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Autore: AliceWonderland    03/11/2013    2 recensioni
_FF tratta dal libro per ragazzi di Paul Van Loon_
Intrappolata in un autobus scolastico che corre nella notte, guidato da un conducente mascherato, una classe di ragazzi viene intrattenuta da uno strano scrittore che ha davanti a sé un tavolo con diversi oggetti, tra cui un cappio, un kit fai da te il tuo scheletro, un vasetto d'erbagatta, una torta con le candeline sbilenche. Di ogni oggetto racconta la storia: storie inquietanti, da brivido...!
(C’è solo un’indicazione da seguire per leggere questa storia: tornare bambini. La razionalità e lo scetticismo dell’adulto sono estremamente noiosi, perciò lasciateli fuori dalla porta assieme alle scarpe e agli ombrelli. Tutto vi verrà prontamente restituito all'uscita senza sovrattassa. Grazie.)
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atemu, Maximilian Pegasus, Seto Kaiba, Un po' tutti, Yuugi Mouto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I personaggi presenti in questo racconto appartengono al loro rispettivo creatore. Questa fanfiction è scritta sulla base dell'opera di Paul Van Loon: "L'Autobus del Brivido". Scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!


DE GRIEZELBUS
L’Autobus del Brivido

-Capitolo 10-


-Frequenterò solo piscine, quest’estate- mormorò Anzu, arricciando le labbra.
Alcuni istanti dopo l'insegnante ruppe definitivamente il silenzio.
-Questa, se non sbaglio, è stata l’ultima storia. Gli oggetti sopra al tavolo sono terminati. E’ stato tutto molto interessante e istruttivo, signor Pegasus. E’ riuscito a farci venire la pelle d’oca-.
Tutti sghignazzarono, notando la tremarella che stava scuotendo Yoshimori. E pensare che era stato lui a trascinarli su quell’autobus.
-Molto bene. Si è fatta l’ora di rientrare…-;
-No!- esclamò Pegasus, con voce così apra che tutti trasalirono spaventati -Non vi lascerò andare!- disse alzandosi e puntandosi le mani sui fianchi, deciso.
L’insegnante, per lo stupore, non riuscì a fiatare.
-Dice sul serio?- pigolò Miho, ma Ryou non si scompose. Da sotto i capelli vaporosi guardò attentamente lo scrittore, e le sue mani bianche strinsero lo zainetto.
Sul viso dell’uomo comparve un sorriso.
-Non vorrete abbandonarmi senza neanche aver ascoltato la mia storia, la decima?-.
La sua voce era nuovamente cortese, un po’ roca a causa della lunga lettura.
-E’ vero- convenne Honda -Doveva raccontarne dieci-.
Il professore tornò a poggiarsi alla parete: -Giusto! Sarà interessante, soprattutto perché parla di lei, signor Pegasus! I ragazzi si interessano sempre molto ai fatti personali degli scrittori-;
-Spero che non duri troppo. Voglio uscire da qui al più presto- sussurrò Nezumi, stringendosi nelle spalle a disagio.
-Forse scopriremo perché non fa che grattarsi- bisbigliò Honda -Magari la storia parla di una brutta malattia della pelle-.
-Questa storia narra di una mia esperienza personale, occhio e croce quando avevo la vostra età, e accadde proprio in una serata di plenilunio come questa. Amo sempre concludere con quella che chiamo “La storia dello scrittore”, in modo che tutti possano comprendere perché ho scelto questa carriera di narratore del brivido!- sorrise allegramente.
Imori ricominciò a starnutire con forza. La sua allergia era andata peggiorando, nel corso della serata.

-LA STORIA DELLO SCRITTORE-



Molto tempo fa, quando ero un timido studente della vostra età, avevo spesso a che fare con un ragazzo di nome Keith.
Keith aveva qualche anno più di me, era uno sbruffone, e andava matto per le armi, i film e i racconti dell’orrore, soprattutto quelli tratti da storie vere di folli assassini, più che per quelli di fantasmi e vampiri, ma s’intendeva di un po’ di tutto. La sua stanza era piena di poster raffiguranti brutti ceffi, qua e là erano disseminati pugnali e piccole armi da ogni parte del mondo, e la sua libreria era colma di libri da far accapponare la pelle.
Era capace di raccontarmi per ore e ore tutte le storie sanguinolente e raccapriccianti che conosceva.
Un pomeriggio d’inverno, mentre la neve imbiancava la città, andai a fargli visita, com’era mia abitudine, e lo trovai col naso piantato fra le pagine di un quotidiano.
-Senti questa- mi disse eccitato -Anziana signora barbaramente assassinata da ignoti nel suo appartamento. Nessun elemento lascia presupporre una tentata rapina. La polizia brancola nel buio- lesse, alzando lo sguardo su di me -Si tratterà sicuramente di un assassino dalla mano pesante, qualcuno come Lo Squartatore. E senti qui: L’agricoltore P.W. trovato morto nella sua stalla. Cinque mucche ferocemente trucidate…- e richiuse con decisione il giornale lanciandomi un’occhiata eloquente.
-No, non dirmelo: tu sai che il colpevole è Freddy Cruegher- ironizzai.
-Molto spiritoso- ghignò lui, giocherellando con un coltellino -Bé, in effetti credo di sapere molte più cose al riguardo, rispetto alla polizia. Quello che ha ammazzato l’anziana non è certo un assassino improvvisato. Ci sapeva fare, visto come l’ha ridotta, e quelle mucche?- disse poi -I licantropi adorano le mucche-.
Alzò le folte sopracciglia, piegando le labbra in un sorrisetto ermetico che mi diede i brividi.
-Un licantropo?- risi -Come quello di Cappuccetto Rosso?-.
Keith si drizzò a sedere sul letto: -Che ignorante, sei-.
Era chiaramente nel suo elemento; sapendolo, Keith si sentiva sempre nelle condizioni di pontificare su uno dei suoi passatempi prediletti, ossia i massacri, ed io lo lasciavo parlare.
-Un licantropo, per tua norma, non è un semplice lupetto da favola. E’ un uomo che, periodicamente, nelle notti di luna piena, si tramuta in lupo, e questo è causato da una malattia detta licantropia- mi spiegò.
-Un soggetto del genere dovrebbe andare dal dottore, allora. Dato che si tratta di una malattia- scherzai cercando di abbassare la tensione che veniva a crearsi quando lui prendeva troppo sul serio ciò che rivelavano le sue riviste preferite -Magari se la caverebbe con un’aspirina-;
-Un’aspirina, eh? Come no. Il signorino qui propone l’aspirina- mi derise, facendomi improvvisamente prudere le mani -Ragazzino, l’unica maniera per fare fuori una creatura simile è sparargli un proiettile d’argento nel cranio… Oppure ferirlo con un’arma da taglio sempre in argento- e saltando giù da letto si voltò verso di me -Vieni, andiamo a fare un giretto serale- propose.
-Adesso? Ma nevica!- gli feci notare.
-Proprio per questo. Niente di meglio di una passeggiata fra la neve, sotto il plenilunio, per immergersi al meglio in un’atmosfera da brivido. Ti racconterò qualche interessante storiella-.
Il circondario era deserto mentre, imbacuccati nei nostri spessi cappotti, camminavamo per le vie.
-Visto? C’è la luna piena- disse Keith indicando l’astro argenteo sopra di noi -Quanto scommetti che nei prossimi giorni avverranno altri fatti di natura inspiegabile come quelli riportati nei quotidiani?-;
-Adesso basta- mormorai stringendomi nelle spalle -O finirò per darti retta-.
-Cominci a fartela sotto, eh?- rise lui -Eppure dici sempre che non credi a tutte le fandonie che leggo-;
-Non ci credo neanche adesso- sottolineai. Ma Keith, quella sera, sembrava più ispirato che mai, e intenzionato a farmi saltare i nervi.
-Non avere paura, porto sempre con me un coltellino d’argento, nel caso dovesse presentarsi qualche fuoriprogramma- mi rassicurò, sorridendo soddisfatto.
A volte prendeva troppo sul serio il suo gioco, la sua passione. A volte mi faceva paura…
Quando svoltammo nella strada laterale, scorgemmo a pochi metri da noi un grosso cane scuro levare una zampa posteriore contro un lampione; non appena questo ci vide si mise a ringhiare, scoprendo denti e gengive.
-Ehi, è solo un innocuo pastore belga- mi disse Keith, battendomi un colpo sulla schiena che quasi mi fece cadere fra la neve. Il cane ringhiò di nuovo.
-Qui, Killer!- chiamò una voce -A casa!-.
Poco più avanti, accanto ad un cancelletto, comparve un uomo in giacca da camera: -Vieni, Killer!-. Il cane ringhiò ancora poi uggiolò e, voltandosi, corse incontro al padrone che lo fece entrare in casa.
-Mi dispiace che abbiate avuto paura di Killer- si scusò -Non si comporta mai così, non capisco-;
-Sarà per via della luna piena- fece Keith -Il mio amico, qui, si è preso un bello spavento. Ha pensato che fosse un lupo mannaro! Ihihih!-.
Keith non voleva proprio smetterla di mettersi in ridicolo e, soprattutto, di trascinarmi nel suo ridicolo giochetto.
Al pensiero sentii montare dentro di me una rossa ondata di collera, mentre la neve cominciò a cadere più copiosa dal cielo plumbeo.
-Curioso, però- disse Keith -Nei racconti sta sempre scritto che i cani e gli altri animali hanno una specie di sesto senso per i licantropi. Sembra che riescano a fiutarli. Uhm, che atmosfera!-.
Era decisamente il suo elemento, pensai sospirando annoiato.
-Ti vedo molto pallido- osservò Keith.
-Devo andare. Ne ho abbastanza di camminare al freddo- e delle tue storie, volevo aggiungere, ma mi trattenni -Torno a casa-;
-Ehi, andiamo, ma che ti prende oggi, eh? Volevo solo scherzare un po’! Dai, arriviamo almeno fino alla vecchia ferrovia abbandonata- mi propose, supplicandomi come un bambino.
-Va pure senza di me. Domani devo alzarmi presto, ho scuola- ribattei -E ho anche freddo. Ciao- e mi allontanai.
-E va bene! Ci vado da solo!- mi gridò dietro lui, e vidi la sua figura svanire dietro una spessa coltre di neve bianca.

L’indomani, verso le tre del pomeriggio, squillò il telefono. Era una radiosa giornata di sole, e nel giardino davanti casa nostra la neve scintillava quasi da accecare.
Spostai la stampella al mio fianco e mi sollevai dal divano, zoppicando fino al telefono.
-Sì?-;
-Ehi, Peg! Sono io, Keith- la sua voce era strana, entusiasta, ebbra… quasi folle.
-Cosa c’è?-;
-Devo raccontarti una cosa incredibile. Ancora non riesco a crederci! Ieri sera mi è successa una cosa pazzesca!-.
Era così emozionato che stentava a trovare le parole.
-Dopo che te n’eri andato, ho continuato a camminare da solo fino alla vecchia ferrovia. C’era un’atmosfera da far spavento, e la neve non faceva vedere quasi nulla a un palmo dal naso- mi raccontò -Ero circondato da un silenzio assordante, per questo mi sono spaventato a morte quando ho sentito un brontolio alle mie spalle…-;
-Oh, interessante- mormorai.
-No, ascolta, dammi retta! Ho pensato che fosse Killer, il cane di quel tizio che era scappato in qualche modo, e all’improvviso, attraverso la neve fitta, mi sono voltato e ho visto una sagoma strisciare verso di me. Un istante dopo era lì, in carne ed ossa!-;
-Chi? Killer?-;
-No, mio caro! Il licantropo! Un autentico licantropo!- esclamò improvvisamente Keith, costringendomi ad allontanare l’orecchio dalla cornetta.
-Insomma Keith. Adesso basta con queste storie. Ho detto che non ne voglio più sentire!-;
-Te lo giuro, Peg! Era un bestione enorme, con un grosso testone, le zanne scintillanti e gli occhi gialli come fari! Ha alzato il muso in aria e ha piantato il più raggelante ululato che abbia mai sentito. Era terrificante! E in città i cani si sono messi a guaire e abbaiare impauriti. Roba da far accapponare la pelle-;
-Molto divertente, Keith-;
-Si è mosso verso di me, con la pelliccia spessa coperta di neve, e io, indietreggiando, sono inciampato e sono caduto come un idiota. Ho pensato che per me fosse finita! Finita, Peg! Ma proprio mentre quel licantropo si slanciava per avventarsi su di me, mi sono ricordato del mio coltellino d’argento, così, mentre il mostro balzava in aria, l’ho alzato e ho cominciato a menare fendenti alla cieca, ferendolo! Credo di averlo beccato al volto e forse anche a una zampa! E’ caduto sulla neve, perdendo sangue, e ululando si è voltato ed è fuggito- spiegò Keith -Ne ho subito approfittato, così mi sono rialzato e sono fuggito-;
-Splendida serata, ma non mi spaventi più con le tue diavolerie- replicai io, percependo una lancinante fitta all’occhio sinistro.
-Ma è successo davvero, Peg! Vieni da me, stasera! Ho ancora il coltello incrostato del suo sangue! Te lo mostro più che volentieri!- mi pregò lui.
-No, lascia perdere. E poi non posso uscire-;
-Perché?- mi chiese Keith, stranito.
-Perché… mi sono storto un piede e faccio fatica a muovermi. Ieri sera, tornando a casa, sono scivolato sul ghiaccio e ho rischiato grosso anche io-.
Per qualche istante, dall’altro capo del telefono, ci fu una pausa.
-Ah… Ma guarda- disse Keith, con una strana nota nella voce.

Tutto questo accadde anni fa. Da allora io e Keith ci perdemmo di vista, come se lui avesse preferito evitarmi. Non mi chiese più di andarlo a trovare per ascoltare le sue storie. Così, talvolta, vanno le amicizie.
Ma adesso ho raccontato abbastanza. Altre urgenti faccende mi chiamano, perché…

...



Troppo tardi il significato di quella storia penetrò nella mente di Yugi.
Ciò che accadde in seguito fu così incredibile che il ragazzino pensò di stare sognando per effetto di un’indigestione di storie del brivido.
Anche gli altri studenti rimasero impietriti, una volta compresa ogni cosa, e fissarono lo scrittore davanti a loro, in fondo all’autobus: Pegasus balzò giù dal tavolo, e con rumore di stoffa stracciata, si liberò del suo abbigliamento, mostrando un possente corpo animalesco rivestito di folta peluria argentea, e dei lunghi artigli.
Yugi, Jonouchi e tutti gli altri non credettero ai propri occhi.
-E’ solo un incubo, Yugi! Stai sognando, svegliati!- si disse il ragazzino, guardando la testa dell’uomo mutare in un muso minaccioso, attraversato da una profonda cicatrice lungo l’occhio, fino a quel momento rimasto celato dietro il ciuffo di capelli argentei. Le scarpe scure dello scrittore si spaccarono in due, mostrando robuste zampe artigliate. Anche il mantello scivolò giù dalle sue spalle, e l’unica cosa che gli rimase indosso fu la collanina di denti.
Il professore, inebetito e smunto, era ancora schiacciato contro la parete del mezzo.
Anzu fu la prima a ridestarsi dal torpore: -E’ un licantropo!- strillò -Lo scrittore è il licantropo!-.
Fu il panico.
Un pensiero improvviso colpì Yugi: ecco perché Pegasus aveva preso a grattarsi tanto, nell’ultima ora di viaggio: per via della peluria che cominciava a farsi strada sulla sua pelle! Chiaro che gli pizzicava da matti! E si spiegava anche l’improvviso attacco di allergie di Imori. Il pelo di lupo era ancor peggio di quello di cane e gatto!
Il nesso con l’ultima storia, poi… Il lupo mannaro accoltellato al volto, all’occhio sinistro… e Pegasus che celava l’occhio con fare misterioso!
Nel vocio generale, il lupo strappò in due il libro e lo scagliò tra gli studenti, e mentre le pagine volteggiavano per tutto l’abitacolo, levò un ululato agghiacciante alla luna piena.
Il professore balzò via dal suo angolo giusto in tempo, perché con una poderosa zampata il licantropo mandò tutto il tavolo e gli oggetti all’aria, nella sua direzione.
Le schegge di legno si levarono contro la prima fila, e l’uomo, per evitarle, inciampò finendo contro Yugi e Jonouchi.
Strillando, gli studenti cercarono di raggiungere la porta anteriore del mezzo; nel corridoio le teste di Honda e Otogi si scontrano, Imori, Nezumi e Kujirada lottarono per guadagnare l’uscita, Hanasaki si afflosciò sul suo sedile e svenne, Anzu, Miho e altre ragazze si tennero strette l’una all’altra.
-Alzati, Jonouchi!- urlò Yugi -Dobbiamo scappare da qui!-.
Il ragazzo era pallido come un cadavere, e Yugi dovette strapparlo via dal sedile a forza, ma non c’era modo di raggiungere il corridoio, dove tutti correvano come matti e si ammassavano contro i finestrini, cercando di aprirli, inutilmente.
Era il caos.
Con gli occhi di bragia, il licantropo osservò la scena compiaciuto, passandosi la lingua sui denti aguzzi. Non era più tempo di storielle. Voleva qualcos’altro.
Il professor Yoshimori giaceva mugolante sul pavimento, stordito dalla botta, ed il lupo sogghignò: una facile vittoria, come sempre.

L’Autobus del Brivido filò sempre più veloce nella notte; Skell, il conducente, non si degnò di voltarsi a guardare neanche una volta, per scoprire cosa stava accadendo dietro di lui. Proprio come se non stesse accadendo nulla.
Ma qualcosa si mosse sul sedile dietro il posto di guida. Era Ryou, e si stava avvicinando.
Il licantropo, in un primo momento, non fece caso a lui, intento com’era a decidere chi sbranare per primo, e ne avrebbe avuto tutto il tempo, perché là dentro nessuno poteva sfuggirgli. I suoi occhi cercarono la prima vittima, e si soffermarono su Miho. La ragazzina se ne rese subito conto e gridò, stringendosi di più ad Anzu e alle amiche.
Gli altri studenti, ancora presi dal panico, si agitavano nel mezzo, scavalcandosi l’un l’altro.
Ma d’un tratto, con la coda dell’occhio, il lupo scorse Ryou in piedi accanto a lui, e si voltò sconcertato dalla sua parte, domandandosi come lo studente fosse giunto sin lì senza attirare la sua attenzione; il ragazzo ricambiò il suo sguardo, in silenzio.
Dalle fauci del licantropo uscì un brontolio di stupore; mosse un passo indietro, un ringhio furioso gli uscì di gola, poi, con un balzo disperato, saltò sopra i sedili, ma un grilletto scattò proprio in quell’istante.
Si udì uno sparo attraversare e rimbombare lungo l’abitacolo, ed il lupo, a metà del suo balzo, precipitò a terra con un tonfo sordo.
-Voleva mangiarsi Miho!- piangeva intanto la ragazza, ma oramai il licantropo giaceva a penzoloni come uno straccio sul poggia schiena di uno dei tanti sedili; da un forellino poco sopra gli occhi colava un rivolo di sangue denso e rossastro.
Sotto le occhiate sgomente della classe, Ryou abbassò la pistola e soffiò sulla canna fumante, per poi riporla con cura nel suo zaino.
Ci volle qualche minuto prima che tutti si rendessero conto che il licantropo era morto.
-Co-cos’è stato?- biascicò l’insegnante, sistemandosi gli occhiali rotti sul naso -Chi l’ha ucciso?-;
-E’ stato Ryou! Ryou gli ha sparato!- rispose Yugi, a bocca aperta.
-Ryou?- esclamò il professore, strabiliato -Avevi con te una pistola e un proiettile d’argento?!-;
-Ryou ha tutto nel suo zaino! Proprio tutto!- affermò ammirata Miho, stringendosi al braccio del ragazzo. Honda digrignò i denti, geloso.
L’albino alzò le spalle: -Solo alcune cose che possono tornare utili. Bisogna essere sempre preparati a tutto. Io sto spesso a casa da solo, sapete-.
Ryou venne circondato dai suoi compagni e coperto di complimenti, esclamazioni ammirate e amichevoli pacche sulle spalle.
-Professore!- esclamò Jonouchi, all’improvviso -Ma dove ci sta portando quel tipo? Stiamo ancora viaggiando!-.
L’insegnante si rivolse al conducente: -Ehi, Skell! Ferma! Inverti la marcia e riportaci a scuola-.
Skell non reagì. Continuò a guidare come se nulla fosse.
-Diamine, questo tizio è sordo spaccato!- disse Otogi -Non si è neanche accorto di tutto quello che è successo alle sue spalle!-.
Yoshimori avanzò verso il posto di guida, ma, improvvisamente, l’autobus sbandò e tutti caddero l’uno sull’altro.
Al seguito di alcuni violenti scossoni, la vettura sobbalzò, e si fermò bruscamente.
Jonouchi lanciò un gemito: aveva picchiato il naso contro un finestrino per poi ruzzolare a terra.
L’autobus era uscito di strada, fermandosi contro un parapetto, sul ciglio della strada; al di là dei campi, la luna piena, grande e tonda, illuminava il circondario deserto e silenzioso.
-Ahi!- mugolò Yugi, alzandosi e reggendosi ad una delle barre cromate -Siete tutti interi?-.
Per l’abitacolo si alzarono in risposta dei lamenti, ma gli studenti sembravano tutti interi, a parte qualche graffio.
-Ryou, per caso… hai una cassetta del pronto soccorso, nel tuo zaino?- biascicò Jonouchi, la faccia schiacciata a terra e mezza classe ancora rovesciata sopra di lui.
L’insegnante si avviò verso il conducente e, afferrandolo per una spalla, lo scosse energicamente.
-Skell, ma che modo irresponsabile di guidare un veicolo è questo?!- gridò -Direi che per oggi ne abbiamo già viste abbastanza, non credi?-.
Appena toccato, il conducente si piegò di traverso sul sedile e il berretto rotolò via. Un teschio ingiallito fissò con occhi vuoti il professore, le braccia che spuntavano sotto la giacca della sua divisa non erano altro che nude ossa, e l’uomo balzò indietro, gridando spaventato.
-Una maschera, eh?- disse Honda a Jonouchi, che strinse i denti, atterrito.
-Ora capisco perché la scatola di costruzioni di Pegasus era vuota- disse Yugi, guardando il teschio rotolare giù dalla scaletta metallica del mezzo.

Seto Kaiba, rimasto impassibile nella penombra, emise un flebile -Tsè- e, alzandosi, procedette verso il corridoio sgombero aprendo con un calcio il portello, che si scardinò sotto gli occhi sgranati dei presenti.
-Vi saluto, banda di babbei- detto questo aprì le braccia, una nube scura lo avvolse e nel giro di pochi secondi il ragazzo si tramutò in un pipistrello che si levò sulle teste degli studenti, per poi volare fuori, lontano, verso la luna piena.
Jonouchi guardò il compagno di classe svanire nella notte e alzò le spalle.
-Non so voi, ma questo proprio non mi sorprende-.
Tutti quanti annuirono, rialzandosi da terra, insegnante compreso.

-Su, ragazzi. Scendiamo in fretta- disse il professore -La gita sull’Autobus del Brivido è davvero finita- annunciò.
Dovettero farsi una bella camminata al chiaro di luna per tornare da dov’erano venuti. L’autobus rimase lì, abbandonato sul ciglio della strada, con a bordo la spoglia di un licantropo dal pelo argenteo, uno scheletro col berretto da conducente e nove oggetti, ciascuno dei quali aveva narrato una storia.
-Per fortuna ha smesso di piovere- disse Jonouchi; sopra le loro teste il rombo di un tuono sembrò contraddirlo. Nel giro di pochi minuti, una fitta pioggia li sorprese, e tutti gli studenti rimasero a fissare astiosi il biondino, che sorrise nervosamente.
-Andiamo, non vorrete darmi la colpa…!- balbettò, sul punto di esser inseguito da tutti quanti.
-Ryou, tira fuori gli ombrelli- sospirò Anzu, ed il ragazzo si mise a frugare nel suo zainetto, estraendone anche una macchina fotografica.
-E questa?- chiese Otogi, sollevandola da sotto il suo ombrello.
-Ho pensato che sarebbe stata una buona idea scattare una foto ricordo della nottata- spiegò con un sorriso il ragazzo albino -Su, avvicinatevi e dite: sopravvissuti!-.

-o-o-o-

Yugi chiuse con decisione l’annuario e scosse la testa come a voler scacciare dalla mente il ricordo di quella nottata, mentre dalle pagine patinate dell’album, un foglio logoro e macchiato scivolò fuori, posandosi silenziosamente sul pavimento polveroso.
Atem guardò il cugino a bocca aperta: -Che storia incredibile, Yugi-;
-Non è stata solo una storia. E’ stato peggio. Ho avuto gli incubi per un mese intero!-.
Il più grande scosse il capo: -Peggio? E’ stato incredibile! L’aggressione più pericolosa che subimmo io e i miei compagni di classe fu quella della polvere quando entrammo in visita nelle piramidi, lo scorso anno-.
Yugi ridacchiò.
-Aspetta, vuoi dire che mi credi?- chiese colpito. Adorava suo cugino. Tantissimo.
-Ehi, ti ricordo che io vengo dall’Egitto, la polverosa patria dei misteri più oscuri e inspiegabili- ammiccò Atem, enigmatico, scompigliandogli i capelli.
-A proposito di polvere… Ne siamo ricoperti- disse il più piccolo -Credo che un bel bagno prima di cena non ce lo negherà nessuno-;
-Yugi?-;
-Sì?-;
-Davvero uno dei tuoi compagni di classe si è trasformato in un pipistrello?-;
-Ehm, a dire il vero è stato Jonouchi ad inventare e aggiungere questa parte, quando il giorno dopo ha raccontato a sua sorella e ai suoi compagni quello che era successo- ammise il ragazzino, scendendo le strette scale che portavano al pianoterra -Ma se ti interessa sapere di Kaiba, qualche giorno dopo ha avviato i lavori per un parco giochi a tema in cui ha tentato di far fuori me e i miei amici-.
Atem serrò le labbra interdetto. Non sapeva più cosa pensare di tutti gli strambi avvenimenti che spesso coinvolgevano lo sfortunato cugino ed i suoi amici…
Prima che potesse prendere parola, Yugi si fermò a metà del corridoio e lo fissò in maniera strana.
-Ma questa è un’altra storia- disse.

...

Il foglio attraversato da fitte righe di ghirigori sbiaditi rimase lì, sul pavimento, seminascosto dietro il grosso baule, ad ondeggiare pigramente assecondato dagli spifferi che provenivano dalla porta socchiusa della soffitta.
Vi si potevano distinguere solo poche righe, tra una chiazza rossa e l’altra…
“Il circondario era deserto mentre, imbacuccati nei nostri spessi cappotti, camminavamo per le vie.
-Visto? C’è la luna piena- disse Keith indicando l’astro argenteo sopra di noi -Quanto scommetti che nei prossimi giorni avverranno altri fatti di natura inspiegabile come quelli riportati nei quotidiani?-(…)”.


DE GRIEZELBUS
L’Autobus del Brivido
FINE.



Disse (tra le lacrime) l’autrice:
Miei carissimi ed impavidi lettori/passeggeri, amanti della pappa al pomodoro e del Brus abitato da vermi e muffe… qui giunge al termine il nostro viaggio.
Giusto in tempo, aggiungerei, non solo perché oggi si conclude il ponte di Ognissanti, ma anche perché, cosa imbarazzante, avevamo terminato la benzina! oAo *Indica taniche di ketchup vuote*
Sarebbe stato davvero imbarazzante dover interrompere il nostro tour del brivido per costringervi a spingere l’autobus fuori dal pantano delle paludi di Wonderland. Ma ciò non è accaduto, dunque gioiamo! *O*
Detto ciò, spero con tutto il kokoro che abbiate gradito la storia, e ci auguriamo di essere riusciti ad intrattenervi degnamente nelle uggiose (?) serate domenicali con qualche risata e qualche brivido in più!
Da parte mia questo libro, scritto da Paul Van Loon, è stato una vera e propria ancora di salvezza dopo mesi e mesi di vuoto assoluto.
Scoprirlo, sfogliarlo, riproporne la trama coi pg di Ygo, fare mio lo stile del racconto originale e adattarlo al contesto del fandom mi ha davvero aiutata a liberarmi dai blocchi e da quella sgradevole sensazione di Nulla Cosmico che da tempo era divenuta il desktop del mio cervello avvizzito e privo di fonti d’ispirazione.
Spero che anche i miei lavori futuri decollino come questa fanfiction. Farò del mio meglio! FIGHTO, ALICE! FIGHTO!<3

Ultimi ringraziamenti prima di gettarci sotto le coperte!
GRAZIE a Soe Mame, gatta1290, Kazeyumi, Infernapenergy, Riley River Sonja e Roro Siad per aver aggiunto la storia tra preferite, ricordate e seguite, e a tutti i lettori che sono tornati ogni domenica a riempire segretamente le nostre file *si, vi abbiamo visti, rannicchiati sotto i sedili, con gli occhi cangianti che splendevano nell’oscurità(?!)*, o che hanno semplicemente posato lo sguardo sulla nostra piccola opera per qualche minuto!
GRAZIE DAVVERO E, anche se con un po’ di ritardo, HAPPY HALLOWEEN! (“Meglio (ri)tardi che mai” diciamo noi di Wonderland…).
Con le cuffie dell’mp3 nelle orecchie, questa frigida cerbiatta si accommiata e torna a zampettare nel bosco!
A presto, passeggeri!

+AliceWonderland+
  
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