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Autore: Laylath    04/11/2013    3 recensioni
Se c’era una cosa che il sergente maggiore desiderava era che nella sua squadra ci fosse totale armonia… e dato che Hayate era il cane del tenente (e… forse, un pochino anche suo), lo considerava come parte integrante di essa.
Ma poi… come si faceva ad odiare i cani?
Perché Fury aveva appena preso la decisione di guarire Breda dalla sua paura per i cani.
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kain Fury, Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Epilogo.
La fine della cura.

 

Breda aveva sempre sostenuto che un vero soldato dovesse avere testa.
A posteriori Havoc commentò che era stato un bene che il rosso ne avesse una particolarmente grossa, proporzionata alla sua stazza, perché altrimenti quella scatola di dossier e rapporti l’avrebbe fatto secco.
In realtà il sottotenente se la cavò solo con un bel bernoccolo e qualche ora d’incoscienza… e fu anche un bene dato che dopo quel colpo non era il caso che si agitasse per la presenza del cane e del sergente.
 
“Ancora non ci posso credere, Fury. – scosse il capo Falman, dopo che ebbero portato il sottotenente in infermeria – Come ti viene in mente di improvvisarti dottore? Non bisogna scherzare con le fobie delle persone.”
“Oh, ma io non volevo giocare! – protestò il ragazzo, sinceramente dispiaciuto e sconvolto da quel finale – Volevo solo che il sottotenente andasse d’accordo con Hayate. Mi… mi dispiaceva tanto che non ne sopportasse la presenza.”
“Se ora non sopporterà nemmeno la tua di presenza, non me ne sorprenderò. - commentò Havoc fumando una sigaretta – Fossi in te inizierei a pensare ad un posto molto lontano dove emigrare, nanetto… Non ti consiglio l’estremo oriente però: lì li mangiano i cani. E forse Breda ti raggiungerebbe in ogni caso.”
A quelle parole il sergente gemette e si nascose istintivamente dietro il tenente.
“Beh, non possiamo dire di essere esenti da colpe – dichiarò la donna – Se fossimo stati tutti più chiari si sarebbero evitati molti guai… e magari ti avremmo fermato in tempo, soldatino. Però effettivamente…”
“In ogni caso, mi ripropongo di tenerti sotto la mia ala protettiva per quanto riguarda determinate questioni, sergente. – disse Mustang, mettendo le mani sulle spalle del ragazzo – Non voglio correre alcun rischio che tu passi davvero all’altra sponda.”
“All’altra sponda?” chiese Fury, perplesso, dato che nessuno gli aveva ancora spiegato il malinteso.
“Ti piacciono le ragazze, sergente?” chiese il colonnello di rimando
“Beh sì… però…” balbettò lui arrossendo
“Mi piace come risposta… e ti piacerebbe conoscerne una fino in fondo?”
“Fino in fondo? – mormorò Fury, capendo il sottinteso e diventando ancora più rosso – Ma… ma colonnello certe cose non…”
“Signore! – esclamò il tenente, bloccando sul nascere quella degenerata iniziativa – Non ci pensi nemmeno!”
“Che? Ma io mi prendo cura dei miei sottoposti e…”
“Ho detto no!”
Se c’era una cosa che Riza Hawkeye non avrebbe mai permesso, era che Fury diventasse un dongiovanni impenitente come Roy Mustang. Ma era una cosa veramente improbabile…
 
Breda aprì gli occhi qualche ora dopo e si ritrovò nel letto dell’infermeria.
La testa gli doleva tantissimo e tastandosi cautamente scoprì di avere un grosso cerotto al centro della sua capigliatura fulva. Non ricordava assolutamente cosa l’avesse colpito, ma ricordava perfettamente per colpa di chi era andato a sbattere contro l’armadio provocando quel crollo.
“Ehilà, Breda.” lo salutò Havoc, seduto accanto al suo letto.
“Fury omosessuale, eh?” chiese il sottotenente in tutta risposta.
“Piccolo errore di valutazione.” ammise il biondo con un leggero imbarazzo
“Ti sbatterei la testa contro il muro se non fossi così dolorante… - sibilò Breda, guardando con odio l’amico – Sei la solita testa di cazzo, Havoc! Non ci posso credere che tu sia arrivato a pensare tutte quelle cose.”
“E dai! I motivi per sospettare c’erano tutti…”
“Nella tua mente malata e perversa…” sospirò il rosso chiudendo gli occhi.
“Ehi, dai non agitarti… la botta è stata forte ed il medico ti ha anche somministrato alcuni calmanti: dice che avevi il battito a mille.”
E certo! Dopo che quell’imbecille mi ha praticamente buttato il cane addosso. Ma appena esco di qui lo polverizzo…
“Senti… - continuò la voce di Havoc – lo so che sei furioso, ma… lo sai com’è fatto il nanetto: voleva solo aiutarti a guarire dalla tua fobia.”
“Stava per guarirmela in modo definitivo: – disse Breda – ancora un po’ e mi spediva all’altro mondo.”
“Non l’ha gestita molto bene, in effetti.”
Gestita…? Ma se mi ha usato come cavia per giocare al piccolo medico?!
“Perché sto in una squadra di psicopatici? – si chiese, cercando di cambiare posizione nel letto – Sono un maledetto genio di strategia militare; perché invece di mettere a frutto il mio talento… che so, contro Creta o Aerugo, mi ritrovo a gestire le follie di un ragazzino di vent’anni? E anche le tue…”
“Uhm… - Havoc rifletté sulla domanda, ignorando il fatto che fosse puramente retorica – Perché almeno puoi dire di avere dei colleghi che ti vogliono bene a tal punto da improvvisarsi medici.”
“Già… il mio sedicente medico delle fobie. Domani gli faccio il culo a quel moccioso!”
“Nel vero senso del termine? – ridacchiò Havoc, non riuscendo a trattenere la battuta – No, perché dopo tutti i sospetti che…”
“Testa di cazzo!” esplose Breda alzandosi di scatto e scagliandosi contro l’amico.
Per fortuna di Havoc i medicinali e la botta l’avevano reso davvero debole.
 
Fury passò metà della notte a ripassare le lezioni di geografia che aveva ricevuto a scuola e poi in Accademia: la sua mente cercava disperatamente il posto più lontano possibile da Breda. Ma anche ad organizzare la sua fuga, era certo che prima o poi il sottotenente l’avrebbe raggiunto.
Mi ammazzerà… mi ammazzerà!
Affronta le tue responsabilità, sergente! – gli aveva consigliato il tenente Hawkeye.
Si… però vorrei anche uscirne vivo…
Aveva sempre visto il sottotenente rosso come una persona pacifica e tranquilla: saperlo infuriato contro di lui gli faceva più paura di un’eventuale incavolatura di Havoc.
Andiamo, sergente… hai fatto tutto questo per Hayate! Ne è comunque valsa la pena.
Però… che senso aveva aver cercato di guarire Breda se poi sarebbe stato ucciso prima di poter godere della presenza di Hayate in ufficio?
 
La mattina successiva un furentissimo Breda entrò nel Quartier Generale di East City con i peggiori propositi in mente. Non si fermò a salutare nessuno, né andò verso la mensa per fare colazione: no… si diresse con passi decisi verso i dormitori e l’oggetto della sua vendetta.
“Tu! – esclamò, aprendo la porta della camera di Fury e richiudendola con un botto alle sue spalle – Piccolo, infame perverso…”
“Aaah! – guaì terrorizzato il ragazzo, indietreggiando – So… sottotenente Breda! Lei… lei dovrebbe essere ancora in infermeria…”
“Ah, vogliamo continuare a giocare al piccolo medico?”
Il sergente serrò gli occhi: effettivamente la sua non era stata un’osservazione molto felice considerato quello che aveva fatto nei giorni precedenti.
“Domando scusa!”
“E’ iniziato tutto da quando hai portato quel cane da noi – sibilò Breda, avvicinandosi e prendendolo per il colletto – e quello passi! Ti avevo anche perdonato perché sapevo che non l’avevi fatto con cattive intenzioni… ma poi…oooh, ma poi! Hai persino fatto impazzire quell’idiota di Havoc… come se non fosse già pazzo di suo! Mi hai fatto passare per l’essere peggiore sulla faccia della terra… e come se non bastasse continuavi ad usarmi come una cazzo di cavia per giocare al dottore!”
“Le giuro… - singhiozzò Fury, terrorizzato più di quando si era trovato faccia a faccia con quelle donne nude ed infuriate nello spogliatoio – che… che volevo solo aiutarla!”
“Aiutarmi, eh?” la voce di Breda parve calmarsi e anche la presa sul colletto diminuì
“Sì” annuì Fury
“Sergente… - sospirò il rosso, mettendogli la mano sui capelli – sei completamente fuori di testa.”
“Non… non cercherò più di curare la sua cinofobia, promesso.”
E ci mancherebbe altro!” gridò Breda.
Fury trattenne il fiato, ma non accadde nulla: la mano del sottotenente era ancora stretta sui suoi ciuffi dritti, senza strattonarlo o fare altro di doloroso. Arrischiandosi a guardare il suo superiore, il soldato si accorse che era come se stesse riflettendo profondamente.
“Alla scrivania, avanti! – gli ordinò infine, spingendolo – busto sul tavolo: mettiti a novanta!”
Fury impallidì e iniziò a sentire un forte rombo dentro le orecchie.
Le tremende leggende su quello che succedeva nei dormitori dell’accademia e dei quartier generali iniziarono a vorticargli in testa: abusi sulle reclute più giovani che avevano indisposto i soldati più navigati… com’era la storia di non chinarsi mai a raccogliere la saponetta in doccia?
Aiuto! Aiuto… voglio la mamma! Il mio avvocato! Chiunque!
La spinta di Breda che lo obbligava a chinarsi sulla superficie di legno lo riportò alla realtà.
E come sentì le mani dell’uomo che armeggiavano con i pantaloni della sua divisa, calandoglieli, gli sembrò di svenire.
Aveva intenzione di violentarlo!
“E così hai tentato su di me diverse terapie: – disse la voce del sottotenente, mentre gli calava anche i boxer – non mi ricordo nemmeno tutti i nomi che mi ha detto Havoc… cognizione, desensibilizzazione e chissà che altro. E per ultima quella dello shock, vero?”
“Oh cacchio…” ansimò Fury, sentendo che Breda stava armeggiando anche con i propri pantaloni levandosi la cintura.
Che cosa doveva fare? Essere collaborativo? Forse così faceva meno male… ma poi… consisteva davvero in quello che aveva sentito e cioè che lui…
Che qualcuno mi uccida qui… subito!
“Adesso gioco un po’ io al dottore con te, sergente…”
Ecco, lo sapevo! – sbiancò il ragazzo – Giocare al dottore vuol dire una sola cosa!
“… non so come si chiama in medicina ma volgarmente si definisce terapia del culo a strisce. Ti assicuro che basta una sola seduta ed i risultati sono garantiti, a prescindere dal paziente. E soprattutto non bisogna aver studiato medicina per applicarla!”
Fury non ebbe nemmeno il tempo di riflettere sul significato di quell’affermazione che sentì il primo colpo sul sedere.
Un piccolo atomo di lui sospirò di sollievo perché capiva di essere salvo da quell’altro tipo di violazione.
Ma tutto il resto della sua persona iniziò a vedere le stelle per il dolore…
Stelle, costellazioni… l’intero universo e tutte le galassie esistenti.
 
“Credete che dovremmo andare a controllare se il sergente è ancora vivo?” chiese Falman leggermente preoccupato.
“E incorrere anche noi nell’ira di Breda? – obbiettò Havoc, accendendosi la sigaretta – No grazie, già ce l’ha con me per la storia dell’equivoco: non voglio rischiare la vita.”
“Colonnello?” fece Falman, volgendosi verso il suo superiore ed il tenente.
“Oh, andiamo, non lo ucciderà. – dichiarò Mustang – almeno credo…”
Riza non disse niente, anche se non era proprio felice della punizione in cui stava inevitabilmente incorrendo Fury. Tuttavia era anche vero che aveva combinato un bel disastro e…
“Eccoci, scusate il ritardo” salutò Breda, entrando e trascinando un singhiozzante sergente maggiore per l’orecchio.
“Figurati…” mormorò Mustang.
“Tu ora stai seduto al tuo posto: – ordinò Breda, spingendo il ragazzo sulla propria sedia e provocando un lamento dolorante che fece capire a tutti che tipo di lezione era stata inflitta – non osare aprire bocca o fare qualcosa che non sia riparare la radio, siamo intesi?”
“Sissignore!” esclamò Fury.
“E tu: – continuò il rosso rivolgendosi ad Havoc – qualsiasi cosa ti frulli nella tua mente malata, prima di fare danni chiedila al diretto interessato… mentre tu – e lo sguardo furente si rivolse a Falman – Se uno di questi due imbecilli ti chiede qualche libro su qualche argomento strano, non prestarglielo o nel caso assicurati bene delle loro intenzioni.”
“Sissignore…” annuì Falman
“Come si suol dire, i libri non fanno la felicità.” sentenziò Mustang
“… i soldi, signore, non i libri.”
“Direi che in questo caso è meglio dire libri, tenente.” sorrise maliziosamente l’uomo, accennando al dolorante Fury.
“Ma tu guarda contro cosa mi tocca combattere ogni giorno…” borbottò Breda, sedendosi finalmente al suo posto.
Solo allora l’occhio gli cadde sul lato opposto della stanza, dove stava Hayate che lo fissava con perplessità.
Tutti notarono la direzione del suo sguardo e si prepararono ad una nuova esplosione di cinofobia.
“Puoi restare: – sbottò Breda dopo qualche secondo – ma almeno cinque metri di distanza tra me e te, intesi?”
Hayate abbaiò felice e poi si accucciò soddisfatto, felice di stare in mezzo a quelle persone che iniziava a considerare come una vera e propria famiglia.
“Allora ha funzio…” iniziò Fury, riuscendo a sorridere nonostante il fondoschiena livido… e a strisce.
“Sergente!” esclamò Breda, fissandolo torvo.
“Nulla! Assolutamente nulla!” sbiancò il ragazzo, buttandosi a lavorare alla radio.
 
Nessuno seppe mai se era stata qualcuna delle terapie di Fury o semplicemente l’arrabbiatura eccessiva del sottotenente.
Sta di fatto che da quel giorno la scienza registrò un caso assai strano di cinofobia.
Heymans Breda continuava ad avere terrore dei cani, però per un particolare esemplare bianco e nero aveva una soglia di tolleranza di circa cinque metri di distanza.
E fu un risultato così soddisfacente che, a posteriori, il sergente maggiore Fury ritenne che ne era valsa la pena… nonostante dovette sedersi con cautela per diversi giorni di fila.
  
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