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Autore: Yakamoz_94    02/11/2013    1 recensioni
Un vero cacciatore guarda senza timore la paura negli occhi, non arretra e non cede mai il passo alla bestia, poi avanza impavido armato solo del proprio coraggio, continua a combattere spinto dalla forza del suo animo per proteggere coloro che ha giurato di difendere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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THE HUNTER
THE TEACHER AND THE GIRL [ primo capitolo]


"La tenacia è quel calore che senti nel cuore che ti fa andare avanti quanto tutto sembra perduto"

 
VILLAGGIO DI MIKKE

Parecchi anni dopo la fondazione di Pokke vennero istituiti nuovi centri abitati nelle regioni circostanti, i quali inizialmente dovevano ancora dipendere dal primo, ma che poco alla volta si erano trovati il loro posto nel mondo. I rapporti tra i vari villaggi erano particolarmente pacifici, nessuno si sentiva in dovere di mostrare la propria supremazia nei confronti degli altri, non c'era il bisogno di combattere per espandere i propri confini e inoltre gli esseri umani erano alleati, tutti assieme, nella lotta contro i mostri che infestavano ancora quelle zone. La coesistenza era pertanto possibile. Pokke era indubbiamente il villaggio che aveva avuto modo d'attrezzarsi e svilupparsi maggiormente rispetto agli altri, primo fra tutti, che di fatto vantava strutture più organizzate e un'economia particolarmente stabile. Nel giro di pochi anni la popolazione era aumentata particolarmente e quello che un tempo non era che un gruppetto esiguo di capanne coperte di neve era divenuto un punto di riferimento per tutti coloro che cercavano rifugio dopo aver perso la propria casa. Ad Est di Pokke, era sorto Mikke, un villaggio particolarmente modesto sempre abbarbicato sulle alture. Non possedeva un'accademia per cacciatori, una gilda o arene d'allenamento, in effetti era già tanto sperare che Mikke riuscisse a superare l'inverno quando le bufere si facevano più frequenti e le temperature troppo rigide. I cacciatori del villaggio erano per lo più inesperti e non avrebbero avuto possibilità alcuna contro mostri d'alto livello, eppure, vuoi per fortuna, vuoi per misericordia da parte del fato, nessun drago attaccò mai il villaggio. Pokke distava tre giorni di cammino e sarebbe stato poco pratico inviare massicce truppe d'appoggio per la salvaguardia del nuovo centro cittadino,per questo Mikke dovette cavarsela con le proprie forze e non ebbe mai l'occasione di emergere o di esporsi eccessivamente.
In un giorno d'esate giunse al villaggio un'estranea che nessuno aveva mai incontrato prima ma di cui si conoscevano le gesta, la sua fama aveva già superato le vallate e le voci sul suo conto la precedevano. Giungeva da Pokke, abile cacciatrice di mostri, accompagnata solo dai propri effetti personali, convocata dal capo villaggio per assicurare protezione a Mikke, nel caso in cui sarebbe giunto infine il giorno in cui la sua abilità si sarebbe rivelata essenziale. Gli uomini della cittadina non la volevano in zona, ritenendola inutile, superflua, inferiore a loro, pieni di boria e di orgoglio per essere gli unici cacciatori di quel luogo desolato. Tuttavia dovettero ricredersi quando realmente un drago piombò con ferocia sul villaggio, una bestia sputafuoco con ali e faccia da leone, squame blu come zaffiro celestiale, tremenda belva giunta dalle regioni più meridionali. E lei, la sconosciuta, fu l'unica in grado d'abbattere la bestia dopo che ebbe mietuto tante vite e schiacciato quegli stessi cacciatori che tanto si pavoneggiavano. E alla donna vennero allora riconosciuti i suoi meriti e decise di accettare la richiesta del capo del villaggio trovando la sua dimora al di sopra della collina, più in alto rispetto alle altre case in legno scuro, oltre il ripido sentiero di montagna, a vegliare come un pinnacolo sacro sulla città, dall'alto.

Era una giornata estremamente calda per il periodo dell'anno che imperversava oramai da qualche settimana, e sulle alture della città l'autunno sapeva essere tremendamente inclemente per gli sprovveduti che lo prendevano alla leggera. Il vento soffiava da ovest e le foglie degli alberi iniziavano a cadere rinsecchite e rossicce ai lati delle piccole strade che si aprivano per il villaggio oramai ricostruito completamente. Yana stava seduta sulla staccionata a sentir parlare i coetanei che vociavano concitati, in silenzio, fissandoli come se la cosa nemmeno la riguardasse. Erano in due, tutti e due abbastanza alti e non potevano avere più di diciotto anni al massimo, uno biondo e l'altro castano, non avevano nessuna particolarità interessante che potesse metterli in risalto rispetto ad altre persone. Il primo si chiamava Ynvir e il secondo Lietsky ed erano entrambi presuntuosi, accomunati da un'innata cattiveria che spesso riversavano contro persone più deboli di loro, credendosi più in gamba. Erano figli di personaggi piuttosto influenti a Mikke e ritenevano che questo bastasse a giustificare il loro atteggiamento. Il primo a prendere la parola fu Ynvir, e Yana - che stava a circa cinque metri da loro - poteva udire chiaramente ogni cosa.
< E' impossibile che quella donna si rifiuti ancora di prenderci come allievi!>
< Hai proprio ragione, siamo indubbiamente i ragazzi più forti del villaggio, mi chiedo cosa aspetti a decidersi, saranno settimane che non facciamo che domandarglielo>
< In realtà anche Yovis ha cercato di convincerla, ma non c'è stato verso di farla ragionare >
< Yovis? Yovis il figlio del capo villaggio? >
< Sì, proprio quello. Probabilmente è ancora offesa perché quand'è arrivata nessuno le ha portato grande rispetto >
< Secondo me un modo per convincerla c'è, se ne sta sempre chiusa da sola in quella capanna ammuffita, probabilmente ha solo bisogno che qualcuno le tenga compagnia..se capisci cosa intendo>
Scoppiarono a ridere tutti e due, come degli sciocchi e Yana a quel punto fece finta di tossire, puntandoli con un'occhiata poco amichevole, quasi infastidita dalla loro mancanza di rispetto nei riguardi di quella donna, anche se non ne conosceva nemmeno il nome.
< Oh, cosa c'è? Ti dà forse fastidio che ne parliamo così? Sei fortunata abbastanza che mio padre ti dia il pane per mangiare, stupida ingrata buona a nulla. Da quando tuo padre è morto e sei diventata un nostro problema non ne posso davvero più d'averti intorno. Avresti fatto meglio a morire anche te >
Senza dire una parola, stringendo i denti, fece per scendere dal suo posto comodo pronta per andarsene via, voltandosi, senza versare nemmeno una lacrima, senza degnarsi d'insultare - quel Lietsky che di divertiva sempre a maltrattarla - camminandosene via seguendo il sentiero.
Yana era una ragazza del villaggio che viveva assieme al padre, l'attacco del drago anziano aveva spinto molte persone a combattere per la difesa di Mikke, anche quelli che non avevano mai impugnato armi. Il padre della giovane, rimasto coinvolto, morì qualche giorno più tardi e lei venne affidata ad una famiglia a caso tra quelle più abbienti del villaggio che offriva a lei del cibo in cambio del suo lavoro nei campi. Era diventata improvvisamente taciturna e gli altri ragazzi del villaggio si burlavano di lei perché preferiva un silenzio mesto e controllato al perdere le staffe, perché nessuno si preoccupava di difenderla e perché reputata alla stregua di una serva che doveva lavorare per mantenere un tetto sopra la testa. In realtà era anche piuttosto graziosa, capelli lunghi fino alle spalle di un colore nero pece e occhi ambrati, come quello delle linci predatrici che a volte facevano raggelare il sangue, pelle chiara e un fisico piuttosto asciutto, non era neanche troppo bassa, e sarebbe sicuramente stata considerata diversamente se non si fosse rifiutata di concedersi ad uno dei ragazzetti che frequentavano quella casa. Il fatto che non volesse difendersi dagli insulti non voleva dire che non si facesse valere nel momento del bisogno, già più volte aveva avuto modo di prendere a pugni qualche faccia, per quanto non fosse attaccabrighe. Da qualche tempo le piaceva starsene da sola di tanto in tanto, in pace, senza nessuno a darle fastidio, e ricercava compulsivamente qualche posto sicuro che gli altri ragazzi non conoscevano, per non essere tormentata a lungo.
Il giorno dopo i due giovani ancora parlavano del fatto che la cacciatrice si rifiutasse di prenderli come allievi, e continuavano a lamentarsi della cosa, ripetutamente.
< Anche oggi niente di fatto? >
 < Già, probabilmente non vuole nessuno tra i piedi perché in realtà non è capace di combattere. Si sarà presa il merito da qualche altro cacciatore migliore >
< E il drago? E' evidente che lo ha abbattuto lei. Mi scoccia dirlo ma quella là sa il fatto suo >
< .. Fareste meglio a lasciarla stare >
< Chi ti ha chiesto qualcosa, feccia? >
< Appunto! Tornatene a strisciare per terra, Yana! >
Venne allontanata a spintoni e un sasso le colpì la tempia destra, mentre si allontanava dalla casa per raggiungere il sentiero che portava al campo, il tutto nel silenzio più totale, soffocando quella frustrazione terribile nel petto, assieme all'indignazione e al dolore.
Li detestava tutti, quei ragazzi odiosi, ma non cedeva mai alla tentazione di pregarli di smetterla, sopportava e teneva duro, non crollava mai, di fronte a loro, e quando sentiva di non poter più resistere allora correva via e si rifugiava da qualche parte per stare da sola coi propri pensieri, rimpiangendo amaramente la vita passata che le era stata sottratta. In effetti era passato così poco e così tanto era cambiato, stravolgendo completamente la sua esistenza, arrivava spesso a domandarsi se fosse ancora la stessa persona di un tempo. A volte stentava a credere che pochi mesi prima non le toccava permanere con le ginocchia sul marmo gelido del salone per pulirlo con gli strofinacci arrivando a tagliarsi le mani, non le toccavano i lavori umili, non pativa la fame e non veniva insultata, era libera di fare ciò che più desiderava, e adesso quella libertà le era stata preclusa. Sarebbe stato veramente meglio, se fosse morta anche lei? Molte volte si rispondeva debolmente di sì, ma conservava nel cuore uno spirito troppo forte perché potesse realmente abbandonare la vita e lasciava l'interrogativo sospeso, a quel punto, limitandosi ad andare avanti.
Le faceva male la testa, anche se una signora del villaggio si era preoccupata di medicarla alla bene e meglio, la ferita ogni tanto bruciava e le fitte erano talmente forti che non la facevano riposare a dovere, eppure non era ancora niente paragonato a quel bruciore che sentiva nel petto.
Passarono due giorni e ancora il dolore non era cessato, s'era svegliata nel cuore della notte dopo aver sognato ancora quel giorno, in cui il padre le era stato strappato via da un destino ingrato e troppo malevolo. Aveva imparato a piangere nel sonno senza fare troppo rumore e raggomitolata sotto le coperte nella sua stanza tornava a pensare con rancore a quella bestia immonda che era giunta a Mikke e più ne ricordava l'immagine più sentiva forte il bisogno di stringere le mani a pugno digrignando i denti. Si riaddormentò quasi senza accorgersene per poi riaprire gli occhi  alle prime luci dell'alba, era ancora molto presto, ma sentiva che non poteva più aspettare, si vestì in fretta, e decise di muovere il proprio incedere in direzione di quella capanna che giaceva al di sopra della collina, per chiedere udienza alla cacciatrice. Sgattaiolò fuori di nascosto, senza fare rumore, trovando anche nella piccola piazza circolare una calma innaturale, mentre il vento soffiava gelido da est nelle prime ore della mattina, scacciando via la fitta nebbia che era venuta a ricrearsi nella notte. Senza indugi si fece coraggio e inizio a risalire il sentiero montano, che ripido e un po' irregolare conduceva verso l'alto, ben attenta a cercare di non scivolare per via del fogliame inumidito che si era accumulato a terra. In realtà non sapeva bene cosa la stesse spingendo a questo, certo sapeva già cosa avrebbe domandato a quella donna, allo stesso tempo sentiva in cuor suo d'essere stata spinta dall'impulsività, forse fin troppo oppressa da una serie di ingiustizie che le erano franate addosso. Ancora non poteva sapere che quel calore che avvertiva nel petto era tutt'altro che mera impulsività, ma una forza ben più grande perché potesse essere compresa realmente da lei, non consapevolmente, almeno.
Bussò alla porta in legno della casupola solitaria una volta giunta di fronte all'uscio di quella, non tanto diversa da molte altre abitazioni di Mikke, e rimase in attesa senza azzardarsi a spiare oltre la finestra, nella speranza che la cacciatrice fosse in casa, ma passarono diversi minuti ancora e nessun suono s'accordò al silenzio di quel posto. Bussò ancora altre due, tre, cinque volte, ostinata, forse anche troppo, traendo un profondo respiro cercò anche di richiamare la donna con la voce.
< Vi prego, aprite la porta! Necessito di parlarvi!>
Ma nessuno rispose, e quel pizzico di ardore che le brillava nel petto per un attimo sembrò vacillare, come fa la fiamma di una candela di fronte ad un alito di vento troppo vigoroso.
Si mise a sedere di fronte alla porta della capanna, poggiandocisi addosso con la schiena, avrebbe aspettato il ritorno della donna, che evidentemente in quel momento non era in casa. Chissà che cosa ci faceva fuori di casa a quell'ora del mattino?  E lo pensava proprio lei che era sgattaiolata fuori di nascosto per arrampicarsi fino a quel punto.
L'attesa portò i suoi frutti, da un sentiero roccioso che conduceva nei boschi stava discendendo qualcuno, lo poteva sentire chiaramente dal fruscio delle foglie secche che venivano smosse insieme a qualche ciottolo e in breve fece la sua apparizione la sagoma di una persona, che portava sulla schiena una piccola creatura erbivora simile ad una renna che doveva aver catturato da non troppi minuti. Era bardata in un armatura quasi interamente nera, la cotta aderiva al petto perfettamente riproducendo le fattezze del corpo della bestia dal quale derivavano le squame, abbellita da rifiniture in cuoio rossiccio finemente lavorato che s'incuneavano per proteggere il collo e parte delle spalle nel punto in cui le falde s'interrompevano appena. La parte inferiore della cotta era tanto sottile che lasciava intravvedere la pelle nuda dell'addome a significare l'elevato potere difensivo che la corazza di quella bestia potesse avere, assottigliata così da non risultare troppo pesante e gravosa da portare per la donna, sistemata in legami che la facevano somigliare vagamente ad una rete. Il fiancale proteggeva parte della vita arrivando poco al di sotto della coscia, così da lasciare liberi i movimenti, sul lato sinistro era stata legata una fascia di colore grigio che dava un tocco quasi esotico nell'accostarsi alla colorazione delle altre squame, su quello destro altri legacci di cuoio rosso s'intrecciavano attorno a degli spuntoni arrotondati adatti per riporvi delle armi. Gli schinieri coprivano interamente le gambe, arrivando a sfiorare la falda posta intorno alla vita, ricreati dalla compattazione di strisce intere di pelle della creatura. Non portava però protezione alle braccia se non bende nere che partivano dal polso e arrivavano a metà del gomito lasciando liberi i movimenti delle dita. Infine l'elmo era stato ricavato dal teschio della creatura, la parte ossea utilizzata come il coprifronte di vecchi guerrieri orientali, attorniata da squame taglienti che ricreavano una sorta di criniera appuntita, alcuni elementi di rosso scarlatto davano un'aria ancora più impressionante al copricapo. Laddove doveva trovarsi l'occhio del mostro era lasciato aperto uno spiraglio per permettere alla cacciatrice di osservare, poi le squame si smuovevano per coprire la gola e il collo lasciando scoperta solo una piccola frazione del viso. Il sangue della piccola preda colava lungo le spalle, e a quella vista Yana s'era come raggelata, e non poteva modulare alcuna parola, la schiacciante ammirazione e il timore le impedivano quasi di muoversi.
< Mh? Che ci fai tu lì?>
Il tono vagamente sorpreso ma calmo, una voce stranamente dolce per l'immagine che era apparsa improvvisamente dalle fronde della rada foresta, mentre vagamente affaticata si muoveva in direzione della sua casa, alta ed elegante come una dea guerriera.
< Tu sei Yana vero?>
< S-sì>
In realtà non era difficile conoscere i nomi delle poche persone che abitavano Mikke quindi non c'era troppo da stupirsi se le persone si chiamassero per nome, magari senza sapere nulla l'uno dell'altro.
< Ti sarei grata se ti spostassi, non sembra ma gli Anteka pesano>
< In realtà io sono venuta qui per chiedere il vostro aiuto>
< E che aiuto potrei mai darti io? >
< Immagino che voi già sappiate la domanda che voglio porvi, è la stessa che vi ripetono i ragazzi del villaggio da almeno un mese>
< Siete monotoni, tutti quelli che trovo davanti a quella porta mi fanno sempre la stessa richiesta, inizio ad essere stufa, non vedo per quale motivo dovrei prenderti come mia allieva>
< Ma perché no? Perché non volete sentire ragione? Datemi almeno una possibilità, ve ne prego>
< E' inutile che mi preghi, non ho intenzione di fare da mestro a te, tanto meno a nessun altro ragazzino di questo villaggio, non avete nessuna motivazione reale che possa farvi intraprendere questa via. Pretendete che io vi insegni e pensate che sia una vita facile, e non voglio prendermi la responsabilità delle vite che avete intenzione di gettare in pasto ai mostri>
< Ma io non voglio diventare vostra allieva solo per pavoneggiarmi!>
< Sei spinta forse dal rancore, allora? Farti uccidere come una bestia da macello per vendicarti non ti riporterà quello che hai perduto, non si intraprende la via del cacciatore per vendetta, e poi sarebbe una vendetta vana visto che quel mostro l'ho abbattuto io con queste mie mani>
< E allora cosa ne resta della mia vita se non posso nemmeno combattere per questo?!>
< Non sono io che devo dare risposta a questa domanda, Yana. Adesso te lo ripeto, lasciami passare, l'Anteka mi pesa sulle spalle>
A quel punto la ragazza dovette scostarsi per forza, visto che la richiesta della cacciatrice s'era fatta più veemente, e per quanto insistesse ancora il discorso terminava sempre allo stesso modo e senza che potesse convincerla in alcun modo fu costretta ad andarsene, tornandosene afflitta in direzione della piazza.
Di ritorno a casa venne punita per aver passato la mattina fuori casa senza avvisare, e fu costretta ad un doppio turno di lavoro nei campi, a raccogliere i frutti dei vari orti in modo che le varie bacche e le erbe mediche potessero giungere nel magazzino prima dell'arrivo dell'inverno.
I suoi sforzi non avevano dato frutto alcuno, e l'esuberanza che l'aveva portata a chiedere aiuto alla donna che viveva sulla collina le aveva procurato più guai che altro. E quando al tramonto le forze l'avevano quasi completamente abbandonata, ed era ricoperta di terriccio e fango venne mandata a casa per riposare. Aveva vesciche sulle mani per aver impugnato vanghe e zappe tutto il giorno, e la schiena era rimasta così troppo piegata che temeva potesse crescerle una gobba da un momento all'altro. Era su un sentiero abbastanza largo, lineare, in terra battuta, dove però non vi erano abitazioni, visto che i campi si trovavano appena al di fuori del villaggio, un po' più a valle, e per il ritorno le toccava persino fare il percorso in salita. Era talmente provata che non s'accorse nemmeno che un gruppetto di ragazzi le stava giungendo incontro capitanato dai due tremendi Ynvir e Lietsky, erano una mezza dozzina e trotterellavano vociando della grossa. Ynvir fu il primo a notare la ragazza che si trascinava avanti con passo stanco e subito prese a sbottare qualcosa indicandola ripetutamente, facendola sentire fuori posto, alienata, quasi appartenesse ad una razza completamente differente dalla loro.  Nel giro di pochi secondi le furono addosso e cominciarono a punzecchiarla canzonandola
< Ehi, stupida sguattera, hai lavorato più del solito oggi, speri forse di ricevere più considerazione spaccandoti la schiena?>
< Mannò, che cosa dici, è solo stata punita per la sua impertinenza>
Scoppiarono a ridere tutti quanti e bloccarono il passo della ragazza, che cercava di scacciarli via, anche se stravolta dalla giornata appena passata, mentre il sole iniziava a calare, nascondendosi oltre le vette delle montagne.
< Sai Yana, sono venuto a sapere che sei scappata di nascosto, questa mattina, per andartene a casa di quella cacciatrice, le hai chiesto di prenderti come allieva, vero?
< Avanti, rispondi!>
< E se anche fosse?>
Lietsky che era il più vicino le mollò uno schiaffo tanto forte che le fece perdere l'equilibrio, e cadde per terra.
< Stupida puttana ingrata! Ti diamo un tetto sopra la testa e poi pretendi persino di ritenerti superiore a noi! >
< Non è come credi, io..>
Ma prima che potesse continuare le si era avventato contro con un calcio violento che l'aveva colpita sul fianco e le aveva mozzato il fiato, di seguito anche gli altri ragazzi del gruppo s'erano uniti al pestaggio e pestandola e deridendola la ridussero in fin di vita, distesa con la faccia schiacciata a terra, così malconcia che faceva fatica a respirare.
< Che ti serva da lezione, tu non sei nessuno, saresti dovuta morire quel giorno come un cane, non sei altro che una cagna, non puoi prenderti il permesso di chiedere favori a nessuno, e adesso resta lì e muori come quella cagna che sei>
L'avevano lasciata lì, il buio stava calando, e il dolore era tanto soffocante che non aveva neanche la forza pre gridare, il sapore della terra sulle labbra mescolato a quello ferroso del sangue, aveva escoriazioni su gran parte della faccia, sulle mani e anche sulle braccia, non si sentiva più la schiena e nemmeno le gambe. Era in uno stato di semi-incoscenza, non aveva neanche più la forza per pensare, faceva sempre più freddo, gli occhi più pesanti, sempre di più. Prima di svenire completamente le sembrò di vedere in lontananza la luce di una lanterna, ma probabilmente l'aveva solo immaginata, sarebbe morta lì, dimenticata, in mezzo alla polvere, o almeno, questo era quello che pensava.

Si risvegliò all'improvviso, aprendo gli occhi di scatto, e si guardò attorno in maniera ansiosa, riprendendo a respirare affannosamente come se tutto fosse stato semplicemente solo un incubo, eppure sentiva ancora dolore, e la stoffa ruvida delle bende strette attorno al corpo. Era ancora viva. Dopo il primo momento di confusione si rese conto di trovarsi all'interno di una casa che non aveva mai visto prima, sotto calde coperte composte dalle pellicce di alcune strane creature, davano una sensazione tiepidamente piacevole, assieme al suono scoppiettante del caminetto acceso non troppo distante dalla sua posizione. Il fuoco generava una luce rossastra ed accogliente che andava a posarsi sulle assi di legno che componevano la casa, parzialmente illuminata. Cercò d'alzarsi, ma una fitta improvvisa la fece ricadere stesa con un mugolio sofferente particolarmente rumoroso che non era riuscita a soffocare nel silenzio.
< Ti sei svegliata, finalmente, non ci speravo più>
La voce inconfondibile della cacciatrice, doveva trovarsi nella parte della capanna che non aveva osservato con attenzione, o in una stanzetta secondaria, visto che fino a qualche attimo prima pensava d'essere completamente sola. Non le era stato quindi difficile arrivare all'immediata conclusione che quella dovesse essere l'interno della casa solitaria sulla collina, e che quel letto le era stato concesso dalla gentilezza di quella donna che non aveva voluto sentire ragioni sul voler prenderla come allieva. Era ancora stordita e debole, ma cercò comunque di trovarne la figura con gli occhi, finché non la vide, illuminata appena dall'illuminazione delle fiamme. La pelle era chiara come la sua, e il viso era incredibilmente bello, gli occhi azzurri, screziati d'indaco e grigio, i capelli ricadevano come una lunga cascata infuocata, rossi scarlatti, vagamente ondulati, arrivavano fino a metà della schiena. Così diversa dalla figura spaventosa che le era apparsa, celata dall'armatura d'assassino di mostri, ora così stranamente comune, anche nel vestire. Era una donna più grande di lei, ma non così vecchia come s'era aspettata, e le sue curve e il suo fisico rasentavano la perfezione, era alta, questo aveva già avuto modo di vederlo, il fisico tonico, segnato dagli anni passati a cacciare e a mantenersi in allenamento perenne.
< Hai dormito per due giorni, ma non devi preoccuparti, mi sono occupata io delle tue cure e potrai restare per tutto il tempo che ti serve >
Non le rispose ma si limitò a fissarla ancora accocolata sotto le pellicce morbide.
< Ti va di raccontarmi quello che ti è successo?>
< Mi hanno picchiata>
< Perché hai passato la mattina qui a cercare di convincermi?>
Non rispose, ma distolse lo sguardo, ma l'altra sembrò capire ugualmente, quindi non disse niente e restò quieta a fissare il fuoco, così come faceva pure Yana, imitandola
< Hanno detto che sarebbe stato meglio se fossi morta, quel giorno>
< E tu cosa ne pensi a riguardo?>
< Molte volte penso di sì, però ci sono dei momenti in cui trovo la forza per andare avanti comunque, sento un calore strano nel petto e mi ripeto che io non voglio morire>
< Si chiama tenacia, il calore che senti nel petto, è la via dell'ostinazione, l'ostinazione trasforma la speranza in coraggio, sei una persona coraggiosa Yana, morire sarebbe molto più semplice, molte volte, in effetti sei particolarmente diversa da tutte le altre persone che fino a questo momento mi hanno domandato udienza>
Dopo questa considerazione lasciò dormire la ragazza dal crine corvino e aspettò che si fosse ripresa un po' prima di riprendere il discorso qualche giorno più tardi, quando i tagli sulla faccia e sulle mani si erano rimarginati quasi del tutto e i lividi e le botte iniziavano ad alleviarsi poco per volta a seguito delle cure della cacciatrice. Le stava offrendo un pezzo morbido di pane speziato da mangiare, mentre le sedeva accanto, vestita con abiti casalinghi piuttosto comodi, e si assicurava che le bende fossero strette ancora a dovere dopo avegliele cambiate qualche ora prima.
< Sto rivalutando la tua richiesta, comunque, se ti interessa saperlo>
< E cosa vi ha fatto cambiare idea? Mi volete con voi per pietà? Perché non sono capace di difendermi da sola?>
< No, assolutamente. Te l'ho detto, nel tuo petto si nasconde l'ostinazione, l'ostinazione è una grandissima virtù per un cacciatore, e possederla e conservarla dopo quello che ti è accaduto è sicuramente qualcosa di ammirevole, non posso restarne indifferente, dopotutto l'attacco della Lunastra ha modificato radicalmente la tua vita>
< Lunastra. Allora è così che si chiamava quell'affare>
Ci fu un attimo di silenzio e per un attimo le dita della ragazza più giovane si serrarono compulsivamente al ricordo delle squame bluastre della belva.
< Avete detto però che non mi volevate perché provo ancora rancore e voglio vendicarmi>
< Questo è vero. Non intendo prenderti come mia allieva per spingerti a vendicarti>
< Non posso promettervi che questo mio sentimento d'odio passerà mai>
< Posso capirlo, ma cercherò ugualmente di darti qualcosa per cui valga la pena vivere, che non sia lavorare nei campi o resistere al pestaggio di sciocchi ragazzini>
< Lo fareste veramente?>
< Posso farlo,sì. E' un rischio in parte, ne sono consapevole. Ma di tutte le persone che me lo hanno chiesto sei la prima a suscitare in me un tale interesse, ma devo avvisarti che non sarà facile. La via del cacciatore è la via più difficile da seguire, devi essere pronta a sopportare dolori immani e a vedere i tuoi compagni morire, devi essere pronta a mostrare quanto più coraggio tu non abbia mai avuto in vita tua>
< Farò tutto quello che voi mi dite, non mi lamenterò mai, non ..>
< Non serve che mi prometti queste sciocchezze, mi basta solo che stai attenta a non farti uccidere in maniera stupida, dopotutto per adesso sono responsabile di te, almeno fino a quando non sarai forte abbastanza per cavartela da sola>
Cercò di balbettare qualcosa ma ogni parola, a seguito del fremito dato dall'emozione risultava un farfugliamento incomprensibile, la lingua continuava ad arrotolarsi e anche le parole più semplici sembravano stranissime decantazioni in lingue antichissime.
< N-Non so come ringraziarvi>
Rise leggerissima a quel ringraziamento, facendo per poggiare la mano destra sulla testa di Yana, carezzevole e gentile, facendole cenno di riposare ancora, muovendo i propri passi in direzione della porta della capanna, camminando elegante, come sempre.
< A proposito, puoi chiamarmi Rìv. Appena sarai un po' più in forze inizierò ad insegnarti il mio mestiere e a quel punto pregherai di non avermelo mai chiesto>
Da quel giorno la vita di entrambe cambiò radicalmente.
  
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