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Autore: C l o u d    03/11/2013    2 recensioni
The minute you think of giving up, think of the reason why you held on so long.
«Urara Kasugano viveva in una zona emarginata di una piccola cittadina americana. [...] La vita che conduceva era davvero misera, ma dentro di sé sentiva che qualcosa sarebbe cambiato nel corso degli anni e che, in qualche modo, avrebbe realizzato il suo obbiettivo, il suo sogno»

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Urara Kasugano, giovane diciassettenne rimasta orfana, conduce una vita alquanto povera, ma ha un sogno nel cassetto. A causa di avvenimenti drammatici, sarà sul punto di arrendersi. Ma, un incontro casuale, le stravolgerà la vita.
[ Alternate Universe; Urara/Shiro; Probabile OOC!; Long - fiction; Drammatico; Momentaneamente sospesa ]
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kurumi Mimino/Milky Rose/Milk, Syrup/Shiro, Urara Kasugano/Cure Lemonade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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1.
 
 
The minute you think of giving up, think of the reason why you held on so long.
(Il minuto in cui pensi di arrenderti, pensa alla ragione per cui hai resistito per così tanto tempo)
 
Fili di luce argentea illuminavano il viso niveo di una giovane fanciulla addormentata, evidenziandone i lineamenti perfetti e il colore pallido. Lunghi capelli biondi si estendevano per metà del letto, rendendola una dea in quel tranquillo quadro notturno.
Mosse leggermente le palpebre, sollevandole man mano che i suoi occhi si adattassero a quella flebile luce emanata dalla Luna. Era ancora notte. I suoi occhi oceano1 cercavano qualcosa di indefinito in quella stanza antica. Torse il naso, sentendo un leggero odore di muffa circolare in quel piccolo spazio ove riposava la notte.
Urara Kasugano viveva in una zona emarginata di una piccola cittadina americana. Era per metà giapponese, dato che il padre, Kasugano Misheru, era originario del Giappone, ma aveva ereditato tutto dalla madre, di origine americana, che morì mentre portò la luce la piccola Urara.
La sua dimora era piccola e inospitale, addobbata con mobili vecchi e in rovina e quadri leggermente graffiati; la zona soggiorno – o, almeno, così si poteva definire – conteneva un piccolo fornello elettrico, adagiato su un mobiletto in legno antico per metà ammuffito, un tavolino da salotto ove, miseramente, pranzava e, in casi fortunati, cenava: lo scarso stipendio che si procurava lavorando in un bar del centro città, oltre a permetterle di procurarsi miseri capi d’abbigliamento, le permetteva di mangiare qualcosa di commestibile. La camera in cui riposava conteneva una piccola finestra, una grande cassa, con all’interno un materasso, utilizzata per letto, un piccolo comodino, in cui riposava una vecchia sveglia e il suo cellulare da dodici dollari all’incirca, e una piccola toilette. Il tutto, illuminato soltanto dalla leggera luce notturna, aveva un aspetto inquietante.
La vita che conduceva era davvero misera, ma dentro di sé sentiva che qualcosa sarebbe cambiato nel corso degli anni e che, in qualche modo, avrebbe realizzato il suo obbiettivo, il suo sogno. Urara voleva diventare una cantante di fama mondiale: si esercitava da sé, dato che non poteva permettersi né lezioni pubbliche, né lezioni private. Ogni tanto, la sua – unica - migliore amica Kurumi, assisteva a qualche suo piccolo spettacolino e poteva dare lei dei consigli su come migliorare.
Ma, nelle condizioni in cui si trovava, era quasi impossibile.
Sollevò di poco il capo e, dopo aver strofinato un occhio, posò lo sguardo alla sua sinistra, sulle lancette della sveglia. - Sono ancora le tre – borbottò, la voce rotta dal sonno. Si stiracchiò, sbadigliando sonoramente e inghiottendo a vuoto.
Un brivido le percosse la schiena; la leggera camicia da notte che indossava non le trasmetteva abbastanza calore, in quella dimora quasi vuota. – Sarà meglio tornare a dormire
 
Sottili raggi di sole le solleticavano le palpebre, costringendola ad aprire gli occhi; la flebile luce mattutina rendeva il blu dei suoi occhi più evidente. A malavoglia, scostò le coperte del suo corpo minuto e si mise a sedere ai bordi del letto, sbadigliando e strofinando gli occhi. Il suo sguardo si posò sulle pareti giallastre della camera, dove vi era appeso un quadro raffigurante un prato fiorito. “A volte i rifiuti non sono così male” pensò. Infilò ai piedi le sue infradito quotidiane e si diresse verso la piccola toilette: vi erano appena un piccolo lavabo e un water adornato da minuscole macchie indelebili, procuratesi chissà dove. Sospirò, riempiendo una grande bacinella che avrebbe dovuto usare come vasca da bagno.
Soddisfò ogni suo bisogno igienico e, subito dopo, scelse i capi che avrebbe indossato per l’intera giornata: il suo armadio era davvero povero, scarso. A stento teneva due t-shirt, una gonna, due paia di jeans e un abito da passeggio. E dopo aver indossato maglia, jeans e i suoi soliti scarponcini e aver preso il suo vecchio cellulare, uscì di casa.
Il suo corpo caldo, a contatto con la brezza primaverile, rabbrividì. Non appena si fu abituata all’aria esterna, quel venticello le parve scomparire e un gran tepore l’avvolse.
Sentì vibrare una o due volte il telefono nella tasca destra dei jeans. Con un rapido gesto delle dita, l’afferrò e rispose alla chiamata, senza controllare chi fosse. – Pronto? Oh, Kurumi!
Le faceva sempre un enorme piacere sentirla, era l’unica cosa che aveva in quel mondo che le si ribatteva contro. – Arrivo subito! – E con questo terminò la chiamata.
 
Urara attendeva Kurumi davanti la caffetteria del piccolo parco centrale. Incrociò le braccia sotto il seno e si guardò in torno, sperando di vedere arrivare l’amica.
- Urara! – Dall’altra parte della strada, una ragazza dai lunghi capelli viola fece segno alla bionda di attraversare. Quest’ultima sorrise, camminando a passo svelto per arrivare dall’altra parte.
- Attenzione!!! – Urara voltò di scatto il capo, incontrando due occhi color nocciola venirle incontro all’improvviso. L’amica fece in tempo a tirarla per un braccio, evitando che si procurasse qualche danno.
- Che maleducato. Ti sei fatta qualcosa? – Le domandò preoccupata, abbracciandola istintivamente.
- No, Kurumi, non preoccuparti – le sorrise – Cos’hai fatto ai capelli?!
I capelli di Kurumi erano di un viola chiaro – ma non tanto – sfumatosi di un viola più scuro nelle punte.
- Ti piacciono? – Se ne vantò quest’ultima. Era una ragazza alquanto vanitosa, lei, anche se Urara non ci faceva molto caso.
Non era attratta dalla sua bellezza, – è ovvio – neanche dal suo modo di fare e di essere e neanche le sue origini giapponesi - come le sue -, le voleva bene e basta. Un mezzo sorriso le apparve sul volto, prendendo tra le mani una ciocca viola e facendo scorrere le dita all’interno di essa. – È piena di nodi – le rispose, scoppiando a ridere, seguita dall’altra.
 
Si erano sedute a un tavolo della caffetteria lì vicino, a prendere due tazze di caffè offerte da Kurumi. Era sempre stata affettuosa nei suoi confronti, aveva sempre fatto il possibile – nel suo piccolo - per farla stare bene. Si comportava come una seconda mamma.
Economicamente, Kurumi stava abbastanza bene.
Il padre era un medico molto acclamato, mentre la madre insegnava in una scuola media a New York.

Dati i lavori dei genitori, Kurumi passava parecchio tempo da sola, in casa, magari svolgendo faccende domestiche che sua madre non poteva svolgere, oppure gironzolava per i vari quartieri insieme ad Urara.
- Allora, Lemonade, – cominciò – come va col tuo lavoro? – Urara bevve un sorso di caffè bollente, guardandola negli occhi. – Sai che odio essere chiamata così! – borbottò, bevendone un altro sorso e poggiando la tazza sul piccolo piattino abbinato perfettamente ad essa. – E, comunque, tutto bene
Accennò una piccola smorfia, aggiungendo dello zucchero in quel caffè un po’ amaro. Prese il cucchiaino datogli da un cameriere e cominciò a mescolare. – Lo stipendio è misero – si lamentò – Riesco appena a pagare la luce! – Sbuffò, pensando a tutto ciò di cui doveva occuparsi. - Sono dei bastardi – completò poi.
- Uh, che paroloni! – dalle labbra di Kurumi fuoriuscì un leggero risolino – Ma sappi che, se avrai bisogno di qualcosa, puoi chiedermi tutto ciò che vuoi! -  La bionda scosse il capo, finendo l’ultimo sorso di caffè. – Lo sai che non voglio recarti disturbo
- Sei proprio una stupida – sussurrò scherzosamente l’amica.
 
Mezzogiorno era ormai alle porte e il sole picchiava leggermente sui passanti. Urara e Kurumi vollero accomodarsi su una panchina del parco, per chiacchierare del più e del meno – e di cose alquanto stupide.
- Fra due mesi è il tuo compleanno! – canticchiò Kurumi, prendendo le mani di Urara e facendole oscillare a destra e a manca. L’altra annuì, silenziosa. Kurumi sapeva del dolore che provava la sua migliore amica, sapeva di tutto quello che aveva passato in quegli anni, della morte dei suoi genitori e di ciò che aveva tentato.
 
“ Il suono di auto e sirene era incontrollabile quella sera. Tutti erano immobili a fissare la cima di un palazzo del centro città, ove una ragazza si teneva in equilibrio sul bordo frontale. – Urara! – urlava una giovane dai capelli castani2, mentre correva verso il palazzo, in lacrime, cercando di raggiungerla, per poi afferrarla e portarla al sicuro. Ma fu fermata da un poliziotto e, subito dopo, da un altro ancora. – Sono la sua migliore amica! Fatela scendere, vi prego! – “

 
 
Il suo volto s’incupì tutto d’un tratto, e prese a guardare negli occhi l’amica quando quest’ultima rafforzò la presa delle loro mani congiunte. – Non vedo l’ora di festeggiarlo, insieme a te – le sussurrò, facendo nascere nelle labbra di Kurumi un intenso e dolce sorriso. D’istinto, l’abbracciò, stringendola a sé sempre più forte. – Ti voglio bene, Urara … -
Urara sapeva che l’amica aveva paura. Paura che qualcosa sarebbe successa, come quel giorno. Ma adesso era forte, perché “quando si è sul punto di arrendersi, si cerca di pensare alla ragione per cui si è resistito fino a quel momento”.
 
1 […] occhi oceano = Urara ha gli occhi blu.
2 […] dai capelli castani = Il colore naturale dei capelli di Kurumi.



 
Note me: Buonsalve a tutti, lettori passanti e lettori loggati! Si, lo so. In questo momento starete pensando "Ma questa che ci rompe a fare con delle long iniziate e mai finite?" Eh eh, no problem. Stavolta, ho pensato a tutto! Ho già scritto quattro capitoli, compreso questo, e, man mano che pubblicherò quelli già scritti, avrò il tempo per scrivere gli altri, sì! Che felicità (ma anche no). 
Passiamo a rivedere un po' come stanno le cose: Urara vive una vita misera, già. Vi prego, don't kill me, please! Neanche io avrei voluto, ma la adoro così tanto da metterla ovunque. Ho dovuto cambiare il colore dei suoi occhi perché ... erano un po' rari, e poi l'azzurro, in versione umana, gli donano molto (credo).
Non so se avete notato, ma la Urara/Shiro, anche se pochissimo, è presente in questo capitolo. Siete riusciti a trovarla? Eh eh.
Poi, Kurumi. Ah, la nostra cara e folle Kurumi che si tinge i capelli di viola! (Non potevo mica scrivere che li aveva naturali, quale donna o uomo sano di mente e salute avrebbe i capelli viola naturali?)
Vi chiederete "Perché Kurumi?". Non lo so neanche io. Forse perché entrambe insieme sono una novità! Per mantenere le loro identità, ho voluto scrivere che entrambe provengono dal giappone, ma della vita di Kurumi tratteremo più avanti.
Allora, è stato di vostro gradimento? Recensioni/Critiche ben accette, yes! Ci conto a sapere il vostro parere, mh?
Alla prossima,
  Ayako.
  
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