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Autore: Alex Wolf    01/11/2013    8 recensioni
Dal primo capitolo:
« Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »
Consigliato per chi ha letto "When you let her go".
Storia ispirata al film: "Il signore degli anelli: le due torri".
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just can’t let her go.
 

 
 
Dio forse esiste, Clary, o forse no, ma non credo che abbia importanza. In ogni caso ce la dobbiamo cavare da soli.
 
(Jace-Città di ossa)
 

 
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« Ti prego, Isil. Dimmi che stai scherzando. » Dal corridoio proveniva la voce sussurrata di Legolas. Mugugnai assonnata, muovendo la bocca intorpidita e passai le mani sul volto un paio di volte. Quando fui abbastanza sveglia, mi alzai sui gomiti e rimasi in ascolto. La porta era socchiusa, la luce delle fiaccole era fievole, mentre dall’enorme finestra della stanza entrava il vento che mi costringeva a restare rintanata sotto le coperte. Sebbene la mia voglia di rintanarmi dietro la porta e origliare fosse molta, non potevo fare questo all’elfo. Se era uscito in corridoio e aveva deciso di parlare con Isil da solo, un valido motivo doveva esserci. E forse non necessitava della mia intromissione. E poi, le voci erano leggere nella camera, ma c’erano.
« No. Non sto scherzando, Legolas. » Silenzio. « Sono innamorata di te. » Sobbalzai all’improvviso, scalciando con forza le coperte via da me. Mi alzai e corsi alla porta, ma prima di spalancarla ci ripensai. Cosa avrebbe risposto Legolas?
« Isil, io non so che dire. Insomma. »
« E allora non dire nulla, Legolas. Di solo che vuoi baciarmi, come io voglio baciare te. » Serrai le palpebre e abbandonai le mie mani sul legno della porta, graffiandolo con le dita. Quanto ancora avrei resistito, sapendo che mia sorella ci provava con il ragazzo che amavo, davanti alla porta della camera in cui dormivo e senza ritegno?
« No, Isil. Non posso, e lo sai anche tu. » Lanciai un sospiro di sollievo. Per fortuna Legolas mi era fedele, come io lo ero a lui. « Io amo lei. »
« Ma lei è un mostro. » Protestò la voce della bionda. Sembrava il sibilo di un serpente furioso.
« Non mi importa, lo sai. »
« E’ una bugia, Legolas. E lo sai bene anche tu. Lo leggo nei tuoi occhi che hai paura. Paura di quello che potrebbe scattare nella sua mente da un momento all’altro. Paura del fatto che potrebbe ucciderti. »
« N-no. » La voce dell’elfo era esitante. Spinsi la fronte contro la porta e scorticai il legno con tanto impeto che le mie dita sanguinarono.
« Legolas. » Riprese la ragazza, sicuramente avvicinandosi alla figura dell’elfo. « Io posso distruggerla, se solo tu me lo chiedi. » Li potevo immaginare nella mia testa. Lei che si alzava sulle punte, poggiava le mani sulle sue spalle forti e larghe e gli sussurrava all’orecchio quelle parole. Una rabbia cieca s’impossessò di me, e per qualche istante temetti di esplodere e fare una carneficina. Ma l’unica cosa che grondò di sangue furono i palmi delle mie mani, nelle quali infilai le unghie. « Posso ucciderla, e finire questa storia per sempre. Posso. »
« No, smettila Isil. Non so che ti è preso, ma io non posso farlo. E tu tanto meno, è tua sorella. »
Santi i Valar. Appena Legolas torna in camera avrà un premio. Lo giuro.
« Come ti ho detto poco fa, Legolas Verdefoglia, lei è un mio demone. E se non posso avere il tuo aiuto, allora farò le cose con la forza. »
« Che vuoi fare? » La voce dell’elfo si tese come la corda di un violino. Ora, dovevo intervenire. Aprii la porta d’impulso e mi avvicinai a grandi passi a Isil. Era troppo vicina al mio ragazzo, e persi il controllo. Non aveva il diritto di fare quello che stava per fare o dire quello che aveva detto. Lei non doveva decidere per me, nessuno doveva farlo.
Con un ringhio animale rinchiusi la sua gola nella mia mano e l’alzai da terra, gettandola con il muro di pietra. Cadde sul pavimento con un tonfo. Prima che si rialzasse mi ci rigettai accanto e la feci sbattere ancora, e ancora e ancora. Finché dopo l’ennesima caduta, e presa, lei sputò del sangue sulla camicia che indossavo. Solo allora mi accorsi che avevo solo quella addosso, e la biancheria. Poco mi importava, nella mia mente avevo furia cieca per il tradimento di mia sorella.
« El-Eleonora. » Borbottò, portando le sua mani sulla mia che la teneva in alto. I suoi occhi grigi si muovevano a scatti. Sapeva di non avere scelta, di essere in trappola.
« Dammi un solo motivo per cui non dovrei ucciderti, ora, qui, con le mie mani. » Amplificai la presa e lei gorgogliò. Piegai la testa di lato e abbozzai un sorrisetto « Ah già, non puoi. Non ne hai, sorellina. » La sbattei contro la parete di roccia e c’è la risbattei con forza ancora e ancora, e ancora. Lei strillò rauca, guardando verso Legolas in cerca d’aiuto.
« Eleonora, ti prego. » Una lacrima, cristallina, le solcò la guancia. In quel momento non solo provai rabbia, ma anche invidia. Perché lei doveva essere il bene e io il male? Che diavolo avevo fatto di male in questo mondo per meritarmi tanto? Dannazione. Perché ero io a dover soffrire, sempre?
« Va al diavolo Isil. » ringhiai, letteralmente. Il suono rimbombò contro le pareti fino ad estinguersi. Sembrava quello di un leone inferocito. I miei occhi cambiarono colore, lo vidi nel riflesso che emanavano i suoi.
«Legolas! Fallo ora, ti prego fallo ora! Sta perdendo il controllo. » Isil gridò. Il mio volto divenne una maschera d’acciaio, mentre mi voltavo a guardarlo. Aveva gli occhi lucidi, e le ombre delle fiamme danzavano sul suo volto.
« Legolas. » Mormorai, non capendo cosa lei volesse intendere con quella frase.
« I-io non posso farci nulla, El. Stai perdendo il controllo. »
« Legolas. » Non avevo voce, mentre pronunciavo il suo nome. Il cuore di cenere che avevo nel petto mi parve diventare ustionante, bruciarmi dentro. Una lacrima solcò la mia guancia. Legolas mi aveva usato, e il mio amore per lui mi stava uccidendo.
« Mi dispiace Ele. Ma sei incontrollabile. » Gring, comparso dal nulla, si parò vicino a lui e gli porse un arco. Lui incoccò la freccia e piegò la corda, che stridette.
« No. Non farlo, ti prego Legolas. Ti prego. » La punta di metallo della freccia scintillò contro la luce delle fiamme. « Io ti amo. » Mormorai.
« Ti amo anche io. Ma non posso permetterti di mettere in pericolo le persone della compagnia. La missione va portata a termine, e tu sei la mia distrazione. Non posso avere distrazioni, non ora che se n’è andato anche Aragorn. »
« Legolas, ti prego. »  Feci un passo avanti e non staccai gli occhi dai suoi. La vista era tornata normale e potevo scorgere il blu dei suoi occhi diventare nero.
« Non posso, non posso non farlo. Mi dispiace. » Una lacrima gli rigò la guancia. La freccia venne scoccata, e si conficcò nel mio petto. Il cuore mi parve sgretolarsi, come sabbia. Socchiusi le labbra, lasciai Isil e mi accasciai a terra. Un manto freddo s’impossessò all’improvviso di me, mentre la figura sfocata di Legolas si avvicinava. Chiusi gli occhi. Poi una luce improvvisa e per l’ennesima volta il buio.
 
 
°   °
 
 


Sauron raccolse la ragazza fra le braccia. La sua pelle era fredda come il ghiaccio, e tanto pallida che si potevano intravedere le vene, nere. I capelli castani erano scompigliati e penzolavano oltre il braccio dell’oscuro signore, mentre una mano penzolava come morta. Indossava solo una misera camicia bianca, con una sgargiante macchia nera all’altezza del cuore. Per fortuna il suo era fatto di cenere, e quel colpo non era stato mortale. Come invece avrebbe potuto esserlo l’impatto con la realtà. Con il fatto che l’uomo che amava l’aveva tradita, condannandola a morte.
« To, orco! » Gridò, attirando l’attenzione di una fetida creatura. L’essere dalla pelle col verde palude si avvicinò e lanciò una leggera occhiata alla ragazza. Una fitta di gelosa s’impossessò dell’elfo, che la coprì con il proprio mantello. « Riferisci a Saruman che la polvere che ci ha dato ha funzionato, lo spirito animale dentro di lei ha fatto il resto, e sarà ricompensato per questo. »
« Si, padrone. » Un altro sguardo al corpo della giovane. « Devo anche avvertirlo che avremo bisogno del suo aiuto per guarire la ragazza? » Sauron rimase stupito dal ragionamento del suo servo. Come poteva una creatura così stupida essere così intelligente.
« Mh, si. Ora vattene. » lo osservò andare via, e sparire dietro la porta della sala d’ossidiana. Socchiuse le palpebre, come un gatto, e poi tornò sui suoi passi. « Quando quello torna, uccidilo. » Mormorò a una guardia. Meglio non avere servi intelligenti attorno.
 
 
« Allora? » Il ringhio di Sauron echeggiò per le pareti della stanza da letto. Lo stregone bianco si voltò a guardarlo, con quel suo volto lungo e magro gli faceva rivoltare lo stomaco. Le lunghe dita che indugiavano sulla ferita di lei. Saruman stava scherzando col fuoco, stava sfidando la pazienza del suo signore. « Mi dici se sta bene, o devo estorcerti le risposte con le maniere cattive? »
« Padrone. » Persino la sua voce strascicata gli dava sui nervi. Lo stregone era troppo calmo, andava troppo lento per i gusti di Sauron. « Siediti, e rilassati. Poche ore e la ragazza si riprenderà. » Saruman indicò a suo signore una sedia di velluto nera con ricami d’oro, posta accanto al letto. L’elfo lo fissò di sbieco mentre ci si accomodava.
« Ti sono grato dei tuoi servigi, Saruman il bianco. » Borbottò. Non gli piaceva scusarsi, per niente, e neppure ringraziare. Lo faceva come sentire in debito. Ma lui non doveva nulla a nessuno. « Ora vattene. Torna nella tua torre e organizza il mio esercito. Attaccate il fosso di Helm, domani notte. » Si coprì gli occhi con una mano, sfinito.
« Mio signore, se posso fare qualcosa per voi… »
« Vattene, Saruman. Questa è l’unica cosa che puoi fare per me, ora. »
« Come desiderate, mio signore. Il mago si vaporizzò, lasciando il re di Mordor nella sua solitudine. Sauron sospirò, accarezzandosi il volto stancamente e poi guardò la ragazza stesa sul suo letto. Le coperte tirate fino al collo, il volto cereo. Provò l’impulso improvviso di prenderle la mano e baciarla, pensando che così avrebbe sentito il suo calore e la sua voglia di dirle quello che provava per lei, sebbene lei non lo conoscesse. Almeno, non del tutto.
« Sei così bella. Una macchina da guerra creata appositamente per stare al mio fianco. » Pensò a voce alta, accarezzandole il volto. Aveva la pelle soffice, con striature leggermente più scure sulle guance. Aveva pianto. « Una persona come me. »
  
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