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Autore: LifeIsAMovie    03/11/2013    2 recensioni
Harry Styles, il cantante di fama mondiale, dopo tanto tempo si ritrova a fare i conti con l'amore che ha lasciato scvolar via dalle proprie mani, lasciandolo morire (nel vero senso della parola) per le sue paure e le sue decisioni non sempre giuste. Riuscirà Diana, la psicologa, a far ritrovare la voglia di vivere al cantante? Louis avrà ancora un ruolo fondamentale nella vita del ragazzo?
DAL TESTO:
-i miei problemi sono iniziati quattro anni fa, quando...- non riuscì a completare la frase che un piccolo morso alla gola lo bloccò.
-quando morì un membro della band...mi corregga se sbaglio-
-no non sbaglia- ingoiò il groppo in gola e fece per parlare di nuovo ma la dottoressa fu più veloce di lui.
[...]
-ti prego aiutami- si inginocchiò inerme sul pavimento e si nascose il viso in una gabbia di dita. –non lasciarmi qui da solo…io non ce la faccio-
Poggiò le mani per terra davanti alle ginocchia, i capelli gli invasero il volto e si bagnarono di lacrime amare. –ora vorrei dire le cose che non ho avuto il coraggio di dire quando c’eri tu…ma senza te che senso ha?...-
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si avviò come al solito alla sua macchina costosa, comprata con i soldi ricavati dalla sua carriera appagante. Con la mano stringeva il manico di una cartella celeste e nera, dall’altra si vedevano sporgere cinque piccole dita che cercavano di stringere forte la mano troppo grande.
-papà, vieni a prendermi te oggi?- Nicolas alzò i grandi occhi espressivi verso il viso del padre.
-si tesoro, cercherò di venire io- il padre guardò gli occhi verdi del figlio, verdi come i suoi.
Lasciò la piccola mano e con un  colpetto, quasi una carezza, sulla schiena lo spinse verso la macchina.
-tutti pronti per andare a scuola, vero ometto? Dai Sali in macchina-
-posso stare davanti papà?-
-mmm ok, giusto perché è il tuo compleanno- il ragazzo padre con un sorriso aprì lo sportello del passeggero davanti al figlio per poi fare il giro della macchina e andare al posto di guida.
Harry Styles, ormai 26enne, non aveva mai permesso al figlio di salire nel posto davanti per via di quel giorno, di quell’incidente. Ha avuto sempre una paura spropositata di poter perdere il figlio in un incidente stradale, cosi come aveva perso il migliore amico. Una perdita che tutt’ora non sa accettare, che l’ha costretto ad andare da uno psicologo e che l’ha allontanato dalla moglie, ormai ex.
Infatti Sara, la ragazza di cui si era perdutamente innamorato Harry, era appena uscita dalla crisi post-parto, il non sentirsi pronta per essere madre e poi il dover affrontare un marito in shock per via della morte del suo migliore amico l’avevano spinta ad andarsene abbandonando Harry e il piccolo Nicolas prima che compiesse tre anni.
Ora il ragazzino ha sei anni, parla bene ed’è molto sveglio e intelligente. Sa che il padre non sta bene e non lo infastidisce più di tanto ma il giorno del suo compleanno ha sempre una domanda da fare.
-papà?-
-si amore-
-dov’è la mamma? Quest’anno viene?-
-no amore di papà, non credo che verrà quest’anno. Magari il prossimo- gli sorrise ma abbassò subito la testa bisbigliando un “o magari mai”.
-ma perché? Non ci vuole bene?-
-no piccolo, tua madre ti vuole molto bene, davvero tanto...quasi quanto tuo padre- si sforzò di sorridergli ancora...ma fu cosi difficile per lui, soprattutto in quel giorno.
-tu mi vuoi bene?- Harry restò sorpreso per la facilità con cui Nicolas aveva espresso quella domanda cosi semplice all’apparenza. Con quell’ingenuità che solo un bambino di sei anni può avere.
-ma che domande fai piccolo? Certo che ti voglio bene, te ne vorrò sempre lo sai...sei il mio ometto no? Infondo io e te stiamo bene insieme vero? Non ti manca tanto tua madre, giusto?-
-giusto, anche io ti voglio bene papà- il bambino si buttò tra le robuste braccia del padre che subito lo avvolsero in una morsa di protezione e dolcezza.
-quanto?- chiese Harry al piccoletto distanziandolo un po’
-mm...cosi!- il bambino allargò le braccia quanto più gli fu possibile e sorrise.
-e io invece cosi- Harry lo imitò, il bambino guardò le braccia lunghe del padre e si rese conto che la grandezza non era paragonabile.
-non è giusto- bisbigliò perdendo il sorriso. Harry si abbassò per guardarlo meglio.
-non importa quanto diversi siamo, o se ho le braccia più grandi delle tue. Tu sei mio figlio, tu sei me. Siamo uguali...siamo una sola cosa-
Dopo quelle parole il bambino alzò di nuovo lo sguardo e con un sorriso raggiante tornò ad abbracciare il padre. Nel suo piccolo cuore ringrazia di avere lui al suo fianco convincendosi che non ha bisogno di una madre.
Dopo aver accompagnato il figlio a scuola dovette correre a lavoro...o quello che ormai è costretto a fare da altre persone. Però quello era un giorno importante e non poteva mancare perchè non ci sarà solo lui in quella sala con qualche altro strozzino che sfrutta la sua vita per guadagnare. No, ci saranno anche gli altri...o almeno la maggior parte.
era in ritardo ma non gli interessava gran che. Non gli è mai interessato.
Entrò spalancando violentemente la porta dell’ufficio pronto per ricevere la solita sfuriata ma si rese conto che mancava ancora qualcuno.
-Harry era ora che ti facessi vivo - un signore grassoccio e pelato su una sedia girevole lo fissò con aria di rimprovero.
-non sono un ragazzino, so perché ho fatto tardi e non sono affari tuoi Jack- il riccio si mise seduto a peso morto su una poltrona di pelle color panna, incrociò le gambe e si strinse le braccia al petto.
-ciao Harry- la voce richiamò l’attenzione del ragazzo-padre che si girò di scatto.
-ciao Niall- gli porse la mano che venne stretta con vigore dal ragazzo biondo in piedi di fianco a lui.
-come stai ragazzone?-
-tutto bene, te? che dice tua moglie?-
-tutto bene. Mah niente, gli è ripresa con le vecchie canzoni. Nicolas?-
-hai voluto tu una fan per moglie, ora non ti lamentare- Harry abbozzò un sorriso.
-non mi sono mai lamentato di lei- rispose sorridendo il ragazzo con un inconfondibile accento irlandese sbiadito dai troppi anni passati a Londra.
-comunque con Nicolas va tutto bene, grazie-
-gli ho portato un regalino...sai, magari gli fa piacere-
-grazie Niall. Sei un amico-
-lo sono sempre stato lo sai Harry –
-ei ma quanto siamo dolci oggi. Mi ricordo che l’ultima volta momenti non ci mandavi all’ospedale Harry!-
-come va Zayn?- Harry si girò verso l’altro suo vecchio compagno di giochi.
-tutto bene te? ei anche io ho un pensiero per il piccoletto- il moro gli porse un pacco e Harry lo prese mettendolo vicino a quello di Niall.
-tutto bene. Grazie-
-ei ma Liam? Strano che non sia qui- Zayn si guardò intorno cercando il suo vecchio amico.
-scusate, scusatemi tanto non ho trovato subito parcheggio e poi avevo un disperato bisogno di caffeina- un ragazzone sfrecciò nell’ufficio con un bicchiere di caffè in mano e nell’altra un enorme busta che diede ad Harry per il figlio.
Dopo tutti i convenevoli l’uomo grassoccio iniziò a parlare.
-dovete scrivere qualcosa-
-una canzone?- intervenne entusiasta Niall.
-no no. Un libro, uno ciascuno sulla morte del vostro collega Louis Tomlinson e sui ricordi che avete di lui-
-e perché?- Harry voltò il suo sguardo al ragazzo moro e magrolino che aveva appena formulato la domanda che avrebbe voluto fare lui.
-perché ci serve materiale ragazzi. Non vorrete sparire e diventare come quelle band di cui nessuno si ricorda nemmeno più i nomi, vero?-
-no, certo- intervenne Liam.
-la trovo una stronzata scusate- Harry si alzò dalla sedia, pronto a lasciare la stanza e con essa la discussione ma una parola, una frase detta sotto voce lo trattenne.
-non sei più lo stesso da tre anni Harry. Riprenditi cazzo. Dobbiamo andare avanti-
-tu. Tu mi stai dicendo di andare avanti il giorno in cui ricorre la sua morte? Tu hai il coraggio di dargli le spalle e di cancellare tutto quello che lui ha dato a questa fottutissima band?! Se io, se voi state qui ora è solo grazie a lui. Siete degli ingrati. Io me ne vado- dopo aver puntato il dito e il suo sguardo irato contro Zayn , Harry si girò per andarsene.
-cristo Harry ma vuoi crescere?! Hai 26 anni non sei più un bambino, ansi, ne hai uno a cui badare e dargli dei soldi. Mettitelo in testa- Liam iniziò ad alterare il tono di voce.
-ragazzi mi dispiace ma sono d’accordo con Harry.- si intromise il primo ad aver salutato Harry appena entrato in quella stanza, Niall.
-grazie Niall. Liam so quali sono i miei doveri di genitore ok? Ma sai cosa? Io potrei anche uscire di qui e trovarmi un lavoro normale come tutti ma tu...tu che farai? Tu non vuoi ammettere che è finita perché ti sei attaccato troppo a questo sogno. Sapevi che sarebbe finita in un modo o nell’altro ma non riesci ad accettarlo. Ammettilo, tu senza tutto questo sei perso- Harry sentiva il fuoco della perdita di Louis farsi spazio tra la rabbia e la delusione.
- Harry calmati-
-no Zayn. Non voglio calmarmi. Non sta volta. Mi hanno chiesto di scrivere un libro su come è stato far parte di questa band e l’ho fatto, mi hanno chiesto di farlo sulla nascita di mio figlio e l’ho fatto, ma questo no mi dispiace. Non farò diventare la morte di Louis un fattore economico per quei bastardi- lo sbattere della porta accompagnò i passi di Harry fuori da quell’ufficio dove ancora si discuteva di quello che era appena accaduto.
Harry si avviò nervoso verso la sua auto, ci si chiuse dentro e iniziò a pensare.
Pensò al giorno di quattro anni fa, il figlio doveva compiere due anni , stavano tutti a quella stupidissima festa e lui stava per arrivare con il suo regalo sempre fantastico. Nessuno si sarebbe mai potuto aspettare che la band finisse per la morte di un componente. Nessuno voleva crederci.
Non solo Harry e gli altri ne erano usciti distrutti ma tutte le fan o chi comunque era stato a contatto con i one direction. Le loro Directioner, quelle ragazze che ancora piangono la morte del loro idolo, Harry si sveglia di soprassalto molte notti sognando i volti distrutti di quelle ragazze. Vorrebbe consolarle e abbracciarle una ad una ma sa che gli è impossibile.
Altre lacrime solcarono il suo viso arrabbiato. Nicolas non dovrà mai vederlo cosi.
In quel momento gli balenarono in mente le parole che il suo psicologo gli disse tempo fa, all’ultima seduta fatta: “se hai bisogno di parlare io sono sempre qua”. Ci sarebbe potuto andare e sfogarsi, dirgli tutto quello che gli passava per la testa e magari trovare qualche soluzione insieme a lui, avrebbe potuto aiutarlo.
Chiedere aiuto quando si è distrutti, di nuovo, non è sbagliato, avrebbe solo ammaccato un po’ di più il suo orgoglio...ma alla fine ne era rimasto comunque sempre poco rispetto a quando aveva 20 anni.
Ma a una cosa gli è servito tutto questo, ha imparato che in sei anni la vita può cambiare radicalmente.
Mise in moto la nuova fuori-serie grigia metallizzata, schiacciò l’acceleratore e partì verso l’uomo che l’aveva curato, anche se non del tutto a quanto pare.
Il viaggiò durò meno del necessario per quanto aveva corso per le strade della sua Londra. Arrivò nella sede dello studio dove faceva le sedute ma non c’era nessuno dei passati pazienti di quello strizza-cervelli, nessuna faccia amica o anche solo familiare. Questo per lui voleva dire solo una cosa: gli altri ce l’avevano fatta mentre lui no.
Si avvicinò impaziente allo sportello d’accettazione, chiese del dottor. Percy ma la signorina dietro il vetro gli rispose che non c’era. In quel momento Harry si sentì sprofondare. Pensò che quello stupido psicologo era solo una delle tante altre persone che gli avevano dato il loro appoggio, una sicurezza, un porto sicuro...tutto temporaneo e illusorio. Cominciò ad odiare quel ruba-soldi bugiardo.
-signore, abbiamo un buco con la nuova psicologa se vuole. Un’ora le basta?- i suoi pensieri vennero interrotti dalla dolce voce, quasi infantile, della signorina nell’accettazione.
-va bene grazie- fece un mezzo sorriso ed entrò nella porta indicatagli.
-il signor Barney?- una ragazza su una ventina abbassò gli occhiali con la mano destra squadrando il suo nuovo paziente.
-no...credo che le abbia dato buca- rispose Harry in modo gentile, era totalmente affascinato dalla sua nuova psicologa.
-oh, perfetto. Da una parte non mi dispiace affatto- si tolse completamente gli occhiali e si lasciò andare a un sospiro seguito da un sorriso. –quindi lei è...?—lo incitò a seguire la frase.
-un suo nuovo paziente credo-
-si ma mi dica il nome- sorrise divertita.
-oh, scusi. Harry...Harry Styles-
-si metta pure seduto signor Styles- la ragazza gli indicò una poltrona di pelle scura e Harry ci si mise subito a sedere senza perdere tempo.
-lei è la dottoressa...?- chiese curioso Harry.
-Diana Rose- disse distratta lei mentre scribacchiava qualcosa sulla sua cartella. Quando sentì la risatina del suo paziente tirò subito su lo sguardo incuriosita cercando una spiegazione.
-no scusi...è che...lei non mi conosce vero?-  cercava di trattenere le risate, ma quasi inutilmente.
-certo che la conosco. Chi non conosce Harry Styles?- disse in tono ironico e sprezzante. –ma se permette non classifico l’importanza dei miei pazienti con quella del loro conto in banca e del loro lavoro...se il suo lo vogliamo chiamare tale-
-ei ma com’è severa!- disse scherzando il riccio, quasi ripreso dalla risata.
-ora mi spieghi il perché delle sue risa-
-lei si chiama Diana come il soggetto di una nostra canzone mentre il suo cognome è Rose come il cognome di un altro personaggio di un’altra canzone. Tutto qui-
-perfetto. Le piacerà sapere che non le conosco. Allora, iniziamo?- si rimise gli occhiali e con grande disappunto di Harry rimase seria.
-ok...allora, io venivo in cura qui tempo fa dal suo collega Percy, mi aveva detto che se fossi ricaduto sarei potuto tornare qui ma lui non c’è e sono dovuto venire da lei- spiegò pazientemente Harry.
-ok, quindi...mi parli dei suoi problemi signor Styles- riprese a scrivere qualcosa sui suoi appunti personali ma smise per aspettare le parole trascinate dal suo paziente.
-i miei problemi sono iniziati quattro anni fa, quando...- non riuscì a completare la frase che un piccolo morso alla gola lo bloccò.
-quando morì un membro della band...mi corregga se sbaglio-
-no non sbaglia- ingoiò il groppo in gola e fece per parlare di nuovo ma la dottoressa fu più veloce di lui.
-si sentì perso, distrutto, completamente a pezzi, era talmente legato a quel ragazzo che anche solo pensare di lasciarlo andare per un motivo cosi stupido come un incidente stradale le sembrava inaccettabile...-
-proprio cosi...ma lei come fa a..- anche sta volta Harry non ebbe modo di finire la frase.
-anche a me è morta un’amica in questo modo-
-mi dispiace...-
-stia tranquillo, qui noi stiamo parlando di lei non di me...ok ricominci a raccontare dai- per la prima volta tirò fuori un sorriso che a Harry parve meraviglioso.
-mia moglie mi ha lasciato- disse tutto d’un fiato.
-perché?-
-perché non riusciva a starmi vicino, credo. Ero diventato apatico e insopportabile, ero ossessionato dalla sicurezza di Nicolas...-
-tuo figlio? Mi scusi, suo figlio-
-no mi dia del tu...mi aiuta di più...cosi non sembra che stia raccontando i fatti miei a una perfetta sconosciuta- la rassicurò il ragazzo.
-ok, grazie. Allora dai, continua-
-ok...diciamo che volevo tenere in vita almeno l’altra parte di me-
-quindi per te Louis era una parte di te?-
-si, lo è ancora. Se ti racconto una cosa mi promette che non la racconterà mai a nessuno?-
-ho il segreto professionale Harry, tutto quello che verrà detto qui dentro resterà qui dentro-
-ok allora...io tenevo a Louis più di quanto ci tenessero gli altri-
-spiegati meglio-
-un giorno lui mi vide piangere, si avvicinò e si mise seduto davanti a me...- Harry iniziò a ricordare l’episodio più dolce suo e di Louis, ma anche il più strano:
 
-Harry? Ei amico ma che hai?- Louis si avvicinò cautamente a lui mettendosi davanti alla figura, in quel momento esile e distrutta, di un Harry con il volto rigato dalle tante lacrime.
-niente, lasciami stare- cercò di allontanarlo anche con la mano ma gli fu inutile perché il suo amico, ormai in ginocchio davanti a lui,  aveva deciso di stare li ad aiutarlo e tutti sapevano che se Louis aveva in mente di fare una cosa la faceva e basta.
-non dire stronzate dai. Dimmi che hai- insistette.
-io non sono gay Louis...perché la gente mi...- il contatto visivo terminò quando Harry iniziò di nuovo a singhiozzare nascondendosi il volto tra le mani.
-ei Harry, tranquillo...ci sono io qui-
-è questo il punto, tu non dovresti essere qui. È tutta colpa tua-
-Harry ma che dici? Io non ho mai voluto questo...io...-
-Louis, tu mi ami o no?-
-io non sono gay- disse in tono duro Louis.
-cosa siamo noi allora?-
-due amici...-
-non ne sembri poi cosi sicuro-
- Harry io...non sono sicuro...di niente quando riguarda te-
-ti ripeto la domanda. Mi ami o no?- lo sguardo di Harry puntato su Louis si fece più sicuro quasi quanto il suo tono di voce. Louis si sentì perso per un attimo guardando quegli occhi verdi che lo scrutavano quasi volessero vedere la sua anima.
-non lo so Harry...io non sono gay-
-neanche io ma ora come ora non avrei problemi a baciarti- Louis rimase spiazzato dall’affermazione del suo amico riccio ma non poté fare a meno di sorridere e puntare il suo sguardo imbarazzato per terra.
-e tu Louis? Tu mi baceresti ora?- Harry si mise in ginocchio per arrivare all’altezza del viso di Louis che continuava a mirare il pavimento. –guardami Louis – gli alzò il viso sfiorandogli il mento con una delle mani, che Louis definiva enormi, facendo incontrare di nuovo gli sguardi.
-noi non siamo gay Harry- bisbigliò insicuro il più grande di età.
-si, ma anche fosse non ci sarebbe niente di male, giusto?-
-giusto- esitarono per un istante e calò il silenzio – Harry siamo troppo vicini- fu la frase che interruppe quei secondi imbarazzanti.
-non è mai stato un problema- lo sfidò Harry.
-non  quando giocavamo-
-quindi per te era solo un gioco? Buono a sapersi...scusami se ti ho disturbato inutilmente- Harry lasciò il volto dell’amico e fece per alzarsi scaricando tutto il peso su una gamba quando una mano prese la sua trascinandolo di nuovo in ginocchio.
-si- disse duramente Louis.
-si cosa?- Harry era ancora più confuso di prima.
-ti bacerei- bastò dire quell’ultima frase prima che i due si avvicinassero ancora di più fino a sfiorarsi le labbra.
-non siamo gay- disse in un sussurro Louis prima di baciare davvero il suo amico.
-no- ripeté Harry tra un bacio e l’altro.
In quel momento di intimità tra i due tutto sembrò essere come doveva essere.  In quel bacio stavano venendo scaricate tutte le paure, le tensioni e tutti i pensieri negativi su loro come coppia.
Si sentivano bene e liberi.
-ti amo- disse Harry non appena prese un po’ di fiato.
- Harry noi...-
-lo so Louis, noi non siamo gay...ma ,per quanto la legge dei sentimenti ,se ce ne è una, mi permette...io ti amo –
-si può amare una persona dello stesso sesso pur non essendo gay?-
-non ne ho idea Louis ma credo di si. L’amore non ha sesso-
-in questo caso...io ti amo Harry –
-è strano sapere che lo dici anche a Eleanor- ai due spuntò un leggero sorriso prima di tornare ad occuparsi uno delle labbra dell’altro.
Entrambi si giurarono che quello era un segreto da tenere solo per loro due e che sarebbe stata  la prima e l’ultima occasione per mostrare quella parte nascosta di ognuno.
 
 
 
 
Si ricordò della promessa solo dopo aver raccontato l’accaduto a Diana ma non gli sembrava cosi importante come quando l’aveva fatta. Ormai a chi interessava?
-quindi voi due non eravate amici ma...fidanzati?-
-no...noi eravamo amici...molto amici. Avrei solo voluto non vergognarmi e avrei anche voluto di più le sue mani-
-Harry io non ti capisco...vi amavate giusto? Perché non stare insieme?-
-lui era fidanzato, anche se le voci che giravano erano tante, amava davvero Eleanor e sarebbe successo un casino per niente...e poi io...ho conosciuto Sara e il mio equilibrio si è stabilizzato-
-quindi è stato solo in quell’occasione? Diciamo...una prova?-
-si...è stata una prova ma non valeva la pena rovinare tutto-
-tu ci pensi ancora a lui in questo frangente?-
-no, ho un figlio ora e pensare a quanto volevo bene a Louis non rientra nella mia fase amorosa diciamo-
-ok ti capisco...io credo che tu debba lasciarti andare Harry, non hai bisogno di farmaci o altri medicinali per tenerti a bada. Ti servono solo delle persone che ti stiano vicine e che conoscevano te e lui. Concentrati sulla salute di tuo figlio ma non pressarlo troppo...e..se vuoi ci vediamo la prossima settimana-
-grazie ma...se vuole possiamo vederci anche una di queste sere a cena...-
-Harry- Diana scrollò la testa sorridendo.
-ok, c’ho provato- Harry alzò le mani in segno di resa e sorridendo si alzò dalla poltrona seguito subito dalla ragazza.
-non posso uscire con i miei pazienti-
-peccato. Allora alla prossima settimana dolcezza- si chinò, tenendo lo sguardo fisso su di lei e un sorriso spavaldo, per baciarle la mano che aveva preso delicatamente.
-Harry piantala- la risata uscì incontrollata. Lo vide sparire sorridente dietro l’angolo del corridoio.
  Diana non voleva una relazione adesso, specialmente se doveva andare contro una legge del suo lavoro. Solo che quel riccio le ritornò in mente per tutta la sera ,anche mentre usciva con una sua amica non fece altro che chiedersi come stesse quel ragazzo e cosa stesse facendo in quel momento.
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SE VOLETE SEGUIRMI SU TWITTER E DARMI PARERI SULLA STORIA IO SONO @NicolasStyles_ CIAO E GRAZIE DAVVERO TANTISSIMO PER SEGUIRE LA MIA STORIA, CHE ALLA FINE È UNA COME TANTE. GRAZIE XX
  
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