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Autore: Marty_Winchester    03/11/2013    2 recensioni
Nella notte dei tempi il paradiso era un luogo meraviglioso, luminoso, pieno di equilibrio; nessuno avrebbe mai potuto immaginare come sarebbe diventato non troppi millenni più tardi.
Tutto iniziò con una domanda da parte del Portatore di Luce e la risposta non piacque a Lucifero, il quale mise insieme un esercito e si presentò al cospetto di Dio, dichiarandogli guerra. Addolorato e stupito di quel gesto, tentò di far ragionare il figlio, ma senza risultati.
Il Padre, alla fine, dovette ordinare a Michele di cacciare i Ribelli: caddero, perdendo le ali.
Lucifero non si arrese e creò il suo regno, ponendolo negli abissi oscuri della terra: l’inferno, un luogo gelato e desolato dove la luce celeste non vi arriva.
Per secoli Lucifero pregustò la vendetta; quando finalmente il momento giunse, non vi trovò alcun Padre a proteggere i suoi figli: il paradiso divenne un secondo inferno e i pochi superstiti scapparono per salvarsi.
Gabriele, l’unico arcangelo ancora vivo, "creò" un’arma che un giorno riporterà il paradiso al suo splendore: una bambina, ma che di umano ha ben poco.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piango, mi agito, ma è tutto vano: a nessuno sembra importare che una bambina urli in modo disperato.
Perché? Perché mandarmi qui se ero destinata a morire così giovane?
Forse non c’è nessun Dio pronto a salvarmi o un angelo in fila per aiutarmi semplicemente perché non esistono; non siamo qui per una ragione e tutto accade per caso. Sono intrappolata, prigioniera di quest’auto che diventerà il luogo della mia morte senza un perché né un fine superiore.
Guardo fuori dal finestrino, mentre il mio respiro si fa sempre più affannoso e il mondo inizia ad apparire sfocato...
 

Mi sveglio di scatto, trovando il buio a mascherare le mie lacrime. La stanza è immersa nella completa oscurità, nemmeno un raggio di sole penetra all’interno poiché la tapparella è chiusa. Mi sporgo velocemente verso il comodino e accendo la lampada: ho bisogno di luce.
Ogni tanto questo sogno torna a farmi visita, riportandomi a quell’incidente di tanti anni fa dove morirono mio nonno e mio zio; forse non riesco a superare il trauma perché i miei papà, quando cerco di farmi raccontare il più possibile su quella notte, mi danno risposte vaghe e sembrano nascondermi qualcosa. Ripercorro con la mente quei ricordi, riprovando il freddo pungente, la paura e quel senso di sconforto.
Mi asciugo gli occhi ancora umidi per le lacrime, stiracchio i muscoli e mi allungo verso il comodino per prendere il mio cellulare. Accendo il mio iphone 4s e poi apro whatsapp, scrivendo un veloce messaggio:
“Buongiorno amori!”
Invio quel messaggio alle mie amiche a distanza, per poi leggere velocemente i molti messaggi non letti nella chat di gruppo.
“Giornooooo”
Risponde Viky: la prima a svegliarsi, ma anche la prima ad andare a dormire.
Ho molte amicizie a distanza, ma con Niky, Viky e Hiddy è più di una semplice amicizia fatta solo di sms: ci siamo sempre l’una per le altre nel modo che davvero conta, ci confidiamo i nostri segreti, le nostre paure più profonde, le nostre insicurezze e a volte arriviamo anche a discutere. Che cosa manca alla nostra amicizia? Non ho bisogno di toccare con mano una persona per sentirla accanto a me e per conoscerla; quando Niky è riuscita a venirmi a trovare, circa due mesi fa, non c’è stata diffidenza ma solo tanta emozione e felicità.
Le conosco da meno di due anni, ma non saprei immaginare la mia vita senza di loro. Vanessa, Viky per noi, è la più grande del gruppo e purtroppo ha molti impegni che non le permettono di esserci molto; Veronica, soprannominata Niky, è una persona incredibile che mi ha subito conquistato; Gloria per noi è Hiddy, una ragazza fantastica che mi ha dato tanto in poco tempo. Ci tengo molto a tutte e tre, per questo quando gli altri hanno la faccia tosta di venirmi a dire che non siamo davvero amiche e poi considerano amico quella persona con cui a malapena scambiano due parole…
«Mmh!»
Stringo il pugno così forte da farmi male e per qualche momento faccio fatica a muovere le dita. Chiudo gli occhi e faccio tre respiri profondi, dopo di che mando gli ultimi bacini alle mie amiche e mi preparo per la scuola.
 

Apro il portone ed esco nel gelido mattino, stringendomi nella giacca per trattenere il calore. Vorrei fosse giugno: caldo, assolato e il primo mese di un lungo riposo estivo, ma purtroppo è il ventidue di dicembre e dovrò accontentarmi della pausa natalizia. Cammino abbastanza lentamente, sono ancora mezza addormentata, ma l’aria fredda che mi frusta il viso attiva i sensi assopiti. Nella mente ho ancora chiaro quei momenti, ultimamente i miei sogni mi agitano molto poiché sono così… vividi. Sospiro e tiro fuori dalla tasca il mio lettore Mp3, infilo le cuffiette e scelgo una canzone rap, del mio cantante preferito, così da assorbire la carica di quelle parole.
Attraverso senza problemi la strada e adoro non trovare nessuno sul mio cammino: non sopporto chi va lento e ti rende difficile superarlo.
D’improvviso si solleva un forte vento, i capelli mi finiscono davanti alla faccia e non c’è modo di tenerli apposto poiché il vento non si placa. Mi stringo nella giaccia, tremando, e mi chiedo chi me lo faccia fare: prendere freddo, alzarmi presto, tutto per andare in un luogo che odio e che mi odia.
«Hey Catherine!»
Spero di essermi immaginata quella voce, tiro dritto imperterrita, ma dopo una decina di secondi sento una mano sulla mia spalla. Mi sfilo dalle orecchie le cuffiette e rivolgo un sorriso un po’ forzato alla mia amica.

«Ambra, cia…»
Cerco di salutarla come mio solito, ma prima che possa dire o fare alcunché si butta tra le mie braccia.

«Katy! Mi sei mancata troppo»

«Siamo uscite insieme giovedì…»

«Appunto! Troppo tempo. Ieri sei stata a casa?»
Mi parla rivolgendomi un enorme sorriso e sembra scrutare ogni minima espressione del mio volto, forse cerca di leggermi come si diverte a fare con le carte.

«No… Anch’io mi sono stupita di non averti incrociato»
Mento, cosa che mi riesce sempre molto bene anche se odio essere falsa.

«Almeno ci siamo viste oggi», mi fa l’occhiolino e mi prende sotto braccio, con il suo modo di fare così delicato e aggraziato. «Andiamo o perdo il treno, ma peggio di questo ti farei arrivare in ritardo e mi odierei»
Ambra è l’amica migliore che il mondo potesse regalarmi ed io ho rovinato tutto; non avrei mai dovuto lasciarmi andare in quel modo, rimpiangerò per sempre di essere stata così vulnerabile da farmi sopraffare dalle emozioni.
Camminiamo fianco a fianco, parliamo del più e del meno, e per qualche attimo mi dimentico del mio errore fino a quando non è lei a ricordarmelo.
«Katy quel bacio…»

«Ambra… Ascolta…»
Mi fermo sul quarto gradino che porta al sottopassaggio, non so ancora cosa le dirò, ma è meglio stroncare tutto sul nascere così forse qualcosa della nostra amicizia si salverà.

«Io non sono… non posso essere lesbica»
Siamo vicino alla stazione di Bollate e un treno passa proprio in questo momento, coprendo un silenzio che sarebbe stato assordante. Ambra mi guarda senza parlare, i suoi occhi verdi sono lucidi e la sua espressione è un misto tra tristezza e incredulità.

«P-proprio tu? I tuoi genitori sono una coppia gay, se sapessero che rinneghi te stessa…»

«Non voglio dare il messaggio che il mio orientamento sessuale dipenda dall’omosessualità dei mie genitori»
Le sfugge una risata sarcastica, scuote la testa e si volta, dandomi le spalle.

«Spero che con il tempo capirai che quello che dici è un’assurdità»
Scende le scale e in breve tempo sparisce dalla mia visuale, lasciando solo la scia del suo profumo alla vaniglia. Molte lacrime mi rigano le guance, vorrei fermarla ma sono bloccata; scuoto semplicemente la testa e riprendo la strada verso l’inferno che noi studenti chiamiamo comunemente scuola.
 

Eccola, la mia scuola superiore. Un semplice edificio, un ammasso di cartongesso e cemento, ma per noi studenti è come una prigione, con le torture, dei secondini odiosi e dei compagni di cella immaturi e rompi scatole.
Percorro il parcheggio della scuola con molta attenzione, il pavimento è pieno di ghiaccio e l’ultima cosa che voglio è scivolare. Alla fine arrivo vicino all’ingresso indenne e mi avvicino al mio gruppo di amici, una compagnia eterogenea di cui fanno parte: Marikha, Valeria, Jessica, Sabrina e Riccardo.
Mary è una sedicenne pakistana dai capelli neri un po’ crespi, un paio di occhi ambrati assolutamente splendidi e sembra saperne sempre una più del diavolo; talvolta è petulante, ma le vogliamo lo stesso un gran bene.
Valeria e Sabrina sono sorelle completamente agli antipodi: la diciottenne è molto attenta alla moda e cerca sempre di stare al centro dell’attenzione, mentre la sedicenne odia fare shopping e indossa quasi solo tute. Jessica vorrebbe imitare Vally, ma essendo molto timida preferisce passare inosservato e Riccardo ama questo suo modo di essere, ma è introverso e insicuro quindi non riesce a farle capire cosa prova per lei.
Io ho un anno in più di Jessy, Richy e Mary, mentre Valeria è più grande di un anno rispetto a me, ma sembriamo assolutamente coetanei.

«Ciao!»
Esclamo allegramente ai miei amici e ognuno accompagna il proprio saluto con un gesto personale: Mary mi abbraccia, Vally mi bacia una guancia, Sabry mi da una pacca sulla spalla, Jessy mi rivolge un grande sorriso e Richy mi scompiglia i capelli.

«Hai studiato?»
Mi chiede il mio migliore amico, guardandomi con fare supplichevole. Mi sistemo i capelli nervosamente e ripenso al giorno precedente.

«S-si, ma… Sai che detesto analitica… Comunque cercherò di aiutarti»

«Grazie!»

«Cosa c’era da studiare? Abbiamo fatto cose talmente semplici…»
Afferma Mary distrattamente, mentre scrive sul suo Galaxy.

«Io invece oggi ho una verifica di Tedesco, cosa dovrei dire?»

«Si, ma tu non sei stata a studiare tutto il pomeriggio come noi Sore»
Sottolinea Sabrina, afferrando la mano della sorella e guardando le sue unghie rifatte.

«Se andrà male, andrà male… Io non rinuncio alle cose che mi fanno sentire bene per qualcosa che detesto»

«Se insisti con questo atteggiamento perderai un altro anno»
Sospiro leggermente e infilo le mie cuffiette, la canzone “Troppo Lontano” del mio cantante preferito, Mondo Marcio, copre ogni altro rumore.

«Ci vediamo dopo»
Saluto, rivolgendo un enorme sorriso ai miei amici e incamminandomi verso l’ingresso; all’inizio questo mio comportamento è stato causa di contrasti, questo come altri aspetti del mio carattere: non mi piacciono le feste, non bevo, non vado in discoteca… poi, però, hanno accettato il mio modo di essere.
L’ingresso della scuola è pieno di ragazzi, tutti assonnati e scocciati come me. Cammino a passo svelto, supero senza problemi i gruppetti di ragazzi fermi in mezzo alla strada e alla fine entro nell’istituto. Il calore non è sufficiente a scaldarmi le ossa, ma almeno la temperatura è più alta dell’esterno. Mi muovo più lentamente adesso, come per ritardare l’inevitabile inizio delle lezioni. Salgo le scale con le gambe pesanti e d’improvviso avverto l’istinto di scappare, di correre lontano. Scuoto la testa come per allontanare quei pensieri e percorro il corridoio, passo davanti alle macchinette e infine raggiungo la mia aula; la porta è stranamente chiusa, appoggio la mano sul pomello gelido e mi ritraggo come se fossi stata percossa dalla corrente. Un paio di ragazze puntano i loro occhi su di me, per poi tornare a pensare ai fatti propri. Deglutisco e con passo incerto mi avvicino alla porta, giro il pomello e... mi trovo davanti a un muro di oscurità. Un vento freddo, veramente insopportabile, mi frustra il viso e qualcosa mi tira dentro contro la mia volontà.


**Angolo dell'autrice**
Ciao a te che sei arrivato fino alla fine :)
Allora, che ne pensi di questo mio prologo? Dai lasciami una recensione ;)
Alla prossimaaaa

   
 
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