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Autore: anqis    02/11/2013    3 recensioni
È mattina presto e Agathe è già incazzata.
[..] È seduta su quella trappola di sgabello che Louis vuole dare via, ma lei si ostina a tenere: è comodo – dice – e ha ormai assunto la forma delle sue chiappe. Louis però sa che se quella cosa comprata – o rubata – da Ikea al misero prezzo di 17 sterline è ancora in casa, è solo perché Agathe, nonostante non lo ammetterà mai, ci tiene. Ci tiene, perché lo hanno scelto insieme.
«Secondo me nero: sofisticato ed è impossibile sbagliare.»
«Ti sei dimenticato noioso. Rosso, è classico, vivace e chic.»
«Nero.»
«Ho detto rosso.»
Dopo quasi un’ora di discussione, vero, ma insieme.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ora con te.'
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Now that you can't have me ,
You suddenly want me.

One Direction - Taken. 


Che se non fosse per te.

 
È mattina presto e Agathe è già incazzata.
Louis lo capisce non appena mette piede fuori dalla camera da letto e la vede: i pantaloni a righe bianche e blu del pigiama troppo lunghi e la maglietta stropicciata dal sonno che le cade leggera sulle spalle minute. Una tazza di caffè ancora piena, ma non fumante sotto il naso alla francesina pericolosamente arricciato. È seduta su quella trappola di sgabello che Louis vuole dare via, ma lei si ostina a tenere: è comodo – dice – e ha ormai assunto la forma delle sue chiappe. Louis però sa che se quella cosa comprata – o rubata – da Ikea al misero prezzo di 17 sterline è ancora in casa, è solo perché Agathe, nonostante non lo ammetterà mai, ci tiene. Ci tiene, perché lo hanno scelto insieme. 
«Secondo me nero: sofisticato ed è impossibile sbagliare.»
«Ti sei dimenticato noioso. Rosso, è classico, vivace e chic.»
«Nero.»
«Ho detto rosso.»
Dopo quasi un’ora di discussione, vero, ma insieme. Il cuscinetto è rosso, la gamba che lo sostiene nera: un compromesso ed una fortuna per il commesso. Per non parlare dell’odioso cigolio che emette quando Agathe ci gira su come una bambina. Come sta facendo adesso, non a caso, gli occhi azzurri ridotti in una fessura dritti e impertinenti nei suoi. Louis risponde all’occhiata con un sorriso sfacciato, ma tranquillo mentre colma lo spazio che li divide a passi lenti e strascicati. Accerchia la penisola e senza smettere di sorridere le si mette dietro, abbassandosi per lasciarle un bacio sulla spalla destra, bianca come il latte. È troppo confuso e sono solo le dieci di mattina perché i suoi riflessi si attivino quando di sorpresa, Agathe si alza. La spalla colpisce con impeto il mento di Louis che impreca tra i denti.
«Cazzo» sibila, «Mi hai fatto male!» grida ancora sgranando gli occhi azzurri e ancora sporchi della sabbia di Morfeo – o Sandy delle Cinque Leggende, come lo chiamano le sue gemelline.
Agathe non lo degna di uno sguardo mentre butta la tazza di caffè freddo nel lavandino e apre l’acqua. Schiocca la lingua contro il palato però, come compiaciuta, e basta quello per svegliare Louis che l’afferra per il polso tirandola sé. Profuma di lavanda, come se ci avesse fatto il bagno nei fiori. Louis l’ha spiata una volta – per curiosità, ovviamente - nella vasca, ma si lava con acqua e bagnoschiuma, come tutti. Deve esserci sotto qualcosa, per forza. Per un istante si dimentica del dolore. Agathe se ne accorge, sorride sprezzante e con forza stringe le dita pallide attorno al suo mento. Louis strabuzza gli occhi.
«Mi fai male!» strilla lui mollando subito la presa.
Agathe inarca un sopracciglio. «La mia schiena fa male!» risponde lei a tono alzandosi sulle punte, come fa quando è arrabbiata. 
«Che cazzo stai dicend- come?»
La ragazza aggrotta la fronte. «Stamattina mi sono svegliata per terra, Louis. Senza coperte, cuscini, un fottuto materasso sotto la schiena! Al freddo mentre tu ti crogiolavi stretto al mio cuscino, in obliquo con braccia e gambe aperte. E sorridevi addirittura. Mi hai praticamente scalciata fuori!» grida stringendo i pugni, le guance rosse e ciocche rosa che sfuggono dalla crocchia per la rabbia. 
«Questo non ti dà il diritto di prendere a spallate il mio mento!» replica lui, come meno vigore, perché Agathe è tenera anche mentre lo prende a parolacce e perché un po’ si sente in colpa: ecco perché ha dormito benissimo. Ma chi non lo biasima, Agathe non sta ferma neanche quando dorme, peggio di Lottie quando fa gli incubi.
«Invece sì» la ragazza abbassa lo sguardo. «Scommetto che con lei non è mai successo.»
L’acqua scorre. 
«Ti è arrivato un messaggio, stamattina. È Ronnie, dice che le manchi.»
Messaggio.
Ronnie.
Le manchi.

Ah.
Louis libera il labbro inferiore dalla morsa dei denti, vuole dirle che non gli importa, che Ronnie appartiene al passato e che adesso c’è solo lei. Ma non può, perché significherebbe mentire e nonostante Louis sia il più abile dei bugiardi, Agathe ha gli occhi chiari e le ciglia lunghe di chi vede oltre. Non per questo studia psicologia: leggere le persone è il suo passatempo preferito.
«Agh» la chiama, ma lei è già lontana. 
Louis si appoggia al bancone e sospira, il cellulare sulla superficie di pietra che solo ora vede. Forse è meglio così, si dice, perché sinceramente cosa potrebbe dire per consolarla? Nulla che non la ferirebbe o illuderebbe ancora e Agathe ha fatto così tanto per lui senza ottenere in cambio neanche un millesimo di quello che merita. 
Louis si siede dove prima c’era lei e allunga una mano verso il cellulare. Lo sfiora con le dita, mentre sente la porta della camera chiudersi dietro le spalle magre che ha sfiorato con la sua bocca così tante volte che se si concentra, se ne ricorda il sapore. Le braccia cedono, scivolano e la sua guancia ruvida di barba carezza il ripiano freddo. Osserva le mensole dove ci sono i suoi cereali preferiti e i biscotti ai frutti di bosco di Agathe; la sua tazza rosa con i brillantini che Agathe gli ha regalato per San Valentino dell’anno scorso e che lo costringe ad usare perché gli ricordi lei e la sua chioma romantica. Quando le aveva chiesto del perché di quel colore che proprio non la rappresenta – perché se Louis avesse lo stesso dono di Zayn e non la mano ferma e precisa di uno che studia architettura, Agathe la disegnerebbe e colorerebbe solo e soltanto di rosso, forte, passionale e caldo – Agathe gli aveva sorriso da dietro il bicchiere mezzo vuoto di birra, gli occhi lucidi e «Mia madre mi diceva sempre che ero poco femminile; ha smesso ora» aveva risposto, scoppiando poi a ridere contro la sua spalla. 
Le labbra di Louis si stendono in un sorriso. Si alza in piedi, le dita che stringono fino a far male, e si butta sul divano. Quando si gira su un fianco, nota il disordine di libri lasciati sul tavolo basso di vetro. Dopo aver studiato, Agathe non mette mai a posto. 
«Agh, i libri.»
«Lasciali lì. Mi ricordano che qualcosa di importante oltre a te c’è.»
«Cosa?»
«Ho voglia di salame al cioccolato. Lo facciamo?»
Louis sorride ancora, il naso contro la stoffa del divano. Ma il cellulare è sempre lì, che brucia nel palmo della sua mano. Agathe è in camera da letto che chissà cosa sta facendo. Le valigie? Che abbia deciso finalmente di lasciarlo? Louis non ne è capace, non ha il fegato di lasciarla andare. Ha il coraggio di rispondere a tono al suo professore di Scienze dell’Architettura che lo sottovaluta e finge di sbagliare accento e lo chiama Louise alla francese. Possiede la sfacciataggine di dire sempre ciò che pensa fregandosi dei sentimenti e delle reazioni degli altri, di dire di no agli occhioni dolci di Niall, di attaccare bottone con una ragazza carina in metro, di rubare una sigaretta a Zayn – che guai, se lo becca in fragrante – e di baciare anche la ragazza di cui è innamorato il suo migliore amico sotto i suoi occhi – non lo sapeva, come poteva saperlo? Tanto lei ha scelto lui. Giusto, Ronnie? 
Ma Louis,  il vattene, vai via, ti lascio ad Agathe non lo sa dire, neanche riesce a pensarlo. Giace sul divano aspettando di sentirla sbattere la porta, insultarlo e odiarlo, amarlo insieme con gli occhi, e andarsene come avrebbe dovuto fare da tempo. 
Come quella volta che «Hai gli occhi simili a quelli di Ronnie» le aveva detto la mattina dopo aver fatto l’amore. Louis è un grande bugiardo, ma ha trascorso una vita a dar voce ai suoi pensieri. 
Agathe si era irrigidita con il coltello coperto di nutella nella mano. Louis aveva pensato “È la fine” senza però un briciolo di timore di perderla. Si erano visti sì e no cinque volte, lei era già cotta e lui ancora freddo. La ragazza si era invece limitata ad ficcare il coltello nel legno del tavolo del suo piccolo monolocale con decisione. 
«Stronzo.»
Ora Louis il timore, la paura, il terrore di perdere ce l’ha, dentro, radicato così a fondo che lo immobilizza e gli soffoca il respiro e le parole. Sa che gli occhi di Agathe sono completamente diversi da quelli di Ronnie, che non ne ha mai visti di così. Sa che se lei non fosse venuta a svegliarlo e schiaffeggiarlo – reagisci, coglione! – ogni mattina lui avrebbe una barba di mesi ed ancora il timore di uscire di casa. Che se non ci fosse stata la sua mano a cui aggrapparsi ogni volta che incontrava lui o Ronnie, si troverebbe a vagare per strade sconosciute sotto piogge fredde e insensibili. Sa che se non fosse per i calci che gli assesta nel bel mezzo della notte, lui dormirebbe sogni più tranquilli, ma senza qualcosa di caldo a cui stringersi. Che se non fosse per gli insulti sibilati labbra su labbra, un soffio di aria a separarli, Louis non conoscerebbe il significato di “vertigini”. Sa, mentre si alza in piedi, che se non fosse per Agathe su cui farsi seghe mentali, ora avrebbe già letto il messaggio di Ronnie. E ci starebbe male, ma non succede perché Louis forse ha finalmente capito che non gli importa, che Ronnie appartiene al presente sì, ma Agathe ai suoi giorni, ai suoi minuti, secondi, ora. 
«Agathe» dice camminando dritto verso la porta della camera da letto che mai gli è parso così lontano, distante. Sorride e scivola. Scivola sull’acqua che è strabordata dal lavandino della cucina e ha raggiunto il salotto. 
«Ma cazzo!» grida colpendo l’acqua con i pugni chiusi, il dolore del mento sostituito da quello lancinante ed acuto dell’osso sacro. Strizza gli occhi e le palpebre si colorano di arancione e rosso. Che male, che male.
«Louis!», Agathe è al suo fianco. L’ha sentita arrivare. Non i passi, ma il profumo. «Cosa-»
«Ti odio» sputa girandosi su un fianco. Cattiva idea. «Merda.»
«Non ti muovere.»
«Ti odio, Agh. Odio te e il tuo maledetto profumo di lavanda. Dillo che ti ci fai il bagno e mi hai visto quella volta che mi sono appostato davanti la bagno! »
«Stai delirando.»
«Odio te e i tuoi piedi che sono sempre maledettamente congelati, i tuoi capelli che sanno sempre di fumo e quel sorriso, quello da stronza che fai quando sai che ti sto fissando, ma non rispondi e guardi altrove. Odio te e i tuoi improvvisi sbalzi d’umore, che davvero, altro che psicologa, tu sei una psicopatica!»
Agathe non risponde, e Louis sente troppo male per aprire gli occhi. Batte ancora un pugno contro il parquet sentendo l’acqua schizzarla – magari in faccia ad Agathe. 
«Cosa devo dire, io allora?» sbotta all’improvviso lei, il silenzio che si frantuma insieme alle gocce. «Sono io che ti odio! Sai cosa, più ci penso, e più mi dico che forse quel giorno avrei dovuto investirti invece di sfiorarti per un pelo. Chi me l’ha fatto fare di scendere e accertarmi che fossi vivo. Perché ti ho offerto quella maledetta cioccolata calda nonostante fosse primavera invece di lasciarti sulla strada come ogni persona normale avrebbe fatto?» urla, la voce bassa con la quale lei e solo lei è riuscita ad abbattere le barriere di Louis e costruire altro che comprendesse anche lei.
«Non lo so» replica Louis, lasciando cadere il braccio con cui si è coperto gli occhi. Vaga alla ceca prima di trovare le sue dita ed intrecciarle con le sue. Così sente meno male. «Ma grazie per non avermi ucciso.»
Agathe ride e Louis apre gli occhi azzurri trovando subito quelli di lei. Sono lucidi ed arrossati, come le guance. «E poi sarei io quella con gli sbalzi d’umore?» lo prende in giro scuotendo la testa rosa.
«Non sono io quello che sta piangendo e ridendo insieme.»
La ragazza inarca le sopracciglia, «Non sono io quello che dice di odiarmi, quando invece mi-» si interrompe.
Louis sospira: «Ti ama?» completa.
«Forse.»
Agathe lo guarda mettersi seduto, i capelli color caramello devastati dalla notte e quel filo di barba che lei bacerebbe e bacerebbe fino mezzogiorno e poi raserebbe, perché senza, le labbra di Louis sono ancora più belle. Le stesse che sillabano in un sorriso dolorante «Senza il forse» togliendole l’aria dai polmoni.
«Cosa?» balbetta sgranando gli occhi.
«Ho voglia di salame al cioccolato. Lo facciamo?»
Lei spalanca la bocca, stringe le labbra, gonfia le guance rosse e poi ride, ride e ride ancora – cosa dovrebbe fare altrimenti? E Louis potrebbe rimanere così, con il culo bagnato e probabilmente qualche osso fuori posto a guardarla mentre lo travolge di pugni e insulti prima di sedergli addosso – ahia ahia ahia - e baciarlo.




 
Angolo autore.

Eccomi qua con la seconda storia della serie “Ora con te”, un progetto di cinque one shots su cinque coppie differenti, di cui per la cronaca ho già pubblicato “Polpastrelli bruciati, scarpe rotte” scritta su Zayn ed Eliane (se vi interessa, cliccate sul titolo!)
Devo però spiegarvi una cosa prima, un po’ complicata: questa one shot in realtà sarebbe uno spin-off di una fanfiction che ho in testa da un po’ e che ho messo in carta solo per metà, incentrata su questo triangolo amoroso tra Ronnie, Louis ed Harry (banalissimo lo so, ma non importa). 
Il problema è che in questa raccolta di storie Harry è innamorato di un’altra ragazza ed è lui stesso un altro personaggio, completamente diverso dal Harry della mia fanfiction. Non so se mi spiego. Ecco perché non viene nominato il suo nome, ma mascherato con un lui in corsivo. Quindi, è importante che voi distacchiate Harry Styles della one shot con Harry Styles della fanfiction (che potrebbe tranquillamente rimanere nella mia testa). 
Posso assicurarvi però che Louis è esattamente così e che se mai pubblicherò la fanfiction, questo sarà comunque il suo destino. Io amo Agathe, profondamente, dal nome alla punta dei suoi capelli rosa. Ed insieme sono stupendi (nella fanfiction si spiega anche come si incontrano, ma dovreste averlo afferrato tra le righe visto che lo dicono). 
Okay, finita la spiegazione, com’è vi è parsa? Vi è piaciuta? Spero di sì perché scriverlo per me è stato davvero un piacere. Ero stata travolta da un moto di ispirazione senza controllo e in quel periodo (che non è ancora finito) avevo una cotta assurda per Tomlinson. Quanto lo odio.

Qui, potete trovare la mia fanfiction in corso
e qui la mini-long già scritta che sto man mano pubblicando. Se volete darci un'occhiata :)

Anqi.

ps. non so se Agh è un soprannome comune per Agathe, Agata etc.. se non lo fosse, do i crediti ad Egg__s che si fa chiamare così. Scusa, se ho usurpato il tuo soprannome, ma lo adoro e.. scusa.

 
   
 
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