Caro diario,
non so nemmeno io
perché sono qui, accucciata sul caldo plaid rosso del letto di mamma, intenta a
sporcare le tue candide e profumate pagine con parole intrise di malizia.
Eppure eccomi, paga della mia esistenza, crogiolata nella mia stessa vanità,
beata delle mie forme sode di ragazza. Non c’è pudore nella mia posa scenica,
mentre, accoccolata con voluta enfasi in questa camera accogliente, spingo in
fuori il sedere tornito e racchiudo il seno nella morsa del gomito. Le mie
unghie poco curate disegnano cerchi immaginari sulla tua bianca pagina, mentre
le labbra lucide ghignano, soddisfatte, all’idea di una imminente deflorazione.
Farò sparire la purezza dai tuoi sfuggenti
fogli quadrettati. Sarai mio complice.
Le mie parole sporche saranno il tuo
indelebile marchio di vergogna….
Certo, ai pochi
fortunati a cui è toccato l’onore, e l’immenso piacere, di aprirmi le cosce,
sarà sembrato di avermi penetrato più delle membra accaldate. Rido. Quanto
sono lontani dalla verità, Caro! Tu solo, che sei per me tutto e niente, hai il
diritto di conoscere la verità su di Me. Non volermene a male, però, se ti è
toccata una sorte tanto avversa. Ti amo e t’odio, per quello che rappresenti,
come io m’amo e odio, per quello che sono.
Sono una
puttanella vogliosa.
Tu però non
fraintendermi subito, dopo aver udito ciò… non sono stereotipata come
t’aspetti. Non vado in giro avvolta in abiti succinti, sostenuta da tacchi
vertiginosi e nascosta da un trucco vistoso. Sono una normale ragazza di
vent’anni, forse anche troppo anonima. Il mio viso banale indossa occhiali
banali; la mia banale miopia mi rende poco attraente, mentre i banali capelli
castani e gli occhi in pendant mi danno un aspetto disgustosamente comune. Il
mio corpo, però, è sensuale da far venire un capogiro.
Lo tengo ben
nascosto, in certe giornate, mentre in altre è libero di contemplare se stesso
riflesso negli occhi di chi lo osserva. Esso freme, con delicatezza, quasi
impercettibilmente, quando avverte lo sguardo dell’Altro. E lo vuole, poiché
non è Me.
Assaporare,
gustare, provare, sperimentare il nuovo, il proibito, è per il mio essere di
ragazza più eccitante di qualsiasi afrodisiaco. Il tocco tra il mio e i Loro
corpi mi manda su di giri, Caro. Bada bene, però, non molti riescono a farmi
provare questo animalesco istinto. Solo alcuni riescono a risvegliare in me
l’Interesse della novità, dell’inesplorato, dell’irraggiungibile. Vorrei
possederli tutti, uno dopo l’altro, e leccarmi le labbra satura di tutte le
emozioni possibili, per poi sparire. Come se nulla fosse accaduto, come se il
tempo si fosse fermato, e avesse giocato un brutto scherzo.
Non puoi capire
che gioia, che sconbussolio mi brucia dentro, ogni volta in cui uno di Loro si
muove, incauto, alimentando le mie fantasie e le mie brame. Inconsciamente si
rendono vulnerabili al mio fantasticare, senza compiere atti eclatanti o
fascinosi. Semplicemente essendo ciò che io non sono, esistendo, possono far
nascere in me la voglia di scoparmeli.
Guardami, Caro.
Non sono una povera stolta, una sempliciotta campagnola senza fascino. Io ho
Cultura, posso affrontare conversazioni dettagliate su svariati argomenti,
sfoderare brillanti considerazioni, argomentare con solide basi le mie tesi, e
provare intensissimi orgasmi in questo dialogare. Ma a volte non basta. Il
semplice parlare non mi appaga completamente.
Li voglio. Li
vorrei. Tutti. Sai che soddisfazione? Studiarne ogni piccola venatura della
pelle, ogni flebile sussulto dovuto al mio tocco flemmatico, ogni impalpabile
fremito delle labbra, ogni fugace battito di ciglia. Non puoi lontanamente
immaginare che assoluta, totalizzante, soddisfazione ne deriverebbe.
Mi
sentirei viva, mi sentire straordinariamente bella e potente.
Riuscire ad
afferrare
Guardarli
agitarsi sotto i miei occhi vigili e le mie mani svelte, lavare con la punta
della lingua il sudore sulla fronte corrugata. Auscultare i battiti irregolari
dei cuori impazziti, odorare il profumo di cannella, di spezie, d’oppio,
d’incenso, di sacro e profano del sesso.
Si, Caro, lei scandaglia
ogni mia percezione senza sosta, indefessa, frenando ogni mio repentino istinto
di passione. Non riesce, tuttavia, a fare altrettanto con la mia lingua lunga e
biforcuta (a cosa stai pensando? Niente doppisensi!), che troppe volte mette in
imbarazzo chi l’ascolta. Grazie a battutine sagaci e pungenti io esprimo il mio
conflitto interiore, la sensazione di ricerca continua, di mancata pace in ogni
luogo che percorro.
I Loro giudizi
non perdonano, le loro condanne non risparmiano; sono peggiori di quelle
dell’aldilà. Ma, almeno tu, comprendimi con saggezza, accarezzami il capo chino
con amore, e dimmi che non sono perduta. Che esiste ancora una strada in cui, a
testa alta, potrò incamminarmi fiera, senza dover dare spiegazioni a nessuno,
senza dover dare senso alla mia esistenza compenetrandola con
Sei disgustato da
una mezza ninfomane, troppo codarda da mettere tutto in pratica?
Ma tu non
rispondi alle mie domande.
Taci, succube
della mia calligrafia nervosa e sgraziata, come una preda nelle mani del Cacciatore.