33
Meno di un’ora dopo che
Kiluka era stata portata via, Tiberius fece ritorno
nella stanza all’ultimo piano, dove il duca stava consumando la sua lauta cena,
mettendo sul tavolo un panno insanguinato.
«La
duchessa Kiluka».
Valat posò il
calice, e aperto il panno prese in mano il cuore che vi era dentro, ancora
caldo e gocciolante di sangue.
Sorrise.
«Farò
felice il mio amico.» disse, e gettatolo ai propri piedi attese che il suo molosso
ne facesse un solo boccone «Prepara gli uomini. È probabile che presto avremo
altri ospiti. E quando accadrà, elimina anche l’ultimo traditore.» quindi
riprese a cenare.
Kaoru avrebbe voluto
spingere la Valliere al massimo delle sue
possibilità, ma i motori, anche se potenziati grazie alle modifiche apportate
da Colbert, subivano uno sforzo enorme ogni volta che la nave si alzava in
volo, e anche se ciò non le impediva di navigare era comunque necessario non
sovraccaricarli troppo.
Così,
degli oltre trenta nodi che poteva raggiungere, il generale era stato costretto
a ordinare di procedere ad una velocità di poco superiore alla metà, altrimenti
c’era davvero il rischio che i motori finissero per scoppiare.
Ma
quella missione sembrava essere accompagnata da quella che poteva definirsi una
cattiva stella.
Solo tre
ore dopo la partenza la Valliere aveva urtato una
secca, un maledetto scoglio nascosto sbucato da chissà dove, giocandosi una
delle pale dell’elica di dritta, e ciò aveva ulteriormente limitato la sua
velocità.
Il
giorno successivo, era stato percorso appena metà del tragitto.
Kaoru
aveva preferito non navigare sottocosta, per non correre il rischio di venire
avvistati da qualche spia o esploratore, e ad una rotta in linea retta ne aveva
preferita una a cuneo, così quella mattina il generale, salendo sulla torre di
guardia, vide attorno a sé null’altro che l’oceano, con le bianche spiagge di
Grasse ridotte ad una tenue linea oltre l’orizzonte.
Era
nervoso. Preoccupato.
«A che
pensi?» domandò Derf leggendo il suo stato d’animo
«C’è
qualcosa che non mi torna.»
«Parli
dell’attacco a Serk City?»
«La
vittoria su Floubert ha fatto il giro di Tristain e
non solo. Da allora nessuno ha più tentato di attaccare noi o i nostri alleati,
a parte Laguiole. Hanno tutti una paura maledetta di
quella che chiamano la Fortezza d’Acciaio, senza contare che nonostante le
ridotte dimensioni disponiamo di un esercito numeroso.
Quindi
perché attaccare Serk City? Non è una città
particolarmente fortificata, ma espugnare Fort Segoile
sarebbe stato sicuramente più facile.»
«Forse
il duca crede che i suoi troll sapranno reggere il confronto con la Valliere.» ipotizzò Joanne comparendo sul ponte
«Già. I
troll. Mi domando perché finora non ce li abbia mai scagliati contro. Secondo
Kiluka Valat ne ha al suo servizio almeno due, e uno
solo sarebbe stato più che sufficiente per prendere Fort Segoile
senza difficoltà.»
«Questa
faccenda ha assunto dei toni decisamente strani.» sentenziò Derf
«Sento una gran puzza di trappola.»
«Allora
siamo in due.» disse Joanne
«No, in
tre.» disse Kaoru «Sarà meglio fare la massima attenzione. Ad ogni modo,
comunque vada, dobbiamo difendere Serk City ad ogni
costo».
Saito e Louise seguirono le
tracce di Kiluka oltre i confini di Grasse, e proprio come Saito aveva previsto
queste li condussero dritti dritti fin sotto le mura
di Boulogne.
Regnava
una strana calma, e anche le postazioni di guardia erano stranamente poco guarnite.
O il
duca era talmente sicuro di sé da non aspettarsi azioni ai suoi danni, o forse
più semplicemente la grande maggioranza del suo esercito era impegnata
nell’assedio di Serk City.
«Peccato
essere solo noi tre.» commentò Saito appostato assieme alle ragazze dietro una
siepe a ridosso delle mura «Con simili difese non sarebbe stato difficile
prendere la città.»
«Non è
il momento di pensare a certe cose.» lo ammonì Louise molto nervosa «Ora
dobbiamo pensare solo a ritrovare Kiluka.» quindi si rivolse a Seena «C’è un
modo per entrare senza essere visti?»
«C’è un
canale di scolo che parte dal fossato e passa sotto le mura. Seguitemi.»
«Canali
di scolo, sempre loro.» mugugnò Saito alzandosi in piedi e seguendo le ragazze
«Mai una volta che si riesca ad entrare di nascosto in una città senza
ricoprirsi di melma».
Fortunatamente
il varco non era mai stato localizzato dalle truppe, e anche lo stesso duca non
ne era a conoscenza, così i tre riuscirono a penetrare in città senza essere
notati, pur con gli stivali e le scarpe insozzati all’inverosimile.
Regnava
una calma assoluta, quasi irreale. Le finestre delle case erano tutte
sprangate, con sole poche luci appese fuori delle porte a rischiarare le strade
deserte.
In
lontananza, arroccato sul suo colle, il palazzo, anch’esso stranamente poco
illuminato.
«Kiluka
deve essere di sicuro lì dentro.» disse Louise
«Entrare
non sarà facile.» disse Seena «Ci sono due ingressi, e probabilmente saranno
entrambi sorvegliati. Quello che passa dal giardino è più lungo, ma l’ingresso
principale sarà di certo molto più presidiato.»
«Sarà
molto più facile se ci divideremo.»
«Non se
ne parla, Louise.» la ammonì Saito «Non ti lascerò andare in giro da sola.»
«Solo
perché sono incinta non vuol dire che non possa cavarmela.» replicò lei «Creerò
un diversivo al cancello secondario per attirare la loro attenzione, così voi
potrete passare indisturbati da quello principale.»
«È un
piano pericoloso, miss Valliere.» disse Seena «Forse
sarebbe meglio che mi occupassi io di organizzare il diversivo
«È fuori
discussione. Tu devi guidare Saito attraverso il palazzo. Sei l’unica a
conoscerlo.»
«Mia
signora, è troppo pericoloso. La guardia del castello è composta da soldati
molto capaci, e voi sareste da sola.»
«Taci!
Quello che conta è solo salvare Kiluka! Tutto il resto non hai importanza!».
Uno
schiaffo si abbatté sulla guancia di Louise, riportandola alla realtà.
«Saito…» disse attonita
«Se ti
fai ammazzare non avremo risolto niente. L’hai detto tu, siamo qui per salvare
Kiluka, ma se vogliamo riuscirci dobbiamo essere lucidi. E questo non comprende
l’attaccare a testa bassa lanciandoci in azioni suicide, non sei d’accordo?».
Louise
capì che Saito aveva ragione, e cercò per quanto possibile di recuperare il
sangue freddo e di calmarsi.
«Scusatemi.
È solo che mi sento così in colpa. Se non mi fossi comportata a quel modo…»
«Lo hai
fatto per il suo bene.» la rincuorò Saito
«So cosa
vuol dire sentirsi inadeguati. Credere che tutto di sia contro senza poter fare
niente per opporti.
Per
questo avrei dovuto cercare di capirla, invece che rimproverarla e ferirla come
ho fatto.»
«Credevi
che fosse la cosa giusta da fare. Quando sarà tutto finito potrete chiarirvi.
Quindi, sbrighiamoci. Io distrarrò le guardie al cancello sul retro. Appena
avranno abboccato all’amo, trovate Kiluka e portiamola via da qui. Ci
ritroviamo qui davanti alla grata per la fuga.»
«D’accordo.»
dissero in coro le due ragazze, e a quel punto i tre si separarono.
Saito, ricevute le
indicazioni per arrivare al giardino posteriore senza dare nell’occhio, si avviò
lungo le stradine strette e tortuose di Boulogne.
«Accidenti.»
mugugnò appiattendosi contro ogni angolo e sbirciando oltre alla ricerca di
eventuali minacce «È stata proprio una gran bella idea».
Arrivato
nella piazzetta circolare che stava proprio ai piedi delle mura del palazzo, e
dalla quale si dipanava la stradina che saliva fino all’ingresso secondario,
Saito fece per attraversarla in tutta fretta, quando un palo infilato in cima
ad un piccolo ballatoio attirò la sua attenzione.
Venature
rosse rigavano il legno, ed il silenzio tutto attorno era rotto da un
incessante rumore di gocce che lentamente cadevano verso terra. Saito si
bloccò, e qualcosa dentro di lui cercò di dissuaderlo dal guardare cosa vi
fosse conficcato sulla punta della lancia acuminata legata sulla sommità
dell’asta, soprattutto dopo aver letto la scritta sul cartello lasciato a
pendere da una cordicella.
La Fin De
Les Traîtres
La Fine dei Traditori
Non
ascoltò quella voce, e nell’istante in cui i suoi occhi raggiunsero la cima
qualcosa nel suo cuore si ruppe, paralizzandolo; gli occhi si fecero bianchi,
il respiro mozzato, la bocca piegata in un gemito impossibile da far uscire.
Era
impossibile. Non poteva essere successo.
Non a
lei. Non ad una ragazzina.
Uno come
lui non riusciva neppure a concepire una tale mostruosità.
Le gambe
cedettero, fattesi deboli da non riuscire a reggerlo.
Allora
era stato tutto inutile.
Ma
questo era l’ultimo problema. Cosa avrebbe detto a Louise? Come avrebbe fatto a
spiegarle una cosa del genere?
Ma anche
lui si sentiva un miserabile. Quella bambina era venuta da lui a chiedere
salvezza, e ora era morta. E quello che era peggio, era morta nel tentativo di
aiutare loro.
Il suo
urlo disumano squarciò il silenzio della notte, facendo tremare tutti quelli
rinchiusi nelle loro case, molti dei quali non osarono affacciarsi
dall’interno, e mentre ancora le lacrime inondavano il suo viso, piegato in un
pianto disperato, Saito sentì montare dentro di sé un odio sconfinato.
Sentì la
sua anima colorarsi di nero, divorata da una rabbia mai provata prima, e prima
di rendersene conto stava correndo come un demonio verso la porta del castello
con la spada in mano. Le guardie, poche, che presidiavano il varco se lo videro
venire contro come un angelo dell’inferno, e prima che potessero accorgersene era già in mezzo a
loro.
Colpì
senza remora, e senza alcuna pietà, uccidendo per la prima volta in vita sua
senza provare alcun rimorso.
Erano
animali. Animali che non meritavano alcuna misericordia.
«Morite!»
urlò colpendo in ogni direzioni «Morite e basta!».
Louise e Seena restarono
nei pressi dello stradone alberato che conduceva all’ingresso principale, e non
dovettero aspettare molto perché dal retro del palazzo giungessero grida
d’allarme ed il suono di una campana.
«Saito
ce l’ha fatta.» disse Louise
«Forza,
andiamo.» disse Seena «Lord Hiraga sarà anche forte,
ma se combatte come al solito non resisterà a lungo contro la guarnigione del
palazzo».
Le due
ragazze a quel punto si avviarono lungo la strada, e raggiunto rapidamente
l’ingresso Seena non dovette fare altro che mettere a nanna le poche guardie
rimaste, tutte troppo inesperte per poterle reggere il confronto. Una tentò una
resistenza più accanita, ma il colpo di grazia ci pensò Louise ad infliggerglielo
con un blando incantesimo che sparò il poveretto contro il portone,
facendoglielo sventrare.
«Ecco
fatto.» disse Louise «Niente di che».
Seena,
però, non era tranquilla.
Anche
dando per buono il fatto che la maggior parte dei soldati fosse impegnata al
fronte, la città sembrava fin troppo sguarnita, e anche la guarnigione del
castello sembrava stranamente esigua, anche più di quello che si sarebbe
aspettata.
Improvvisamente,
realizzò.
«Miss Valliere, correte!» esclamò
«Cosa!?»
disse lei cadendo dalle nuvole.
Ma non
fecero in tempo.
Come le
due ragazze misero piede nel viale che univa il portone d’ingresso col cancello
principale, una ventina e più di soldati nascosti tutto attorno sbucarono alle
loro spalle e corsero loro contro con le spade sguainate.
Li
guidava Tiberius, la giovane e promettente guardia
con cui Seena si era addestrata innumerevoli volte, e che con la sua fuga
doveva aver preso il suo posto a capo della scorta personale del duca.
«Maledizione,
lo sapevo!» esclamò Seena «Miss Valliere, voi
proseguite! A loro ci penso io!»
«Sono
troppi! Non ce la farai mai da sola!»
«Non
temete, in qualche modo me la caverò! Voi proseguite e raggiungete il chiostro!
Da lì potrete scendere nei sotterranei! Quasi sicuramente la duchessa è
rinchiusa li!».
Louise
non era convinta, ma vedendo Seena affrontare ed abbattere facilmente i primi
due assalitori si convinse, e seppur con qualche esitazione la lasciò sola
correndo via prima di poter essere fermata.
Pur se
in netta inferiorità numerica Seena affrontò gli avversari a spada tratta, il
che sarebbe stato quasi impossibile visto il rapporto di forze; stranamente
però solo i soldati e le guardie cittadine caricarono a testa bassa, mentre di
contro i membri della guardia ducale agli ordini di Tiberius,
riconoscibili dai tricorni neri e dai lunghi abiti blu marino, inizialmente si
tennero in disparte, limitandosi a qualche assalto sporadico per far
deconcentrare la ragazza rendendo il lavoro più facile ai compagni.
Sicuramente
c’era di mezzo la questione dell’orgoglio, che impediva a guerrieri degni di
tale nome di assalire tutti insieme un singolo avversario per schiacciarlo con
la forza del numero, ma d’altra parte se di onore si trattava agli occhi di
Seena lo avevano già perso nel momento in cui, dopo la caduta di Lord Charnizay, si erano piegati al conte per avere salva la
vita.
Uno dopo
l’altro la soldataglia venne quasi annientata, e quando non ne rimasero che
pochi elementi, pronti a dare il colpo di grazia ad una nemica ormai sfinita e
in ginocchio, gli uomini della scorta ducale si decisero finalmente ad
intervenire, circondando Seena e trattenendo di fatto i soldati superstiti dal
massacrarla.
Tiberius si
fece avanti, tenendo la sciabola ricurva puntata su di lei.
Eccolo,
infine.
L’ultimo
traditore menzionato dal duca. Morta lei sarebbe morto l’ultimo significativo scampolo
di fedeltà al deposto signore di Laguiole e alla sua
erede legittima, e a quel punto non sarebbe più rimasto nessuno a Boulogne o in nessun’altra zona della provincia in grado di
ostacolare l’autorità di Valat.
«È stato
stupido da parte tua tornare qui, Seena. Ma d’altra parte, in qualche modo
eravamo sicuri che sarebbe accaduto.»
«Traditori.»
ringhiò furente la ragazza «Avete tradito il vostro giuramento.»
«Per
come la vedo io Seena.» rispose calmo Tiberius «Il
traditore è un altro.» quindi le poggiò la spada sul collo «Credo sia giunto il
momento di farla finita, non sei d’accordo?».
Lei lo
guardò, e per un attimo non le parve di riconoscere più il ragazzo mite e
gentile che aveva sempre conosciuto.
Al chiaro della luna, dopo
una notte e due giorni di viaggio ininterrotto, la Valliere
era finalmente giunta in vista delle verdeggianti foci del Serk,
e con esse delle mura della città assediata.
Serk City era
ben visibile, anche se ancora piuttosto lontana, illuminata dai fuochi tanto
delle lanterne accese dalla guarnigione quanto degli incendi accesi dalle
incessanti cannonate e barili pieni di pece scagliati coi trabocchi dalle
truppe di Laguiole.
Kaoru fu
sollevato nel vedere che la città non aveva ancora capitolato, ma lo fu molto
meno quando si avvide che la cinta muraria più esterna ormai aveva ceduto, costringendo
gli assedianti a ripiegare verso quella secondaria che cingeva i palazzi
amministrativi in cima alla scogliera che sovrastava la grande cascata dalla
quale il Serk si gettava nel mare.
L’arrivo
della Valliere, un faro luminoso nella sconfinata
oscurità dell’oceano, venne notato tanto dal tenente Aulas,
nello stesso tempo sindaco e comandante di Serk City,
quanto dagli occupanti del quartier generale delle truppe di Laguiole agli ordini di Monroy,
posizionato nel cuore del boschetto antistante il cancello orientale della
città; paradossalmente però, quello dei due che sembrò più soddisfatto nel
veder comparire la fortezza d’acciaio fu Monroy, che
a differenza della maggior parte dei suoi uomini non si prese neanche il
disturbo di alzarsi dal suo sgabello, e che rivolto il proprio cannocchiale verso
il largo sorrise malignamente nell’avvistare la prua della Fortezza d’Acciaio
che faceva capolino da dietro il crinale alle spalle della città.
«È arrivata
finalmente.» disse maligno «È tutto pronto?»
«Sì,
generale.» rispose uno dei suoi
«Molto
bene. Ora vedremo se quella nave è così invincibile come dicono».
Nel mentre,
a bordo della nave, Kaoru aveva già dato ordine di prepararsi sia per l’attracco
che per il bombardamento navale, che nei suoi piani sarebbe dovuto risultare
più che sufficiente per convincere il nemico a darsela a gambe, e mentre Joanne
supervisionava l’imbarco dei suoi uomini sulle scialuppe i marinai addetti agli
armamenti della Valliere si affrettarono a raggiungere
ognuno la propria posizione.
La nave
affiancava la costa a tribordo, quindi le torrette vennero puntate tutte verso
destra di circa quarantacinque gradi, proprio in direzione dell’esercito
nemico. Il cuore della città molto probabilmente sarebbe andato perduto, ma
almeno Serk City si sarebbe salvata.
«Tutto l’equipaggio
in posizione, comandante.» disse il primo ufficiale Quintus,
figlio maggiore del sindaco di Otisa, ricevendo
conferme da ogni parte della nave tramite interfono «Torrette puntate e pronte
al fuoco al suo comando».
Kaoru, al
suo posto in plancia di comando, però non era tranquillo, e bastava guardare il
suo sguardo pensieroso per capirlo.
«Qualcosa
non và, signore?».
Il generale
non rispose, dirigendosi senza un fiato sulla torre di osservazione seguito dal
suo secondo per poi volgere uno dei potenti binocoli in direzione della città
assediata.
La cinta
esterna era ormai perduta, e senza neanche aguzzare troppo la vista era
possibile scorgere uno di quei maledetti troll seduto in terra poco lontano
dalla cinta, coperto da capo a piedi da ogni sorta di ferita e per questo
circondato da maghi dell’acqua che lo stavano curando perché potesse quanto
prima tornare a combattere.
L’esploratore
aveva parlato chiaramente di almeno due troll schierati tra le fila dell’esercito
che assediava Serk City, ma guardando ovunque nel suo
campo visivo Kaoru continuò a vederne solo uno.
«Che
fine ha fatto l’altro?» si domandò come tra sé.
In quella
squillò l’interfono, e rispose Quintus.
«Signore.
Alcuni marinai a prua chiedono di lei. Dicono di aver visto qualcosa di
insolito».
Kaoru lo
guardò come allarmato, quindi, senza neanche prendersi la briga di usare le
scale, scese sul ponte saltando giù dalla torre e rapidamente raggiunse i due
marinai che lo avevano mandato a chiamare, affacciati entrambi dal parapetto
intenti a scrutare la superficie scura del mare.
«Che
succede?»
«Comandante!?»
disse uno sorpreso di vederlo comparire così in fretta «Ecco, non ne siamo
sicuri. Ma ci è parso di vedere qualcosa sotto la superficie.»
«Siate
più chiari. Di che cosa si tratta?»
«Veramente… non lo sappiamo. Forse era solo un riflesso.»
«O forse
una balena.» ipotizzò l’altro poco convinto
«Così
vicino alla costa?» replicò quasi beffardo Kaoru, che voltatosi fece un cenno
alle vedette «Fari in acqua!».
Tutte le
luci di avvistamento furono accese e puntate verso il mare, alla ricerca di
qualsiasi minima traccia di pericolo. Sembrava tutto calmo, forse anche troppo
calmo.
Non si
vedevano quasi onde, tanto mancava il vento, e da ciò forse si spiegava anche
il fatto che nessun dragone fosse ancora venuto a cercare di fermarli dalla
riva.
Kaoru per
un attimo si convinse di essersi sbagliato, e che i suoi timori erano
infondati, ma poi, con la coda dell’occhio, intravide un’increspatura, una
sorta di sfiato, ma quella che da un istante all’altro lui e gli altri videro
materializzarsi come dal nulla sbucando da sotto la nave non era certo l’ombra
di una balena.
«Attenti!»
urlò.
Lui e i
soldati fecero appena in tempo a buttarsi a terra; subito dopo, la superficie
dell’oceano parve come esplodere, e un essere gigantesco balzò fuori dall’acqua
atterrando direttamente sul ponte ligneo della Valliere,
che per poco non cedette sotto il peso della sua enorme mole.
Tutta la
nave vibrò e sbandò tremendamente, inclinandosi di lato, e l’urto fu così
violento che molte delle sue parti elettriche o meccaniche andarono in tilt o
si ruppero, anche se fortunatamente il generatore di emergenza le permise di
non sprofondare nelle tenebre.
Quintus,
rientrato in plancia di comando, fu scaraventato a terra assieme a tutti i suoi
uomini, e quando, faticosamente, riuscì ad alzarsi in piedi, ciò che vide lo
sconvolse.
In piedi
sul ponte, accanto alla torretta numero uno ormai scardinata dalla sua virola per il tremendo contraccolpo, il secondo troll
torreggiava in tutta la sua imponenza, coperto sul petto, sui polsi e sulla
testa da una pesante armatura, ed armato con una gigantesca clava che da sola
doveva pesare diversi quintali.
Sgranò gli
occhi, e anche Kaoru, ancora mezzo intontito dal terremoto che scatenandosi
sotto i suoi piedi che lo aveva scaraventato al suolo, fece altrettanto.
«Oh, mio
dio.» dissero in coro senza saperlo.
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Lo so avevo detto che avrei concluso le
vicende di Laguiole nel giro due capitoli, ma il
fatto è che restavano troppe cose da dire, quindi c’erano solo due scelte: o
fare un capitolo da dieci pagine e più, oppure farne due di dimensioni ridotte,
e alla fine come al solito ho optato per la seconda soluzione.
Perdonatemi!^_^
Lo so, sono inqualificabile.
Comunque con il prossimo (che, ve lo
preannuncio, sarà pieno di sorprese) finirà di sicuro, anche perché quello che
viene dopo è uno dei momenti che sono più ansioso di scrivere.
A presto!^_^
Carlos Olivera