Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: eos75    18/04/2008    9 recensioni
Può l'obiettivo di una macchina fotografica leggere nel cuore delle persone? E' quello che scoprirà il più forte portiere della Bundesliga! Tra fotografie, partite e allenamenti, la storia di un'amicizia molto particolare.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ac16

Il mio ufficio era immerso nella penombra del tardo pomeriggio. Vi entrai, allungai una mano e feci scattare l'interruttore. I neon bianchi lampeggiarono e s'accesero mentre mi sedevo pesantemente davanti al monitor spento del mio pc ed in quel momento il cellulare che tenevo stretto in mano iniziò a squillare insistentemente. Lo guardai un istante, scrollando il capo con un sorriso sconsolato sulle labbra e risposi dando un sospiro, lasciandomi andare mollemente sullo schienale della sedia.
“Pronto! Ciao! Cos'è successo che mi chiami a quest'ora e alla vigila di un ritiro?” chiesi sforzandomi di essere il più allegra possibile.
“Volevo solo fare quattro chiacchiere…” la calda voce baritonale dall'altra parte vibrò di un tono amaro e un poco triste.
Immaginavo una richiesta del genere, nonostante il giorno seguente dovesse iniziare il ritiro ufficiale della squadra Giapponese in Germania, in preparazione di alcune amichevoli pre-Mondiale.
Marjorie mi aveva mantato un messaggio non più di un'ora prima, dicendomi che non sarebbe tornata a casa per cena e che sarebbe andata da Karl...
"Sono in ufficio, sei autorizzato a venirmi a disturbare!" continuai sullo stesso tono, e lo sentii ridacchiare dall'altro capo dell'apparecchio.
Mezz'ora più tardi  un breve bussare precette l'aprirsi della porta laccata di nero. 
“Buona sera.”
“Buona sera! Com’è andata la rimpatriata con i tuoi compagni?” chiesi senza sollevare lo sguardo dal pc, totalmente immersa com'ero nello sbrogliare la matassa intricata del mio archivio.
Con la coda dell'occhio lo vidi sogghignare e scuotere la testa con fare canzonatorio. Prese una sedia, la portò accanto alla mia e vi si mise a cavallo, le braccia conserte sullo schienale  “Bene, direi. A parte i ragazzi che giocano in Europa, gli altri erano abbastanza stanchi per il viaggio. Domani l’allenamento è per le quattro…”
Il giorno successivo avrei dovuto esserci anche io, a bordo campo come il solito ma con tutt'altri soggetti: la sua squadra nazionale. Era stata una richiesta esplicita di Lauber: aveva dato in prestito i campi del Bayern per gli allenamenti della squadra nipponica e voleva delle immagini dei compagni di Benjiamin.
"Ah ah…" assentii continuando a fissare il monitor "Altro?" gli lanciai un'occhiata di sottecchi e lo vidi chinare il capo, nascondendolo tra le braccia, sconsolato  “Lo immagini…”
“Marj è fuori con Karl. Cos’è successo esattamente?”  mi voltai  finalmente verso di lui e mi misi anch'io a cavalcioni della sedia col mento poggiato sulle mani chiuse a pugno.
“Alla fine l’ha detto…”  lo sentii respirare profondamente e potei solo immaginare la mascella stretta dalla rabbia  “Lo sapevo, no? Sono io che non dovevo aspettare! Sono io che ho sbagliato!”  era amareggiato, addolorato, deluso. Deluso da sé stesso e dalla propria apparente incapacità d'amare.
Ed in fine le cose erano precipitate: Marjorie non aveva resistito più e gli aveva detto "ti amo".
Ma era poi vero? mi chiesi.
“Piantala!" mi rizzai sulla sedia con uno scatto "Non hai sbagliato solo tu! Lei sapeva bene che non sarebbe stato facile! Marj è innamorata di quel Benjiamin Price che ha idealizzato in tutti questi anni in cui ha seguito la tua carriera, ma che non sei realmente tu! Forse avete preteso troppo l’uno dall’altra. Marjiorie ha desiderato fino all’ultimo che ti innamorassi di lei, e tu hai fatto lo stesso. E temo che in gran parte sia anche colpa mia… e non puoi capire come mi dispiace!”
Si girò a guardarmi, sorridendo appena  e accennando "no" col capo “Noi piuttosto ti abbiamo causato un sacco di guai…”
Mi appoggiai alla sua spalla e sospirai  “Non solo a me. Ma non importa. Gli amici a cosa servono, altrimenti?”
Benjiamin tirò un sospiro e strinse le labbra passandosi una mano tra i corti capelli scuri "Karl... Anche il capitano ha avuto fin troppa pazienza con noi." disse ridacchiando di sé stesso, ironico.
"Come va con lui?" mi chiese d'un tratto, fissandomi negli occhi tra le ciglia socchiuse.
Scossi la testa e mi allontanai, tornando a fissare le immagini sul monitor. Il suo sguardo profondo aveva la capacità di mettere a nudo i miei pensieri ma quella sera essi erano troppo confusi, mi rendevano fragile ed io non volevo esserlo.
"Ci abbiamo provato." risposi alzando un poco le spalle con rassegnazione "Noi due, almeno, non ci eravamo fatti illusioni. E’ stata una bella storia, che resterà una bella amicizia. Abbiamo entrambi bisogno di mettere un po’ d’ordine nelle nostre teste…”
Allungò una mano a sfiorarmi una guancia  “Mi spiace.”
Mi sforzai di sorridere “Comunque è stata una bella cosa, ha fatto bene tutti e due...”
Mi voltai, nuovamente incrociando il suo sguardo e mi persi un istante in quei pozzi profondi che ogni volta mi regalavano la serenità che vi cercavo. Gli sorrisi, sincera quella volta, e mi appoggiai con la testa sulla sua spalla. Chiusi gli occhi e mi sentii circondare da un braccio forte che mi tenne stretta. Mi lasciai coccolare finché non sentii il suo respiro sfiorarmi le guance e le labbra. Un brivido mi percorse la schiena e spalancai le palpebre di scatto, liberandomi dal suo abbraccio e saltando letteralmente in piedi, quasi fuggendo.
"Ti spiace se metto della musica?" chiesi con voce fin troppo allegra "Qui ne avrò almeno per un’altra ora!" Quel contatto prolungato, troppo prolungato, troppo dolce, troppo intimo aveva per un istante fatto vacillare le mie barriere. Dovevo allontanarmi, estraniare la mente tuffandola nel lavoro e annegandola nella musica che per me è come una droga soporifera e rilassante.
“Prego!” mi rispose ridacchiando e s'alzò a sua volta.
Gli diedi le spalle e senza pensare alle conseguenze, cambiai il cd che avevo nel lettore.
“Niente rock? Strano!”  si era soffermato a curiosare tra le foto sparse sul tavolo di Sonya e mi osservava con aria divertita e un po' stupita.
"No!" risposi allegra iniziando a battere il tempo con un'unghia sulla superficie di legno lucido  "Stasera latino-americano! Perché?" chiesi senza guardarlo in viso ma scorrendo velocemente le immagini posate alla rinfusa sulla scrivania.
“Mai sentito nulla di diverso dal rock entrando qua dentro, da quando ci sei tu!”  mi rivolse un sorrisetto furbo.
“Oggi non sono in vena... E poi lo sai che adoro ballare, no?”  non voleva essere una provocazione, era l'ultima delle mie intenzioni! Eppure sapevo che quella era l'ennesima passione che avevamo in comune. Decine di volte mi aveva fatto da cavaliere dopo quella sera a Zurigo...
“Sembra un invito!” disse ridendo e mi prese con decisione per la vita, accennando qualche passo di danza. Risi anch'io a quel suo gioco ma l'assecondai, cercando di non far caso al mio cuore che aveva ricominciato a battere forte. Un lampo malizioso passò negli occhi neri e quel sorriso seducente che mi aveva rivolto solo quella sera di mesi prima si dipinse nuovamente sulle sue labbra. Mi fece volteggiare, una, due tre volte. Alla terza mi trovai stretta tra le sue braccia.
“Stanno meglio sciolti…” mormorò piano, sfilando intanto delicatamente in un gesto, lo spillone fermacapelli d’argento che era stato il suo regalo di Natale.
“E allora perché me lo avresti regalato?” chiesi con un filo di voce, totalmente incapace di liberarmi dal suo sguardo incantatore.
Mi strinse più forte, portando il viso ancor più vicino al mio  “Per il piacere di toglierlo…” sussurrò appena, prima che le sue labbra si posassero sulle mie.
Non opposi resistenza.
Non volevo.
Lo desideravo da troppo tempo.
Per troppo tempo avevo negato l’evidenza.
Lo abbracciai, accarezzando il corpo muscoloso, godendo del suo calore, del sapore dolce dei suoi baci, della sensazione inebriante delle sue mani che erano scivolate sotto la maglietta e scorrevano lungo la mia schiena.
Lo amavo.
Lo avevo ammesso, finalmente.
Mi lasciai trasportare da quel fiume di emozioni che mi dava, avvertivo il suo desiderio, avevo il cuore che batteva all’impazzata. Mi  baciò sul collo, delicatamente ma con passione, facendo scivolare la spallina della maglia, carezzandomi con dolcezza e passione, accendendo i miei sensi come mai mi era accaduto. Neppure con Karl.
Poi, all'improvviso  "Ti voglio."  il cuore si fermò. L'aveva sussurrato piano, un soffio sul mio orecchio, la voce bassa, roca, profonda, carica di desiderio.
Avvertii un brivido correre lungo la spina dorsale e togliermi  il respiro mentre il mio corpo andava a fuoco sotto quelle labbra e quelle mani che mi avevano fatto perdere totalmente il controllo e la ragione.
Volevo dire "sì", con tutta me stessa.
Ma un briciolo di senno era timasto e me l'impedì.
Benjiamin era ancora il ragazzo di Marjorie, con lei le cose non erano state chiarite. E io, mi resi finalmente conto, mi sentivo un verme per quello che stavo facendo.
Lo desideravo, più di ogni altra cosa al mondo! Non avevo mai desiderato tanto un uomo in tutta la mia vita! E sapevo che non mi stava ingannando, che non mi avrebbe mai fatto del male.
Ma non potevo fare un torto simile a Marjorie.
Gli sfiorai le labbra con un ultimo bacio, posando le mani sul suo petto ed allontanandolo un poco. Sentivo il battito del suo cuore sotto le mie dita, accelerato, possente. Mi stingeva ancora delicatamente ma con fermezza, negli occhi neri un fuoco ardente che mi attirava e faceva bruciare il sangue nelle vene.
Ma resistetti. Mi si spezzò il cuore, ma non potevo fare altrimenti.
Posai le dita sulle labbra carnose e bollenti, accarezzandole piano. Le baciò dolcemente ed io trattenni il fiato mentre il mio cuore perdeva un battito "Vattene."  dissi, facendo forza per allontanarmi.
Per un istante vidi un lampo di disperazione in quegli occhi, seguito da comprensione e resa.
Allentò la presa ma non mi liberò.
"Ti prego...Vattene!" lo supplicai, e una lacrima mi rigò il viso "Siamo già andati troppo oltre. Sei ancora il ragazzo della mia migliore amica..."  rimisi a posto la spallina.
Chiuse gli occhi, sospirando. Sfiorò ancora con le labbra le dita che avevano bloccato i suoi baci ardenti e mi guardò con un sorriso triste mentre con delicatezza asciugava le lacrime sulle mie guancie e sulla mia bocca  "Elena..." sussurrò piano.
"Taci... Ti prego... Non dire nulla finchè non sarai ben certo di aver messo ordine nei tuoi sentimenti. Ti prego..." ancora una lacrima e ancora una carezza a portarla via.
Stavo rinunciando, forse, alla persona che più avevo amato in tutta la mia vita. Ma era l'unica scelta che avevo in quel momento.
Benjiamin non disse più nulla, prese il mio volto tra le mani e posò un bacio leggero sulla mia fronte.
"A domani."  salutò accennando un sorriso.
"A domani..." risposi.
Quando uscì dalla porta, mi appoggiai ad essa con la schiena e, lasciandomi scivolare, finii a terra, le braccia strette intorno alle ginocchia, piangendo silenziosamente.
Lo amavo ma mi terrorizzava. Non era solo per Marj che lo avevo respinto. Sapevo che la storia con lei era praticamente finita da un pezzo. Era perchè avevo paura di lui! Era troppo bello, troppo forte, troppo coinvolgente! Non mi sentivo alla sua altezza, non credevo di essere la donna adatta a lui.
Amica, sì certo, sufficiente per essere un'amica. Ma compagna? Di un famosissimo calciatore? Che sarebbe presto diventato un potente magnate della finanza? Uomo agognato da donne stupende come Pamela? No, quell'arpia aveva ragione: non ero abbastanza per lui!
Musica allegra continuava a riempire la stanza mentre le lacrime mi rigavano il volto e io non riuscivo a non pensare all'onda travolgente di emozioni che l'uomo al quale avevo rinunciato era riuscito a regalarmi in pochi, intensi momenti di passione.

 

Andai all'albergo dove era ospitata la Nazionale. Avevo la testa in subbuglio. Ero andato da Elena per parlare di Marjorie e me l'ero ritrovata tra le braccia. E questa volta non si era sottratta ai miei baci, anzi... Al ricordo del suo sapore, del contatto con la sua pelle sentii nuovamente ribollirmi il sangue. Era da tanto, tanto tempo che non desideravo a quel modo una donna.
Per quanto avevo negato l'evidenza?
Mi piaceva. Molto.
Forse...
Sì, ne ero innamorato. 
Lo avevo ammesso finalmente.
A Zurigo non avevo capito, avevo temuto di essermi fatto trascinare dagli eventi, dalla situazione, come con Kristine. Di aver scambiato  l'affetto che provavo per lei per qualcos'altro anche se, certo, mi ero reso conto da un pezzo di provare dell'attrazione fisica per lei.
Ma non era solo quello, no. L'amavo già allora ma temevo di ammetterlo.
E con Marjorie? mi chiesi.
Elena me l'aveva letterelmente buttata tra le braccia, sperando che potessi amarla, sperando che lei potesse innamorarsi veramente di me. Ma non era stato così, non poteva esserlo.
L'acqua gelida della doccia ci mise non poco a calmare i miei ardori. Non riuscivo a non pensare a lei. Il pomeriggio seguente l'avrei rivista a bordo campo poiché Lauber voleva delle immagini della mia Nazionale. Lei avrebbe seguito il Giappone e Paul si sarebbe occupato della squadra tedesca.
Mi vestii e scesi a mangiare con i pochi compagni che non avevano da smaltire il fuso.
"Tutto bene, Benji?" la voce di Oliver mi colse alla sprovvista ma se c'era una persona in squadra che mi capiva sempre al volo era lui. In fondo, non c'era motivo per mentirgli.
"No. purtroppo no..." risposi posando le bacchette.
"Karl?..." 
Sorrisi divertito alla sua domanda. Ovvio! Per lui veniva sempre prima il calcio! Normalmente anche per me... Ma non quella sera. Scossi il capo e il suo viso si rabbuiò.
"Donne?"
"Sì." ammisi con un sospiro, lasciandomi andare contro lo schienale della sedia.
"Ti va di fare quattro passi?" mi alzai da tavola e lo seguii. Ci fermammo al bordo della piscina dell'hotel.
"Allora?" chiese col suo solito sorriso aperto.
Presi fiato e risposi, cercando nel frattempo di mettere ordine nelle mie idee "Sono un'idiota. Ho illuso una ragazza fantastica e sono fuggito da quella che amo."
Mi guardò sollevando un sopracciglio e chiese fissandomi  "Sei sicuro di amarla?"
Scossi il capo "Dopo Kim non sono più sicuro di nulla, lo sai. Sto bene con lei, mi rende sereno, mi fa sentire me stesso e, come se non bastasse, la desidero come non mi capitava da tempo immemore con una donna, ma..."
"Ma?"
Mi voltai a guardarlo "Mi prenderai per folle."
Scosse il capo sorridendo e mi posò una mano sulla spalla "Parla."
"Mi spaventa."
Sgranò gli occhi e credo che per un istante mi ritenne davvero pazzo. Tutto si sarebbe aspettato, tranne quello  "Come? Ma... Perché?"
Mi voltai a fissare l'acqua  sulla quale si specchiava una luminosa mezza luna d'argento "E' forte, quanto e a volte più di me, eppure è anche terribilmente fragile, sensibile. Mi legge dentro come neppure Kim riusciva a fare. Mi ha fatto riscoprire lati del mio carattere che pensavo scomparsi da anni. L'adoro, Oliver, ma mi spaventa. Forse sono fuggito da lei finora perché temevo di deluderla. Perchè ho il terrore di amarla, di deluderla, di ferirla come ho fatto con Kristine..."
"Cos'è successo oggi perchè tu l'abbia finalmente ammesso?"
"L'ho baciata."
"Mmmm..." annuì  pensieroso "E poi?"
Chiusi gli occhi per un istante ed avvertii il profumo di lei stordirmi di nuovo i sensi, il calore del suo corpo accendere il mio di desiderio. Mi appoggiai pesantemente alla scaletta  "La desideravo, Oliver. Come mai nessun'altra ma..." sospirai, ripensando alle sue dita sulla mia bocca  "Mi ha fermato."
"E' stato meglio così."
Mi voltai a guardarlo, esterrefatto  "Perché?" la domanda mi sfuggì prima ancora che potessi pensare di formularla.
"Forse, ora che avete ammesso entrambi che la vostra non è solo amicizia, avete bisogno di tempo per riordinare le idee." Mi sorrise di nuovo, annuendo ed affacciandosi al bordo accanto a me.
"Ma... Tu come fai a sapere di chi sto parlando?" avevo capito che sapeva chi fosse la donna in questione, eppure, mi dissi, l'aveva vista solo a Zurigo e probabilmente per non più di dieci minuti! Com'era possibile?
Il suo sorriso si allargò ancor più e mi diede una pacca amichevole su un braccio "Patty mi ha fatto notare come a Natale uscisse abbastanza spesso il nome di una certa tua amica, alla quale, evidentemente, tieni molto... Ho semplicemente fatto due più due!"
Sorrisi di rimando e lui continuò  "Sai, Patricia sospettava qualcosa. Quando sei ripartito mi ha detto che pensava che tu fossi innamorato ma che non lo volevi ammettere con te stesso! Ci ha azzeccato!" mi strizzò un occhio e scoppiammo a ridere insieme.
Patty, l'unica persona che poteva arrivare ad una conclusione del genere! No, certo Oliver da solo non ce l'avrebbe mai fatta! Sorrisi a quel pensiero.
"Cosa mi consigli, amico?"
Si avvicinò guardandomi dritto negli occhi, con quello sguardo deciso e carismatico che tante volte aveva ridato coraggio ai nostri nelle partite difficili  "Adesso abbiamo i Mondiali a cui pensare. Concentrati su quelli, sfoga la tua tensione in partita e negli allenamenti. Ha sempre funzionato, no? Se continui a rimuginarci sopra, non ne caverai un ragno dal buco!
Vedrai che affrontando le cose con calma, le tessere del mosaico andranno a posto. Ci sono passato anch'io, ricordi?"
Era vero, pensai. Il mio capitano ci aveva messo parecchio a capire cosa provava per Patty e a trovare il coraggio per dichiararsi.
La mattina seguente mi alzai presto ed andai a correre.
Sapevo che l'avrei vista ma quando non mi vidi superare da Zingaro a metà percorso, mi preoccupai. 
Giunsi al prato grande e sentii il cuore farsi leggero alla vista del grande stallone che si stagliava sulla distesa verde.
L'ansia sparì, e mi preparai a godermi il solito spettacolo. Rimasi sorpreso quando vidi Zingaro dirigere verso di me al trotto deciso.
"Buon dì!"
"Ciao..."
Mi regalò un bellissimo, timido sorriso. Era la prima volta che ci rivolgevamo la parola in quel prato.
"Faresti una cosa per me?" mi chiese chinando la testa da un lato.
"Certo!" risposi un poco sconcertato.
"Allora seguimi." disse e voltò il cavallo nella direzione in cui era venuta. La seguii. Si fermarono accanto al troco di un albero che veniva usato come panchina sul quale era posato un lettore cd.
"Quando ti faccio segno, accendi la musica, d'accordo?"  e si allontanò.
Mi accorsi solo allora che sull'erba erano state disposte le lettere di riferimento per un rettangolo da dressage.
Arrivò accanto alla metà campo e mi fece segno con la mano destra. Accesi il lettore.
Avevo una vaga idea di quello che aveva in mente.
Mi aspettavo musica classica, invece... 
Rimasi a dir poco allibito! Quasi tutte le kur sono normalmente montate su musica classica. Non quella di Elena e Zingaro. Il grosso cavallo morello si muoveva agilmente, seguendo il ritmo scoppiettante ed inusuale di un brano di musico pop.
Eppure, per quanto bizzarro potesse sembrare, erano sempre in armonia, eleganti, belli da vedere. C'era allegria, c'era passione in quello che stavo vedendo. Il trotto di Zingaro passava fluidamente dal ritmo incalzante delle allungate a quello più morbido del passage o del piaffe, per poi entrare nel movimento del galoppo con eleganza e senza sforzo. Non sono un esperto, ma sapevo che quell'esercizio era perfetto. Mai un'incertezza, mai un intervento brusco, mai un'incomprensione. Sempre insieme. Erano perfetti.
La musica si spense. In quel momento il binomio si fermò in un alt piazzato e l'amazzone salutò un'immaginaria giuria di fronte a lei, per poi allungare le redini e ringraziare il suo adorato stallone.
Lo diresse al passo verso di me, continuando ad accarezzarlo, gli occhi splendenti come non li avevo mai visti  "Solo per te..." mi sorrise.
"Perché?"
"Perché sì..." fece spallucce timidamente e distolse lo sguardo dal mio.
"Perché non esci in gara? Siete eccezionali! Non ho mai visto neppure Marj montare come ha fatto tu ora! Mi aveva detto che non hai mai montato una kur, e invece..."
"Lei non lo sa, altrimenti mi costringerebbe ad uscire. E io non voglio."
"Perché?" chiesi nuovamente, esasperato dalla sua cocciutaggine.
"Perché ho paura!" esclamò con un gesto quasi stizzito, le labbra serrate e lo sguardo lontano. 
"Siete bravissimi. " le sussurrai avvicinandomi adagio e posando una mano sulle sue che erano chiuse sulle redini "Non hai nulla da temere!"
Non mi guardava, fissava la criniera dello stallone, risistemandola.
"Quando sono davanti al pubblico... mi prende il panico! Ho paura. Di sbagliare, di essere giudicata. Mi sento addosso lo sguardo di tutti e ho paura!"
Ridacchiai "E io cosa dovrei dire?"  mi guardò, finalmente, con un sorriso contrito "Allo stadio c'è un po' più di gente che a vedere un dressage, lo sai?"
"Lo so... e non sai quanto invidio il tuo sangue freddo!"
"Per me il pubblico non esiste."
"Come?"
Mi misi ad accarezzare il muso di Zingaro, che apprezzò e si appoggiò pesantemente alla mia spalla "Io non sento nulla, non vedo nulla di quello che c'è intorno. Solo la partita, i compagni, il pallone. Quando poi ho un avversario in area, non c'è veramente niente altro che la palla. Non importa chi sta tirando. Esiste solo lei. Il mondo esterno semplicemente non esiste più.  Non mi interessa... E' così da sempre."
"Non credo di essere in grado di fare una cosa del genere..." affermò convinta, scuotendo il capo.
"Io credo di sì, invece." Ne ero assolutamente certo. Se avesse voluto ce l'avrebbe fatta.
Quel pomeriggio gli allenamenti cominciarono puntuali alle quattro.
Notai con la coda dell'occhio la sua figura esile a bordo campo armeggiare con macchine ed obiettivi che parevano più grandi di lei. Ormai era un'abitudine vederla alle mie spalle o a metà campo.
Freddy ci mise subito sotto. La nostra Nazionale non gioca insieme quanto quelle europee e ogni volta ricreare un gioco di squadra armonico è il primo lavoro da fare.
Oliver trascinava il gruppo come sempre. A qualcuno parve strano che io e Mark non ci fossimo ancora scannati. Nessuno aveva notato lo sguardo d'intesa e l'accenno di sorriso che mi aveva rivolto. In fondo, eravamo sempre stati amici ed inoltre, lui sapeva...
La prima parte del pomeriggio volò via. Ero felice di giocare nuovamente con i miei compagni.
Ad un certo punto, qualcosa attirò la mia attenzione. Vidi Elena rispondere al telefono tramite l'auricolare. Nulla di strano, mi dissi, capitava spessissimo. Quello che mi stupì e preoccupò fu quello che accadde poi. La vidi avvicinarsi a Lukas, l'altro fotografo del Bayern, affidargli l'attrezzatura e correre via. Terminai gli allenamenti con una sensazione di angoscia che mi stringeva lo stomaco. In spogliatoio non proferii parola, ed Oliver se ne accorse. Mi guardò preoccupato, ma non chiese nulla. Riaccesi il telefono e subito arrivò un messaggio.
"Le ragazze non ti danno tregua, eh Benji?!" mi canzonò il solito Bruce.
"Karl..."
"Karl?" Holly mi lanciò un'occhiata impensierita. In quell'istante il cellulare si mise a squillare.
"Dimmi Schneider!"
"Benjiamin..." la voce del capitano del Monaco era a dir poco angosciata.
"Che hai Karl?"
"Zingaro..."
"Cosa!?" sentii un baratro aprirmisi sotto i piedi: quel cavallo era la vita di Elena! Non poteva, non doveva essergli accaduto nulla! "Una colica?" chiesi subito, ricordandomi di Konstantin.
"No, peggio! Pare che abbia litigato con un altro stallone e ne sia uscito malridotto! E' in clinica veterinaria."
Per un istante rimasi immobile, un unico pensiero che mi torturava l'animo.
"Vai da lei." la voce del Kaiser mi riportò alla realtà.
"Karl..."
"Muoviti! Ha bisogno di te."
Mollai tutti davanti all'albergo. Diedi una spiegazione sommaria al mister e volai alla clinica Kloster.
Mi accolse Kristine, in lacrime.
"Karl è arrivato due minuti fa..." mi disse.
"Cos'è successo?" l'abbracciai, lasciando che sfogasse le ultime lacrime sulla mia spalla.
"Verso le cinque sono andata a riprendere i cavalli al paddok. Ho trovato Zingaro in una pozza di sangue, il posteriore squarciato dalla groppa fin quasi al garretto.."
"Ma com'è possibile!?Chi..."
"Sebastian..."
"Sebastian? Il puledro di Marjorie? Ma come?"
Scosse il capo "Colpa mia... Pensavo fosse ancora giovane per mettersi a litigare con uno stallone più anziano. Invece ha saltato il recinto ed è andato a sfidare Zingaro. Ha una brutta botta nel costato e un paio di morsi ben assestati sul collo, ma deve aver ferito Zingaro con un ferro..."
"Come sta?" chiesi con la voce che tremava.
Scosse di nuovo la testa  "Ha perso molto sangue..."
"Elena?" non riuscivo neanche immaginare quanto stesse male.
"Vieni." disse e mi portò davanti alla porta di quella che doveva essere una specie di sala per la terapia intensiva. Lì fuori Marjorie in lacrime, vestita col camice operatorio, piangeva stretta tra le braccia di Karl, il quale mi fece cenno col capo di entrare.
Zingaro era disteso a terra, su un letto di soffice paglia. Sul posteriore destro spiccava una lunga ferita appena ricucita e una grossa fiala di sangue era collegata al suo anteriore. Respirava appena, ad occhi chiusi.
Elena era seduta a terra accanto a lui e lo accarezzava piano sul collo. Piangeva.
Restai per qualche minuto alle sue spalle, in silenzio.
"Elena..."
Si voltò. Gli occhi color dell'autunno colmi di lacrime, cerchiati di rosso. Il viso pallido, lo sguardo vacuo. Si alzò improvvisamente in piedi e me la ritrovai tra le braccia. La tenni stretta, senza dirle nulla.


Era passata una settimana, i Mondiali si avvicinavano. Paul e Lukas mi avevano sostituito a bordo campo seguendo gli allenamenti e le partite di Giappone e Germania in programma in Europa.
I nipponici avevano giocato un'amichevole contro la Svizzera, stravincendo.
Non sarei andata in Sud Africa. Lauber fu molto comprensivo, Zingaro era messo male, molto male ed io non me la sentivo di lasciarlo solo. Non avevo più rivisto Benjiamin da quel giorno.
Mi davo la colpa di quello che era successo, mi pareva di essere  vittima della pena del contrappasso! Il giorno prima avevo baciato il ragazzo della mia migliore amica, il pomeriggio seguente il suo cavallo aveva quasi ammazzato il mio stallone. Me l'ero meritato! Marjorie amava Benjiamin da una vita, non avevo alcun diritto di fare quello che avevo fatto! Anche se le cose tra loro non andavano come dovevano, non avevo alcun diritto.
Quel pomeriggio tornai a casa dalla clinica che Marj era già rientrata. Sapevo che si sentiva in colpa per Sebastian, ma io avevo un peso sulla coscienza.
Presi il coraggio a due mani e cminciai a parlare, appoggiandomi pesantemente al muretto che divideva il cucinino dal salotto e guardandola con aria seria mentre finiva di preparasi un thé.
"Marj..."
"Mmmm?" mugugnò col cucchiaino tra le labbra
"Ho da dirti una cosa..."
"Zingaro?" chiese, subito preoccupata.
Scossi il capo  e l'abbassai, fuggendo il suo sguardo "No, Benjiamin..."
Si sedette sul divano  e mi fissò severa, trafiggendomi con quegli occhi azzurro cielo che s'eran fatti cupi in un istante "Mi pareva..."
"Come?" rimasi sorpresa dal suo tono piuttosto scocciato.
"Beh, l'altro giorno si è catapultato da te. Siete stati da soli in rianimazione almeno mezz'ora. Quando è uscito non mi ha degnata quasi di uno sguardo..."
"Marj..." mi sentii morire, mi mancò il pavimento sotto ai piedi e l'aria nei polmoni. Era vero, Benjiamin non l'aveva degnata di uno sguardo... Era tutto così palese. Tutto così dannatamente sbagliato...
"Piantala!" mi urlò contro "Se eri innamorata di lui potevi evitare di buttarmi fra le sue braccia! E di prendere per il naso anche Karl! Non mi ama, non mi ha mai amato e non mi amerà mai!"
Piangevamentre mi gridava contro la sua rabbia.
Accennai un passo verso di lei  "Marj, ti avevo detto..."
"Cosa!? Che non lo amavi? Che non ti interessava? Bugiarda! Sono quindici anni che sogno quell'uomo, non ho mai avuto una storia vera perché ho sempre desiderato solo lui! Così vicino eppure così distante!
Karl me lo ha fatto conoscere! Lui me l'ha fatto amare! Tu me l'hai solo portato via!"
Quelle parole mi fecero male, lei non sapeva quanto...
Avevo sbagliato. Avevo sbagliato tutto!
Avevo mentito a lei, a Karl, a me stessa. E tutto perché non avevo avuto un briciolo di coraggio, per l'ennesima volta, nell'affrontare la vita.
 Mi sentii schiacciata dagli eventi, che mi scorsero rapidi e dolorosi nella testa.
E d'un tratto mi resi conto che un tassello non quadrava...
"Tu non ami Benjiamin... Tu neppure lo conosci!"
"Cosa?! Come ti permetti!"  puntò il suo sguardo azzurrissimo su di me, con tutta l'intenzione di folgorarmi.
"Tu sei innamorata di un'immagine che ti sei fatta di lui. Un sogno che ti sei costruita basandoti su quel che ti raccontava Karl. Che non ti parlava poi così tanto di Price, quanto di se stesso, della vita della squadra e, sì, anche del suo migliore amico...
Tu ami il tuo uomo perfetto Marj, e lo hai dentificato con Benji. Ma da chi sei corsa l'altra sera?"
Nei suoi occhi, d'improvviso, un'espressione smarrita. 
Sapeva che avevo ragione. 
Il primo a sapere dell'incidente non era stato l'SGGK ma Karl. La prima persona che Marj aveva chiamato era stato lui. Non colui il quale era, fino a prova contraria, il suo ragazzo, ma il suo amico di sempre...
"Ele, io..." disse con un fil di voce, crollando tra i cuscini del divano.
Mi sedetti di fronte a lei e raccolsi tutto il mio coraggio.
Dovevo dirglielo.
"Io sono imperdonabile, Marjorie. L'altra sera ho baciato Benjiamin."
"Come?"  la rabbia ritornò  repentina sul suo viso. Non potevo darle torto
"Come hai potuto?!" urlò nuovamente, alzandosi di scatto e cominciando a camminare infuriata per la stanza, stando ben attenta a starmi il più lontana possibile.
"Ho sbagliato. So che non mi perdonerai facilmente... Non lo pretendo. Hai ragione. Lo amo. E l'ho messo tra le tue braccia perchè sono una vigliacca, perchè ho paura di amarlo. E perchè speravo che voi due sareste stati felici insieme..."
"Tu..." sibilò furiosa  "Lo sapevo! Fino da Zurigo! Altro che tentare di farci andare d'accordo! Cercavi di farlo innamorare di te!La povera piccola, innocente Elena!"  La rabbia la stava facendo sragionare, ne ero consapevole, ma non ressi quell'insulto. Non da lei che mi conosceva da una vita!
"Lo sapevi?" mi alzai dal tappeto sul quale ero rimasta inginocchiata e l'affrontai  "Fin dall'inizio? E allora perchè non hai tentato di aprirmi gli occhi, eh? Certo, perché Benjiamin era solo tuo! Se sapevi che in realtà amavo lui, perché mi spingevi tra le braccia di Karl? Perchè continuavi a dirmi: "Vi innamorerete, vedrai?"  Non pensavi a quanto ci stavo male, in fondo, a cercare di tenervi uniti? Non pensavi che avrebbe sofferto anche Karl?"
"Oddio... Karl..." si fermò, voltandosi di scatto tanto che due boccoli dorati le s'incastrarono nell'angolo della bocca.
"Già. E non pensi a quanto ha sofferto per te?"
Di quello avevamo parlato io e lui la sera prima che partisse per il ritiro della Nazionale, la sera che avevamo deciso che il nostro rapporto, da quel momento, sarebbe stato di sola amicizia. Era inutile continuare a mentire, continuare a fingere. Non eravamo fatti l'uno per l'altra.
"Ma..."
"Marjorie" dissi, riprendendo un tono più calmo  "abbiamo bisogno tutti quanti di una bella pausa. Ma loro due, ora più che mai, se ne devono stare tranquilli. Hanno altro a cui pensare! Dopo i Mondiali..."
Si sedette sul divano a gambe incrociate, lo sguardo basso, vuoto "Ho rovinato tutto..."
"Come?..." Stupita da quell'affermazione, mi sedetti cautamente accanto a lei e le scostai delicatamente i capelli dal viso.
Chiuse gli occhi e iniziò a piangere  "Avevamo fatto l'amore. Era stato bellissimo, come sempre. L'avevo abbracciato. Era stupendo, un sogno... Gli ho detto "ti amo". Mi ha stretto a sé... E non ha risposto. Mi sono sentita morire...
Non mi ama. Lo sapevo. Mi sono arrabbiata, l'ho insultato e di nuovo è rimasto in silenzio. Ha incassato e basta. Ma si vedeva che era triste. Se fossi stata zitta... sarebbe ancora con me..."
"Marj... Lo sai che non è vero."
Sollevò gli occhi da gatta, lucidi di lacrime  "Ele..."
"Sarebbe stata una bugia, tutta una bugia! E il primo ad andarsene sarebbe stato lui." le dissi mentre le lacrime cominciavano a rotolare lungo le mie guance.
"Allora perché non mi ha lasciata prima?!"
Le sorrisi  e scossi triste il capo  "Perché l'ho convinto io... E ho sbagliato..."
"E' innamorato di te?" mi chiese sussurrando tra un singhiozzo ed un altro.
 "Non lo so..." sospirai.  E avevo paura di saperlo, pensai. Sarei stata solo una delusione per lui.
Marjorie mi abbracciò stretta e piangemmo insieme come era capitato mille altre volte.
Eppure io sapevo che qualcuno avrebbe raccolto con cura il cuore in cocci della mia amica, per poi ricomporlo con amore. Un amore tenuto in serbo per tanti, troppi anni...



 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: eos75