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Laris/Alphard
Laris stava
in piedi fuori dall’infermeria, passeggiando avanti e
indietro, in attesa che l’infermiera
si decidesse a darle qualche notizia. Alphard era lì dentro
da quando lei
stessa ce lo aveva portato, un’ora prima. Walburga le era
accanto, gli occhi
scuri colmi di preoccupazione per la sorte di suo fratello.
- Mi
spieghi come diavolo è potuto accadere? –
Era
un’ora
che cercava di tirarle fuori la verità, e non la biasimava
per questo, ma lei
non poteva proprio parlare. Aveva giurato di non raccontare mai cosa
accadeva
durante i loro incontri, tutti loro l’avevano giurato.
- Sai che
non posso dirtelo, Alby. –
- Al
diavolo le vostre regole, voglio sapere cosa è successo a
mio fratello. –
esclamò la Black, perdendo definitivamente la pazienza.
Non
l’aveva
mai vista così arrabbiata, doveva ammettere che era
piuttosto impressionante.
Di sicuro, se non avesse avuto come modelli di comparazione la sua
furia e
quella di Riddle, l’avrebbe persino giudicata spaventosa.
La comparsa
dell’infermiera interruppe la loro discussione.
- Il signor
Black si rimetterà nel giro di una settimana, intanto potete
entrare a vederlo.
–
La prima a
varcare la soglia fu Walburga, che si precipitò
immediatamente accanto al letto
del fratello. Alphard aveva entrambe le braccia fasciate dalla punta
delle dita
ai gomiti, la faccia un po’ sporca di fuligine e la sua
carnagione sembrava
ancora più chiara di quanto non fosse di solito.
- Cosa
è
successo? –
Stavolta
Walburga provò a far parlare lui.
- Colpa
mia, ho perso il controllo, la prossima volta non capiterà.
–
Bugiardo.
Se c’era qualcuno che aveva perso il controllo di sicuro
quello non era lui.
Laris sentì una stretta al cuore quando lo vide accarezzare
delicatamente la
sorella e sussultare per il dolore. Si era ustionato tre quarti delle
braccia
per proteggere lei. Era colpa sua se era rimasto ferito e se, a buon
bisogno,
avrebbe avuto le braccia sfigurate per sempre.
- Alby, mi
lasceresti da solo con Laris? – le chiese gentilmente, mentre
osservava la
Grindelwald con una strana espressione negli occhi grigio perla.
La sorella
annuì, capendo che avevano bisogno di privacy per parlare di
ciò che era
accaduto. Strinse rabbiosamente la mascella, non capiva proprio
perché dovessero
vivere con tutti quei segreti.
-
D’accordo,
sono qui fuori. –
Non appena
Walburga li ebbe lasciati soli, Alphard tornò a fissarla.
- Non
provarci nemmeno. – l’ammonì.
Laris lo
fissò perplessa, non capiva a cosa si stesse riferendo.
- Non
capisco. – ammise.
- Non
provare a darti la colpa per quello che è successo. Sono
stato io a immergere
le braccia nell’Ardemonio, nessuno mi ha costretto a farlo,
perciò non
guardarmi in quel modo. – chiarì.
Cosa, si
stava davvero prendendo la responsabilità di quello che era
successo?
- Tu mi hai
salvata, Alphard. Se non fosse stato per me, ora saresti perfettamente
sano. –
Alphard
scosse la testa, - Non è vero. Fisicamente
sarei a posto, ma avrei il cuore a pezzi. Ricordati
questo, Laris, posso
vivere tranquillamente con le braccia che sembrano cera fusa se mi
viene
concesso di tenerti stretta a me. –
- Riesci a
fare il sentimentale anche sul lettino di un’infermeria.
–
Le rivolse
un sorriso sghembo, - Lo dici come se fosse una brutta cosa.
–
Scosse la
testa, divertita, e si chinò a baciarlo delicatamente.
-
Promettimi una cosa. – le sussurrò a fior di
labbra.
- Tutto
ciò
che vuoi. –
- La
prossima volta niente fuoco. I bambini che giocano con il fuoco si
bruciano le
dita. –
Le
mostrò
le braccia fasciate con un’aria di falsa afflizione che la
fece scoppiare a
ridere.
-
D’accordo,
magari la prossima volta giochiamo con il ghiaccio. –
scherzò.
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