Film > Hercules
Segui la storia  |       
Autore: blackmiranda    03/11/2013    15 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Elysium

 

 

Persefone non riusciva a credere ai suoi occhi.

Aveva seguito la flebile luce lungo il corridoio immerso nelle tenebre fino ad arrivare a scorgere un'ampia zona ariosa; quasi una caverna sotterranea, ad eccezione del fatto che non era per niente buia, anzi: risplendeva di una luce bianca, chiaramente ultraterrena, così come ultraterrena era l'erba turchese che ricopriva il terreno.

La dea si avvicinò a bocca aperta. Quel luogo era talmente diverso dal resto dell'Oltretomba che credette di essere finita da tutt'altra parte. Anche l'atmosfera era diversa: il silenzio era pervaso da una strana vibrazione, quasi una carezza proveniente da chissà dove.

Quando i suoi piedi calpestarono l'erba l'emozione che provò fu talmente forte da farle girare la testa. Le sembrò di essere tornata a Nysa, di essere di nuovo libera; sé stessa, dopo mesi di incertezze e angoscia. Lacrime di felicità le offuscarono gli occhi: lasciò che le scivolassero sulle guance, senza tentare di ricacciarle indietro.

Non capiva da dove provenisse la luce: era tutto intorno a lei, la circondava come se la volesse abbracciare. Con la coda dell'occhio, le sembrò di distinguere delle sagome evanescenti in lontananza, ma appena cercò di concentrarsi e metterle a fuoco queste si dileguarono in uno sbuffo di fumo bianco.

Non ci fece troppo caso. Non si sentiva minacciata, né percepiva alcun tipo di ostilità in quel luogo. Si sedette per terra, accarezzando l'erba con le mani, come faceva ogni giorno quando abitava a Nysa. Non c'erano piante attorno a lei, né arbusti, né tantomeno fiori: solo una grande distesa erbosa e un cielo bianco di cui non riusciva a scorgere i limiti, cosa veramente assurda dal momento che, a rigor di logica, anche quel posto doveva trovarsi sottoterra. Provò l'improvviso desiderio di riempire quel luogo di fiori e piante, di renderlo ancora più bello, di migliorarlo e renderlo suo.

Corrugò la fronte. Ade sapeva dell'esistenza di quel posto? Perché non gliel'aveva mostrato quando le aveva fatto visitare il suo regno?

Forse non voleva che lei lo scoprisse. L'unico posto qui sotto in cui mi piace stare..! Non mi stupirei se l'avesse fatto apposta a non portarmici., pensò la dea facendo una smorfia.

Passò nuovamente la mano sull'erba azzurra, concentrandosi. I fiori erano la sua specialità, ma con un po' di buona volontà riusciva anche a far crescere gli alberi, sebbene le costasse molta più fatica.

Spinse con decisione il palmo della mano destra sul terreno, chiudendo gli occhi, ma si accorse ben presto che qualcosa non andava: la terra si rifiutava di obbedire e rispondere ai suoi ordini. Aprì gli occhi, sbigottita e anche un po' innervosita. Com'era possibile? Non aveva mai avuto difficoltà a far crescere delle piante, nemmeno nel Regno dei Morti.

Prese un respiro profondo e tentò di nuovo, e poi ancora una terza volta, senza ottenere il benché minimo risultato.

“Eppure l'erba cresce!” sbottò con frustrazione, sbattendo con forza i pugni a terra. “Perché non me ne va mai bene una?” fece in tono melodrammatico.

Fu allora che si accorse del colore che avevano assunto le proprie mani.

Un singulto le sfuggì dalle labbra mentre esaminava freneticamente il colore della propria pelle.

Era rosa. Rosa acceso, il medesimo colorito che le era stato strappato via non appena aveva mangiato il melograno.

Prese una ciocca dei suoi capelli tra le dita e la esaminò con cura: non vi era un solo capello bianco, erano tornati tutti biondi, di quel biondo del color del grano che sua madre amava così tanto.

“Cosa sta succedendo..?” sussurrò sconcertata.

 

***

 

Il passare del tempo non aveva mai avuto una grande importanza per gli esseri immortali come lui, eppure laggiù Ade poteva percepire che il tempo aveva assunto una diversa consistenza: era come se si fosse fatto più denso, più pesante, tanto che poteva quasi sentire le ore e i giorni scivolargli addosso. Non era una bella sensazione, per niente.

In tutta onestà, non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato da quando le porte del Tartaro si erano chiuse dietro di loro. Avevano iniziato a camminare nel buio e non si erano più fermati, riuscendo giusto ad illuminare fiocamente una falce di luna di fronte a loro. Persino un dio freddo e grigio come lui risultava essere più luminoso di quella prigione infernale.

Ade avanzava di fronte a Zeus e Poseidone, guidando i loro passi verso il luogo in cui Crono era tenuto prigioniero. Più di una volta gli era passata per la mente l'idea di condurli in una trappola, per poi andarsene e piantarli lì sotto per l'eternità, ma una forza sconosciuta aveva placato quei pensieri, almeno in parte, ricacciandoli in un angolo della sua mente. Qualcosa gli diceva che sarebbe stato meglio per sé se non si fosse inimicato ulteriormente i due fratelli; del resto, non era uno stupido, né si illudeva di poter fronteggiare da solo i pericoli che si sarebbero potuti presentare di lì a poco.

Ovviamente, si era chiesto innumerevoli volte, nel corso di quei mesi, chi si celasse dietro la profezia che le Parche avevano recitato. Nonostante tutto il suo arrovellarsi, però, non era riuscito a venire a capo dell'enigma, cosa che lo irritava alquanto. Sembrava davvero che tutte le domande portassero a Crono, e quindi era da lui che avevano finito per andare, dopo mesi e mesi di preparazione – perché, siamo seri, fare una capatina nel Tartaro non era mica una passeggiata. Se il caro paparino fosse risultato colpevole, sarebbero senza dubbio stati in grossi guai; non era da escludere che il titano fosse riuscito a liberarsi dalla sua prigionia durante le ferie forzate che Megafesso gli aveva fatto passare nello Stige. Un sorriso amaramente soddisfatto gli comparve sulle labbra: se quell'idiota tutto muscoli avesse realmente, anche se inavvertitamente, causato la liberazione di Crono, ci sarebbe stato da festeggiare. Al diavolo il pericolo in cui si sarebbero trovati, al diavolo la distruzione e la tortura: ne sarebbe valsa la pena, solo per potersi godere la faccia che l'eroe avrebbe fatto quando si fosse reso conto che era tutta colpa sua.

“Che hai da sorridere?” sbottò d'un tratto Poseidone, che non lo perdeva di vista un attimo.

Ade si girò a malapena a guardarlo. “Stavo facendo delle considerazioni.” rispose semplicemente. “Sai, sulla vita, l'universo e tutto quanto.” aggiunse gesticolando, senza abbandonare il sorriso aguzzo che gli si era dipinto in volto.

Vide Poseidone e Zeus scambiarsi un'occhiata fugace. Almeno non erano così stupidi da fidarsi di lui; tuttavia, doveva ammettere che avere il fiato di Poseidone sul collo iniziava a dargli parecchio fastidio.

D'un tratto, la pendenza del terreno cambiò sensibilmente sotto i loro piedi: sino ad allora avevano percorso quella che sembrava un'infinita strada in discesa, mentre da quel momento in poi parve loro di camminare in pianura.

“Uh-oh.” fece Ade guardandosi intorno nel tentativo di vedere qualcosa oltre il manto di oscurità che li avvolgeva.

“Cosa c'è?” indagò Zeus sgranando gli occhi.

“Beh, ragazzi, pare che abbiamo raggiunto il fondo, per così dire. Se non altro ci siamo avvicinati alla meta...” spiegò Ade, in atteggiamento pensoso.

“Vuol dire che siamo quasi arrivati?” chiese Poseidone.

Ade fece una smorfia. “Lo spero, non so quanto riuscirò ancora a resistere con te che mi aliti sul collo in continuazione.”

Poseidone ghignò. “Cos'è, hai paura che ti spenga i capelli..?”

“Smettetela!” tuonò Zeus in tono minaccioso. Ade non replicò, limitandosi a liquidare il tutto con un'alzata di spalle, cosa che gli costò parecchia fatica. Il dio dei mari, da parte sua, biascicò delle scuse poco convinte dirette a Zeus.

Continuarono ad avanzare per un tempo che sembrò infinito. Ade si rese conto, suo malgrado, di stare provando di nuovo la sensazione di estrema debolezza che lo aveva tormentato subito dopo essere uscito dallo Stige. Riusciva a percepire i primi segni della tanto odiata emicrania farsi strada nella sua testa; stava giusto ponderando se e quando fosse il caso di fermarsi a riposare un po', quando ad un tratto una barriera invisibile lo costrinse ad arrestarsi bruscamente.

Per poco i fratelli non gli finirono addosso. “Che succede?” fece Zeus anticipando la domanda di Poseidone (che, poteva immaginare, sarebbe stata molto più acida).

Un rombo profondo si infiltrò nelle loro viscere, facendoli gelare sul posto. Tutti e tre conoscevano fin troppo bene quel suono, che mascherava una roboante risata di scherno.

Un nuovo rombo, più forte del precedente, si abbatté su di loro, portando con sé parole in una lingua che da secoli nessuno osava pronunciare. “Ecco arrivati i figli ingrati a chiedere pietà.”

Di fronte a loro comparve una gigantesca figura, appena distinguibile dall'oscurità che la ammantava. Se Ade avesse potuto descriverla con una sola parola, avrebbe usato l'aggettivo cenciosa.

“Papà! Ti ricordavo più alto...” esordì, ostentando un coraggio che al momento gli mancava.

“Siamo venuti a cercare risposte, Crono.” interloquì Zeus in tono fiero. Di sicuro non aveva per nulla apprezzato quel “chiedere pietà”: no, Zeus era troppo orgoglioso per abbassarsi a tanto, persino all'ombra della sconfitta. Ade sentì il sangue ribollirgli nelle vene.

Dopo un momento di silenzio, il titano riprese a parlare. Nonostante tutto, le sue parole sembravano sibilanti, allo stesso tempo fragorose e taglienti come la lama di un pugnale. Ade ricordava bene quella voce, anche se erano passati secoli dall'ultima volta che l'aveva sentita. “Non potete nulla contro ciò che vi è ostile. È una forza troppo grande per voi. Chinate il capo e supplicate, così come vi si confà.”

“Wow, è stato facile...” commentò Ade alzando un sopracciglio. Non avevano neanche dovuto girarci attorno, era andato dritto al punto.

“Chi è la forza che ci è ostile? Ne sei a conoscenza?” chiese Poseidone avanzando di un passo.

Crono rise e l'intero Tartaro parve tremare da capo a piedi. “Io l'ho sempre presente, non l'ho mai dimenticato, mentre voi ci avete dimenticati qua sotto... Ma lui, lui non è possibile rinchiuderlo in nessun luogo. Lui vede tutto e sente tutto, e colpirà presto... Voi avete regnato dall'alto di un trono usurpato, come feci io... È tempo che riconsegniate quello che non è vostro al vero Signore della Terra...”

Ade non ebbe bisogno di altro per capire di chi si trattasse. “Siamo fregati.” mormorò, e se avesse potuto impallidire era certo che l'avrebbe fatto. Per un attimo barcollò, ma si ricompose subito, nonostante l'emicrania.

Poseidone gli lanciò un'occhiata obliqua, mentre Zeus parve non sentirlo. “Io sono il Signore della Terra!” tuonò, irato.

Crono rise di nuovo. Ade, stringendo i denti, si avvicinò a Zeus. “Ehi, grazie davvero, Signore della Terra – comunque, solo perché tu lo sappia, sta parlando di Urano.”

Vide i muscoli tendersi sotto la pelle dorata del dio. “Come?” chiese Zeus, quasi boccheggiando. Crono continuava a ridere fragorosamente, deliziato dalla situazione.

Ade alzò gli occhi al cielo. “URANO. U.R.A.N.O. Hai presente, il caro nonnetto..? Ha senso, in fondo, il vecchio sul giovane trionferà... Finalmente la profezia è diventata comprensibile. Oh, e – per la cronaca - siamo fregati. Meglio iniziare a fare i bagagli e cercare di squagliarcela.”

Zeus socchiuse gli occhi. “Non puoi pensare di arrenderti!” esclamò indignato.

Ade alzò un sopracciglio. “Sono realista, io. Come credi di poterlo sconfiggere? Io non so neanche che aspetto abbia, a parte blu con nuvole bianche di giorno e stellato di notte.”

Non potete sconfiggerlo, né contrastarlo... Sarete schiacciati come formiche!”

“Ecco, appunto. Grazie per la conferma, paparino.” fece Ade rivolto alla sagoma buia, che si dissolse improvvisamente con un ultimo boato. “Anche da quaggiù, festeggerò la vostra rovina.” si congedò la voce incorporea, aleggiando attorno a loro per qualche momento.

Il dio dei morti rabbrividì. “Saremo fortunati se finiamo come lui.” mormorò cupamente.

 

***

 

Persefone incrociò le braccia al petto. “Toglietevi di mezzo.” ordinò di punto in bianco.

Pena e Panico deglutirono simultaneamente. “Ade non sarebbe contento di sapere che...” pigolò Panico.

“Non mi interessa se Ade è contento o meno! Mi ha piantata qui sotto da sola, è sparito da tre giorni e chissà quanto tempo ci metterà a tornare indietro. Voglio passare il tempo in un posto in cui mi piace stare, e l'unico posto in cui mi piace stare sono i Campi Elisi. Perciò, toglietevi di mezzo.” disse la dea fulminando i due diavoletti con lo sguardo.

Pena la guardò di sfuggita. Negli ultimi tre giorni non aveva fatto altro che starsene sdraiata sui prati dei Campi Elisi, in contemplazione di chissà cosa. La faccenda li aveva preoccupati moltissimo, specialmente perché non appena Persefone metteva piede in quella particolare zona dell'Oltretomba sembrava riacquistare il suo originario aspetto, che perdeva ogni volta che ne usciva. Di sicuro c'era qualcosa che non andava, e di sicuro Ade se la sarebbe presa con loro una volta messo al corrente degli ultimi sviluppi.

Purtroppo, non potevano di certo contrastare il volere di una dea. Persefone li oltrepassò e si diresse lungo il corridoio di nord-ovest. I due le andarono stancamente dietro, rassegnati al ruolo di babysitter impotenti. Erano praticamente arrivati, quando i rabbiosi latrati di Cerbero, seppur lontani, li fecero sobbalzare.

“Questo non può essere un buon segno.” osservò Pena.

“Che facciamo? Torniamo indietro?” fece Panico, lanciando un'occhiata alla dea, che ne approfittò per accelerare il passo.

“Facciamo che vado io e tu resti qui.”

“E se non torni?”

“Vienimi a cercare!”

“E lei la lascio qui?”

“E lasciala qui, o portatela dietro, che ne so!”

Improvvisamente, Cerbero smise di abbaiare. Pena e Panico rimasero in silenzio ad ascoltare, ma del cane a tre teste non si sentiva più neppure un uggiolio.

“...secondo te se li è mangiati?”

“Chi?”

“Non lo so, quelli che volevano entrare!”

“Meglio andare a controllare. Ade ci ammazza davvero se succede qualcosa anche a Cerbero..!” concluse Pena facendo rapidamente retro-front.

Panico prese a mangiarsi le unghie, correndo in direzione opposta per raggiungere la dea, che lo aveva seminato facilmente. “Guarda te cosa mi tocca fare per vivere...” borbottò, ansimante per la corsa.

I Campi Elisi non gli erano mai piaciuti, motivo per cui non ci era praticamente mai andato prima di allora, nemmeno quando Ade era intrappolato nello Stige e lui passava le giornate a non fare niente. Tre giorni prima, infatti, ci aveva messo un sacco di tempo per trovare quella capricciosa insolente, dopo che lui e Pena si erano accorti che non si trovava in camera sua: i Campi Elisi erano l'ultimo posto in cui era andato a cercarla. I suoi nervi rischiavano seriamente di andare in pezzi, non ce la faceva più a preoccuparsi in quel modo: quella dea non era stata che una fonte di guai da quando Ade aveva messo gli occhi su di lei.

Si fermò all'imboccatura della grotta che portava ai Campi Elisi. Non aveva alcuna voglia di metterci piede: quel posto era strano, diverso dal resto dell'Oltretomba, e lo faceva sentire a disagio, con quella luce accecante e quelle strane sagome nebbiose che fluttuavano in giro... Non era nemmeno sicuro che Ade esercitasse un pieno controllo su quella zona del suo regno, ma non aveva mai osato chiedere per confermare le proprie supposizioni.

Si sedette a terra, tenendo sott'occhio Persefone, che si era nuovamente sdraiata sul prato, beandosi della sua vita perfetta che – si disse - aveva pure il coraggio di disprezzare.

Stava sviluppando una tremenda insofferenza nei suoi confronti.

Rimase seduto a contare i minuti che passavano. Dieci, quindici, venti, e Pena non era ancora tornato. Forse Ade era risalito dal Tartaro? Eppure Cerbero non avrebbe abbaiato così ferocemente se avesse rivisto il proprio padrone... No, qualcuno di estraneo doveva aver provato ad entrare. Forse un'altra divinità, magari il messaggero alato con gli occhialini rotondi...

Dopo una mezz'ora abbondante, Panico si alzò in piedi, le gambe che gli tremavano. Era successo qualcosa, lo sentiva. Raccolse tutto il suo coraggio, che a onor del vero non era molto, balbettò in direzione della dea: “Torno indietro a controllare Cerbero” (Persefone non diede segno di averlo sentito) e sgattaiolò verso la sala del trono.

In quel momento avrebbe pregato anche Zeus perché tutto andasse bene.

 

 

 

 

 

… Zeusinoo, sono tornato! xD

Ok, ok, scherzi a parte... Perdonatemi, vi prego. Posso capire quanto vi siate rotte le scatole ad aspettare per tutto questo tempo... Vi posso solo assicurare che io mi sono rotta le scatole in altri modi, per nulla divertenti. -.- Sembra che il mondo si sia messo a cospirare contro di me per non farmi laureare. Ma non voglio annoiarvi con i cavoli miei. Vi basti sapere che:

  1. sono tornata;

  2. non ho assolutamente intenzione di abbandonare questa storia.

E non posso fare a meno di ringraziare quelle splendide persone che hanno continuato a lasciare recensioni e a mettere tra le seguite/preferite/ricordate nonostante io fossi in ritardo con gli aggiornamenti. Grazie di cuore, ragazze. Vi lovvo. XD

Non posso davvero promettervi, in tutta onestà, che non ci saranno altri ritardi, ma sappiate che mi impegnerò con tutta me stessa affinché non ce ne siano. E speriamo bene. :)

(La vita, l'universo e tutto quanto non è una frase mia, ma di Douglas Adams, uno scrittore che adoro).

Un bacione a tutte, scusate eventuali errori e la formattazione ballerina (io e l'editor di EFP non andiamo molto d'accordo) e fatemi sapere se il capitolo è accettabile o se ho perso la capacità di scrivere qualcosa di decente dopo questi mesi di assenza. Bye bye!

 

 

 

 

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Hercules / Vai alla pagina dell'autore: blackmiranda