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Autore: Abby_da_Edoras    04/11/2013    1 recensioni
Autrice: Lady Arien. Trama: la mia fanfic si ispira al libro e, di conseguenza, al film "Il Cacciatore di aquiloni" che ho amato molto. Nella mia versione, però, avviene qualcosa di molto imprevisto per cui il piccolo hassan non sarà cacciato da Kabul e avrà un'esistenza diversa da quella avuta nel libro. Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni della mia ff appartengono a Khaled Hosseini e ai registi e produttori del film tratto dal libro.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Quel pomeriggio, alle tre in punto, Amir si trovava davanti al cancello della villa di Assef, dove era stato invitato per un n

Quel pomeriggio, alle tre in punto, Amir si trovava davanti al cancello della villa di Assef, dove era stato invitato per un non meglio precisato rinfresco. Aveva tentato tutte le scuse di questo mondo per non essere costretto ad accettare quell’invito, ma suo padre l’aveva rimproverato aspramente per la sua maleducazione e per quell’ostinazione nel rifiutare di stringere amicizia con il giovane figlio del suo amico. Tra l’altro, ora che Hassan era servitore in quella casa, l’uomo sperava anche che il legame fra Amir ed il piccolo hazara potesse ricostruirsi. Per questo adesso il ragazzino era lì, anche se avrebbe preferito trovarsi sulla Luna. Si sentiva lo stomaco chiuso in una morsa e stringeva convulsamente fra le mani sudate il quaderno con i racconti scritti da lui che Assef aveva tanto insistito per vedere.

Suonò il campanello e un servitore anziano venne ad aprirgli. Lo salutò con deferenza e lo condusse nel parco sul retro della villa, dove si trovava Assef in compagnia dei fidati Wali e Kamal. Erano seduti su sedie di vimini e davanti a loro si stendeva un tavolo ricco di prelibatezze. Sembrava davvero una festa in grande stile, anche se gli invitati erano soltanto tre. Poco più indietro, in piedi, stava Hassan.

“Eccoti, finalmente, Amir jan” esclamò con calore il padrone di casa, alzandosi dalla sedia e affrettandosi a stringere la mano al nuovo arrivato, quasi fosse veramente felice di vederlo. “Ti aspettavamo con ansia. Benissimo, vedo che hai portato il quaderno con i tuoi racconti. Wali e Kamal, ma soprattutto io, non vediamo l’ora di poterli ascoltare. Devono essere davvero dei capolavori a giudicare dalle lodi sperticate che ne fa il piccolo hazara.

Wali e Kamal soffocarono una risatina e Amir si sentì morire. Sapeva benissimo che lo scopo di Assef era umiliarlo davanti agli altri ragazzi costringendolo a leggere a voce alta le proprie storie, ma come avrebbe potuto fare? Certo, se quello stupido di Hassan non avesse chiacchierato tanto… Si pentì subito di quel pensiero: come poteva dare la colpa ad Hassan? Era davvero possibile che il bambino si fosse preso la libertà di lodare i racconti scritti da Amir davanti al suo nuovo padrone e ai suoi amici?

Lanciò una veloce occhiata al piccolo hazara che sembrava stupito quanto lui. No, ora ne era sicuro, Hassan non aveva mai parlato a nessuno delle storie che Amir gli leggeva. Ma allora come faceva a saperlo Assef?   

“Accomodati, Amir jan, prendi qualcosa da bere. Posso offrirti tè alla menta, aranciata, acqua minerale, perfino Coca-Cola se lo preferisci. O magari un succo di frutta? Hassan può andare in cucina a prendertene uno, se vuoi.

“L’acqua andrà benissimo, grazie” riuscì a mormorare Amir. Come in un incubo si ritrovò a farsi guidare da Assef verso il suo posto a sedere. Si strinse al petto il quaderno dei racconti come per proteggersi.

Buongiorno, Amir agha” lo salutò timidamente Hassan, avvicinandosi per porgergli un bicchiere d’acqua. Amir però era talmente confuso e a disagio che non se ne accorse e non gli rispose, limitandosi a prendere il bicchiere con un gesto istintivo.

Assef, a cui non sfuggiva nulla, sorrise e si voltò verso i due compagni, che annuirono. Anche loro avevano notato il gesto sgarbato di Amir nei confronti di Hassan e la conseguente delusione che si era dipinta sul volto del bambino.

“Se vuoi dei pasticcini, frutta o qualsiasi altra cosa non fare complimenti, Hassan è qui proprio per servirci. Ha sistemato tutto lui, qui fuori. Ha fatto un bel lavoro, non credi? Sono davvero soddisfatto di lui e penso sempre che non avrei potuto trovare un servitore più abile, solerte e coscienzioso” continuò il ragazzo. “Allora, non vuoi qualcosa da mangiare? Voglio che tu ti senta perfettamente a tuo agio prima di cominciare a deliziarci con le tue storie straordinarie, Amir jan.

Il ragazzino faceva già fatica ad inghiottire quei pochi sorsi d’acqua. Scosse il capo.

“Come vuoi, mangeremo più tardi. Abbiamo tutto il pomeriggio da passare insieme, non è vero, ragazzi?

“Certo, Assef” rispose Wali.

“Spero che Amir abbia tante storie da leggerci” aggiunse Kamal. “Sono davvero ansioso di ascoltarle.”

“Hassan, naturalmente tu puoi restare con noi. So quanto ti fa piacere ascoltare i racconti di Amir. Se vuoi puoi prenderti una sedia, non vergognarti. Hai già fatto il tuo dovere di servitore e adesso ti puoi riposare e rilassare insieme a noi” disse poi Assef, rivolgendosi al bambino con il tono di un re che fa una concessione importante ad un suddito fedele. Il picolo servitore lo ricompensò con un sorriso luminoso e prese una sedia per sé, disponendosi finalmente a sentire le storie di Amir che da tanto tempo agognava.

“Grazie, agha sahib, anch’io avevo tanta voglia di ascoltare i racconti, ma pensavo che non avrei dovuto, in fondo questa è la tua festa e…

“Ormai dovresti sapere come mi comporto con i miei servitori” ribatté sorridendo Assef. Lanciò un’occhiata a Wali e Kamal che annuirono di nuovo. “Se un servo mi obbedisce e fa il suo dovere io so ricompensarlo molto bene e poi, sai, io non mi vergogno di lui davanti ai miei amici, come invece fanno altri.”

La frecciata rivolta ad Amir raggiunse il bersaglio e le guance del ragazzino divennero di fuoco. Si agitò sulla sedia. La mortificazione era iniziata ancor prima che cominciasse a leggere le storie: Assef si stava servendo di Hassan per umiliarlo e per mostrare a tutti quanto fosse più gentile e più generoso di lui. Il peggio era che presto anche Hassan stesso sarebbe stato indotto a crederci!

“Amir, stiamo aspettando te. Non lasciarci ancora sulle spine, ti prego. Non vuoi cominciare a leggere per noi?” lo incitò Assef con un sorriso sornione. Wali e Kamal trattenevano a stento le risatine. Hassan, al contrario, seduto sulla sedia, fissava Amir con un’espressione di assoluta estasi sul faccino. Era l’unico sinceramente felice di riascoltare finalmente le storie del suo ex-padroncino.

Il ragazzino si schiarì la voce tre o quattro volte: sentiva un nodo in gola che minacciava di soffocarlo; forse, se fosse morto, non sarebbe stato costretto a umiliarsi così. Qualunque cosa sarebbe stata meglio di quello. Ma non poteva più rimandare. Aprì il quaderno, inghiottì a vuoto una decina di volte e cominciò a leggere. La tortura era iniziata.

Il primo racconto era, per sua fortuna, piuttosto breve. I ragazzi non aprirono bocca mentre Amir leggeva, ostentando una sincera partecipazione e un vivo interesse. Poi fu Assef a commentare per primo.

“Direi che hai veramente del talento. Certo sei ancora immaturo, ma questa storia è interessante e ci sono senz’altro diverse chiavi di lettura. Io ne ho individuate almeno cinque. Voi, ragazzi?”

“Io tre” rispose a stento Kamal, semisoffocato nel tentativo di nascondere le risate, “e poi mi piace molto la figura del protagonista. Immagino sia un racconto autobiografico, no?

“La parte che preferisco è quella che si può leggere come una metafora filosofica e allegorica della realtà contemporanea” dichiarò Wali in tono compunto, mentre dentro di sé si contorceva dal ridere.

Amir era paonazzo in viso e aveva le lacrime agli occhi. Lo stavano prendendo in giro apertamente e lui non poteva dire niente, perché aveva paura e perché in fondo apparentemente lo stavano lodando.

“Devi assolutamente leggercene un’altra, Amir jan” insisté Assef. “Non ho mai trovato tanta profondità, in un autore così giovane ed inesperto, poi. Sono certo che tu abbia davanti a te un grande futuro come scrittore!

Amir riprese a leggere una storia, poi un’altra ed un’altra ancora. Ad ogni racconto che esponeva i tre ragazzi si profondevano in lodi sempre più sperticate ed assurde. Le lettere sembravano ballargli davanti agli occhi, la voce gli tremava, si sforzava solo di non scoppiare a piangere. Non si rendeva conto più di niente se non delle tre voci beffarde che lo schernivano, e quella di Assef più di tutte.

Il martirio durò poco più di due ore e Amir si maledisse in cuor suo almeno mille volte per aver scritto così tante storie. Prima Wali poi Kamal, ad un certo punto, avevano dovuto fingere di correre in bagno per sfogarsi ridendo a crepapelle; solo Assef aveva mantenuto un’apparente calma ed un assoluta concentrazione durante l’ascolto.

“Molto bene” disse alla fine. “Ringrazio di cuore Amir jan per averci fatto passare un pomeriggio tanto piacevole. Ora immagino vorrai ristorarti un po’. Prendi pure quello che vuoi da bere e da mangiare, poi magari potremmo andare a giocare a tennis nel campo privato che ho qui dietro.

“Grazie, ma non ho bisogno di niente, Assef” rispose Amir, alzandosi in piedi. Gli tremavano le gambe. Voleva solo andarsene da lì. “Adesso devo tornare a casa, ti chiedo scusa. Comunque non so giocare a tennis.”

“Ah, dimenticavo che tu sei uno scrittore e di solito gli artisti non sono degli sportivi. Come vuoi. Mi ha fatto piacere che tu sia venuto e spero che tornerai presto” replicò cortesemente il giovane, alzandosi in piedi e accompagnando Amir al cancello. Era soddisfatto e trionfante. Aveva mortificato il suo nemico su tutta la linea.

A quel punto Hassan si avvicinò, un po’ esitante, per salutare il suo vecchio amico e ringraziarlo di avergli fatto sentire quelle storie di cui aveva patito tanto la mancanza.

“Amir agha, è stato bellissimo poter riascoltare le tue storie e sono contento che anche ad agha sahib e ai suoi amici siano piaciute. Io te lo dicevo quanto eri bravo, ma non sono intelligente e istruito come loro. Adesso invece…”

Non poté finire la frase. Amir lo respinse con violenza colpendolo in faccia col quaderno. Il piccolo hazara, allibito, indietreggiò e gli occhi gli si riempirono di lacrime.

“Stai zitto, piccolo stupido ignorante! È stata tutta colpa tua, ti odio, vorrei che tu fossi morto!” gridò Amir. Ferito e umiliato, non poteva fare altro che sfogare la sua rabbia sull’unico che aveva apprezzato davvero la sua lettura.

Assef aspettava proprio quel momento per intervenire. Assaporando il suo totale trionfo come fosse un miele dolcissimo si avvicinò al piccolo servitore che tratteneva a stento le lacrime e si massaggiava la guancia colpita, guardando con stupito dolore l’amico di un tempo.

“Questo non avresti dovuto farlo, Amir” lo rimproverò in tono improvvisamente gelido, attirando a sé il desolato Hassan. “Non so cosa ti sia preso, visto che Hassan voleva solo essere gentile con te, ma non ha importanza. Trattare così il mio servitore in mia presenza equivale a mancare di rispetto a me, cerca di mettertelo bene in testa. Forse dimentichi che lui non è più il tuo servo ma il mio? Oppure volevi offendere me attraverso lui?

Queste parole atterrirono Amir, che avrebbe voluto fuggire subito a casa; le gambe, però, sembravano non reggerlo. Cosa gli avrebbe fatto adesso Assef? Forse aveva in tasca il pugno di ferro e allora…

“Sei pregato di andartene immediatamente da casa mia. Non ti ho invitato per farmi offendere né perché tu ti prenda certe libertà sui miei servitori. Vattene. Naturalmente stasera dovrò telefonare a tuo padre e parlargli del tuo inqualificabile comportamento. Forse lui saprà metterti in riga; ovviamente, questo non spetta a me” concluse il ragazzo, stringendo a sé con un braccio Hassan, che adesso piangeva sconsolato.

Non appena Assef aprì il cancello, Amir indietreggiò e se la diede a gambe lungo la strada, come se fosse inseguito da un’orda di lupi affamati. Assef non lo aveva picchiato, ma avrebbe raccontato tutto a Baba e allora lui… Quel diabolico ragazzo era riuscito a farlo passare dalla parte del torto. Era lui che lo aveva preso in giro con i suoi amici, aveva organizzato tutto fin dal principio e adesso sarebbe stato Amir a pagarne le conseguenze. Il ragazzino correva all’impazzata per le strade di Kabul, lasciando finalmente scorrere le lacrime. Era caduto nella trappola di Assef, gli aveva offerto la sua vendetta su un piatto d’argento, era stato uno stupido ingenuo e adesso Baba lo avrebbe punito e, peggio ancora, lo avrebbe obbligato ad umiliarsi di nuovo, andando a chiedere scusa al giovane. Non era giusto, non era affatto giusto!

Amir non lo avrebbe ammesso mai, nemmeno sotto tortura, ma una delle cose che gli erano bruciate di più era vedere come Assef era riuscito a metterlo contro Hassan, spingendolo a trattarlo male e intervenendo per difenderlo. Adesso sembrava che fosse lui il suo amico… Ma quello stupido hazara aveva già dimenticato quello che gli aveva fatto Assef in quel vicolo? Stupido, stupido, stupido hazara!

Quella sera Amir rientrò a casa tardi e si chiuse subito in camera, temendo da un momento all’altro di sentire sulle scale i passi di Baba che veniva a rimproverarlo per la sua condotta a casa di Assef. Non cenò nemmeno: i fatti della giornata gli avevano lasciato addosso una nausea insopprimibile.

   
 
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