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Autore: Kitthex    19/04/2008    4 recensioni
Mafia e incesti.. Due fratelli sprofondati in un mondo dalle torbide verità.. AGGIUNTO NUOVO CAPITOLO!
Genere: Malinconico, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BackGround Brothers

Preludio

La pioggia era caduta senza interruzione in quegli ultimi due giorni. L’umidità aveva raggiunto picchi che non si erano mai registrati negli ultimi dieci anni. Le pozzanghere stavano cominciando ad asciugarsi e la temperatura si era mitigata. Ai lati della sudicia strada di periferia, ai piedi dei muri che s’innalzavano scrostati e semidistrutti vi era quella che pareva la sporcizia lasciata ad accumularsi per sfamare i considerevoli gruppi di barboni che abitavano quei vicoli bui.

Lattine e avanzi di cibo popolavano l’asfalto, non riuscivi a fare un passo senza inciampare in una buca o in un rialzamento irregolare di quello che in tempi ormai sepolti era di un nero accecante, tempi in cui l’ormai nivea strada veniva percorsa da decine di auto.

Un luogo desolato e silenzioso, neppure il rumore di un sasso scalciato da qualche gatto randagio, nulla che facesse pensare alla presenza di esseri viventi.

Si. Perché questo era il loro rifugio.

Erano abituati a nascondersi, ad infilarsi in quei vicoli senza uscirne per giorni, era la loro unica speranza di sopravvivere.

Ma quella notte era diverso, quella notte i randagi avvertivano l’odore del loro sangue, le pelose orecchie a punta appiattite contro il cranio e il naso rivolto al cielo plumbeo, il loro istinto di cacciatori sentiva l’odore di una possibile preda, ferita e sanguinante.

Al termine del vicolo dove sorgeva una decadente costruzione in pietra, testimonianza dei tempi in cui ancora gli esseri umani si sporcavano le mani con i lavori che negli ultimi decenni avevano allegramente scaricato sulle spalle dei robot, vi erano innumerevoli spazi creati dalle assi crollate e dai muri che avevano ceduto al logorio del tempo.

Luoghi in cui risultava anche troppo facile nascondersi.

E Chris lo sapeva benissimo. Ma questa volta non era stato lui ad insistere per correre al riparo, nel posto che ormai era divenuta la loro unica casa. Non si vergognava di ciò che aveva fatto, anzi, il turbine di sentimenti che in quel preciso momento lo animava era un ardente misto fra esaltazione, eccitazione e baldanza. Aveva scoperto di essere abile nell’uso di quel, all’apparenza, minuscolo oggetto che teneva gelosamente nascosto nella lisa tasca posteriore dei jeans.

Era riuscito a proteggere la persona più importante al mondo, colei che gli era essenziale per essere felice nel suo universo personale.

“Nulla è e sarà mai più importante che proteggere lei, da tutto” nell’ultima mezzora si era ripetuto quella frase almeno un centinaio di volte, e non aveva nessuna intenzione di dimenticarla.

Lentamente socchiuse le palpebre, posando lo sguardo sulla ragazzina che dormiva poggiata alle sue cosce, sorrise per l’ennesima volta in quella serata, ma non con uno dei soliti sprezzanti ghigni.

Lei aveva dodici anni, quattro meno di lui, ma fin da piccola aveva sempre cercato di non essere da meno del fratello maggiore in tutto ciò che Chris decidesse di fare. Stava rannicchiata contro di lui, il respiro che gli scaldava le gambe attraverso la logora stoffa dei jeans. Solo in quel momento il ragazzo si rese conto che la temperatura era calata d’improvviso, come spesso accadeva in quell’agglomerato disordinato di palazzoni del ventesimo secolo. L’attenzione gli cadde sulla propria giacca che aveva sistemato a mo’ di coperta sul corpo addormentato della sorella e i muscoli del volto gli si contrassero in uno spasmo di muto furore.

Il sangue che gli incrostava il volto gli tendeva fastidiosamente la pelle, ma a lui non interessava, quella era l’ultima violenza che gli avrebbero inflitto. In un istintivo moto di protezione fece scivolare una mano a coprire meglio Sarah e l’altra ad accarezzarle il volto tranquillo e rilassato perso in chissà quali sogni. Ma subito le ritrasse entrambe, anch’esse erano ricoperte di sangue ormai coagulato “nulla di quel bastardo la toccherà mai più, neppure il suo cazzo di sangue”. Le unghie gli si conficcarono nei palmo da quanto stretti stringeva i pugni carmini “l’ho ucciso per te!” pensava soddisfatto, mentre il suo corpo s’irrigidiva scosso da un brivido che lui volle attribuire al freddo.

La piccola mano di lei gli strinse dolcemente il ginocchio: «Ce la caveremo Chris…lui era cattivo…ha ucciso la mamma…» la sua voce era molto più bassa di quanto lui l’avesse mai sentita, sembrava triste e questo lo fece infuriare “che cazzo se ne frega di quella troia??” pensava “non è certo per lei che l’ho fatto!”. La ragazzina davanti al silenzioso broncio del fratello reagì con un abbraccio che lo costrinse a voltarsi verso di lei, le braccia nude lo cingevano senza per altro soffocarlo: «Non fare quella faccia fratellino.. Ti voglio bene..» il tono era tornato ad essere quello di sempre, allegro e sorridente, e Chris voleva che rimanesse tale.

La strinse a se soffocando un singhiozzo mentre le scene di qualche ora prima gli affollavano impietose la mente. Strinse la presa attorno all’esile corpo di Sarah, mentre i bei capelli neri della sorella cercavano di liberarsi dalle sue dita, che come artigli la trattenevano contro di sé.

Solo qualche ora prima lei stava piangendo disperata sul cadavere della madre, massacrata di botte, la donna teneva in mano uno dei tanti vestitini che era abituata a comprare a Sarah dopo che la piccola aveva subito l’ennesima scarica di botte dal padre. Come se quello potesse servire a farsi perdonare il fatto che mai era intervenuta per proteggere i figli dalla violenza dell’uomo che la costringeva a battere sulle strade di quella città di merda . Ma quella sera non era andata affatto come al solito, quando si era accorto di aver ammazzato la donna che lo aveva sempre mantenuto, aveva deciso di iniziare al lavoro più antico del mondo la figlia E chi meglio di se stesso per cominciare ad abituarla alla vita che avrebbe vissuto? Si era detto quel vecchio porco bastardo.

Finché metteva le mani addosso alla madre a Chris non importava nulla , anche quando l’aveva vista crollare a terra non si era minimamente preoccupato.

Ma non Sarah

Lei era il suo angelo e quando aveva visto quelle luride mani toccarla si era scagliato come una furia contro il mostro che non aveva mai voluto chiamare padre. Le labbra spaccate e i lividi che ora gli dolevano stringendo a sé Sarah erano la prova di quel primo tentativo di allontanarlo da lei.

Ma fra le urla terrorizzata della sorella e il rumore secco dei vestiti che le venivano strappati di dosso qualcosa nel suo cervello si era spezzato . Aveva infilato la mano destra nella tasca posteriore dei jeans consunti e ne aveva estratto il coltellino svizzero che spesso l’aveva aiutato nelle risse che lo coinvolgevano per la strada. Non si era fermato neppure un secondo a pensare, aveva fatto scattare la lama e l’aveva piantata fra le scapole dell’uomo che aveva fatto della loro vita un incubo.

Una due…cinque, dieci volte.

Non voleva fermarsi, desiderava che morisse, che non gli rimanesse neppure una goccia del sangue che disgraziatamente scorreva anche nelle sue stesse vene. Persino quando quell’ammasso rantolante di sangue e grasso era crollato sul pavimento, aveva continuato ad infierire sul suo corpo.

Solo la voce di Sarah l’aveva risvegliato dall’estasi dell’omicidio.

«Chris, dobbiamo andare via subito…».

L’aveva preso per mano come tante volte aveva fatto lui ed erano corsi via.

Erano scappati dallo scenario che in cuor suo Chris aveva tante volte sperato di poter vedere.

Ora erano liberi.

E lui stava piangendo sulla spalla minuta della sorella che invece avrebbe dovuto proteggere. Promise a se stesso che non avrebbe pianto mai più in tutta la sua vita.

Sarah non avrebbe più visto una singola lacrima sul suo volto.

«Andiamo da Max» sussurrò lei e Chris non poté far altro che annuire.

  
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