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Autore: RevolutionVoltage    02/11/2013    4 recensioni
Dalla storia: Cosa aveva ottenuto parlando con quella Rita Skeeter? Nulla. Aveva gettato fango sulla Granger e su Potter, dichiarandoli una coppia spacciata e sperando di attirare così tanta pressione mediatica su di loro che Potter avrebbe fallito le prove del Torneo e che Krum si sarebbe accorto del suo tempo sprecato dietro quella mezzosangue. Aveva fatto del suo meglio, aveva seguito tutti i consigli di Draco. Aveva spifferato di tutto alla più crudele giornalista del mondo magico e aveva ottenuto solo una risata pura e schifosamente gioiosa da parte della ragazza che, secondo i suoi piani, ora sarebbe dovuta essere chiusa in qualche bagno a piangere.
Di: ReVoltage
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Hermione Granger, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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love and be loved
Revolution Voltage, here.
Qualcuno (Ally) ha fatto diciotto anni e come tutte le ragazze di diciotto anni, cosa avrà chiesto per il suo compleanno? Una cofanetto di trucchi della Pupa? NO! Una serie di Fanficion Slash! E noi non potevamo di certo rifiutare.
Per questo, io, Hamleys e altri 14 circa autori ci siamo messi d'impegno per farla felice e soddisfare ogni suo desiderio.
(Ancora auguri, Splendore! ♥)
E' la prima (o quasi) volta che oso intaccare quella meraviglia che è la saga di HP. Spero di non aver scritto troppe boiate e spero, soprattutto, che vi piaccia e che piaccia alla festeggiata.
Con tutto l'amore del mondo,
ReVoltage

Love and be loved in return


-“Stunnengly pretty”? Her?! What was she judging against – a chipmunk?-

 

Pansy chiuse di scatto la Gazzetta del Profeta e la lanciò sul tavolo con fare stizzito.

-Avrebbe dovuto vincere il chipmunk, allora.- le rispose Draco senza nemmeno degnarla di uno sguardo e procedendo nel mangiare la sua colazione, il ciuffo biondo a coprirgli metà del ghigno sulle sue labbra.

Pansy incrociò le braccia al petto e tornò a fissare la prima pagina del giornale, dalla quale un’Hermione raggiante le sorrideva aggrappata al braccio muscoloso di Krum.

La ragazza ringoiò a stento un verso di estremo disgusto: erano rivoltanti insieme. Rivoltanti e così scontati!

Tutti avrebbero scommesso sulla saputella dalla pelle d’avorio e l’aitante straniero; non c’era nulla di particolare o di affascinante in quella coppia.

Pansy sbuffò sonoramente e stava per lanciarsi sulle sue uova quando una risata cristallina la obbligò a rivolgere lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro.

Poteva vederla chiaramente, o quasi, tra le teste dei Tassorosso seduti al loro posto tra il suo e quelli rosso-oro. Hermione stava ridendo, felice e a cuor leggero, ignara del peso che lei aveva sullo stomaco da quando aveva aperto la Gazzetta quella mattina. Rideva, a una qualche battuta idiota che doveva aver fatto Potter, con gli occhi e con le labbra. Con il petto e con gli zigomi.

E Pansy non lo poteva sopportare. Non quando aveva fatto di tutto perché la sua serata, il suo mese, il suo intero anno scolastico andassero allo scatafascio.

Cosa aveva ottenuto parlando con quella Rita Skeeter? Nulla. Aveva gettato fango sulla Granger e su Potter, dichiarandoli una coppia spacciata e sperando di attirare così tanta pressione mediatica su di loro che Potter avrebbe fallito le prove del Torneo e che Krum si sarebbe accorto del suo tempo sprecato dietro quella mezzosangue. Aveva fatto del suo meglio, aveva seguito tutti i consigli di Draco. Aveva spifferato di tutto alla più crudele giornalista del mondo magico e aveva ottenuto solo una risata pura e schifosamente gioiosa da parte della ragazza che, secondo i suoi piani, ora sarebbe dovuta essere chiusa in qualche bagno a piangere.

Pansy si morse nervosamente l’interno della guancia. Non poteva sopportarlo.

 
*

Cura Delle Creature Magiche le era sempre piaciuta. Certo, odiava Hagrid e odiava il dover condividere la lezione con il quarto anno Grifondoro, ma poi, quando scopriva che la lezione era sugli unicorni, si scordava ogni problema e avversione e si concentrava su quelle creature così nobili ed eleganti.

Draco non perdeva mai occasione di prenderla in giro per questa sua ossessione nei confronti di quelle creature e lei non perdeva mai occasione di mollargli un pungo assestato sulla spalla, in modo da ricordargli che, amore per gli unicorni a parte, era sempre la Pansy con gli attributi che lo seguiva in ogni avventura da maschiaccio nella quale Draco si cacciava.

Con questi pensieri in testa, la ragazza si dirigeva verso la Foresta Proibita a passo spedito, i libri stretti al petto e il respiro pesante a bruciarle i polmoni.

Qualche centinaio di metri avanti a lei, Draco correva, con Goyle e Tiger alle calcagna, verso qualcosa – o meglio qualcuno – che non riusciva a mettere bene a fuoco.

Man mano che si avvicinava al gruppo di ragazzi, ora fermo sul sentiero più vicino al punto di ritrovo, riusciva a riconoscere un paio di volti.

C’erano Paciock, l’irlandese – com’è che si chiamava? Flinn…Fearg… Finnigan? – e poi, ovviamente, c’era Potter.

Stranamente non era scortato da quello schifoso babbuino traditore della sua stirpe di Weasley; e non si sentiva nemmeno la puzza del sangue sporco della Granger.

Pansy sorrise maligna e percorse l’ultimissimo tratto di sentiero che la separava dal resto del ragazzi, pensando che forse – solo forse – Hermione era finalmente chiusa in qualche antro del castello a disperarsi a per le voci che lei aveva messo in giro.

Una strana sensazione che catalogò come l’unione di soddisfazione e speranza le si annidò alla base dello stomaco, mentre lanciava il braccio oltre le spalle di Draco e puntava gli occhi in quelli di Potter.

La sua amichetta avrebbe imparato cosa si guadagna a creare stupidi scandali da Settimanale delle Streghe con ancora più stupidi studenti di una scuola straniera.

-Buondì, Potter!- esordì sorridendo nuovamente quando Harry la guardò schifato. Draco rise.

-Allora, ce lo vuoi dire cos’hai in serbo per stupire il pubblico durante la prossima prova?- lo provocò Draco con una leggera spallata.

Harry lo fulminò e proseguì a camminare, cercando di ignorare il tono irrisorio del biondo.

-Hai fatto rifornimento di trucchi da fattucchiere dai Weasley?- proseguì Draco affiancandolo e ridendo sguaiatamente dritto davanti alla sua espressione stanca.

Da dove era lei la scena era esilarante e tesa allo stesso tempo. Tutti si aspettavano una qualche tipo di risposta da parte del Grifondoro, magica o verbale che fosse, ma questa non arrivò e, una volta raggiunto il luogo di incontro, Draco aveva provocato Harry così duramente che se non aveva ancora risposto, probabilmente non lo avrebbe proprio fatto.

Draco si allontanò dal moro scrollando le spalle, decisamente deluso dal non essersi divertito per niente con Potter,e fu allora che Pansy aprì la bocca e questa parlò da sola.

-Non sei molto aggressivo quando non hai il tuo tirapiedi e la tua ragazza a coprirti.- lo gelò con tono di scherno.

La sua ossessione per quella ragazza era decisamente fuori controllo. Avrebbe fatto bene a porsi dei limiti.

Pansy si face un memo mentale e proseguì la sua recita, non lasciando scivolare la maschera che le tremava contro le guance calde ogni qual volta si trovasse a pensare a Hermione.

Harry, a sentir nominare i suoi amici, posò lo sguardo smeraldino negli occhi neri di lei e le sue labbra tremarono, mostrando appena i denti, minaccioso.

Pansy non abbassò lo sguardo, nemmeno per un secondo. Harry rimase zitto.

-Dove sono, a proposito?- chiese la ragazza, accennando qualche lento passo verso le rocce dove si erano sistemati i tre Grifondoro e attirando l’attenzione dell’intero gruppo su di lei e la loro conversazione.

-Non penso siano affari tuoi, Parkinson!- la freddò Harry, la voce densa di lame affilatissime.

-Ohh, non è che per caso te la stanno facendo alle spalle, Potter?- gli chiese provocando le risatine infantili di molti Serpeverde alle sue spalle. Paciock alzò lo sguardo preoccupato su Harry, come se temesse la reazione del ragazzo, ma non fiatò.

-La tua dolce metà e il tuo migliore amico, che disdetta! D’altronde la Granger non sarebbe nuova a questo tipo di cose, o no?- continuò ridendo Pansy e il pensiero di Weasley che toccava, baciava, Hermione le diede il voltastomaco. Esattamente come il pensiero di chiunque altro al posto di Weasley. Semplicemente lei doveva rimanere sola. Doveva soffrire.

-Taci!- le urlò addosso Harry, alzandosi di scatto dalla roccia e sfoderando la bacchetta. Quel potentissimo pezzo di legno era ora puntato alla sua gola, ma la mente della ragazza fluttuava ancora nel disgusto provocato dalle immagini che aveva appena dipinto e non se ne accorse subito.

Si risvegliò dal suo stato comatoso quando le risate dei suoi compagni le comunicarono che era successo qualcosa di divertente. Ovvero Paciock che, spaventato dall’improvviso movimento di Harry, era caduto dalla roccia e aveva mandato nel panico Finnegan che adesso non sapeva se soccorrere lui o aiutare Harry con Pansy.

Prima che la ragazza potesse pensare alle conseguenze, tornò a parlare:

-Questo sì che è qualcosa che racconterei alla Skeeter. E questa volta mi ascolterebbe.-

In un secondo, gli occhi di tutti le si incollarono addosso. Quelli di Harry, per un momento confusi, si persero nel vuoto mentre pensava e si riaccesero dopo pochissimi secondi, ancora più furiosi e caldi di prima.

Alle sue spalle, potè sentire chiaramente Draco sibilare il suo dissenso per quello che aveva appena fatto.

Solo lui sapeva che era stata lei a parlare con la giornalista, dandole gli spunti per il suo articolo che sarebbe dovuto essere molto, ma molto, più infamante nei confronti dei due Grifondoro.

Solo lui sapeva quanto era rimasta delusa dal fatto che non c’era una singola parola di critica rivolta alla Granger e solo lui sapeva, a questo punto, quanto aveva fatto male a spifferare tutto a Potter, in un momento di orgogliosa debolezza.

Nel momento in cui realizzò, si maledisse e si morse la lingua, la bacchetta di Harry ora a diretto contatto con la sua giugulare.

-Tu hai fatto cosa?- le sussurrò digrignando i denti.

Pansy deglutì, privata di tutta la sua forza e della sua sfacciataggine. Ma tutti erano in ascolto e lei era una Serpeverde, la migliore amica di Malfoy per di più… Non poteva dargliela vinta.

-Ho pensato non ci fosse nulla di male nel raccontare un po’ della vita privata del più giovane Campione Tremaghi alla Gazzetta del Profeta.- scandì con voce relativamente ferma. -Ho detto solo la verità. Tutti sanno della tensione che c’è nel vostro trio. Senza contare la storia di Krum. Tanto valeva essere onesti e raccontarlo al mondo intero.- concluse la ragazza, un’espressione di ingenua sfida in volto.

Harry tremò e Finnegan, dietro di lui, sussurrò un ‘Harry?’ poco convinto, probabilmente sperando di calmarlo.

Non c’era un solo rumore in tutta la radura. Anche il vento sembrava aver deciso di calmarsi, lasciando gli unici suoni allo scontro tra i colori degli occhi dei due ragazzi.

Prima che il moro potesse rispondere, minacciarla, o dire qualsiasi altra cosa, Pansy riprese, come colta da un’improbabile e codarda frenesia.

-Non che mi abbia dato retta, comunque. Credimi, se avessero pubblicato tutto quello che ho detto alla Skeeter, la tua amica sarebbe da qualche parte a rimpiangere di aver mai messo piede nel nostro mondo di maghi-

-Il nostro mondo è il suo mondo!- urlò Harry oramai al culmine della rabbia. -Merita più lei il posto in questa scuola che te e la metà dei tuoi amici, serpe!- la insultò il moro con le guance arrossate per l’ira e lo sforzo di calmarsi e non schiantarla seduta stante.

Pansy sbuffò con una mezza risata decisamente forzata, dato che cominciava a faticare a respirare, tanta era la pressione della punta della bacchetta di Potter sulla pelle del suo collo.

-Che succede qui?-

Una voce preoccupata li raggiunse dal lato della radura.

-Lotta nel fango tra ragazze.- rispose la voce divertita di Draco, evidentemente incapace di preoccuparsi per la sua amica anche quando un mago le puntava la bacchetta alla gola.

-Harry, che stai facendo?-

Hermione entrò nel campo visivo di Pansy che abbassò subito lo sguardo, sulla punta delle sue scarpe lucide.

-Questa… strega. Non sai cosa ha fatto, Hermione. E’ stata lei a…- cominciò Harry, prendendo fiato un paio di volte e visibilmente calmato dalla presenza della bionda.

-Non mi interessa cosa abbia fatto. Tu non sei come lei. Abbassa la bacchetta ora.- le disse lei gentilmente, mentre Weasley, spuntato da non si sa dove, gli poggiava una mano delicata sulla spalla, incoraggiando il movimento dei suoi muscoli tesi.

Pansy era immobile, nel frattempo, completamente sconvolta dal profumo e dal color nocciola degli occhi della ragazza davanti a lei.

Era così bella. Era dannatamente bella; ed era anche gentile. Poteva esserci creatura più perfetta?

E lei non sapeva come sentirsi a riguardo. Se amarla, odiarla, esserne invidiosa. Decise che per il momento se ne sarebbe stata buona buona a godersi quella vista da vicino e ad ascoltare il battito del suo cuore che aumentava a dismisura.

-Avanti Harry. Sei solo nervoso. Andiamo a sederci prima che Hagrid ti veda con la bacchetta a mezz’aria.- gli disse Ron, togliendogli di mano il pezzo di legno e voltandolo poco delicatamente, lasciando Pansy a fissare le spalle di Harry.

-Ma lei ha parlato con la Gazzetta, Ron!- protestò Harry, lasciandosi comunque guidare verso la roccia dove poco prima era seduto con Paciock e Finnegan.

-Si, adesso ne parliamo.-

La voce dei due ragazzi era sempre più  lontana e per questo bassa mentre Hermione era ancora lì, esattamente davanti a lei, la confusione scritta in viso.

Pansy trattenne il fiato mentre lei le si avvicinava ancora.

In un momento di lucidità si accorse che da quando Potter aveva abbassato la bacchetta, la scena si era fatta molto meno interessante e i tre quarti dei ragazzi presenti avevano perso la curiosità e adesso le ignoravano, chiacchierando tra di loro o sfogliando il libro prima della lezione.

-Non avevo troppe speranze, sai? Ma pensavo che almeno tu fossi diversa. Non dico una brava persona, no, ma almeno leggermente migliore di Draco.- le disse Hermione, il volto contratto dalla delusione e dal dispiacere. Sbatté un paio di volte le palpebre e Pansy si sentì morire. Voleva scavarsi un buco lì, tra il fango e le foglie autunnali, ficcarcisi dentro e morire.

-Mi sbagliavo.-

Hermione parlò e Pansy chiuse gli occhi. Non avrebbe retto un altro secondo la vista della Granger farle la predica, la morale o qualsiasi altra cosa stesse facendo. Ora voleva solo rintanarsi tra i Serpeverde, magari beccarsi qualche pacca sulle spalle per aver sfidato Potter e per averlo messo nei casini con la Gazzetta, e dimenticarsi di quella scena. Dimenticarsi del calore che emanava il viso della ragazza così vicino al suo.

-Non mi interessa nulla di quello che pensi tu, Granger.- sputò velenosa Pansy, voltandole le spalle altezzosa.
E mentre si allontanava dal centro della radura, dando le spalle alla bionda ancora impalata lì, il suo cuore non poteva trovarsi più in disaccordo.

 

*

 

La lezione era proseguita decentemente. Hagrid – Pansy non lo avrebbe mai chiamato Professore – aveva blaterato con il suo vocione roco qualcosa sui centauri per 55 minuti e poi si erano diretti tutti nuovamente verso il castello. Potter aveva reso conto ai suoi scagnozzi di quello che era successo, con l’aiuto di Paciock, evidentemente ripresosi dalla caduta. Sia Weasley che la Granger l’avevano fulminata un paio di volte, durante il racconto, e mentre Pansy ignorava ogni occhiataccia del rosso, trovava davvero complicato fare lo stesso con quelle della ragazza. Il punto era che i suoi occhi erano così pungenti e densi.

Ora erano a cena, la scena nella radura quasi un lontano ricordo, e Pansy non mangiava.

-Lo finisci quello?- le chiese, ancora con la bocca piena, Draco indicando con gli occhi blu affamati il pollo nel suo piatto.

La ragazza lo stava torturando da secoli e non si decideva a ingoiarlo, quindi…

-No, tieni.- gli rispose acida, spostando violentemente il piatto oro e bianco nella direzione del ragazzo.

-Per tutti i denti del Basilisco, Parkinson! Cos’hai oggi?!- le urlicchiò addosso Draco, sconvolto dall’improvvisa intrattabilità della ragazza.

-Ohh, stai zitto e mangia invece di giocare al legilimens!- sbottò Pansy alzandosi dalla panca. Improvvisamente c’era troppo rumore nella Sala Grande, troppo caldo, troppo tutto; e i suoi compiti di Difesa Contro le Arti Oscure, che la aspettavano nel dormitorio, le sembravano assolutamente più allettanti che tutto quel casino.

-Gfn dove gnf stai anda gdfn ndo ora gngf?- le chiese Draco, masticando brutalmente il pollo, con un’espressione davvero più che sconnessa in volto.

Pansy non gli rispose e continuò a camminare verso l’uscita, lanciando occhiate febbrili e teoricamente circospette al tavolo rosso-oro.

Quei tre erano sempre lì, seduti ai loro soliti posti. L’unica differenza dalla scena di quella mattina era che nessuno rideva più, anzi. Aleggiava la classica aria da ‘qualcosa è in sospeso’ e Harry bisbigliava nell’orecchio di Hermione, il cui sguardo volava da un posto all’altro della tavolata dei Serpeverde.

Pansy si bloccò, a pochi passi dall’uscita, gli occhi ancora incollati alla coppia.

Hermione si guardava intorno come se stesse cercando qualcuno. Improvvisamente i loro sguardi si incrociarono e il mondo si fermò per un attimo.

Con la coda dell’occhio, Pansy poteva distinguere Weasley indicarla con un dito unto di olio – evidentemente anche lui era coinvolto in quella ricerca – ma la cosa non le interessava più di molto. Non quando Hermione la stava fissando.

Si sentì le guance andare a fuoco e, un po’ per la vergogna e un po’ per l’imbarazzo, si affrettò ad uscire dalla Sala Grande, il mantello che svolazzava alle sue spalle creando ombre suggestive sulle pareti in granito della stanza.

Accennò una corsetta verso il corridoio che portava ai sotterranei e, proprio quando pensava che il rossore sulle sua guance fosse svanito – raffreddato dall’atmosfera lugubre e rassicurante della strada per il suo dormitorio -, voltò l’angolo e andò a sbattere dritta dritta contro Hermione Granger in persona.

Dritta ed elegante, era appoggiata ad una colonna d’angolo.

Pansy si fermò, una mezza paralisi a bloccarle le gambe e le labbra in una piccola ‘o’ di sorpresa.

-C… Come… Tu eri nella Sal… Cosa ci fai qui?- riuscì a balbettare dopo un paio di tentativi la mora, non osando guardare l’altra ragazza negli occhi, sicura che sarebbe svenuta, o per la rabbia o per il pentimento.

Hermione non rispose ma, arrossendo, si portò entrambe le mani dietro la schiena e sistemò al meglio qualcosa nella tasca posteriore dei jeans che portava sotto la divisa.

-Non è questo quello di cui sono venuta a parlarti.- esordì la ragazza sistemandosi una ciocca di capelli color del miele dietro l’orecchio.

Pansy la guardò ammaliata. Appena si riprese, però, tornò la solita malvagia Serpeverde che era con tutti e in particolare con la Granger.

-E di cosa vuoi parlare, di grazia?- le chiese scocciata incrociando le braccia al petto e appoggiandosi al freddo muro del corridoio deserto.

Tutti erano a cena nella Sala Grande. C’erano solo loro due e Pansy non sapeva se gioirne o esserne terrorizzata. Hermione era di gran lunga più brava di lei con gli incantesimi; se avesse voluto avrebbe potuto metterla KO in meno di un secondo. Ma nonostante questo pensiero: -Sei venuta a chiedermi consiglio per le tue pene amorose, Granger? Non sai più come districarti tra tutti i tuoi flirt?- la provocò sorridendo.

-Cerca di essere seria per un momento, lo sai bene di cosa voglio parlarti.-

L’espressione della ragazza davanti a lei era calma, tranquilla e davvero troppo bella per essere reale.

Pansy ricacciò questo pensiero nei meandri della sua testa e tornò a concentrarsi su quello che le stava per dire.

-Tu non sei così, Pansy.- Hermione parlò solo una volta certa di aver avuto l’attenzione dell’altra ragazza.

La mora deglutì.

-E a te chi lo dice?- chiese sarcastica alzando il mento nella sua direzione con aria di sfida.

-Io lo so.- le rispose sicura la bionda. -Lo so e basta.-

Il cuore di Pansy prese ad aumentare la sua corsa e i palmi delle mani divennero improvvisamente umidi.

-Ti vedo. So che non vuoi, so che è una recita.- continuò Hermione scrutando senza pietà giù, in fondo, nella sua anima. -Mi chiedo solo cosa farai quando quella maschera diventerà troppo pesante.-

La sua voce vellutata e sinceramente impensierita sapeva soffiare sul cuore di Pansy come lo scirocco africano tra le cime montane innevate e la ragazza non riuscì a trattenere un fremito, le guance e lo spirito in fiamme.

Quello che stava dicendo era vero. Dannatamente vero. Così vero che il dolore era tangibile e, a tratti insopportabile, proprio lì, in mezzo allo sterno.

Non aveva il coraggio di rispondere, Pansy, così taceva travolta da quell’onda di verità che lei non avrebbe dovuto conoscere.

Lei, soprattutto, non avrebbe dovuto essere a conoscenza del suo punto debole, della menzogna che si era forzata a vivere.

Non lei che era splendida e perfetta in ogni cosa facesse, qualsiasi cosa dicesse. Non lei che era onesta.

-Tenterai di issarla nuovamente, consapevole che non sarà mai più credibile…- cominciò di nuovo Hermione, avvicinandosi piano a lei, come se temesse una qualche sorta di ribellione -…o la lascerai cadere?- terminò soffiandole dolcemente quella domanda sullo zigomo e Pansy era così confusa e sopraffatta che si sentì morire, letteralmente.

Chiuse gli occhi, il respiro affannato e il petto compresso dalla paura e dalla consapevolezza che l’essere più perfetto al mondo le aveva appena sbattuto in faccia il suo segreto più grande. Quando li riaprì, lei era ancora lì, il viso a pochi centimetri dal suo.

Perfetta.

E sussurrava.

-La lascerai andare? Crollare al suolo in mille schegge?-

Basta. Basta. Basta.

Era troppo.

La baciò.

Fu un contatto brevissimo e così agognato che a Pansy sembrò sinceramente durare un millesimo di secondo.

La frazione di un momento in cui, per la prima volta da anni oramai, si sentiva serena, felice e in pace con se stessa. E aveva avuto bisogno di premere le sue labbra contro quelle della ragazza più bella, intelligente e insopportabile che lei avesse mai conosciuto.

Quando si staccarono, però, Pansy fu violentemente trasportata di nuovo sulla Terra; e sulla Terra, chi sbaglia paga.

-Cos’era quello?- chiese stranita e quasi spaventata Hermione. Pansy abbassò istantaneamente lo sguardo.

-Niente! Non stavi zitta e la mia bacchetta era troppo lontana per zittirti con uno schiantesimo.- le rispose la mora con cattiveria.

Hermione però non sembrava molto convinta e, come se ogni tassello di un enorme puzzle fosse volato al suo posto proprio in quell’istante, serrò le palpebre e fece un passo indietro.

Quando le mostrò di nuovo il cioccolato delle sue pupille, Pansy vi trovò dispiacere e sorpresa. Parlò, infine, e la mora dovette fare ricorso ad ogni briciola della sua forza e del suo orgoglio per non scoppiare in lacrime.

Era terrorizzata da quello che aveva fatto, conseguenza di quello che provava da troppo e una marea di domande le annebbiavano il cervello.

In tutto questo, Hermione Granger era ancora lì, perfetta.

-Io ti piaccio.- asserì la bionda, gli occhi spalancati dalla sorpresa. -Tu hai una cotta per me!-

Non lo ripeteva per farle del male, Pansy ne era sicura, eppure era proprio quello che stava facendo. Prendendo il suo cuore e calpestandolo con ogni sillaba che le sue labbra rosee pronunciavano.

-Questo spiega tutto! Le continue torture e i tuoi tentativi di sabotare ogni mia relazione!-

Il suo tono cominciava a darle sui nervi e Pansy, imbarazzata come mai nella sua intera esistenza, cominciò a spostare il peso del corpo da un piede all’altro, sperando con tutta se stessa che tutto fosse solo un incubo e che il dolore assurdo al centro del suo petto se ne andasse al più presto.

-Devi infierire ancora o hai finito; Granger?- sputò velenosa Pansy, gli occhi pronti alle lacrime e la gola trafitta da un pugnale.

-Oh, Pansy. Ancora non hai capito?- le chiese Hermione pacata. -Odio essere io a doverlo fare, davvero, ma è ora che tu impari qualcosa di semplice dalla vita.-

Ora sembrava imbarazzata e la mora si chiese come diavolo si permettesse di essere a disagio quando quella che si era appena giocata la sua intera vita era lei!

Non le si avvicinò ma le parole che scelse subito dopo colpirono Pansy in petto come un ariete.

-Ama e sarai amato. Dai se vuoi avere.- le disse, priva di vendetta o risentimento. -Tu non mi hai amata, Pansy…- riprese Hermione scuotendo la testa convinta e amareggiata.

La mora era sul punto di cedere e svenire, il cuore che martellava, le lacrime che premevano e il sangue che le pulsava nelle vene come i rintocchi di un qualche orologio che, crudele e invisibile, le ricordava che era troppo tardi.

Stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa a sua discolpa, ma Hermione fu più svelta.

Si avvicinò rapida e posò le labbra sulla guancia fredda di Pansy. Un bacio leggero, quasi impercettibile, ma che sapeva comunque un po’ di perdono e molto di addio.

-…ora non puoi pretendere che io ti ami.-

Così si concluse il monologo di Hermione. Toccante e profondo al punto giusto; severo da far venir voglia a Pansy di correre a chiedere scusa a chiunque avesse mai offeso perché avrebbe fatto di tutto pur di riavere quel contato di labbra sulla sua pelle.

Perfetta.

Ora, Hermione se ne andava dispiaciuta e pensierosa dai sotterranei, probabilmente verso la Sala Grande, a terminare la sua cena. Ora Pansy se ne andava distrutta dai sotterranei, probabilmente diretta verso il suo dormitorio, sperando di trovarlo deserto, dove avrebbe pianto fino alla mattina successiva, stretta al suo cuscino e desiderando di avere avuto un cuore puro.

E mentre la sua maschera cadeva a terra, le schegge e spargersi rumorosamente sulla pietra del corridoio, lei non era capace di distinguerne l’agghiacciante suono, troppo assordata dal rumore dello spezzarsi del suo stesso cuore.

Ama e sarai amato.

  
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