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Autore: KYUina    18/04/2008    1 recensioni
Farò sparire la purezza dai tuoi sfuggenti fogli quadrettati. Sarai mio complice. Le mie parole sporche saranno il tuo indelebile marchio di vergogna...
Un'adolescente racconta se stessa in una pagina di diario. La sua vera natura, il suo tormento.
Genere: Introspettivo, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza Pace



Caro diario,

non so nemmeno io perché sono qui, accucciata sul caldo plaid rosso del letto di mamma, intenta a sporcare le tue candide e profumate pagine con parole intrise di malizia. Eppure eccomi, paga della mia esistenza, crogiolata nella mia stessa vanità, beata delle mie forme sode di ragazza. Non c’è pudore nella mia posa scenica, mentre, accoccolata con voluta enfasi in questa camera accogliente, spingo in fuori il sedere tornito e racchiudo il seno nella morsa del gomito. Le mie unghie poco curate disegnano cerchi immaginari sulla tua bianca pagina, mentre le labbra lucide ghignano, soddisfatte, all’idea di una imminente deflorazione.

Farò sparire la purezza dai tuoi sfuggenti fogli quadrettati. Sarai mio complice.
Le mie parole sporche saranno il tuo indelebile marchio di vergogna….

Nonostante tu sia ormai spettatore di un crimine dichiarato, non confessare; non fare mai leggere a nessuno queste parole. Anche se dovesse costarti tutto, per favore Caro, non aprirti, non svelare i miei più reconditi e loschi piani, le mie più condannabili voglie e brame. Io ucciderò il tuo vergineo corpo diafano, ma non odiarmi. Io sono semplicemente quella che sono, non quello che voglio essere. Non posso essere altro, se non Me. Ti supplico, simulacro a breve profanato, non divulgare ad anima viva la ragione della mia natura. Siamo intesi, dunque? Sii ragionevole, sentiti importante, perché a nessun’altro mi verrebbe in mente di mostrarmi.
Certo, ai pochi fortunati a cui è toccato l’onore, e l’immenso piacere, di aprirmi le cosce, sarà sembrato di avermi penetrato più delle membra accaldate. Rido. Quanto sono lontani dalla verità, Caro! Tu solo, che sei per me tutto e niente, hai il diritto di conoscere la verità su di Me. Non volermene a male, però, se ti è toccata una sorte tanto avversa. Ti amo e t’odio, per quello che rappresenti, come io m’amo e odio, per quello che sono.

Sono una puttanella vogliosa.

Tu però non fraintendermi subito, dopo aver udito ciò… non sono stereotipata come t’aspetti. Non vado in giro avvolta in abiti succinti, sostenuta da tacchi vertiginosi e nascosta da un trucco vistoso. Sono una normale ragazza di vent’anni, forse anche troppo anonima. Il mio viso banale indossa occhiali banali; la mia banale miopia mi rende poco attraente, mentre i banali capelli castani e gli occhi in pendant mi danno un aspetto disgustosamente comune. Il mio corpo, però, è sensuale da far venire un capogiro.
Lo tengo ben nascosto, in certe giornate, mentre in altre è libero di contemplare se stesso riflesso negli occhi di chi lo osserva. Esso freme, con delicatezza, quasi impercettibilmente, quando avverte lo sguardo dell’Altro. E lo vuole, poiché non è Me.
Assaporare, gustare, provare, sperimentare il nuovo, il proibito, è per il mio essere di ragazza più eccitante di qualsiasi afrodisiaco. Il tocco tra il mio e i Loro corpi mi manda su di giri, Caro. Bada bene, però, non molti riescono a farmi provare questo animalesco istinto. Solo alcuni riescono a risvegliare in me l’Interesse della novità, dell’inesplorato, dell’irraggiungibile. Vorrei possederli tutti, uno dopo l’altro, e leccarmi le labbra satura di tutte le emozioni possibili, per poi sparire. Come se nulla fosse accaduto, come se il tempo si fosse fermato, e avesse giocato un brutto scherzo.
Non puoi capire che gioia, che sconbussolio mi brucia dentro, ogni volta in cui uno di Loro si muove, incauto, alimentando le mie fantasie e le mie brame. Inconsciamente si rendono vulnerabili al mio fantasticare, senza compiere atti eclatanti o fascinosi. Semplicemente essendo ciò che io non sono, esistendo, possono far nascere in me la voglia di scoparmeli.

Quando mi avvicino a uno di Loro, sento pulsare in me l’irresistibile desiderio di contatto, di scoperta, di approfondimento. Vorrei fare sesso, poiché questo è l’unico modo umano che conosco per giungere ad una comunione più intensa dello scambio d’opinioni.
Guardami, Caro. Non sono una povera stolta, una sempliciotta campagnola senza fascino. Io ho Cultura, posso affrontare conversazioni dettagliate su svariati argomenti, sfoderare brillanti considerazioni, argomentare con solide basi le mie tesi, e provare intensissimi orgasmi in questo dialogare. Ma a volte non basta. Il semplice parlare non mi appaga completamente.
Li voglio. Li vorrei. Tutti. Sai che soddisfazione? Studiarne ogni piccola venatura della pelle, ogni flebile sussulto dovuto al mio tocco flemmatico, ogni impalpabile fremito delle labbra, ogni fugace battito di ciglia. Non puoi lontanamente immaginare che assoluta, totalizzante, soddisfazione ne deriverebbe.
Mi sentirei viva, mi sentire straordinariamente bella e potente.
Riuscire ad afferrare la Loro essenza per legittimare la mia.
Guardarli agitarsi sotto i miei occhi vigili e le mie mani svelte, lavare con la punta della lingua il sudore sulla fronte corrugata. Auscultare i battiti irregolari dei cuori impazziti, odorare il profumo di cannella, di spezie, d’oppio, d’incenso, di sacro e profano del sesso.

Ed eccomi qui, a raccontare le mie pene e la mia colpa. Esiste, secondo te, Caro, un purgatorio ove l’ammenda sia tanto lunga da permettermi, alla fine, di raggiungere il paradiso? Io non credo. Ma ci spero ugualmente, poiché la ragione alberga ancora vigile in Me.
Si, Caro, lei scandaglia ogni mia percezione senza sosta, indefessa, frenando ogni mio repentino istinto di passione. Non riesce, tuttavia, a fare altrettanto con la mia lingua lunga e biforcuta (a cosa stai pensando? Niente doppisensi!), che troppe volte mette in imbarazzo chi l’ascolta. Grazie a battutine sagaci e pungenti io esprimo il mio conflitto interiore, la sensazione di ricerca continua, di mancata pace in ogni luogo che percorro.
I Loro giudizi non perdonano, le loro condanne non risparmiano; sono peggiori di quelle dell’aldilà. Ma, almeno tu, comprendimi con saggezza, accarezzami il capo chino con amore, e dimmi che non sono perduta. Che esiste ancora una strada in cui, a testa alta, potrò incamminarmi fiera, senza dover dare spiegazioni a nessuno, senza dover dare senso alla mia esistenza compenetrandola con la Loro (ora si che puoi fare i doppisensi).

Ormai è finita, Caro. Sei schokkato, dopo tante dichiarazioni scottanti?
Sei disgustato da una mezza ninfomane, troppo codarda da mettere tutto in pratica?
Ma tu non rispondi alle mie domande.

Taci, succube della mia calligrafia nervosa e sgraziata, come una preda nelle mani del Cacciatore.

  
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