L'albero maestro, la balaustra, le assi del pavimento, tutto gira attorno a lui. O forse è lui a girare. Dovrebbe mettersi a sedere per capirlo, ed è ciò che fa, un po' goffamente, incespicando su se stesso.
Nami lo guarda e ride. Così anche lui ride, senza sapere perché. Una mente sobria riuscirebbe a capirlo. Ma probabilmente una mente sobria neppure troverebbe nulla da ridere. Non se la mente appartiene a Zoro.
Lui non ride mai, è così che è sempre stato: Rufy ride troppo, Nami urla troppo, e Zoro non ride mai. Non proprio mai, ma è raro, come lo sono i sorrisi di lei di adesso.
È felice, e chi non lo sarebbe? Hanno bevuto per festeggiare... festeggiare cosa? Non lo ricorda. Non riesce a ragionare, adesso.
L'unica riflessione che faticosamente arriva a generare il suo cervello è che per raggiungere tali livelli di delirio devono aver bevuto davvero tanto. E ce ne vuole per portarli fuori di testa. Sono entrambi detentori di record di bevute, il vanto della ciurma.
Nami gli si inginocchia di fianco, appoggiandosi alla parete. Parla di squali occhialuti con tutù da ballerina. Forse Zoro ha capito male, però la cosa lo fa ridere, e le racconta di gnomi sordomuti coi capelli fatti di candele.
“Fatti di candele...” ripete Nami con un mormorio, perché le fitte allo stomaco e le risate non le permettono di parlare con voce sostenuta.
Zoro la guarda e ride a sua volta, poi sorride, sorride e basta.
“Ti amo,” le dice, e Nami per un attimo cade dalle nuvole e rimane perplessa, ma solo un attimo, dopodiché si sganascia di nuovo fin quasi a crollare a terra.
“Che diavolo c'era in quella birra?!” esclama, e lui, un po' rassegnato e un po' sollevato, parla di draghi senza collo con lunghi boccoli d'oro che facevano il bagno dentro i loro boccali.
Nami ribatte che erano capibara giganti con afro e tacchi da squillo, e lui riprende a ridere.
Nel delirio che lo pervade, qualcosa lo frena dal dirle la verità. Una mano si posa su quella di lei, la quale non sembra farci caso. Per adesso gli basta questo.