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Autore: Gavriel    04/11/2013    1 recensioni
Apollonius e Celiane. Dall'odio viscerale all'amore assoluto, passando per guerra, amore e morte.
Lui era lì, in ogni battaglia: a volte compariva davanti al sole, con le ali possenti come ad abbracciare l’astro, e discendeva terribile sul campo; altre volte era al comando dello schieramento , e ordinava l’assalto con le sue vesti cangianti, coi i capelli in un turbine di fuoco. E Celiane lo cercava ogni volta, quasi con disperazione. Lui d’altra parte faceva sempre in modo di trovarsi nelle vicinanze dell’umana che lo aveva ferito, col feroce desiderio di una vendetta.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Apollo, Apollonius, Celiane, Gen Fudo, Toma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apollonius
Uno stormo di anatre bianche voleva tenere il passo col vector, a pilotare la navicella Celiane cercava di tenerlo in rotta lottando contro le correnti di alta quota. Quel giorno non era stato il consueto messaggero della città del ferro, ma Gen, che l’aveva svegliata all’alba entrando nelle sue camere.
 
Qualche ora prima:
In mezzo alla stanza vibrava la luce bianca del primo mattino, Celiane vide un’ombra avvicinarsi, d’istinto cercò la piccola daga che teneva sotto il letto, poi aveva messo a fuoco, un ragazzo alto, con delle spalle che il lavoro da meccanico aveva cominciato a scolpire, coi capelli arruffati  e gli occhi cerchiati: Gen Fudo. Lei Spostò lo sguardo sulla finestra spalancata e vide la cima di una scala spuntare dal parapetto.
-Che vuoi?
-Buon giorno anche a te principessa
Celiane ancora a letto si coprì con le lenzuola
-La porta era chiusa a chiave… -disse lui a mo’ di scusa
-Beh, c’era un buon motivo se lo era
Gen si sedette sul ciglio del letto e la guardò, lei percepì l’inquietudine nei suoi occhi e si tirò su, seduta a gambe incrociate.
-abbiamo finito le Gemme dell’Anima
Ci volle un po’ a Celiane per metabolizzare la frase, Gen non aveva mai fatto giri di parole
-Dobbiamo farne arrivare altra
-Non c’è tempo  per farne arrivare altra… il carico che avevamo commissionato è stato disperso.
In un turbinare di lenzuola Celiane saltò giù dal letto e cominciò a cambiarsi dietro al paravento:
-Quanta ne abbiamo?
-Una sola, tre ore scarse di volo sul vector Beta, due se la attiviamo sull’Alfa, sessanta minuti sul prototipo Gamma.
Il volto della donna sbucò da dietro il paravento intagliato:
-Qual è la velocità del Beta?
Gen si era voltato e guardava fuori dalla finestra:
-cinquanta nodi, ma la velocità dell’alfa è doppia
Per un attimo il pensiero di entrambi andò al prototipo gamma, ma per Gen era troppo instabile, mentre per Celiane non era abbastanza veloce.
Celiane riemerse dal paravento con addosso i soliti abiti da mettere sotto l’armatura: pantaloni scuri e stretti, canotta che impediva di esporre la pelle delle spalle e dei fianchi al metallo dell’armatura.
-Vada per il Vector Alfa, ci vediamo all’hangar
Gen la guardò interrogativo e fece per uscire insieme a lei  dalla porta della camera, Celiane lo fulminò con lo sguardo e sibilò:
-Già sei entrato nella camera senza permesso, entra da dove sei venuto se vuoi evitare uno scandalo di corte.
 
Le Gemme dell’anima non erano estratte, come era facile pensare, in oscure caverne, racchiuse in sfere di pietra calcarea, al contrario, esse si generavano alla luce del sole e si trovavano solo in una piccola pianura a nord ovest di Alisia. Era facile trovarle, e raccoglierle, ma non arrivare alla valle ed uscirci vivo e con le gemme, ma a bordo di un verctor cambiava tutto.
Per non aggiungere peso inutile aveva lasciato a casa tutta l’armatura e le armi, aveva preso una spessa borsa di pelle, l’involto con gli arnesi da estrazione, un po’di corda e si era involata verso nord ovest. Col vento a favore riuscì a vedere i primi barlumi violacei della valle, poi si dipanò sotto di lei un paesaggio lunare sterminato fatto da cristalli di ogni dimensione. Ben presto Celiane si trovò sospesa su un mare luminoso: le gemme ricevevano la luce mattutina e la riflettevano in alto, dando l’impressione che sotto di lei non ci fosse roccia ma un altro sole. Celiane cercò di non sconcentrarsi  e si diresse verso il centro della valle, dove erano più grosse e potenti. Una volta trovato un posto che le sembrava buono scese di quota fino ad arrivare a due metri scarsi sopra la distesa e cominciò ad estrarre gli strumenti di estrazione dalla borsa: una piccola carica esplosiva, un contenitore attaccato ad una corda e un lungo bastone di legno.
Innescò la carica, che era poco più grossa di una mela e la lasciò cadere,  la piccola esplosione ondeggiare il vector. Poi calò il contenitore e col bastone si aiutò a farceli entrare. Nel giro di un ora aveva raccolto diversi chili di gemme, abbastanza per un mese di volo ininterrotto.
Abbastanza soddisfatta Celiane riprese quota per tornare verso casa, ma qualcosa stava andando storto:folate improvvise di vento creavano vuoti d’aria che facevano precipitare verticalmente il vector per diversi metri, non riusciva a mantenerne più il controllo. Mentre cercava di riassettare il velivolo la principessa non si era accorta delle nubi nere che avevano oscurato il cielo e non si accorse nemmeno del fulmine che colpì il verctor con lei sopra.
Riuscì a non cadere in picchiata, ma l’impatto sulla superficie cristallina fu piuttosto duro.
Celiane strisciò fuori dall’abitacolo, si accorse con orrore che un pezzo di metallo le si era conficcato nella coscia; le mani le tremavano, riuscì a stento a farsi un laccio emostatico con la corda per le gemme, si guardò intorno: i cristalli crescendo in tutte le direzioni impedivano di fatto di camminare, figurarsi  strisciare. Si lasciò andare su un grosso cristallo, sopra di lei cominciò a scrosciare la pioggia, prima di perdere conoscenza pensò all’ironia della situazione, in mezzo a quell’oceano di carburante non sarebbe comunque riuscita a tornare a casa con il vector.
Raccolse un piccolo cristallo, non più grande di una conchiglia, magari, le gemme dell’anima potevano fornire enegia anche alle persone…
La vista le si appannava, intorno a lei quella agghiacciante foresta di pietre assumeva i colori della pioggia, grigio, blu, nero… blu… grigio… rosso… blu… nero……. rosso.
Una sagoma scarlatta le si delineava davanti, prima che potesse mettere a fuoco l’angelo massacratore si era avvicinato a lei, inspiegabilmente le aveva teso la mano.
E inspiegabilmente lei l’aveva accettata.
Inaspettatamente non morì al contatto, anzi fu come far defluire tutto il dolore attraverso quella piccola superficie ; davanti a lei vide l’angelo trasalire, poi lo sentì rafforzare la presa, aiutarla ad alzarsi, fino ad arrivare viso a viso.
La pioggia batteva sul suo volto, infradiciandogli i capelli, il vento muoveva le sue vesti, tuttavia qualcosa, nel suo aspetto trascendeva la dimensione fisica, un bagliore tenue, continuo, come quello di una candela. Una piccola e remota  parte del suo essere gridava allarmata, ma anche se Celiane l’avesse udita non le avrebbe dato retta; tutte le teorie sugli angeli massacratori, tutta la sua educazione riguardo ad essi, gli anni di addestramento sembravano scivolare via spazzati dalla pioggia. Davanti a lei lo vide socchiudere la bocca, poi i suoi occhi, imperlati d’acqua, sorrisero; nel cuore di Celiane sbocciò un tepore indicibile, che traboccò nell’unica parola che riuscì a pronunciare:
-Apollonius
Vide il suo sorriso estendersi alle labbra e scoprire i suoi denti:
-Celiane
Lo aveva sussurrato dolcemente, con una voce baritonale, che vibrava nell’aria.
Poi la terra cominciò a ruotare intorno a Celiane. Prima di svenire notò la pozza di sangue intorno alla sua gamba.



 
  
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