you more than I did before
And I’m sorry that it’s this way
But I’m coming home I’ll be coming home
And if you ask me I will stay, I will stay
I will stay.


 


 


 


 


“Lei era fiera della sua scelta anche se quella scelta l’avrebbe allontanato da lui. Le loro vite andavano in direzioni opposte, in due parti del mondo diverse. Ma ogni notte prima di chiudere gli occhi e cadere in un sonno inquieto, si chiedevano entrambi: “Come sarebbe andata se.. avessi scelto lui?” “Lei mi avrebbe aspettato, avrebbe mai potuto perdonarmi?”


E se poi l’avessero fatto, se fossero tornati l’uno dall’altra. Forse sarebbe stato troppo tardi, o forse no.”
  
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