Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: Nymeria90    03/11/2013    2 recensioni
– Di che cosa hai paura, Shepard?-
Fissò il cielo sopra di lui e all’improvviso le stelle parvero spegnersi, oscurate da un’ombra scura, enorme, dalla forma vagamente umana.
L’ombra nel cielo guardò giù, verso di lui, dentro di lui, si sentì invadere da un’oscurità che gli ghiacciò l’anima.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un istante dopo, non c’era più nulla.
- Di cosa ho paura mi chiedi?- sussurrò con voce roca mentre qualcosa dentro di sé si contorceva, implorandogli di tacere, perché solo così avrebbe potuto dimenticare. Non lo ascoltò: – C’è un’unica cosa che mi fa paura: l’eternità.-
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Alexander Andrej Shepard'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
http://www.youtube.com/watch?v=J7bANMHnPUk

Cittadella, 2186

Andare a quella festa, forse, non era stata una buona idea. Le faceva piacere rivedere tutti: Garrus, Tali, Zaeed, Grunt … in altre circostanze sarebbe riuscita persino a tollerare Miranda, ma al momento provava solo una gran voglia di spaccare il culo a tutti.
Aveva passato buona parte della serata abbandonata sul divano, un bicchiere di vino in mano e lo sguardo fisso sulla coppietta felice.
Nemmeno i deliri dei due Krogan riuscivano a distrarla.
In realtà i piccioncini erano discreti: non si lasciavano andare in effusioni o frasi stucchevoli, un occhio distratto non avrebbe notato nulla di diverso da una grande amicizia. Ma il suo non era un occhio distratto.
Aveva sperato in baci plateali e ridicole smancerie, ne avrebbe riso, riservando loro occhiate di compatimento.
Poteva sopportare baci ed effusioni, ma quegli sguardi … “tu sei mia ed io sono tuo”, ecco cosa dicevano quegli sguardi. E a lei non rimaneva altro che il desiderio di prendersi la testa fra le mani e scoppiare in lacrime.
Gelosia … non aveva mai saputo cosa fosse la gelosia. Era un lusso che non si poteva permettere, solo i deboli e i viziati provavano la gelosia. Jack non aveva mai avuto nulla di cui essere gelosa. Nulla, prima di avere lui.
Svuotò il bicchiere in un sorso.
- Potresti scrivere un libro: “Cento modi per uccidere con lo sguardo”.- Shepard si lasciò cadere accanto a lei e si riempì un bicchiere – Sarebbe un successone.-
- Che cosa vuoi, Shepard?- ringhiò, porgendogli il bicchiere perché lo riempisse.
Lui si prese tutto il tempo necessario per riempirlo poi posò la bottiglia sul tavolo e alzò gli occhi su di lei. Quei maledetti occhi azzurri.
– Voglio solo essere tuo amico.-
Jack distolse lo sguardo – Sono venuta alla tua dannata festa …- mimò un brindisi portandosi il bicchiere alle labbra – Alla nostra amicizia, comandante Shepard.-
- Certo che sei venuta.- Shepard incrociò le braccia al petto – Come un condannato va al patibolo.-
Aveva sempre odiato il suo sarcasmo, quella sottile aria di superiorità che trapelava dal suo tono beffardo e comprensivo insieme. Se avesse avuto ancora del vino nel bicchiere glielo avrebbe gettato in faccia – Cosa ti aspetti che ti dica, comandante? Vuoi frasi da cioccolatino? Tipo: sono felice se tu sei felice o altre stronzate del genere?- sibilò, restituendogli un po’ del suo stesso sarcasmo – Io ti rispetto, comandante, e ti sarò leale, fino alla fine: non chiedermi altro, è molto più di quanto meriti.- si sporse verso di lui – Alla fine di questa guerra, se saremo sopravvissuti, io andrò per la mia strada e tu per la tua. Non verrò al tuo matrimonio né giocherò con i tuoi figli: non sono tua amica, Shepard, non lo sono mai stata.-
Shepard serrò la mascella, appoggiò le braccia sulle ginocchia, le mani intrecciate, lo sguardo fisso in avanti – O tutto o niente, non è così?-
Jack annuì, dura – O tutto o niente.-
Shepard si alzò – Come vuoi, Jacqueline.- il suo volto era imperscrutabile, impassibile come quello di una statua, ma nei suoi occhi c’era qualcosa che assomigliava al rimpianto – Lo so che sei convinta del contrario ma … io non ti ho mai preso in giro, Jack. -
Lei fece una smorfia e indicò con un cenno la Williams che li osservava di sottecchi, fingendo di parlare con IDA – Davvero? E allora perché mi sembra che tu non abbia fatto altro?-
Shepard scosse il capo, rassegnato – Mi dispiace.- disse, prima di allontanarsi.
Jack si alzò, la bottiglia in mano, e si avvicinò alla finestra: avrebbe voluto andarsene, tornare dai suoi studenti, ma non voleva dare l’impressione di stare fuggendo. Era stata dominata dall’istinto e dalla rabbia per tutta la vita e non sarebbe certo stata una stupida delusione d’amore a vanificare tutti gli sforzi compiuti per diventare una persona migliore. Lo doveva a se stessa e a nessun altro.
- Ogni grande avventura ha un principio, ma è la strada da percorrere, quella che conduce al suo termine, che riserva la vera gloria.-
Jack sobbalzò al suono di quella voce femminile e quasi sconosciuta.
Non si era aspettata tanto coraggio da lei.
Fissò Ashley Williams con un misto di disgusto e sorpresa – Cosa diavolo vuoi, tu, da me?-
L’altra non parve intimidita – Sai chi pronunciò quelle parole?-
- No, e ne me ne frega un cazzo.-
- Sir Francis Drake.- replicò l’altra, imperterrita – Un corsaro o un pirata, dipende dai punti di vista. Ma non è per discutere di questo che sono qui …- Ashley fissò le luci della città che brillavano oltre il vetro – Sono qui perché io e te dobbiamo parlare.-
- Sei venuta a gongolare?- strinse i pugni, pronta ad usarli – O a compatirmi, puttanella?-
Ashley incassò l’insulto senza muovere un muscolo, probabilmente se lo aspettava – Nessuno dei due. Non ho mai compatito nessuno e non comincerò certo con te.- ribatté, gelida – E per quanto riguarda il gongolare …- la sua espressione s’indurì - … non mi pare di aver vinto alcunché.-
Jack grugnì, scettica, ma la Williams non le diede modo di ribattere.
- Non sono qui perché mi sento in colpa o mi dispiace.- proseguì – Non sono qui per porgere delle scuse o pretenderne in cambio: sono qui perché è giusto.- le lanciò un’occhiata ostile, velenosa: l’odio che Jack provava per Ashley era totalmente e assolutamente ricambiato. Era una possibilità che non aveva nemmeno considerato: si era aspettata disprezzo e supponenza da parte della rivale, non quella rabbia che teneva svegli la notte a versare lacrime ardenti come rivoli di lava.
All’improvviso si rese conto che Ashley aveva passato esattamente quello che stava passando lei.
- Io te non siamo uguali.- replicò, seguendo il filo di quei pensieri.
- Lo so, grazie a Dio . – mormorò l’altra, pungente.
- Vuoi dirmi perché sei qui o devo sorbirmi il tuo sarcasmo ancora per molto?-
Un lampo divertito attraversò lo sguardo del tenente, ma subito la sua espressione si fece tesa e quando iniziò a parlare parve lottare per far uscire la voce - Sono qui perché lui ti ha amato e tu lo hai salvato. Sono qui perché hai fatto quello che io non sono stata in grado di fare: aiutarlo a vivere.- la vide stringere i denti per arginare la commozione.
Attorno a loro c’erano musica e risate, dalla cucina arrivò il rumore di vetri infranti, una breve imprecazione e poi altre risate che sovrastavano ogni cosa, eppure sembrava tutto distante, ovattato, come suoni ascoltati attraverso un vetro che divideva loro dal resto del mondo.
Quando Ashley riprese a parlare le parole fluirono leste dalle sue labbra, adesso sembrava incapace di trattenerle, e le si riversarono addosso come un fiume che rompe gli argini – Su Horizon avevo una marea di buoni motivi per voltargli le spalle, a volte, quando mi sento così tanto in colpa da non riuscire a respirare, li elenco tutti, uno ad uno, ma quando arrivo alla fine mi viene in mente quell’unico motivo che avrebbe dovuto trattenermi al suo fianco: aveva bisogno di me. - si schiarì la voce, roca e impastata – Aveva bisogno di qualcuno che gli desse forza, coraggio, speranza, aveva bisogno di qualcuno che si fidasse di lui, incondizionatamente. – sollevò lo sguardo cercando i suoi occhi, dietro la rabbia, il rimpianto, l’amarezza, Jack trovò una disarmante sincerità – Io ti ringrazio, Jack, per essere stata al suo fianco, per avergli dato quella fiducia che io gli ho negato. Avrei dovuto esserci io al tuo posto, ma non c’ero.- voltò il capo, lo sguardo di nuovo perso tra le luci della città – Io non c’ero.-
Jack si voltò, osservando Shepard che scherzava con Sam e Liara, rideva e si divertiva, ma ogni tanto il suo sguardo guizzava verso le due donne alla finestra, preoccupato – Io …- deglutì, a disagio, per la prima volta nella sua vita era rimasta a corto di parole – Non importa quello che ho fatto io, alla fine è tornato da te.-
La Williams piegò le labbra in una smorfia amara, che forse voleva essere un sorriso – Certo che è tornato da me. Se non affonda una nave torna sempre in porto; ma non conta le destinazione, quello che conta è il viaggio.-
Jack sussultò, mentre le tornavano in mente parole ascoltate con disprezzo – Quella frase che hai detto all’inizio …-
- Quando Sir Francis Drake tornò in porto, dopo le sue avventure per mare, era felice, ovvio: era sopravvissuto, aveva sfidato il mondo ed era uscito vincente.- la voce di Ashley era poco più che un sussurro ma, malgrado la musica e le risate, Jack udì distintamente ogni parola – Ma la vera gloria, il ricordo che gli avrebbe scaldato il cuore negli anni a venire, non fu quello del ritorno in porto bensì quello della strada che percorse per arrivarci.-
Jack chiuse gli occhi, appoggiando la fronte contro la finestra, sperò che il tenete non si accorgesse delle lacrime che le scivolavano lungo il viso.
Shepard non sarebbe tornato da lei, ma fu grata per quelle parole che la facevano sentire … importante.
Forse, alla fine, c’era qualcuno che si sarebbe ricordato di lei.
Ashley parve esitare poi, con un fruscio, la udì allontanarsi – Williams …- la richiamò, lanciandole una rapida occhiata da sopra la spalla: Ashley era immobile, a pochi passi da lei, di spalle - … prenditi cura di lui.-
Le spalle della donna sussultarono impercettibilmente – Lo farò. - rispose, senza voltarsi.
Mentre si allontanava, Jack incrociò lo sguardo di Shepard, teso e preoccupato, gli sorrise, come non faceva da molto tempo, chinò leggermente il capo e si sfiorò la fronte con le dita.
Dopo un attimo di stupore lui fece lo stesso.
Ci vediamo in un’altra vita, Andrej.

Si svegliò di soprassalto, abbagliato da fiamme che avevano l’inconsistenza dei sogni ma che sentiva reali come i battiti frenetici del suo cuore.
Si mise seduto, cercando di scrollarsi di dosso l’inquietudine di quell’incubo ormai ricorrente in cui echeggiavano i sussurri dei morti e la risata di un bambino perduto.
Sospirò, strofinandosi gli occhi, nel vano tentativo scacciare i residui dell’incubo, scostò la coperta, appoggiando i piedi sul pavimento freddo: la notte artificiale della Cittadella era ancora lunga ma sapeva che il sonno non sarebbe più arrivato. Ascoltò con invidia il sonoro russare che proveniva dalla stanza accanto, immaginò si trattasse di Zaeed, collassato sul divano a metà serata, con ancora una bottiglia di rum in mano, nessuno aveva osato svegliarlo, lì era rimasto e, probabilmente, lì sarebbe rimasto fino al mattino.
Ash si mosse nel sonno, borbottando qualcosa a proposito di palloncini e bolle di sapone. Shepard sorrise, passandole delicatamente le dita tra i capelli.
Se Alexander Shepard fosse stato un uomo normale non avrebbe desiderato altro che passare la sua vita ad osservare Ashley dormire, il viso affondato nel cuscino e i capelli neri sparsi sulle spalle, ma lui era il comandante Shepard e la normalità era un lusso che non si poteva permettere.
Appoggiò le labbra sulla spalla scoperta di Ash, inebriandosi del sapore della sua pelle e del calore di quel corpo giovane, vivo, sotto le sue labbra.
Ricordati di questo …
Ashley si voltò verso di lui, sollevò pigramente le palpebre e gli sorrise, assonnata – È già mattina?- domandò con voce impastata.
Shepard si chinò su di lei, posandole un bacio lieve sulle labbra – No, dormi. Non è ancora il momento di tornare là fuori.-
Ashley si stiracchiò come un gatto – Di certo non voglio trascorrere il poco tempo che ci resta dormendo.- lo prese per un braccio, tirandolo a sé e sollevandogli la maglietta.
Shepard sorrise assecondandola, le labbra premute sulle sue. Si ritrovarono abbracciati, su quel grande letto sconosciuto, in una casa che non era loro.
Il letto cigolò rumorosamente e Shepard s’immobilizzò, colto da un disagio improvviso.
In una della numerose stanze di quell’appartamento immenso c’era anche Jack.
- Non questa sera. – mormorò, sciogliendosi dalla presa di Ash, imbarazzato.
Tra lui e Jack era finita, lo sapevano entrambi, e forse era da ipocriti farsi tutti quei riguardi adesso, solo perché erano sotto lo stesso tetto, ma l’idea di ferire Jack più di quanto non avesse già fatto gli era insopportabile.
Ashley parve leggergli nel pensiero perché annuì e si scostò leggermente, sistemandosi i vestiti – Ho parlato con lei prima …-
- Sì, vi ho viste.- ammise, evitando il suo sguardo.
Ash gli prese il mento tra le dita obbligandolo a guardarla, la sua espressione era seria, ma non arrabbiata – Capisco perché ti sei innamorato di lei.-
Deglutì, a disagio, avrebbe voluto negare quelle parole, mentire platealmente dicendo che non era mai stato innamorato di Jack, ma non ci riuscì. Sarebbe stato un gesto ignobile, vile, nei confronti di Jack, di Ash, ma anche di se stesso.
- Ero morto.- sussurrò, sostenendo il suo sguardo – Ero morto e lei mi ha riportato in vita. -
Gli occhi di Ash s’inumidirono, ma trattenne le lacrime, riccaciandole in fondo al petto. Gli fu grato di questo.
- Lo so. –
- Mi dispiace.-
Ash appoggiò la fronte contro la sua, i nasi tanto vicini da sfiorarsi – Avrei voluto farlo io. - confessò, amareggiata – Avrei dovuto farlo io. -
Shepard chiuse gli occhi, avvolto dal suo profumo, affondò le dita nei suoi capelli – Sì. - mormorò – Lo avrei voluto anch’io. -
Ashley rabbrividì tra le sue braccia poi si girò, raggomitolata con le ginocchia contro al petto, la schiena premuta contro il suo petto.
Rimasero distesi in silenzio, come due bambini che si confortano al buio.
Gli ritornò in mente il gioco del mai, quando entrambi avevano confessato di aver avuto paura del buio, da bambini, la strinse più forte, mentre quell’infantile angoscia tornava a farsi strada nel suo petto reso vulnerabile dalla malinconia.
In quel momento non si sentì affatto il soldato più pericoloso della galassia.
Ascoltò il respiro regolare di Ash che riempiva il silenzio poi, in lontananza, si udì un altro suono, lieve e soffocato: le note di un pianoforte.*
Lei si mosse tra le sue braccia – Alex … lo senti anche tu?-
Si mise seduto, concentrato … eccole di nuovo: note leggere come una brezza notturna – Sì …-
Si alzarono entrambi, in silenzio, attirati da quella musica tanto lieve da sembrare sognata.
I piedi nudi non fecero rumore sul pavimento freddo e le loro ombre scivolarono silenziose nel buio. Raggiunsero il pianerottolo e giù, nella grande sala illuminata dalle luci della Cittadella, uno singolare spettacolo si presentò ai loro occhi.
Al pianoforte sedeva Liara, le labbra strette in una linea sottile, gli occhi chiusi, le dita che scorrevano veloci sui tasti levigati; non era mai apparsa così bella ed aliena ai loro occhi: era una dea venuta dalle stelle.
Joker era appoggiato al pianoforte, il cappello leggermente inclinato, il mento appoggiato sul palmo della mano, guardava Liara con una strana espressione, come se si stesse chiedendo se quello che stava vedendo, ed ascoltando, fosse reale.
Garrus e Tali davano le spalle al pianoforte, in piedi davanti alla finestra, mano nella mano, le luci sgargianti della città si riflettevano sul casco di Tali e nel visore di Garrus, ma Shepard sapeva che il loro sguardo era rivolto verso un cielo invisibile punteggiato di stelle che, lontano, molto lontano, illuminavano i loro pianeti natali.
In disparte, nella penombra della sala, appoggiato contro lo stipite della porta, quasi invisibile malgrado la stazza, c’era Wrex, silenzioso e composto, come un pellegrino davanti ad una reliquia sacra.
Shepard e Ashley scesero lentamente le scale, attenti a non fare rumore nel timore d’infrangere quell’incantesimo.
Passarono accanto al pianoforte, Jeff non si mosse e Liara continuò a suonare, stregata dalla melodia che lei stessa stava creando.
Si fermarono davanti alla vetrata, accanto a Garrus e Tali, Ashley intrecciò le dita con le sue e, dopo un istante, anche la piccola mano di Tali si avvolse attorno al suo palmo.
Shepard voltò leggermente il capo finché i suoi occhi non incontrarono quelli di Wrex, quegli occhi antichi come il mondo.
Sul viso alieno ed imperscrutabile del Krogan parve sorgere l’ombra di un sorriso.
Shepard avvertì distintamente la presenza di quelle mani, così diverse eppure così vive, avvolte attorno alle sue, le strinse con più forza, spaventato all’idea che potessero scivolargli via.
Si sentiva il più felice ed infelice degli uomini. In fondo al cuore, mascherata dall’emozione, riconobbe la paura: paura di perdere quegli amici che si erano donati a lui incondizionatamente, in un atto di fede che non aveva eguali al mondo.
Mentre le note finali della canzone raggiungevano il loro culmine sentì di aver trovato il paradiso terrestre ed ebbe il terrore di esserne scacciato.
Ricordati di questo …
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: Nymeria90